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Autore: Merkelig    05/01/2021    1 recensioni
Storia partecipante al contest “Manuale di sopravvivenza Vol.1” indetto da Spettro94 sul forum EFP.
La brama consuma gli uomini. Ma quale desiderio arde nel cuore nero di Serafina, la regina oscura?
La sete di conquista?
L'ambizione di portare finalmente a compimento l'opera paterna?
O la cupidigia per Astelera, la bellissima regina elfica?
Dal testo:"Fu così che la sovrana seppe che i tempi erano ormai maturi; ben presto avrebbe appagato il desiderio suo e di suo padre, la brama che la consumava da quando era fanciulla, per un regno incantato che non era ancora nelle sue mani."
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il piano di battaglia
 
Al mattino Serafina e i suoi luogotenenti erano nuovamente riuniti nella sala bellica.
Per primo si fece avanti Baeron, il nano.
Lui e i suoi simili erano stati i preziosi alleati di suo padre e si erano adattati velocemente al cambio di regime; Baeron era un guerriero esperto e uno scavatore in gamba, ed era un anello fondamentale per la riuscita del suo piano.
- Maestà - la salutò con un inchino - vi ho portato due dei miei soldati più capaci. Amon, il mio secondo in comando, e Rian, mio figlio.
- Ti fidi di loro?
- Tanto da affidargli la mia vita, maestà.
- Bene - commentò Serafina - perché tale sarà il pagamento se non dovessero essere all'altezza.
Il nano si limitò ad annuire e a farsi da parte. I tre rimasero impassibili al loro posto, i volti muti e granitici come la roccia.
- Signori - li richiamò a sé la sovrana avvicinandosi alla tavolata su cui era stata distesa una mappa in pergamena finissima - Qui è dove scenderemo nella Città Sotterranea, che come sapete attraversa buona parte del reame di Astelera. Ci saranno molte trappole e incantesimi, dunque dovrete prepararvi a resistervi. Risaliremo in superficie qui - illustrò indicando un punto colorato sulla mappa - ed entreremo nel suo palazzo da qui. Se tutto andrà bene tra una settimana il reame degli elfi sarà nostro.
- Audace - commentò uno dei soldati di Darda. A quest'ultimo, al pari di Baeron, era stato ordinato di presentare i due sottoposti più capaci che avesse per la spedizione.
Un'occhiataccia del capitano rimise il soldato in riga, ma troppo tardi: la regina lo stava già scrutando con occhio rapace.
- Chi è costui, Darda?
- Il suo nome è Sindar, mia regina - ripose l'interpellato mentre Sindar si metteva sull'attenti - È un po' loquace a volte, ma è un'ottima spia. Lui invece è Patrel.
Serafina squadrò Sindar da capo a piedi; questi, dal momento che superava in altezza la sovrana con le spalle e con tutta la testa, cercò di rattrappirsi sul posto mantenendo al contempo lo sguardo fisso in avanti. Dopo un attento esame la donna passò al secondo uomo, più esile e giovane del primo.
Le bastò un istante per riconoscere su di lui l'odore degli elfi.  
Disgustata si scostò di un passo, estrasse la spada dal fodero e infilzò il giovane soldato da parte a parte, trafiggendogli il cuore.
Il giovane gemette e cadde al suolo, morto.
Serafina, glaciale, si rivolse a Darda mentre ripuliva la propria lama con un panno di stoffa.
- Mi auguro che la prossima volta che ti chiederò di portarmi degli uomini fidati tu sia in grado di scegliere qualcuno che non sia sotto un incantesimo elfico.
L'uomo si inchinò rigidamente.
- Perdonatemi, maestà.
La donna tornò al tavolo, non degnandolo più di uno sguardo.
- Quindi... se non ho ricevuto una stoccata al petto ritengo di aver superato il test - si lasciò sfuggire Sindar.
Serafina si bloccò a mezza strada e si voltò impercettibilmente nella sua direzione, la spada ancora sguainata.
- Se vuoi evitarlo in futuro, cerca di tenere la lingua a posto.
Il soldato si azzittì con un cenno del mento.
La regina rinfoderò l'arma e riportò lo sguardo alla mappa.
- Bene... - meditò ad alta voce - lasceremo i cavalli qui e proseguiremo a piedi. I demoni di Alastor ci copriranno per il primo tratto di strada.
Il demone si fece avanti di un passo al suono del suo nome. La sua figura fatta di tenebre e nebbia torreggiava sui presenti, suscitando occhiate apprensive o incuriosite, eppure Alastor non era grande nemmeno la metà di molti dei suoi simili; però era tremendamente furbo, e il suo cuore, spietato come quello di tutti i suoi fratelli e poco incline a cedere al fascino elfico, lo rendeva più che adatto a quell'impresa.
- I tuoi guerrieri sono pronti?
- Sì mia sovrana - la rassicurò il demone con la sua voce di tomba - i capitani delle venti legioni infernali sotto il mio comando si disporranno in attesa lungo il confine elfico, pronti ad un vostro cenno. Nei prossimi giorni il resto dei soldati li raggiungerà, muovendosi in piccoli gruppi perché i nostri avversari non si accorgano di niente.
- Quando Astelera cadrà così faranno anche gli incantesimi che ha eretto a protezione del suo regno. L'esercito demoniaco potrà avanzare senza problemi e finalmente gli elfi cadranno in mano mia.
- A questo proposito, mia regina - intervenne Alastor - mi offro volontario per uccidere la sovrana elfica. Lasciate che combatta per voi e vi porterò la sua testa.
- No - la donna ripiegò la mappa tra le pallide dita affusolate - Dovrò essere io a farlo.
Il demone fece per insistere ma ad un'occhiata della regina desistette.
- Preparatevi - ordinò secca Serafina - Partiamo al calar della sera.
Uno dopo l'altro i partecipanti di quella riunione segreta si inchinarono e uscirono.
La sovrana pensava di essere rimasta sola finché la voce di Darda non la raggiunse.
- Vostra maestà, se permettete...
- Cosa vuoi?
- Siete certa di riuscire nell'impresa?
- Come osi...?
- Maestà, non parlo certo della vostra abilità con la spada o della vostra forza. Entrambe sono indubbie. Ma sono numerose le voci che circolano su di voi e sulla regina Astelera, ed esse dicono che... c'è un legame tra voi.
- L'unico legame che ci sarà - sibilò Serafina avvicinandosi al suo capitano che si affrettò a chinare la testa - sarà tra la sua gola e questa mia spada che tengo tra le mani.
L'uomo non aggiunse altro; si inchinò brevemente e scivolò via.
La regina lo guardò uscire, poi sollevò la propria spada scintillante e la immaginò dissetarsi del prezioso sangue di Astelera.
 
Quella sera finì di vestirsi e fece l'ennesimo inventario delle armi che avrebbe portato con sé.
La sua fidata spada dalla lama nera come una notte senza luna le pendeva come di consueto al fianco; i pugnali erano al loro posto nascosti negli stivali, e appese alla schiena portava un altro paio di spade gemelle, più corte e con la lama piatta.
Era esperta nell'uso di ciascuna di queste e molte di più, grazie ai duri anni di allenamento a cui l'aveva sottoposta il padre; ma dopo tante ossa rotte, e cicatrici guadagnate, e sangue versato, la sua abilità ora conosceva ben pochi rivali.
Si guardò allo specchio per controllare che tutto fosse in ordine, e prese in mano l'ultima cosa che le serviva: una minuscola gabbietta in filigrana d'argento con prigioniera una piccola farfalla dalle ali grigie.
Studiò brevemente l'insetto e se lo assicurò alla cintura.
Poi si voltò nuovamente verso il proprio riflesso, chiuse gli occhi per concentrarsi meglio e mosse una mano; il suo aspetto stinse e mutò, la sua altezza crebbe, la sua corporatura e i suoi vestiti cambiarono. In pochi secondi un uomo sconosciuto con profondi occhi neri e un accenno di barba spruzzata su mento e guance la stava guardando dallo specchio.
Quello è ciò che avrebbe visto chiunque qualora avesse posato gli occhi su di lei; per sua volontà solo i componenti del drappello avrebbero scorto le sue vere sembianze.
Quando fu pronta convocò il marito; rese anche lui in grado di penetrare l'incantesimo per evitare spiegazioni inutili.
- Mi hai chiamato, maestà? - fece lui dopo un rigido inchino.
- Vieni qui - gli ordinò facendogli spazio davanti allo specchio.
L'uomo prese posto impassibile e la sovrana gli si piazzò di fronte, così vicino che respirando il petto di lei lo sfiorava. La donna alzò un braccio verso il suo viso.
Gregory quasi si aspettò di sentire la mano di lei sulla propria guancia; invece Serafina la allungò oltre la testa del marito e fece un cenno particolare.
Allo stesso modo la figura di Gregory si ritirò e mutò, finché una Serafina con occhi incredibilmente tristi non si ritrovò faccia a faccia con la controparte originale.
La donna si scostò di un passo per osservare il risultato. Nessuno si sarebbe mai accorto dello scambio.
- Bene - constatò, sorvolando sullo sguardo che il marito aveva assunto e che si stava affrettando a far sparire.
- Resta qui. Fingiti me, vai alle riunioni, presiedi il palio, i soliti compiti. Se qualcuno chiede di te digli che il re è indisposto. Fa chiudere la stanza da letto e piazza una guardia davanti alla porta. Entra solo tu.
- Non sono uno sciocco - disse con voce spenta, così insolita da sentire dalla bocca alla sovrana.
- Un'altra cosa: prendi una scorta di quattro o cinque soldati e fa' che ti seguano ovunque, e che ti sorveglino durante la notte.
- Perché?
- Perché te lo ordina la regina, mio re - ribatté lei, gelida.
L'uomo -la donna, in realtà- abbassò lo sguardo remissiva.
Serafina si scostò e si preparò ad operare un nuovo incantesimo.
Si avvicinò alla parete, dove la sua ombra baluginava e tremolava alla luce delle candele. Chiuse gli occhi e immerse le mani nelle tenebre, traendo una massa informe di oscurità.
La modellò con le mani e con il pensiero, finché non assunse la forma di una piccola scimmia con gli occhi di brace che prese a guardarsi intorno nel silenzio più assoluto.
La donna invitò il piccolo essere a saltare sul baule più vicino, da dove si mise a scrutare torva Gregory.
- Lei resterà con te. Ti terrà d'occhio e tornerà a riferirmi ogni cosa.
- C'è altro?
- No - rispose asciutta la sovrana. Poi fece per girare i tacchi quando la voce del consorte la fermò.
- Tu lo sai, vero? - stava mormorando Gregory, in quello che sembrava un momento in cui aveva raccolto tutto il suo coraggio - Sai che questa è una guerra inutile.
La donna gli rivolse uno sguardo sprezzante.
- Forse lo è per te - gli disse - Ma fortunatamente noi due siamo ben diversi.
Poi senza voltarsi indietro, e sotto l'occultamento del proprio incantesimo, la sovrana uscì in terrazzo e si calò in giardino con l'aiuto dei rampicanti che crescevano lungo il muro.
Darda la stava aspettando in groppa al proprio baio, con le redini uno stallone nero tra le mani.
  
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