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Autore: Nina Ninetta    11/12/2020    4 recensioni
Allo scoccare della Dodicesima Luna la malvagia dea Sekhimet dovrà uccidere il Prescelto prima che i poteri di suo fratello Mithra si risveglino in lui. E' una pratica questa che va avanti dalla notte dei tempi, fin quando re Leandro decide di opporsi e affida la vita di suo figlio Sirio - il Prescelto - nelle mani dell'Esorcista Eleanor e in quelle dello Stregone loro nemico.
Terza classificata al contest "Darkest fantasy II edizione" e vincitrice del premio “Miglior personaggio".
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

 
 
Eleanor atterrò in un luogo che non riconobbe: la sua città natia - la stessa che aveva giurato di proteggere fino alla morte - non esisteva più. Le case erano state distrutte dalla furia dei demons, qualcuna ancora bruciava di fuoco vivo, altre erano ormai macerie fumanti. I corpi dilaniati dei cittadini giacevano nel loro stesso sangue, quelli dei mostri anche. C’erano demons che si stavano cibando della carne fresca, sopra le teste volavano le Arpie; il cielo - perennemente ricoperto da dense nubi scure - tendeva al rosso, segno che nel Regno di Mithra il Sole stava sorgendo.
Un essere dalle orripilanti fattezze di un canide smise di cibarsi del corpo ormai ridotto all’osso di un cadavere e caricò in direzione della giovane. L’odore di sangue vivo li attraeva sempre come api al miele.
Eleanor gli mozzò la testa prima ancora che il demons avesse il tempo di accorgersene. Il tonfo del corpo sul terreno però provocò una leggera scossa che richiamò l’attenzione delle altre bestie e, com’era prevedibile, l’Esorcista diventò immediatamente il loro obiettivo primario. Affrontarli tutti insieme sarebbe stato un suicidio, inoltre doveva raggiungere il principe Sirio: non avrebbe deluso il suo re.
Rinfoderò l’arma e prese a correre, all’orizzonte le pareva di scorgere le figure del ragazzino e di quell’altro sciacallo.
Chiedere aiuto allo Stregone, che mossa stupida!
«Ely! Dobbiamo aiutarla!». Sirio si agitò, ancora avvinghiato alla presa di lui.
«Se la caverà egregiamente!».
«No!». Il principino si liberò mordendolo sopra il bracciale che sigillava i suoi poteri. «Aiutala! È un ordine!».
«Un che?». L’uomo rise gettando la testa all’indietro, le mani sui fianchi. «Cerchiamo di comprenderci, moccioso: io non prendo ordini da nessuno. Ti porterò dai vecchiardi sulle Sacre Montagne solo per riavere i miei pieni poteri».
«I Saggi non ti libereranno mai, spetterà a Ely farlo». Sirio non abbassò mai lo sguardo.
Più in là la giovane inciampò quando un’Arpia si lanciò in picchiata sfiorando l’elmo che rotolò lontano. Rapidamente lei afferrò la lancia e girandosi sulla schiena trapasso il petto dell’uccellaccio. Quest’ultimo le cadde addosso, morto. Con fatica sgusciò via, ma ormai gli altri demons l’avevano raggiunta: fauci digrignate, artigli affilati sporchi di sangue incrostato e fango fresco, occhi feroci.
«Stregone, ti scongiuro, aiutala!».
L’uomo lo fissò dall’alto, impassibile.
«Lei è un’Esorcista?» chiese.
«Sì, ti prego!».
«Di quelle brave?».
«Bravissima!».
Lo Stregone fece schioccare le dita chiuse a pugno. Anche una semplice Esorcista avrebbe potuto liberarlo da quelle catene; tra l’altro le sue arti erano arrugginite a causa degli anni di prigionia, meglio allenarsi. Con estrema lentezza fece un paio di passi in avanti, attraverso la foschia di nebbia e fumo si poteva vederla combattere.
«In fondo» sbuffò divaricando le gambe, «con questa forma non andrei tanto lontano».
Sirio non comprese le sue parole, né si chiese cosa intendesse. L’avrebbe scoperto a suo discapito. Rimase con il fiato sospeso mentre lo osservava portare le mani verso l’alto, i palmi all’insù, poi palle infuocate caddero simili a piccoli meteoriti, colpendo i demons uno a uno. Anche quelli che cercarono di sfuggirgli.
«Ely!». Sirio corse ad abbracciare la sua amica, ancora frastornata. Lo strinse a sua volta, più per riflesso, poiché l’attenzione era tutta rivolta allo Stregone, il quale li fissava da lontano, i pollici nella cinta dei pantaloni logori, un sorriso di scherno sul volto nascosto dalla barba.
«Non c’è bisogno che mi ringrazi» disse quando lo raggiunsero. «Adesso siamo una squadra».
«Scordatelo! Non sarò mai complice di un mostro come te. Non sei da meno di quei demons che hai ammazzato. Sono qui solo per il principe e perché me l'ha ordinato il re». Fu la risposta rabbiosa di Eleanor.
«No, ti prego, dimmi pure quello che pensi di me, non farti scrupoli». Scherzò lo Stregone incamminandosi. Gli altri due lo seguirono. «Credo che sia inutile chiederti di togliermi questi, vero?». Le mostrò i polsi.
«Vero».
«Alla fine dovrai comunque farlo. Te l’ha ordinato il tuo re, non vorrai disubbidirgli?!».
«Ovviamente no. Un ordine è un ordine» continuò la giovane.
«Non avevo dubbi, soldatino».
Eleanor strinse i pugni, Sirio taceva attaccato al suo fianco.
«Dovresti liberarti di quell’armatura pesante o non resisterai a lungo. Il cammino è tanto» le consigliò l’uomo.
«Sto bene così».
Lo Stregone rise:
«Soldatino».
 
La pianura si estendeva a perdita d’occhio. Attraverso la densa foschia delle nubi s’intravedevano i raggi dorati che tingevano il mondo di arancio.
Dopo la morte del Signore della Luce Eterea la vita sul pianeta a poco a poco si era spenta, morta con il dio Mithra. Sekhimet era riuscita nel suo intento di soggiogare ogni cosa: il cielo si era ricoperto di nuvole opprimenti e il Sole non era più sorto, lasciando il mondo in balia di un’oscurità senza inizio né fine. L’unico posto che poteva ancora godere dei tiepidi raggi solari, del verde dei prati, dei colori dei fiori e dell’azzurro del cielo, era il Regno dei Saggi, custodi del tempio dedicato a Mithra: l’unico luogo al riparo dalla furia cieca di Sekhimet.
I Grandi Saggi, definiti i sacerdoti del Signore del Sole, in realtà erano Esorcisti che avevano deciso di sacrificare la propria vita in onore della divinità della Luce. D’altronde, gli stessi Esorcisti erano i cosiddetti soldati di Mithra che combattevano i demons; uomini e donne dotati di grande forza di volontà, mossi da un animo nobile e altruista.
O perlomeno questo era tutto ciò che Sirio aveva imparato durante le sue lezioni private. Eleanor incarnava perfettamente la sua idea di Esorcista: forte, coraggiosa, dedita al prossimo, generosa, sorridente e gentile con i bisognosi e con i bambini come lui. E carina, che non guastava mai.
Dello Stregone invece non sapeva cosa pensare. Non conosceva la sua storia, sapeva solo che suo padre e gli alti ufficiali Esorcisti lo temevano. Ricordava una lunga conversazione tra il re e uno dei Grandi Saggi, venuto di proposito quando lo Stregone era stato catturato. Il vecchio aveva chiesto a Leandro che fosse tenuto prigioniero nel Regno dei Re, spostarlo fino alle Sacre Montagne sarebbe stato pericoloso. Sirio ricordò suo padre contrariato, temeva che potesse essere una trappola, che lo Stregone si fosse fatto catturare di proposito per stare vicino al Prescelto e rapirlo al momento giusto. Il Saggio aveva ribattuto che si sarebbe occupato personalmente di reprimere i suoi poteri.
Sirio lanciò un’occhiata di sottecchi ai bracciali d’oro ai polsi dello Stregone, sembravano molto rigidi, si chiese se dovesse provare dolore.
«Ehi, aspetta un attimo!» esclamò Eleanor all’improvviso, l’uomo neanche si fermò. «Dove stiamo andando? Questa non è la strada giusta».
«Oltre la collina a nord c’è un villaggio. Abbiamo bisogno di mangiare, riposare e lavarci. Io di un barbiere e tu di abiti più comodi». Spiegò lo Stregone.
«Abbiamo un compito da portare a termine!» gli ricordò la giovane.
«Sì, e non crederai di riuscirci in un giorno, vero?».
Sirio sfiorò la mano di Eleanor.
«Ha ragione. Io ha già fame», ammise vergognandosi.
Lo Stregone aveva avuto ragione: dopo la collina c’era un piccolo villaggio, fatto di case di mattoni e mulini a vento dalle pale rotte. La gente che lo abitava pareva anziana, ma secondo Eleanor non era così vecchia, semplicemente la durezza della vita aveva prosciugato la loro giovinezza.
L’uomo annunciò che si sarebbero incontrati nuovamente davanti alla taverna, consigliò di nuovo all’Esorcista di trovare una sarta e di togliersi di dosso tutta quella latta.
«È oro!» ribatté lei infastidita, lui rise e si allontanò.
«Forse è meglio se ti compri qualcosa di più leggero», disse Sirio, eppure Eleanor aveva già deciso di dargli ascolto perché pensare di affrontare l’intero viaggio con quell’ingombrante imbracatura era da folli.
 
Lo videro arrivare da lontano e lo riconobbero solo dai bracciali ai polsi. Senza la barba a coprirgli il volto era ringiovanito, tanto da farlo sembrare un trentenne; i capelli grigi erano acconciati all’indietro. Il mantello e gli abiti lisi erano stati sostituiti da pantaloni aderenti neri e una casacca con lo scollo a V.
«Bel completino, soldatino», disse avvicinandosi, gli occhi carminio spiccavano ancor più di prima con il viso imberbe.
«Sbrighiamoci» Eleanor entrò nella taverna. Senza l’armatura era come sentirsi inerme, denudata della protezione che non era solo fisica evidentemente. La sarta le aveva consigliato il classico completo da cacciatore, con il pantalone fatto di pelle di demons e il gilet di piume di Arpia. Non le avrebbe fatto da scudo come l’armatura, ovvio, ma almeno le dava un minimo di protezione.
«Fingiamo di essere una famiglia, eviteremo la curiosità della gente». Spiegò lo Stregone calando sul capo di Sirio un berretto di lana. «Copri i capelli o capiranno chi sei». L’Esorcista aiutò il principe a nascondere le sue ciocche dorate, doveva ammettere che quell’uomo non era uno sprovveduto.
La taverna aveva pochi tavoli di legno scheggiato, qualcuno era occupato da qualche viandante. L’attenzione dei pochi presenti ricadde inevitabilmente su quel trio improbabile.
«Evitate occhiate inutili o ci ritroveremo i demons alle calcagna». Lo Stregone bevve un lungo sorso di birra.
«Dici che qualcuno potrebbe richiamarli?» chiese Sirio preoccupato.
«Moccioso, il mondo è pieno di spie di Sekhimet».
«Davvero?». Sirio sgranò gli occhi, non poteva crederci.
«Già. Spie come gli Stregoni», intervenne Eleanor, l’uomo le sorrise sornione.
«Sempre sul pezzo, eh soldatino?!».
Mangiarono e infine lo Stregone li convinse a fittare una camera al piano superiore dove poter passare la notte. Sebbene mancasse ancora qualche ora al tramonto, affermò che il prossimo villaggio distava diverse ore di cammino e ritrovarsi in piena notte nelle Steppe Isolate o nella Foresta degli Incanti non sarebbe stata una cosa molto intelligente. Ancora una volta la giovane Esorcista dovette ammettere che aveva ragione.
La stanza era angusta e austera, ma almeno c’era un bagno privato con tanto di vasca e un catino con acqua pulita. Il letto, unico e matrimoniale, sembrava molto vecchio, così come le coperte consunte che lo ricoprivano. Sui comò laterali si contavano tre candele per parte che lo Stregone accese soffiandovi sopra. Sirio ne rimase affascinato.
«Come fai?», chiese.
L’uomo voltò il palmo verso l’alto e alcune figure infuocate presero a danzare.
«Wooow! Puoi fargli assumere le sembianze che vuoi?».
«Ovviamente, moccioso. Io sono il fuoco!». Si vantò l’uomo, mentre le fiammelle si tramutavano in demons decapitati da una giovane armata di lancia.
«Ma è Ely! Hai visto, sei tu!». Continuò il ragazzino rivolgendosi all’Esorcista.
«Smettila! Il tuo potere non dovrebbe inorgoglirti, figlio di Sekhimet».
Le figure si spensero e Sirio si rattristì, poi domandò:
«In che senso “figlio di Sekhimet”?».
Eleanor e lo Stregone si fissarono negli occhi, infine lui affermò:
«Ci sono mali dai quali non bisogna cercare di guarire, perché sono i soli a proteggerci contro altri più gravi. Questo potere mi ha salvato centinaia di volte e ha già aiutato te, se non sbaglio. Ma comprendo che per un soldatino sia difficile da accettare. Avresti preferito la morte piuttosto».
Eleanor chiuse le mani a pugno, tanto forte da farsi sbiancare le nocche. I lineamenti delicati del viso si contrassero per la rabbia.
«Gli Stregoni sono figli legittimi che Sekhimet vomita fuori una volta l’anno. Ecco perché sono così pericolosi e l’Ordine degli Esorcisti da loro la caccia», spiegò senza smettere di fissare lui negli occhi infuocati, ma rivolgendosi a Sirio.
«Quanto mi divertirò quando arriverà il momento in cui dovrai liberarmi». Di nuovo lo Stregone arricciò le labbra in segno di scherno.
«Potrei decidere di non farlo», lo minacciò lei.
«Sei un soldatino abituato a eseguire gli ordini che ti vengono assegnati, non disubbidiresti mai al tuo caro re».
Sirio avvertì l’aria farsi pesante, lei pareva sull’orlo di una crisi isterica, lo avrebbe ammazzato se non fosse indispensabile alla buona riuscita della missione.
«Meglio riposare», intervenne sfiorando la mano della giovane. «È stata una lunga giornata».
La giovane annunciò che sarebbe rimasta di guardia per tutto il tempo, quindi poteva dormire tranquillo.
«Immagino sia inutile proporti di fare a turno», lo Stregone già si stava sdraiando sul materasso.
«Esatto».
«Meglio così, sono anni che non dormo in un vero letto», sbadigliò rumorosamente intanto che Sirio gli si metteva accanto.
L’Esorcista invece si sedette sul pavimento, la schiena contro la parete proprio ai piedi del letto, in modo che potesse tenere sotto controllo la porta, la finestra, lo Stregone e il principino. Sul pavimento, a portata di mano, la sua fedele lancia.
Oltre le tende ingiallite il buio del giorno cominciava a intensificarsi, la notte stava calando. Uno scampanellio ricordò ai cittadini del villaggio di ritirarsi nelle proprie abitazioni, prima che l’oscurità li avvolgesse completamente e rischiassero di ritrovarsi ancora per le strade, in balia di eventuali demons. Durante le ore notturne, infatti, i mostri erano soliti entrare nei centri abitati a cercare cibo fresco: animali da pascolo, domestici, umani.
L’idea dello Stregone si era rivelata quindi giusta: meglio ripararsi di notte che rischiare di essere attaccati. Lo studiò. Dal suo posto poteva scorgerne il corpo nascosto dalle coperte che si alzavano e abbassano al ritmo regolare del respiro. Sembrava avere pochi anni più di lei, che ne aveva venticinque, eppure sapeva che gli Stregoni potevano vivere secoli interi. Chissà quanti anni avesse realmente, quindi.
Ripensò alle sue parole: ci sono mali dai quali non bisogna cercare di guarire perché sono i soli a proteggerci. Sicuramente era sopravvissuto fino a quel momento grazie al suo potere. All’Accademia aveva imparato che gli Stregoni, figli della divinità della Distruzione e della Morte, venivano letteralmente vomitati dalla madre nel mondo e abbandonati a se stessi. Alcuni morivano di stenti o sbranati dagli stessi demons, pochi sopravvivevano fino ad arrivare all’età adulta. Erano esseri malvagi, cresciuti in cattività, abituati alla guerra e per questo in antichità venivano anche definiti “Signori del Fuoco”.
Eleanor socchiuse gli occhi, mentre ripeteva nella testa le parole che aveva letto: non hanno nome; ogni nuovo nome dona loro nuova vita. Risollevò le palpebre, ciò significava che quando era stato catturato il suo nome era stato cancellato, perciò sarebbe toccato a lei dargliene un altro.
Davvero liberarlo sarebbe stata la scelta giusta?
Aveva raso al suolo un intero villaggio, mietuto chissà quante vittime. Esorcisti erano morti per acciuffarlo. Ricordava ancora la festa che si era tenuta nella sua città il giorno in cui i Saggi avevano neutralizzato il suo potere. Aveva sentito i Primi Ufficiali affermare che fosse uno dei più potenti Stregoni mai affrontati.
Non aveva mai incontrato uno Stregone di persona, nella Cattedrale era stata la prima volta. Aveva letto della peculiarità degli occhi, ne aveva sentito parlare come qualcosa di spaventoso, mostruoso. Erano gli stessi occhi della divinità, dicevano, pieni di ira. Eppure Eleanor non aveva provato paura. Il colore rosso, le pupille allungate parevano ipnotiche, affascinanti, avvolgenti.
Liberarlo, dunque. Dargli un nome. Riportarlo a nuova vita.
L’avrebbe fatto?
Sul serio sarebbe andata contro ogni suo principio pur di eseguire l’ordine di sua maestà Leandro?
«Se continui a fissarmi non riesco a dormire», disse lui d’un tratto rompendo il silenzio e facendola sobbalzare. Era completamente assorta nei suoi pensieri, abbassò lo sguardo a disagio. «Mi pare di poter sentire i tuoi pensieri», aggiunse lui.
«Puoi farlo davvero?», chiese lei allarmata.
Lui si alzò stiracchiandosi, era alto e con il fisico ben piazzato; le si sedette di fronte, le spalle contro il letto e le gambe divaricate, lei prontamente ritirò le sue incrociandole.
«Certo che no! Che credulona». Scosse il capo divertito. «Puoi dormire, se vuoi», aggiunse.
«Sto bene, grazie».
«Come desideri. Allora soldatino, qual è il tuo vero nome?». Le domandò stupendola.
Erano anni che nessuno le chiedeva quale fosse il suo nome. Durante la Cerimonia per diventare ufficialmente un Esorcista ai cadetti veniva assegnato un nuovo nome, uno che richiamasse alla luce, al dio Mithra, cancellando quello che aveva scelto la famiglia, per eliminare anche ogni traccia di oscurità. Tutti la conoscevano in qualità di Eleanor, l’Esorcista, e mai a nessuno era venuto in mente di chiederle come si chiamasse prima: un nome che aveva deciso sua sorella maggiore, poi morta suicida… il motivo per cui aveva deciso di intraprendere la carriera di Soldato di Mithra.
«Non ti riguarda», gli rispose.
«Deve essere noiosa la vita da Esorcista, io mi annoierei a morte».
Eleanor parlò fra i denti:
«È una vita dedita alla giustizia e al bene comune, non mi aspetto che un mostro come te lo comprenda».
«Noiosa, appunto», sbadigliò lo Stregone.
Intanto anche Sirio si era svegliato, accoccolandosi vicino alla ragazza si stropicciò gli occhi ancora assonnato. Il suo incarnato era più pallido del solito.
«Ely è una vera Esorcista. Lavora duramente per diventare un Saggio. Non dire che è noiosa».
Lo Stregone rise buttando la testa all’indietro, manco il bambino avesse pronunciato una battuta esilarante.
«Non mi aspettavo nulla di meno da te, soldatino. Moccioso, sai cosa fanno a chi vuole diventare un mega Saggio?».
Eleanor cercò di arrestare le sue parole, sortendo l’effetto contrario.
«Trasformano il cuore in pietra evitando di provare sentimenti; cuciono le palpebre così che non si possa più vedere chi si ha dinnanzi. Alle donne strappano via il ventre in modo che non possa avere figli o provino piacere carnale. Agli uomini…».
Eleanor afferrò la lancia e gliela puntò alla gola; Sirio era sul punto di piangere.
«Agli uomini…» continuò lui, «lo tagliano. Zac!».
D’istinto il bambino si portò le mani a coppa sul pube, inorridito esclamò:
«Ely non portarmi lì, ti prego! Lo faranno anche a me?».
Un rivolo di sangue prese a correre lungo il collo dello Stregone, proprio dove la punta della lancia premeva.
«Ma no moccioso, tu sei il Prescelto, ti tratteranno come un re. Credo…». L’uomo sfiorò la ferita con le dita sporcandosi le nocche di sangue. «Se hai intenzione di ammazzarmi questo è il momento giusto, altrimenti andrò a fare un bagno caldo».
Eleanor strinse con maggior foga l’impugnatura dell’arma, assottigliò gli occhi verdi, poi mollò la presa e la lancia ricadde sul pavimento con un tonfo sordo. Quindi si alzò e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
«Donne», sospiro lo Stregone avviandosi nella toilette, «chi le capisce è bravo».
 
La giovane Esorcista rimase per qualche secondo aggrappata alla balaustra di legno grezzo del pianerottolo, paralizzata. Il piano inferiore della taverna brulicava di demons cinghiali e lupi rabbiosi. Dunque alla fine li avevano scovati, dovevano fuggire e subito!
Una delle bestie fiutò la sua presenza, alzò gli occhi iniettati di sangue e la vide. Ringhiò con ferocia scaraventandosi su per le scale, seguito a ruota dagli altri mostri. Eleanor si ridestò e prontamente tornò nella camera, ma quando tentò di richiudere la porta questa fu bloccata da un cinghiale, la cui enorme testa fece capolino nella stanza. Dalle zanne sporgenti colava bava densa e giallastra. Sebbene la ragazza provasse con tutte le sue forze a chiuderlo al di là della stanza, non ci riusciva, lo sentiva spingere per entrare.
«Ely!» Sirio scattò in piedi, spaesato.
«Dannazione! Dov’è quell’idiota quando serve?!».
Poi la giovane sentì la presa allentarsi e la porta richiudersi con uno scatto violento. Chinò la testa e vide il principe al suo fianco, con la lancia dalla punta insanguinata in mano e un’espressione indecifrabile sul volto.
«Gliel’ho ficcata in un occhio. Sono stato io… forte!».
Dal bagno giunse lo Stregone, bagnato e nudo.
«Cos’è successo?».
«Per Mithra, Stregone, sei nudo!». Esclamò Eleanor coprendosi di riflesso gli occhi, infine scoppiò a ridere. «È tutto così assurdo!».
Sirio rise con lei, quando una crepa si formò al centro della porta e fauci orripilanti cercarono di penetrarvi.
«Dobbiamo andarcene, i demons sono arrivati».
«Davvero? Cosa te lo fa pensare?». Lo Stregone intanto si stava rivestendo.
Eleanor neanche badò al suo sarcasmo, prelevò la propria arma dalle mani di Sirio, sostenendo che fosse meglio se la teneva lei, poi si affacciò alla finestra che dava sulla strada principale, invasa da decine di bestie indemoniate. Sospirò sconsolata:
«Accidenti!».
Lo Stregone si avvicinò, vestito ma con i capelli ancora umidi; profumava di pulito:
«Cosa vuoi che siano due demonietti per me!», fece schioccare le dita, ma l’Esorcista dal bagno gli stava già annunciando che sul retro la strada era ancora libera, perciò sarebbero fuggiti da lì. Saltò, seguita a ruota da Sirio e alla fine anche da lui.


 
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