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Autore: bhooo01    30/12/2020    2 recensioni
Tra festoni, argenteria e chiffon gli studenti di Hogwarts si ritrovano tra i preparativi di un ballo che cambierà le loro prospettive.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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                                                                                                                                                          All’orgoglio e alla     speranza di lasciarlo andare.
 
“Continuo a pensare che sia una pessima idea.”
“Andiamo Ronnino, non fare il guastafeste.”
Era giovedì sera, oltre il corpifuoco, e nella sala comune dei grifondoro, già da un po’, imperversava un’ardua organizzazione.
“Ma Fred! Questo è troppo anche per me!” continuava il più piccolo.
“Ron che succede? Fino a due giorni fa avresti spaccato una zucca in testa a McLaggen!” gli fece notare Harry.
“Allora” iniziò autoritario “credetemi quando vi dico che sono l’ultima persona al mondo che vorrebbe vedere quei due insieme” disse storcendo il naso sull’ultima parte “ma non sono del tutto convinto.”
“Ci hai messo circa cinque anni ad ammettere di provare qualcosa per lei. Vuoi farne passare altri cinque prima di agire?” si introdusse George.
“Assolutamente no ma ci ho pensato.”
A quest’ultima frase vide le facce dei suoi fratelli e di Harry assumere un’interessante forma a punto interrogativo.
“Tu ci hai pensato? Cioè proprio tu? Ronald Weasley, la persona più impulsiva di questo mondo si è fermato a rimuginare?” chiese il corvino basito.
“Ve l’ho detto!” esplose basito “Questa volta voglio fare le cose per bene. Dopo quella sera al Lago io…”
Proprio non riusciva a togliersi dalla mente il modo in cui Hermione l’aveva guardato in seguito a quell’ennesima litigata. Paradossalmente non era stata neanche la più funesta che i due avevano sostenuto eppure in lui aveva lasciato il segno.
Forse proprio perché era stata troppo tranquilla.
Il movente non era nemmeno estremamente tragico. Di certo c’era stato di peggio. Come quella dopo quel maledetto gioco nella stanza delle necessità. Ogni volta che ci pensava Ron si prendeva mentalmente a schiaffi da solo.
Il punto era proprio questo. Ciò che lo aveva fatto scattare, quel giorno, era stata l’arrendevolezza con cui Hermione si era sottratta alla discussione. Per il loro rapporto era un qualcosa di anomalo. Di solito si urlavano contro come pazzi ma sapevano, poi, di non potersi escludere l’uno dalla quotidianità dell’altra. Quindi, tra goffe scuse e pizzichi all’orgoglio, ci mettevano una pietra sopra.
Involontariamente Ron si era fin troppo adagiato su questo tacito rituale e, pur ripromettendoselo costantemente, non aveva mai davvero iniziato a smussare il suo carattere.
Però quella volta era tutto diverso.
Negli occhi di Hermione aveva visto qualcosa incrinarsi. Forse sarebbe stato meglio dire che era come se una luce si fosse spenta. Nonostante, più volte e in più occasioni, lei gli avesse ripetuto quanto fosse esasperata da quelle dinamiche non aveva mai mollato davvero la presa sul loro rapporto.
Non come quella volta almeno.
Ron aveva interpretato quello sguardo come un tacito voltare pagina verso un capitolo che non prevedesse uno scenario di scontri continui.
Anche se il ragazzo si fosse cucito le labbra non si sarebbero potuti impedire i battibecchi. Del resto, questi erano parte integrante del loro rapporto, se non la migliore.
Però di una cosa il rosso era certo. Non voleva più che litigassero perché la sua impetuosità non era in grado di fargli tenere a freno la lingua o che non facessero pace perché il suo orgoglio glielo impediva.
Sentire che sarebbe uscita con McLaggen l’aveva mandato in tilt. Soprattutto perché nell’ultimo periodo si erano avvicinati molto, se solo non fosse uscito quell’idiota in mezzo.
Lo sapeva bene che nella stanza delle necessità avrebbe dovuto spaccargli la scacchiera in testa. Ma no! Quel giorno la sua impulsività aveva deciso di concentrarsi solo nel pronunciare quella stupida frase ‘Uscire con Hermione? Andiamo è l’ultima cosa che farei.’
Ad ogni modo non poteva perderla. Non così e senza combattere.
“Ragazzi il punto è che” disse riprendendo il discorso “sarebbe meglio che le parlassi e basta. Da persona matura, la conosco bene da sapere che è questo che cambierebbe le cose.”
Neanche il tempo di formulare le ultime due parole che i due gemelli iniziarono a ridere sguaiatamente perché mai avrebbero pensato di accostare Ron alla compostezza mentre Ginny e Harry studiavano seriamente il ragazzo.
“Amico, credo che tu abbia ragione ma penso anche che” inizio il moro
“Che ora come ora se tu andassi semplicemente lì e le parlassi lei non ti darebbe retta.” Continuò per lui la rossa.
“Mi hai tolto le parole di bocca.” Rise il moro guardandola di sottecchi mentre lei accennava ad un sorriso.
“In che senso?” le chiese il rosso.
“Sveglia!” iniziò Fred.
“Nel senso che sono anni che fai così.” Continuò George ovvio.
“Così come?”
“Ogni volta che sei tu a scatenare il litigio vai da lei, le assicuri che non ricapiterà e poi due giorni dopo vi sento urlare dalla biblioteca.” Spiegò Ginny.
“Credi forse che invece mandarle a monte un appuntamento sarebbe più di impatto?” ironizzò il fratello.
“Questa cosa è solo per farci guadagnare tempo e soprattutto evitare che faccia una sciocchezza solo perché è fuori di sé.” Sperò di essere stata esaustiva la rossa.
“Non credi che ci si metterebbe davvero insieme. Vero?” azzardò Ron mentre un nodo gli si formava all’altezza dello stomaco al solo pensiero.
Ginny non rispose ma il suo sguardo era abbastanza eloquente.
Che ironia della sorte. Adesso era Hermione quella impulsiva mentre Ron cercava una soluzione razionale. Quei due erano perfettamente complementari, pur senza volerlo, in ogni occasione.
“Per ora non cambio idea.” Disse Ron alzandosi.
“Vi ringrazio per l’aiuto ma troveremo un altro modo.”
“Accidenti Ron! Io e Fred abbiamo preparato almeno cinque tipi diversi di pasticche vomitose.” Commentò George.
“Conservatele per i tassorosso. La prima partita di Quidditch, a dicembre, è contro di loro!”
“Ma Harry!” lo riprese Ginny.
“Stavo solo scherzando!” si difese.
Eppure, la ragazza avrebbe potuto giurare di averlo visto far un occhiolino ai gemelli mentre tutti e sei si avviarono ai dormitori.
 
“Sono molto orgoglioso di te Ron!” gli confessò Harry quando i due furono tornati in camera.
“Spero che manterrai questa motivazione.”
“In realtà ci penso da quando abbiamo parlato durante le ore di preparativi per il ballo. Non posso continuare così.”
“Sarai ripagato Ron. Ne sono sicuro.” Terminò dandogli una pacca sulla spalla con l’intento di infondergli tutta la sua vicinanza.
Ron gli sorrise riconoscente per poi proferire parola “Ora ho bisogno di dormire o domani rischio di non svegliarmi neanche per pranzo!”
 
 
Il giorno seguente Hermione si svegliò più stanca di quanto si fosse addormentata. Era venerdì e mancava un giorno. Solo ventiquattro ore la separavano dall’uscita con McLaggen. Affondò la testa nel cuscino chiedendosi cosa avesse in mente quando aveva deciso di accettare. Poi si rispose da sola.
Ron. Ecco che aveva in testa.
O meglio, i litigi con Ron.
Dopo l’ennesima discussione nel giro di pochi giorni decretò che proprio non poteva continuare così. Le faceva male dover costantemente litigare, soprattutto con lui, considerando ciò che provava. Erano giorni che a malapena lo incontrava se non durante situazioni di circostanza.
Le mancava da morire. Non solo il ragazzo di cui si era innamorata ma anche il suo migliore amico.
In cuor suo, però, credeva che quella lontananza, almeno per ora, le avrebbe fatto solo bene. Magari avrebbe imparato ad abbandonare le sue fantasie e sarebbe stata in grado di convivere con l’idea di non averlo accanto.
Che scenario raccapricciante le si presentò al solo pensiero.
Sbarrò gli occhi cercando di scacciare via le sue riflessioni, si voltò verso il comodino e decretò che era ora di alzarsi.
 
Nel frattempo, nel dormitorio maschile del quinto anno, Ron ed Harry continuavano a dormire beati noncuranti del sole ormai alto.
Dean Thomas si stava allacciando la cravatta quando notò i due ancora sommersi dai piumoni. Alzò gli occhi al cielo e prese velocemente un cuscino che prontamente colpì Harry dritto in testa. “Ragazzi sveglia! È tardissimo.”
In tutta risposta il moro mugugnò solamente per poi rigirarsi dall’altra parte.
“Ci penso io.” Sussurrò Seamus all’amico.
A piccoli passi si avvicinò al letto di Ron che dormiva a pancia in giù e, presa la bacchetta, iniziò a pizzicargli piano sulla schiena per poi urlare “Per Godric Ron! Hai un ragno enorme sulla schiena!”
In tutta risposta il rosso balzò in piedi sul letto così forte che colpì in pieno il ragazzo dai capelli color sabbia. “Dove? Dove?” chiedeva saltellando sulle lenzuola.
“Che succede?” si ridestò Harry, allarmato dalle urla, mentre con una mano inforcava gli occhiali al contrario e con l’altra sguainava la bacchetta.
“Sta’ un po’ attento Ron, a momenti mi spezzavi il naso!” si lamentò Seamus.
“Dove accidenti è questo ragno?” continuava ad urlare non curante il rosso.
“Non c’è nessun ragno, era solo per farvi svegliare.” Spiegò Neville che, ormai pronto, si accingeva ad uscire dal dormitorio.
“SEI FORSE IMPAZZITO?” chiese il rosso al compagno di stanza.
“Non ringraziarmi.” Rispose lui facendo spallucce. “Sono le otto e un quarto. Avete un quarto d’ora per cambiarvi e scendere nei sotterranei. Abbiamo pozioni.” Pronunciò il ragazzo quasi come se fosse una minaccia.
“Oh Merlino!” esclamò Harry preso dal panico.
In meno di cinque minuti i due ritardatari si ritrovarono a scendere le scale del dormitorio in uno stato pietoso.
Ron aveva una scarpa slacciata e mezza camicia fuori dai pantaloni mentre cercava, invano, di liberare la cravatta che era rimasta incastrata tra i passanti e la cintura. Harry non era sicuramente messo meglio con il gilet nella tasca posteriore mentre, con la camicia ancora slacciata, si chiudeva la cintura.
I due iniziarono a correre dritti ai sotterranei senza neanche passare in Sala grande a prendere un biscotto.
Ron aveva provato a convincere Harry a fare diversamente, l’ultima cosa che gli serviva era saltare i pasti, ma l’amico fu risoluto.
E col senno di poi fu meglio così.
Infatti i ragazzi stavano proprio svoltando un corridoio apparentemente deserto quando Ron sentì una voce che attirò particolarmente la sua attenzione. McLaggen.
Afferrò Harry per un braccio e gli fece segno di non fiatare mentre accostava l’orecchio ad un’aula dalla porta semiaperta cui attribuì la provenienza del rumore.
“Cosa fai? Siamo in ritardo!” si lamentò il corvino ma Ron lo ignorò e si mise in ascolto.
“Ragazzi domani sarà fatta!” sentì il biondo gongolare.
“Lo sai bello! Se non ottieni neanche un bacio niente ricompensa.” Gli rispose qualcuno.
Ron ed Harry, di rimando, si guardarono negli occhi capendo subito il soggetto in questione. Hermione.
Il rosso strinse i pugni in modo quasi innaturale ma si costrinse a resistere per cercare di capire il più possibile.
“Ma sì! È bastata qualche parolina e ha accettato subito, non ci sarà alcun problema per un bacio e poi…chissà.” Concluse il biondo ridendo.
Harry dovette far appello a tutta la forza che neanche sapeva di avere per allontanare Ron da lì prima che irrompesse e spaccasse la faccia di McLaggen a pugni.
“E la tua voglia di non essere più impulsivo?” gli rinfacciò Harry quando furono abbastanza lontani.
“Vale solo per Hermione. Non per gli idioti che vogliono farle del male.” Ron ribolliva di rabbia come non mai. Quando sentiva che la ragazza era sotto minaccia non ci vedeva più, avrebbe mandato a benedire ogni buon proposito.
Chiuse gli occhi ed inspirò piano. “Devo dirglielo.” Decretò fermo.
Harry non poteva che essere d’accordo, non poteva permettere che la sua amica, soprattutto nella situazione di vulnerabilità in cui riversava, fosse presa in giro così.
“Va bene.”
“Ma aspetta la fine della lezione.” Gli disse afferrandolo prima che insieme si avviassero in aula.
Per un pelo! Piton ancora doveva arrivare!
I ragazzi individuarono subito Hermione e gli si affiancarono mentre, pochi istanti dopo, Cormac e due ragazzi si fecero largo in aula.
Ron si ritrovò a pensare che si erano mossi giusto in tempo, altrimenti adesso sicuramente il biondo starebbe affiancando la sua migliore amica.
Alzò poi gli occhi sull’amica e vide come questa, invece, cercava di evitare i suoi in tutti i modi.
Quella scena gli stringeva il cuore ma si fece coraggio, inspirò e poi parlò “Devo parlarti.” Le disse.
Hermione sobbalzò. Solo allora si rese conto di quanto tempo fosse passato da quando aveva sentito la sua voce. Anche se le circostanze non erano delle migliori. Si riprese in fretta e cercò di mascherare il tremolio nella voce “Non ho niente da dirti!” dichiarò mentre Piton entrava in aula. “è importante.” Insisteva il rosso noncurante che la lezione stesse iniziando.
“Non le voglio le tue scuse.” Gli disse tagliente.
“Non voglio scusarmi.” Rispose Ron spazientito.
 Ottima mossa. Questo sì che era tener fede ai suoi buoni propositi.
“è importante, devi sapere una cosa.” La anticipò prima di qualunque altra risposta.
“Weasley! Un’altra parola e ti ritroverai nelle cucine, con gli elfi a pelare patate a vita.” Lo rimbeccò Piton.
“Scusi signore.” Rispose l’interessato.
Non ricevette alcuna risposta dalla mora accanto a sé ma non si diede per vinto.
 
Finita la lezione aspettò che l’ingombro di persone iniziasse ad uscire dall’aula per poi afferrare Hermione per un braccio.
“Ma sei fuori di testa?” sobbalzò lei.
Lui la ignorò e quando fu sicuro che fossero soli si avvio alla porta e ci si parò davanti per evitare che l’amica ci passasse.
“Ho detto che non voglio parlare con te.” Rispose lei ferma.
A Ron sembrava fredda e distaccata ma questo lo incentivò ancora di più a voler porre rimedio a quella situazione.
“Non puoi uscire con McLaggen.” Chiarì secco.
“Ancora con questa storia? Spostati e fammi uscire.” Iniziò ad infervorarsi.
Meglio arrabbiata che indifferente. Si ritrovò a pensare il rosso.
“Hermione devi ascoltarmi” iniziò lui mettendole le mani sulle spalle “ti sta solo usando. L’ho sentito mentre lo diceva ai suoi amici. Ha fatto una specie di scommessa.”
“Ma che cosa stai dicendo?”
“Te lo assicuro. E così. L’ho sentito con le mie orecchie.”
“Non sai più che inventarti.” Rispose lei cercando di scostarsi.
“Hermione perché dovrei? Ho sbagliato tutto con te, lo so. E forse ora mi odi ma io ci tengo a te e non posso permettere che un idiota qualunque ti faccia del male. Ne morirei.” Confessò sincera.
Il cuore di Hermione a quelle parole fece un sussulto ma poi la sua razionalità prese il sopravvento.
“Che ti interessa? Perché dovrebbe toccarti quello che mi succede o non con altri?”
“Perché ti amo da quando ne ho memoria.” Avrebbe voluto rispondere il ragazzo.
Ma dalla sua bocca gli uscì solo un “Perché sei la mia migliore amica.”
Non se la sentiva di aprire il suo cuore. L’orgoglio non svanisce completamente da un giorno all’altro. Sicuramente non avrebbe mai pensato di confessarsi in quel momento, soprattutto considerando lo stato emotivo in cui riversava la ragazza.
Quanto si sbagliava. Quelle sette parole avrebbero aggiustato ogni cosa.
Dal canto suo Hermione si sentì come se la realtà le si fosse, ancora una volta, spalmata in faccia inondando ogni poro di sé. Quelle parole le risuonavano in testa come un mantra. Ecco cos’era, solo la sua migliore amica. Non si può essere più chiari di così.
“So badare a me stessa.” Disse in un tono che non ammetteva repliche e lasciandolo di sasso l’oltrepassò e andò via.
Ron restò con mille frasi a mezz’aria ma nessun interlocutore.
Restava però fermo nella sua idea. Quel McLaggen non avrebbe toccato neanche un capello alla sua Hermione.
A passo spedito uscì dall’aula e si mise alla ricerca di Harry. Lo trovò in un corridoio poco lontano e gli si avvicinò più risoluto che mai.
Il corvino era già pronto a chiedere come fosse andata ma l’amico lo precedette.
“Dobbiamo rovinare quell’appuntamento. Assolutamente.” Tuonò con gli occhi cerulei che emanavano scintille.
Angolo dell’autrice: Buona serata! Allora da dove inizio… diciamo che Ron ha avuto una bella epiphany (detta alla James Joyce hahah). Sinceramente vorrei sfatare il mito di Ron che non riesce a controllare i suoi impeti. Premetto che è il mio personaggio preferito anche perché mi ci ritrovo molto in lui, soprattutto per quanto riguarda impeto ed orgoglio (ecco il perché della frase ad inizio capitolo). Comunque vorrei rassicurarvi sul fatto che anche se sembra che abbia messo troppa carne al fuoco vi assicuro che verrà fuori un bel barbecue. (Scusatemi lo squallore ma sto studiando dalle sette di stamattina e a momenti dimenticherò anche il mio nome). Infatti sarà presto chiarita la questione del padre di Ron, quella di McLaggen il ballo sarà veramente cruciale. Ringrazio chiunque legga e vi chiedo di avvisarmi se pensate che stia martoriando caratterialmente i personaggi, provvederei subito! A presto <3.
 
 
   
 
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