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Autore: Emmastory    10/01/2021    3 recensioni
Muovendosi lentamente, anche ad Eltaria il tempo ha continuato a scorrere, dettando legge nella selva, al villaggio e nelle vite dei suoi abitanti. Il freddo inverno ha fatto visita a sua volta, e solo pochi giorni dopo un lieto evento che cambierà le loro vite per sempre, in modi che solo il futuro potrà rivelare, la giovane fata Kaleia e Christopher, suo amato protettore, si preparano ad affrontare mano nella mano il resto della loro esistenza insieme, costellata per loro fortuna di visi amici in una comunità fiorente. Ad ogni modo, luci e ombre si impegnano in una lotta costante, mentre eventi inaspettati attendono un'occasione, sperando di poter dar vita, voce e volto al vero e proprio rovescio di una sempre aurea medaglia. Si può riscrivere il proprio destino? Cosa accadrà? Addentratevi di nuovo nella foresta, camminate assieme ai protagonisti e seguiteli in un nuovo viaggio fatto di novità, cambiamenti, e coraggiose scelte.
(Seguito di: Luce e ombra: Il Giardino segreto di Eltaria
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-IV-mod
 
 
Capitolo XXII 
 
Freddo ma grande cuore  
 
Eravamo arrivati a casa. Tristi com’eravamo, ci era sembrato impossibile, il percorso lungo e la strada piena d’insidie, ma alla fine ce l’avevamo fatta. Tornata da poco, avevo avuto cura di accompagnare Sky nella camera degli ospiti seguita da Christopher, e poi, solo dopo esserci assicurati di chiudere le tende perché riposasse al meglio, lui ed io ci eravamo ritirati nella nostra. Ora me ne stavo seduta sul letto con Delia fra le braccia, ma nonostante lei sorridesse felice, io non riuscivo a imitarla. A soli due mesi, lei e il fratello erano troppo piccoli per capire cosa davvero era successo e stava ancora accadendo, sapevano solo che avevo cercato di far conoscere loro qualcuno di nuovo, ovvero la zia Sky. Fra un passo e l’altro del viaggio verso casa, che lei aveva tanto insistito per fare a piedi, non aveva mai proferito parola, e rimasta in silenzio per tutto il tempo, non si era neanche degnata di guardarci. Preoccupato, Chris aveva cercato di farle qualche domanda, e poi anche di farla ridere, ma purtroppo, con scarsi risultati. A dire il vero aveva sorriso, lo ricordavo, ma per nostra sfortuna, amaramente. In altre parole, un sorriso che non le era arrivato agli occhi, e che le era spuntato in volto solo quando aveva notato un cucciolo di jackalope con le corna incastrate nel tronco cavo di un albero. Probabilmente la dimora di qualche allegra famigliola di scoiattoli, che quando controllai scoprii non essere quella di Darlene e Bucky, ai quali forse pianificava di rubacchiare qualcosa. Magari una mora, forse qualche altro frutto, o quasi sicuramente una noce o una nocciola. Divertita, ero corsa ad aiutarlo distraendolo con una foglia perché ci giocasse, e una volta libero, l’avevo lasciato andare. Era stato allora che Sky aveva riso, anche se, mi costava ammetterlo, poi non l’aveva più fatto. Stanca, nervosa e imbarazzata, aveva preferito riposare, e ora dormiva. Rimasta sola con Christopher, alzai lo sguardo per incontrare il suo nel silenzio di quel calmo e quasi tetro pomeriggio, e prima che riuscissi a parlargli, qualcosa, o meglio, qualcuno, ci distrasse. Un vagito lieve, ma allo stesso tempo chiaro e conosciuto. Era Delia, che sveglia dal suo pisolino, ora chiedeva di essere cullata. Intenerita, accennai a un sorriso, e annuendo, realizzai il suo desiderio. Lentamente, la piccola parve calmarsi, e poco dopo, sentii il leggero brontolare del suo stomaco. “Chris, ti spiace?” gli chiesi, indicando con lo sguardo la porta della stanza ancora aperta. Silenzioso, lui negò con la testa, e alzandosi, andò a chiuderla, portando nel mentre con sé anche il piccolo Darius. Del tutto spompato dal viaggio, dormiva beato, mentre la sorellina, sempre al sicuro fra le mie braccia, aveva ripreso a lamentarsi. Sospirando appena, continuai a cullarla, e quando quell’ormai solito stratagemma non parve funzionare, e anzi, sembrò agitarla ancora di più, cambiai tattica. Cauta, me la posai sulle gambe, e in breve, mi scoprii per allattarla. Prima avevo sempre usato il biberon, ed era vero, ma un appunto trovato nel libro della famiglia di Christopher suggeriva il contrario, così ci avevo pensato, e ora eccomi lì a provare. Il primo dei due metodi era più semplice e veloce, non potevo negarlo, ma averla in braccio mi rilassava, e ne ero certa, rafforzava anche il nostro legame. “Ecco fatto, va meglio adesso?” azzardai poco dopo, parlandole con dolcezza. Scivolando nel silenzio, la piccola non provò a dire né mi fece capire nulla, tranne che era contenta, ora che beveva il suo latte ad occhi chiusi e succhiava felice. “Lui dorme, vero?” tentai poco dopo, cercando di non muovermi per non disturbare la bambina. “Sì, Kia, ma non credo andrà avanti per molto.” Scherzò, abbozzando a sua volta un sorriso divertito mentre mi si avvicinava. Lasciandolo fare, osservai nostro figlio fra le sue braccia, e con il cuore già colmo d’amore per entrambi e di speranze per il futuro, mi sporsi per sfiorarlo, facendo sempre attenzione alla bimba che avevo già in braccio. Ancora piccola e maldestra, si stringeva a me con tutta la forza che aveva nei pugnetti già chiusi, serrando una manina proprio intorno a una ciocca dei miei capelli. Incuriosita, prese a tirare, e allarmata da quell’improvviso dolore, storsi la bocca in una breve smorfia, poi tornai a guardarla. “Delia, no, lascia, così mi fai male.” Le dissi, spostandole piano il braccino così che le ricadesse su un fianco. Sorprendentemente, la pixie non oppose resistenza, e già stanca di quel gioco, aprì e chiuse più volte la manina, fino a portarsi il pollice in bocca. A quella scena, sentii il cuore sciogliersi, e non osando fermarla, le scompigliai i capelli. “Però, è già sazia?” commentò Christopher, sorpreso. “Direi più distratta, tesoro.” Gli risposi, alzandomi in piedi e stringendola a me. “Non è vero, piccina?” tentai, il mio tono sempre dolce e tranquilla. Sulle prime, da parte della pixie nessuna risposta, poi un altro vagito, stavolta più forte dei precedenti. Colpita non riuscii a credere alle mie orecchie “E cos’era quello? Un sì? Era un sì?” azzardai, sollevandola leggermente e facendo un breve giro su me stessa. “Amore, è già dolcissima.” Aggiunsi poi, rivolgendomi al mio amato Christopher. “Già, ma c’era da aspettarselo, con te come mamma.” Replicò lui, che intanto aveva assistito, stando in disparte, all’intera scena. “Come hai detto?” tentai in quel momento, fingendomi sorda alle sue parole. “Che sei una madre fantastica, fatina mia.” Breve, concisa, ma onesta, una risposta che in realtà non mi aspettavo, specie dopo tutti i dubbi che gli spiriti e le loro voci mi avevano instillato, ma che accettai di buon grado, con il cuore che batteva e il sorriso sulle labbra. Avrei voluto baciarlo, ma con noi c’erano i bambini, e seppur felicissima, mi trovai costretta a rimandare. Voltandomi per un istante, notai che la sera stava iniziando a calare sul bosco, e tirando le tende con la mano libera, posai piano mia figlia sulla nostra coperta. Divertita, emise qualche versetto, poi sorrise, e agitando gambe e braccia, riempì il silenzio con la sua risata infantile. “Che sta facendo?” non potè evitare di chiedere il padre, confuso. “Non vedi? Gioca. Tienili d’occhio, vado a prendere il suo pupazzo.” Replicai, trattenendo a stento una risata mentre mi allontanavo. “Va bene!” si affrettò a rispondermi, alzando la voce per farsi sentire anche oltre il corridoio. E così, uscii dalla stanza, e diretta verso quella dei piccoli per dar loro qualcosa con cui distrarsi, udii una voce. Attenta, aguzzai l’ingegno e la vista nel corridoio scarsamente illuminato, e accesa una luce, ripresi a camminare. Per qualche istante, il silenzio fu disturbato solo dai miei passi, poi rieccola. Di nuovo quella voce, la stessa di prima. Non apparteneva a uno spirito, né a uno dei miei amici, ma bensì a Sky. Avvicinandomi alla sua porta, scoprii che era rimasta socchiusa, e attratta come una falena dalla fievole luce all’interno, non esitai a controllare. Avvicinandomi, spinsi fino ad aprirla, e in silenzio, bussando con appena tre piccoli colpi contro il legno, entrai. Tutto attorno era buio, all’improvviso non riuscivo più a camminare né a orientarmi, e l’unica fonte di luce, non più il lampadario, era diventata una candela. Debole come una bestiola ferita e ormai conscia del suo destino di preda, illuminava appena lo spazio dello scrittoio, proiettando ombre sul muro accanto al letto. “Sky, ma cosa...” farfugliai, confusa. Da parte sua, però, nessuna risposta, o almeno non subito, dato che inizialmente non udii altro che i suoi lamenti e il suo respiro, entrambi spezzati come un’ormai consunta corda. Provando pena per lei, diedi vita a un incantesimo per orientarmi meglio nel buio, e sedendomi sul bordo del letto, le posai una mano sulla schiena, poi attesi. “Che succede? Ti ho sentita piangere.” Le dissi, andando dritta al punto e sapendo di star per toccare un nervo scoperto. “Scusa, non volevo, è... è tutta colpa mia...” piagnucolò, fuggendo dai miei sguardi mentre teneva il volto nascosto nel cuscino, che abbracciava e stringeva forte. Una scena triste ma tenera e dolce, che per qualche istante mi riportò alla mente vecchi ricordi d’infanzia, ma ai quali decisi di non badare. "No, non dire così, in fondo non hai fatto nulla." Le feci notare, avvicinandomi e facendo del mio meglio per rassicurarla. Calma e sincera, tenevo neutro il tono della voce, così che non pensasse, neppure inconsciamente, che fossi in qualche modo arrabbiata con lei. Una delle tante lezioni di Christopher, dovevo ammetterlo, imparata nel giorno in cui, durante una visita a casa di Isla e Oberon, si era ritrovato a dover consolare la figlia minore, Lunie, triste e spaventata alla sola idea di cambiare casa. "Resto." Aveva detto, per poi inerpicarsi sul lettino e darci le spalle, circondata da tutti i pupazzi che, come quella stanzetta, non voleva abbandonare. Grazie al cielo Chris era riuscito a spiegarle ogni cosa e a farle cambiare idea, ponendo la questione in termini semplici per una bambina come lei, e inaspettatamente, dopo tanto aiuto e un grande abbracciato, la piccola sembrava essersi decisa, stringendo a sè anche quell'idea. Ecco cosa mi ricordava Sky in quel momento, una povera bambina impaurita, ancora in colpa dopo una classica e innocente marachella. Ovvio era che quello non fosse il suo caso, ovvio, ma volendo incoraggiarla le regalai un sorriso, e finalmente, lei si voltò a guardarmi. "Come stanno i bambini?" mi chiese, sinceramente preoccupata per loro. Colta alla sprovvista, esitai nel rispondere, e sfiorando la coperta con una mano, parlai. "Benissimo, non preoccuparti. Ora sono di là con Christopher, e stavano giocando, ma fra un pò andranno a letto." Le spiegai, non riuscendo a nascondere un secondo sorriso, tanto felice quanto orgoglioso. "Meno male, almeno non si sono fatti nulla." Commentò lei in risposta, con la voce ancora rovinata dalla tristezza. "Cosa? Perchè dici così?" provai a chiederle, stranita. "Ieri, lì alla grotta. Ero nervosa e arrabbiata, non ho neanche voluto vederli quando me li hai portati. E se li avessi spaventati?" Un timore legittimo, c'era da dirlo, ma conoscendola, non per una fata come lei. Ascoltandola, non osai interrompere, poi guardandola, ripresi la parola. "Sky, no. Sono piccoli, è vero, ma non gli hai fatto niente. In più dormivano, forse non ti hanno neanche sentita." Riprovai a dirle, avvertendo nelle sue parole e nel tono di voce una paura vera e genuina. Darius e Delia erano i miei figli, ma lei era pur sempre loro zia, e il pensiero di far loro del male sembrava costante. A dirla tutta era più che normale, e con un ennesimo sorriso, le sistemai meglio una ciocca chiara e ribelle dietro l'orecchio. Per un pò fra noi aleggiò il silenzio, specie dopo quel mio gesto, finchè lei non parlò di nuovo. "Posso venire?" azzardò, strofinandosi un occhio per scacciare una lacrima e tirando leggermente su col naso. "Certo! Vieni, ti accompagno." Mi affrettai a replicare, felice come e forse più di lei. Lenta, le tolsi di dosso le coperte, e prendendole la mano, l'aiutai a muoversi nel buio. Era lì in quella stanza da molto più tempo di me, il che significava che forse si era abituata, ma i tre giorni d'immobilità l'avevano indebolita, perciò darle una mano non era certo una cattiva idea. Così, buio o meno, arrivammo alla porta e poi al corridoio, e mentre lei restava appoggiata a me, con la mano libera ritentai quell'incantesimo. Nulla di difficile, solo un pizzico di magia imparato sin da bambina, quando, sola e al buio, cercavo di confortarmi senza svegliare nostra madre. Fatti pochi passi, poi, anche il corridoio ebbe inizio e fine, e raggiunta la porta della mia stanza da letto, mi preparai a tornare da Christopher. "Chris, sono tornata. Non ho i giocattoli, ma non importa. Qui c'è qualcosa di meglio." Gli disse, avvicinandomi per stringermi a lui. Felice di vedermi, lui mi accolse fra le sue braccia, indicando con lo sguardo Darius e la sorellina che ancora giocavano sul letto. A quanto sembrava, Chris aveva trovato un sonaglio dimenticato proprio nella nostra stanza, quando ancora erano piccoli come lucciole e provavo a farli divertire agitandolo davanti a loro. Insieme, i due si muovevano appena, e animate come al solito, quasi fossero dotate di vita propria, le nostre bambole cercavano di farli divertire ballando per loro. Sempre uguali, un folletto e una fatina, in qualche modo una minuscola riproduzione di noi due. Divertiti, i piccoli non riuscivano a smettere di guardarle, e cercando la mano di Christopher, la strinsi. Imitandomi, lui non tardò ad accarezzare la mia, e ormai del tutto ignari della presenza di Sky, ci baciammo. Il nostro fu un bacio dolce e casto, interrotto solo da uno dei versetti dei piccoli. Ignorandoci, Sky si era avvicinata al letto, e ora coccolava Delia, coprendole il pancino di baci mentre le faceva il solletico. Troppo piccola e debole per difendersi, se così si poteva dire, la bambina la lasciava fare, e giocando con lei e con il fratellino, ormai rideva così tanto da restare senza respiro. Poco dopo, Sky si allontanò dal letto di qualche passo, e muovendo piano le dita, sperò di mettere in atto chissà che magia. Controllava il vento, lo sapevo bene, e guardandola, annuii. Ricambiando quel gesto, lei chiuse gli occhi per qualche secondo senza smettere di muovere una mano, ma quando li riaprì, nulla. Un colpo di magia andato a vuoto, nulla di grave in circostanze normali, ma preoccupante nelle sue. Allarmata, mi scambiai con Christopher un'occhiata colma d'eloquenza, e osservandomi, serissimo, non disse nulla. Veloce, tentai di dissimulare, e in silenzio, le consigliai di cambiare gioco, e in fretta. Confusa, Delia continuava a guardarla con i suoi occhioni scuri, come a chiedersi cosa sarebbe successo di lì a poco, e sotto mio muto consiglio, Sky l'attaccò ancora, sollevandola per abbracciarla e fingendo di farla volare per la stanza. Avrebbe potuto farlo davvero, ne ero certa, ma la sua magia non sembrava rispondere ai suoi comandi, perciò era stata costretta a ricredersi. Felice di vederla così calma e rilassata, mi godetti quello spettacolo per altri lunghi minuti, allo scadere dei quali, le ricordai le nostre regole. Ormai si era fatta notte, era ora che i bambini dormissero, e come loro anche noi, così le concessi un'ultima possibilità di abbracciarli prima che riposassero, e dopo un altro turbine di baci, si decise a dar tregua ad entrambi. "Buonanotte, Sky, e a domani, questi piccolini hanno bisogno di dormire, sai?" Le dissi, scherzando e prendendola bonariamente in giro. "Ho capito, piantina, non preoccuparti. Anzi, una buonanotte anche a loro. Specialmente a te, signorina." Rispose lei, con un sorriso stampato in volto mentre parlava alla mia piccola Delia. "Buonanotte, Sky." La salutò Christopher, tranquillo come al solito. Nel farlo, sollevò piano il braccino di Delia, e alzando la voce di alcune ottave, fino a renderla quasi stridula, si ripetè. Uno spettacolo tenero, che a dirla tutta mi fece ridere, e davanti al quale, per poco non mi sciolsi. Di lì a poco, la porta della nostra stanza si chiuse, e con il suono dei passi di Sky a riempire il silenzio del corridoio, scostai le coperte. Sedendomi sul letto, infilai in fretta la camicia da notte, e sdraiandomi lentamente, ebbi cura di non disturbare i piccoli, già sistemati in mezzo a noi e proprio accanto al padre. Alla ricerca di una posizione comoda, mi rigirai più volte, e sempre vicina a Christopher, mi lasciai abbracciare. Confortata dal suo calore, mi addormentai quasi subito, contenta e orgogliosa del nostro presente, del futuro che avremmo vissuto insieme e di Sky, la sorella che tanto amavo e che stasera si era dimostrava diversa. Forte eppure fragile, burbera ma dolce, e soprattutto, con un apparentemente freddo ma in realtà caldo e grande cuore. 
   
 
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