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Autore: Circe    29/12/2020    2 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
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Dal grimorio di Bellatrix : “I bambini sperduti”


L’ultima prova era dura, l’allenamento difficile ed estenuante, capire l’elemento terra, come mi aveva anticipato il mio maestro, era davvero più complicato del previsto.
Passavano i mesi e nulla cambiava, era sempre faticoso e difficile per me non soddisfarlo nei suoi desideri, ma non potevo fare altrimenti.
Ogni cosa pareva procedere con incredibile lentezza.
Questa immobilità riguardava anche il mio maestro, notavo che il miglioramento che solitamente seguiva ai suoi esprimenti di magia oscura più importanti stavolta tardava ad arrivare, anzi posso dire che non arrivava proprio.
Era sempre molto magro e pallido, distante e scostante con tutti. 
Con tutti, meno che con me. 
I Mangiamorte sembravano più scontenti, alcuni si allontanavano intimoriti. Per me erano solo vigliacchi, ma vedevo come lui ne soffriva, anche se naturalmente non lo dimostrava: con loro era anzi più duro e inflessibile.
Con me era diverso. 
Alternava momenti di fragilità e vaga dolcezza, a momenti di scontrosa ironia, notavo un certo egoismo e una possessione ossessiva nei miei confronti che non poteva comunque che farmi piacere.
Dovevo mantenere i freni e un certo equilibrio io per lui… io che non sono mai stata brava in questo.
Non so se ci riuscii molto bene.
I primi segni di cambiamento a questa immobilità si verificarono nel momento in cui, una sera, ancora molto presto, Rod venne a farmi visita nei sotterranei del nostro castello.
L’azione dei Mangiamorte, l’uso della magia oscura da parte del Signore Oscuro non era più un segreto per il mondo magico che si era dunque avviato verso una lieve, ma pericolosa repressione.
Avevo quindi dovuto iniziare a prendere alcune precauzioni per non rendere pubblica a chiunque la mia attività. 
Mi servivo dei sotterranei per lo studio e le prove di magia oscura.
Mio marito lo sapeva ovviamente e quando aveva bisogno mi cercava lì, oppure lui stesso faceva uso di quei locali per allenarsi nei duelli.
Quando sentii i grandi portoni cigolare per aprirsi, misi da parte bacchetta e grandi tomi, sistemai velocemente qualche pozione e mi avvicinai alla porta.
Rod entrò velocemente e mi trovò ad attenderlo, ci salutammo sorridendoci: avevamo trovato un certo equilibrio anche Rod e io, avevamo smesso, a tratti, di farci la guerra e di farci del male. Anche se, appena questo equilibrio si incrinava leggermente, ecco che la rabbia, la passione, il rancore e l’amore sopito, tornavano fuori a creare epiche litigate.
Rod avanzò lentamente verso di me, vidi che alzò il braccio con una leggera incertezza, forse un impercettibile tremore, mi sfiorò una ciocca di capelli osservandoli.
“Ti sono ricresciuti molto, sono belli.”
Annuii silenziosamente, poi aggiunsi che avrei dovuto accorciarli di nuovo molto preso. Infine gli presi il braccio, allontanandolo dai miei capelli, tastando i muscoli leggermente indeboliti.
“Il tuo braccio invece come va?”
Non mi sentivo in colpa di avergli provocato quella rottura a causa di quello che aveva detto, ma ero preoccupata di come potesse stare ora, non avevo mai chiesto a fondo bene che menomazione gli avevo procurato.
Vidi che silenziosamente si accarezzò il braccio.
“Va meglio, ormai.”
Lo guardai negli occhi. Volevo capire se mi stava dicendo la verità.
“C’è voluto praticamente un anno, il muscolo lentamente si è di nuovo rinforzato e direi che muovo tutto abbastanza bene, la violenza della mia magia però si è comunque impercettibilmente indebolita.”
Restammo in silenzio.
“Gli altri non lo notano, per fortuna, ma io sì.”
Feci per parlare, ma lui mi fermò.
“Non sono comunque venuto qui per parlarti di me, anzi. Ricordi che ti avevo promesso di riferirti ogni mossa e ogni azione dei Mangiamorte sospettati di congiura?”
Annuii e mi feci più attenta.
“Farò molto di più, sono finalmente pronto a dirti i nomi di chi fa parte di questo complotto.”
Mentre parlava si mise a girare attorno a me, sfiorando delicatamente i miei tomi, poi il paiolo delle pozioni e infine mi tornò vicino, lo sentii alle mie spalle.
Si muoveva lento e guardingo, proprio come un lupo, sempre nell’ombra.
Il mio maestro mi aveva insegnato a non farmi trovare mai impreparata quando qualcuno si posizionava alle mie spalle, amico o nemico che fosse, non faceva alcuna differenza.
Perciò, appena lo sentii, mi voltai di scatto, altrettanto fulminea.  Mi trovai davanti il suo petto muscoloso, accogliente, aveva le spalle larghe, sul viso la barba era cresciuta, ordinata, ma piuttosto lunga.
Non me n’ero mai accorta, ma mentre io ero impegnata ad imparare la magia oscura, lui era diventato un uomo fatto e forte, duro e taciturno, con grandi occhi scuri, in un certo modo incredibilmente dolci e tristi.
Restammo fermi, leggermente imbarazzati, era difficile affrontare di nuovo i momenti di intimità, non sapevamo più come comportarci. 
Fu lui il primo a rompere il silenzio.
“Non ti faccio niente, Bella. Se anche mi metto alle tue spalle, il peggio che posso fare è abbracciarti stringendoti forte. Non devi sempre comportarti come una bestia diffidente e feroce.”
Mi rilassai.
“Questo è quello che mi ha insegnato lui.”
Rod rise ironicamente.
“Lo so molto bene.”
Poi fece una pausa.
“Ora veniamo a lui, appunto. Concedimi pochi minuti e ti dirò quello che ho saputo della congiura, nomi e cognomi, mentre di piani precisi ancora non ne hanno, ma ci stanno lavorando alacremente, ormai sono convinti e preparati. Tienilo presente.”
Lo ascoltai con attenzione, notai la sua precisione e dovizia di particolari, la sua durezza e la rassegnazione nel capire perfettamente che, nel darmi quelle informazioni, mi riconosceva in tutto e per tutto l’unica davvero vicina al Signore Oscuro. L’unica ad avere la sua piena fiducia, l’unica che lui ritenesse all’altezza di stargli a fianco.
Rappresentavo il solo vero legame tra tutti i Mangiamorte, Rod compreso, e l’ormai inarrivabile Lord Voldemort.
 
Non impiegai molto per recarmi al Quartier Generale, mi cambiai velocemente d’abito, sistemai i capelli allo specchio e, sempre mentre mi guardavo allo specchio, sfiorai il Marchio Nero con le labbra, come per dargli un bacio, quindi mi calmai e rimasi in attesa della sua chiamata per ricongiungermi a lui. 
Avevo intenzione di parlargli subito, ma come spesso accade quando mi trovo al suo cospetto, altre priorità si palesarono tra me e i miei intenti.
Quando mi materializzai nelle sue stanze, lo trovai intento a leggere un piccolo libretto: con quell’oggettino che chiamava matita, stava sottolineando alcune frasi e passaggi di quelle pagine scritte a mano.
Credo che la sua distrazione più grande nella vita fosse la lettura, lo trovavo spessissimo intento a leggere, o studiare, era affascinante per me immaginare quante cose doveva conoscere e quanto la sua curiosità doveva essere immensa.
Mi avvicinai osservandolo, evitando di fare rumore. Sbirciai il libretto, riconobbi subito che la scrittura non era la sua, ma era molto intento nell’analizzare ciò che vi era scritto. 
Chiesi se potevo sedermi accanto a lui.
Non rispose subito e dunque attesi diversi istanti ferma accanto al tavolo, finché non sentii la sua risposta affermativa.
Lui chiuse il quaderno lentamente, rivolgendomi qualche spiegazione.
“Ho trovato informazioni interessanti a proposito di un incantesimo importante. Le ho cercate a lungo, ma finalmente la mia fatica è stata ripagata.”
Cercai di capire il suo umore del momento. Di solito quando si dedicava alle sue ricerche era ben disposto, più rilassato, ma non era una regola generale. 
Mi guardò negli occhi e mise da parte il quaderno facendolo librare nell’aria, fino a riporlo al sicuro nella libreria.
“A che punto sei con l’ultimo elemento?”
Mi sentii inquieta, se cominciava a pressarmi voleva dire che aveva fretta di concludere il suo intento, voleva i miei servigi e io non mi sentivo pronta.
“Non è semplice conoscere e capire la terra, mio maestro, so che mi avevate avvisato, sto facendo del mio meglio… ma…”
Non riuscii a capire bene la sua reazione alle mie parole: fu un misto di sollievo e di disappunto. Pensai che non fosse soddisfatto a causa di questo contrattempo, ma che infondo si sentisse contento di non dover compiere l’incantesimo nell’immediato e che fosse soddisfatto di poter imputare a me la responsabilità del ritardo.
Dal canto mio, avevo intuito molte cose di lui e del rapporto con quell’incantesimo che si apprestava a compiere: era dello stesso tipo di quello effettuato con il medaglione, per cui il più complicato e pericoloso; attendeva che io fossi pronta per fare qualcosa, ma non voleva chiarirmi cosa; si trattava di un incantesimo vitale per lui, ma che gli toglieva, allo stesso tempo, parte della sua essenza e della sua vita normale.
Non volli mai sapere che incantesimo fosse, lui non desiderava che io venissi a conoscenza di questa cosa, ma questi particolari che lo riguardavano non potevo non capirli e non rifletterci sopra.
Soffriva molto per le conseguenze dell’incanto, sia dal punto di vista fisico, sia da quello psicologico. Di conseguenza, se stava bene, inconsciamente preferiva rimandarlo. Consciamente invece insisteva facendo forza su se stesso per farlo al più presto, pretendendo da me che fossi pronta per questo scopo.
Questi contrasti continui dentro di lui deterioravano il suo stato, tutto sommato fui dunque felice di dargli un motivo per rimandare.
“Ti devi dare una mossa, sei su quell’elemento da molti mesi ormai.”
Annuii senza alcuna convinzione, mi presi la colpa del ritardo con grande contentezza. 
Dentro di me avrei fatto comunque di tutto pur di non rivederlo sofferente come dopo l’avventura del medaglione, dal quale, almeno a parer mio, non si era ancora ripreso del tutto e al quale, sempre dal mio punto di vista, davo ogni colpa del su uso e abuso di sostanze.
Il problema, in realtà, stava molto più a monte, ormai lo capivo bene e presto mi sarei dovuta rassegnare e accettare questo aspetto della sua personalità.
Probabilmente l’origine di tutto stava nella sua infanzia, nella sua sofferenza mai espressa allora e che continuava, senza sosta alcuna, anche nella sua vita attuale.
Non mi illudevo minimamente di poterlo risolvere questo problema, inoltre, a me, lui piaceva così com’era.
Mentre pensavo tutto questo, notai che si accorse che ero soprappensiero, attese poco, poi mi riportò alla realtà.
“Se hai bisogno di tempo ancora, io mi allontanerò per alcune ricerche, ma non starò via molto, cerca di essere pronta al mio ritorno.”
Rimasi a guardarlo in silenzio, anche lui face una pausa piuttosto lunga, poi si alzò allontanandosi da me, sempre senza parlare.
“Farò del mio meglio, maestro, non è facile, voi lo sapete meglio di me.”
Senza staccarmi gli occhi di dosso prese il bicchiere sul tavolino dei medicinali e mi rispose lentamente, fra un sorso e l’altro.
“Lo so bene… ma devi muoverti.”
Mi alzai anche io, avvicinandomi a lui.
“Voglio terminare questa faccenda al più presto e mi servi proprio tu.”
Terminò il sorso finale  dell’acqua col laudano restando per alcuni attimi con la testa reclinata all’indietro. Non pensai volesse sentire altre scuse, era distratto da chissà quali immagini e pensieri.
Vidi il suo respiro rallentare, i muscoli tirati rilassarsi velocemente.
Mi misi davanti a lui e solo quando tornò a guardarmi gli parlai di nuovo.
“Siete certo di volervi allontanare ancora?”
Era il momento peggiore per prendere e andarsene dietro alla magia oscura, per altro ero andata da lui per dirgli di quella specie di congiura dei Mangiamorte.
Me ne ero completamente dimenticata persino io.
Mi resi conto che si sforzò di concentrarsi sulle mie parole, era il momento giusto per farmi ascoltare.
“Perché me lo domandi? Devi dirmi qualcosa?”
Mi conosceva bene e aveva intuito che dovessi comunicargli qualcosa di importante.
“Sì, mio Signore, dovrei parlarvi, ci possiamo rimettere seduti?”
Tornammo a sederci sul divano, uno di fronte all’altro. Era pallido, ma bello. Sentivo il suo profumo che mi inebriava sempre, mi faceva impazzire. Non riuscivo a capire cosa usasse, il dopobarba probabilmente, o forse qualche magia. 
Qualunque cosa fosse quel suo profumo, per me era ipnotico.
Mi avvicinai per baciarlo, stavo quasi per sentire il tepore lieve delle sue labbra, ma lui mi fermò. 
“Di cosa devi parlarmi?”
Non era semplice distrarlo, mi riportò velocemente alla realtà, mi sforzai di non pensare di fare l’amore con lui, ma di parlargli seriamente. 
Non fu semplice.
“Volevo dire, mio Signore, che ho notizie dei Mangiamorte, o meglio, alcuni di loro: i congiuranti sembrano perseverare con i loro propositi di scissione, o di congiura appunto.”
Lo guardai in attesa di risposta, ma non disse nulla, rimase pensieroso.
“Per cui mi chiedevo se fosse il caso di allontanarvi proprio ora… sarebbe come provocarli, o anche dargli l’occasione di agire in qualche maniera.”
Piegò la testa di lato, guardandomi assorto.
“Non posso certo stare dietro alle rimostranze di un paio di compagni, ho cose più importanti da portare a compimento.”
Lo guardai negli occhi.
“Sono ben più di un paio, mio Signore.”
A quelle parole rimase male: fu impercettibile, una piccola ombra nello sguardo, un moto leggero delle labbra.
“Tu sai già chi sono vero, Bella?”
Annuii solamente senza aggiungere i nomi, non l’avrei fatto fino al momento in cui lui non me lo avesse chiesto lui esplicitamente.
Non lo fece, rimase in silenzio, seguendo di nuovo i suoi pensieri.
Appoggiò la testa sullo schienale del divano, languido e lento.
“I miei bambini sperduti mi si rivoltano contro…”
Lo guardai attentamente avvicinandomi a lui. Non li aveva mai chiamati così, sapevo che noi eravamo la sua famiglia, molte volte me lo aveva detto, ordinandomi di non litigare tra di noi.
Capii che per lui doveva essere un dolore diverso dal mio: io avevo provato solo rabbia, lui invece prima di tutto ne soffriva, la rabbia sarebbe arrivata solo dopo, e ben più forte e vendicativa della mia.
Fu in quel momento, mentre pensavo tutte quelle cose nel silenzio della stanza, che fece un gesto talmente speciale e inaspettato, che tutto il modo attorno si cancellò completamente in un istante.
Alzò le dita verso di me e mi accarezzò delicatamente la guancia.
Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata a quel tocco freddo e deciso, lento e sensuale.
“Tu sei la mia bambina sperduta.”
Quelle parole mi ipnotizzarono, i suoi occhi legarono i miei in uno sguardo fugace e penetrante.
“L’unica davvero fedele.”
Annuii lentamente, socchiudendo gli occhi, poi appoggiai la mia guancia sulla sua mano, sentendo le sue dita sul mio viso, fredde e morbide. Non feci quasi in tempo ad assaporarne il contatto che subito sentii quella mano sulla spalla pronta a farmi scendere il vestito e scoprirmi il seno.
Mi accarezzò lievemente, finché non sentì tutta la mia eccitazione, cresciuta agli apici in pochi attimi.
Continuava a sfiorarmi il seno come se trastullasse me e, allo stesso tempo, i suoi pensieri.
“L’unica che non mi tradirà mai.”
Annuii ancora, con un tono che forse era più un gemito di piacere che una risposta alle sue parole.
Allora iniziò a toccarmi con più decisione e passione, io mi sentivo già completamente bagnata, lo desideravo da morire.
Io, del resto, lo desideravo sempre.
Lentamente, quasi con timore, si avvicinò al mio seno con le labbra, baciandolo e soprattuto succhiandolo avidamente e a lungo.
Attesi così beata il passare del tempo, continuava in quel modo senza sosta alcuna.
Provai una sensazione così intensa che non potei fare a meno di passare le mie dita fra i suoi capelli e stringerlo poi a me, delicatamente, con le braccia attorno al suo capo. 
Non fece caso a quel gesto plateale di affetto misto a passione, mi lasciò fare continuando a succhiare e leccare i miei capezzoli con passione, solo dopo molto tempo cambiò lentamente il ritmo e mi leccò in maniera così sublime e così celestiale, da farmi venire immediatamente, senza che fosse necessario fare null’altro.
Gemetti violentemente e lungamente, mi godevo tutto il piacere che sapeva darmi, mi presi tempo e ancora tempo, solo quando il piacere iniziò lentamente a calare e affievolirsi mi calmai, respirai piano aprii lentamente gli occhi e lo guardai.
Si era fermato, lo avevo sciolto dal mio abbraccio maldestro, languidamente anche lui mi guardava, era così vicino che potevo sentire il suo respiro, potevo vedere il nero profondo dei suoi occhi, perdermi nella sua espressione misteriosa, rimanere in silenzio davanti a quelle screziature rosse che brillavano sfrontatamente, sentivo il tepore del suo corpo, fu un attimo di intimità intensa ed improvvisa quanto fugace e veloce. 
Ansimavo ancora quando lo vidi ridere sfrontatamente.
“Sei proprio una bambina, sei venuta solo per un mio tocco.”
Gli sorrisi ancora, persa nel mio piacere.
Non che volesse umiliarmi, era solo il suo modo di sentirsi potente. 
Era così raro vederlo ridere, mi piacque tanto quanto l’orgasmo che mi aveva fatto provare.
“Sì, mio Signore, solo per un vostro tocco, ma è un tocco di serpente.”
Si allontanò di nuovo accostandosi al cuscino.
“Il tocco del serpente è veleno, tu lo sai.”
Scossi la testa e mi avvicinai a lui, strusciando il mio corpo contro al suo, aprendogli quei pantaloni che seguitava a portare. Era un indumento sconosciuto per me, abituata alle vesti da mago. Questa cosa, stranamente, invece di disturbarmi, mi eccitava. Scesi lenta, sinuosa, fino a calare con il viso sul suo inguine.
“Lo so, mio Signore, ma io adoro il vostro veleno.”
Mi sorrise, reclinando poi la testa all’indietro. Non per l’effetto del laudano questa volta, ma per la mia bocca e la mia lingua che gli procurarono piacere ad ondate violente, andai avanti a lungo, fino a che non mi sentii inondata del suo caldo e abbondante sperma, da quel veleno che non mi dava tregua che mi piaceva da impazzire.
Mi eccitava sentirlo in bocca, mi dava la sensazione di avere il mio Signore solo per me e solo dentro di me, di sentire i suoi segreti, di possedere la sua parte più intima e potente.
   
 
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