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Autore: Placebogirl_Black Stones    11/03/2021    3 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 30: Desideri esauditi
 
 
 
Controllò l’ora sul cellulare per l’ennesima volta da quando era arrivato al Forest Park. Aveva deciso di andarci comunque, perché sperava che Jodie lo raggiungesse anche se la loro conversazione a casa di lei non era finita nel migliore dei modi. Nella sua mente aveva immaginato la gioia di Jodie nel ricevere quel regalo e nel sapere che desiderava avere una seconda occasione con lei, ma non aveva fatto i conti con la ferita che lui stesso gli aveva inflitto sei anni prima. In quel momento aveva capito che ogni volta che Jodie gli sorrideva, dentro iniziava a sanguinare. Sanguinava e sorrideva per nasconderlo. Quando aveva rotto con lei aveva dato per scontato che fosse forte al punto di piangerci sopra una notte e poi rialzarsi in piedi, per lui che aveva fatto della freddezza il suo marchio di fabbrica era difficile comprendere l’amore fino in fondo; poi negli anni a venire si era reso conto di quanto brava fosse come attrice. Era salita sul palcoscenico e aveva interpretato il ruolo della ex ragazza che aveva accettato di essere solo un’amica e una collega, in pace con se stessa mentre recitava quella parte. La commedia che gli spettatori vedevano da fuori, tuttavia, era per lei una tragedia.
Non appena arrivato lì aveva fatto una passeggiata nel parco per scacciare la tensione e perché in ogni caso era troppo presto per vedere la pioggia di comete prevista per la mezzanotte. Aveva ormai fumato diverse sigarette, perdendone il conto. Si era soffermato a guardare dei ragazzi giocare a basket nel campetto del parco, ma la partita non era così entusiasmante da riuscire a distoglierlo dai suoi pensieri. Alla fine, dopo aver girovagato all’interno del parco per un’ora buona, era andato a sedersi in una delle lunghe panche di legno davanti alla tribuna semisferica bianca dove in estate facevano spesso concerti dal vivo. Aveva notato con rammarico che c’era più gente di quella che aveva previsto nel parco, ma d’altra parte era comprensibile: a New York non c’erano molti posti dove poter vedere il cielo senza alterazioni date dall’inquinamento luminoso, persino lì era comunque visibile e presente. Per godere della vista di un cielo limpido era necessario farsi almeno tre, quattro ore di macchina guidando fuori città. Se non avessero dovuto lavorare il giorno dopo avrebbe anche potuto farlo.
Si era guardato intorno per vedere se fra la gente già seduta ci fosse anche lei, ma non aveva scorto la sua figura. Alla fine aveva scelto una panca dove non ci fosse nessun altro: non poteva evitare le altre persone sedute intorno ma almeno poteva ritagliarsi uno spazio per lui e per Jodie, sempre che si fosse fatta viva. Voleva un momento di intimità solo per loro.
Ormai erano trascorse tre ore da quando aveva messo piede nel parco, mancavano solo cinque minuti allo scoccare della mezzanotte e di lei nemmeno l’ombra. Dunque aveva fatto la sua scelta e aveva deciso di non venire, preferendo un concerto in un anonimo locale a quelle meteore che invece aveva detto di voler vedere. Aveva preferito Clay a lui. Non poteva biasimarla, in fondo era ciò che meritava per non averle mai mostrato niente più di un affetto per una persona cara; tuttavia si chiedeva come fosse arrivata a quella scelta dopo aver pianto disperatamente davanti a lui guardando le loro foto. Forse si era calata così tanto nel suo ruolo di attrice da non riuscire più ad uscirne o forse, semplicemente, la paura di essere ferita di nuovo era più forte dell’amore che provava per lui. Aveva attivato un meccanismo di autodifesa per impedirgli di penetrare ancora più a fondo nel suo animo, più di quanto non avesse già fatto. Clay era la via più semplice e meno dolorosa. Ci aveva provato a combattere, ma quella battaglia l’aveva persa ancora prima di cominciarla. Aveva dato ascolto a Shiho, ma forse avrebbe semplicemente dovuto restare fermo sulle sue posizioni.
Meno due minuti a mezzanotte. Alzò lo sguardo al cielo e vide la prima cometa della serata cadere e disperdersi chissà dove. Si chiese cosa ci facesse ancora seduto lì, a sperare fino all’ultimo di vedere Jodie arrivare. I sogni non si realizzano guardando il cielo e pregando silenziosamente, questo lo sapeva bene.
Fece per alzarsi quando sentì qualcuno correre alle sue spalle, avvicinandosi sempre di più. Il suono dei tacchi che battevano veloci sulla pavimentazione di pietra che formava una passatoia a metà fra le due file di panche  risuonò nell’aria. I passi rallentarono e si fermarono di fianco a lui. Girò il capo alla sua destra e la vide, leggermente piegata in avanti e con il respiro affannato per la corsa. Si fissarono per istanti che parvero anni e infine lui si spostò verso sinistra per farle spazio. Senza dire nulla, Jodie si sedette accanto a lui cercando di recuperare il fiato necessario ad affrontare un dialogo.
 
- Sei venuta alla fine- le disse, ancora incredulo di vederla lì accanto a lui.
- Scusa il ritardo ma c’era traffico- rispose, quando il respiro fu tornato alla normalità.
- Beh, dev’esserci un bel traffico se ci hai messo tre ore per arrivare qui-
- Sono andata al concerto- ammise - Ho ascoltato una canzone e poi me ne sono andata-
- La band faceva così schifo?- ironizzò.
- No, al contrario. È stato un bene esserci andata-
 
Non riuscì a comprendere il significato di quelle parole, non sapeva se interpretarle in senso positivo o negativo per quanto riguardava la loro situazione. Era stato un bene andarci perché l’aveva portata lì oppure perché aveva ufficializzato il suo rapporto con Clay ed era venuta solo a dirglielo?
I suoi dubbi e la loro conversazione vennero interrotti dal mormorio delle persone intorno a loro: era scoccata la mezzanotte e le meteore avevano iniziato il loro spettacolo. Alzò lo sguardo al cielo ma con la coda dell’occhio la vide togliersi gli occhiali, posarseli in grembo e guardare anche lei in alto. Non era abituato a vederla così, senza quelle lenti tanto preziose per lei.
Tenne a freno la sua curiosità di sapere cosa fosse venuta realmente a fare lì e le lasciò godere quello spettacolo che tanto desiderava.
 
 
………………………
 
 
Sentiva il cuore batterle forte nel petto, ma non sapeva se era ancora l’effetto della corsa di poco prima o l’emozione di essere lì con Shuichi a guardare le stelle come due adolescenti innamorati. Aveva volato sulla strada per poter arrivare in tempo lì, non voleva che se andasse e pensasse che non c’era più speranza fra loro. La fiamma era ancora lì, sotto la cenere, ma prima di ravvivarla doveva mettere in chiaro delle cose.
Le meteore che cadevano una dopo l’altra segnando il cielo notturno le ricordavano delle lacrime che scendevano lungo il viso. Era come se il cielo stesse piangendo, proprio come aveva fatto lei poche ore prima. Un pensiero triste, ma al tempo stesso lo spettacolo era affascinante.
Il culmine durò per circa una decina di minuti, poi piano piano l’intensità con cui le meteore cadevano diminuì e ritornò ad esserci qualche barlume isolato qua e là. Molte persone che erano sedute lì si alzarono e se ne andarono subito dopo, ormai la parte migliore era terminata. Anche lei doveva terminare la conversazione che aveva iniziato prima con Shuichi.
Spostò lo sguardo dal cielo verso di lui e si accorse che la stava fissando. Arrossì quando i suoi occhi incrociarono quelli verdi e penetranti di lui.
 
- Perché è stato un bene essere andata a quel concerto?- le chiese all’improvviso, lasciandola confusa.
 
Probabilmente aveva atteso impazientemente tutti quei minuti solo per lasciarle vedere la pioggia di comete, ma ora voleva riprendere la conversazione esattamente da dove l’avevano interrotta.
 
- Perché ho capito tante cose. Credo fossero cose che sapevo già ma ascoltare le parole di quella canzone me le ha fatte vedere da un altro punto di vista. Sono contenta di esserci andata- spiegò.
- Se eri così contenta come mai non sei rimasta là?-
- Ti è mai capitato di essere fisicamente in un posto ma con la testa da tutt’altra parte?- rispose alla sua domanda con un’altra domanda - Ero andata al club per stare con Clay ma da quando ho messo piede lì dentro non ho fatto altro che pensare “non è questo il posto dove dovresti essere”. La mia mente era qui in questo parco, ma io ho voluto negarlo fino alla fine- abbassò lo sguardo.
- In poche parole cercavi di fuggire da me- sorrise, chiudendo gli occhi.
- Cercavo di riprendermi quella parte di me che ti sei portato via quando mi hai lasciato sei anni fa, ma ho capito che non posso farlo. Più lotto per riaverla e più mi rendo conto di quanto quella parte voglia restare tua. È contraddittorio ma è ciò che sento. Per quanto mi sforzi non riuscirò mai ad amare un uomo più di quanto ami te, anche se il mio cuore si dovesse frantumare cento volte e non aggiustarsi più-
- Non voglio ferirti Jodie, non l’ho mai voluto-
 
Sentì la sua mano calda posarsi sul suo collo, con il pollice le accarezzava la guancia. Piegò la testa sul lato dove aveva messo la mano per godere meglio di quelle carezze tanto desiderate, per poi riportarla in posizione eretta subito dopo. Non poteva e non doveva lasciarsi andare così, ora era il momento di parlare e chiarire tutto ciò che era rimasto in sospeso per anni.
 
- Lo so Shu, però lo hai fatto- le vennero gli occhi lucidi.
- Non credere che per me sia stato facile-
- Non l’ho mai pensato- scosse la testa - Ma una spiegazione come si deve me la sarei meritata, non credi?-
- Non né ho avuto né il modo né il tempo-
- Sai che non è vero-
- Perché dici questo?-
- Sei stato nell’Organizzazione per tre anni dal giorno in cui mi hai lasciata, poi sei tornato in America e ci sei rimasto per altri due anni nei quali abbiamo ripreso a lavorare a stretto contatto come in passato. In due anni non hai avuto tempo di darmi una spiegazione o di chiedermi come mi sentissi a riguardo?- si mise una mano sul petto, per indicarsi - Poi siamo volati in Giappone e ci siamo rimasti per un anno: anche in questo caso non hai mai avuto modo di parlarmi e chiarire quello che era rimasto irrisolto? Hai sempre saputo cosa provavo per te, ma hai preferito fingere di non vederlo e l’ho accetto perché pensavo che fosse il tuo modo di dirmi che non volevi illudermi. Ho accettato di diventare lo zimbello dell’FBI, facendo finta di non sapere cosa dicevano i nostri colleghi…- si fermò un attimo, deglutendo per sciogliere quel nodo che si stava formando in gola.
- A cosa ti riferisci?- le chiese lui, non capendo.
- Anche se cercavamo di essere discreti sul lavoro, qualcuno aveva capito che fra noi c’era una relazione. Quando si è sparsa la voce che avevi iniziato a frequentare un’altra donna per entrare nell’Organizzazione, passavo per i corridoi e sentivo lo sguardo di tutti addosso. Ero diventata la poverina sedotta e abbandonata- sorrise, ma c’era amarezza nei suoi occhi - Lo sanno tutti quello che provo per te, non sono mai riuscita a nasconderlo bene. Qualche tempo dopo il tuo ritorno in America, un giorno ero chiusa in bagno e ho sentito Rachel e Tara che parlavano di me. “A volte mi fa pena, gli corre dietro ma lui non la degna nemmeno di uno sguardo”. “Forse sta ancora pensando alla ragazza che frequentava per finta”. Questo dicevano. Sono rimasta chiusa in quel bagno per mezz’ora a piangere, poi sono uscita e ho chiesto a James di andare a casa perché non mi sentivo bene. Quel giorno ho realizzato quanto fossi patetica agli occhi degli altri e forse anche ai miei. Eppure non sono riuscita a staccarmi da te nemmeno per un secondo-
 
Si fermò nuovamente, non riuscendo più a trattenere le lacrime. La vista le si era annebbiata al ricordo di quei giorni così difficili per lei. Giorni che nessuno avrebbe mai cancellato.
 
- Non avevo idea di tutto ciò, ti ho sempre vista andare d’accordo con Rachel e Tara- la fissò con un’evidente malinconia negli occhi.
- Ho finto di non averle mai sentite dire quelle cose, in fondo dovevo lavorarci insieme proprio come con te-
- Mi dispiace Jodie, per questo e per non aver cercato un confronto con te. Ho pensato che non ce ne fosse bisogno, che fosse ormai acqua passata e che andare a ripescare vecchi scheletri dall’armadio non avrebbe fatto bene a nessuno. Andavamo d’accordo e fra di noi non c’erano problemi, quindi mi sono detto che era meglio non riportare a galla vecchie ferite. Ho commesso un errore- ammise.
- Anche ne ho commesso uno continuando a tenermi dentro tutto e ripetendomi che in fondo andava bene così. Mi sono annullata, sono entrata così tanto nella parte che stavo recitando da dimenticarmi chi fossi e cosa desiderassi in realtà-
 
Seguirono minuti di silenzio in cui nessuno di loro parlò, era difficile riaprire un vaso di Pandora e guardare tutto ciò che ne usciva senza restarne in qualche modo colpiti. Non importava quanto facesse male, dovevano farlo e basta.
 
- Perché sei venuto a casa mia stasera? Perché mi hai portato quelle foto e mi hai detto quelle cose?- gli chiese.
- Perché le penso-
- Le pensi davvero Shu? Perché io invece credo che se Clay non fosse arrivato nella mia vita tu avresti continuato a fare solo l’amico e il collega e a rimpiangere quella ragazza che hai amato con tutto te stesso- le sfuggì un’altra lacrima - Ho paura che il tuo fosse solo un desiderio egoistico di tenermi legata a te per il gusto di sentirti il primo-
- Pensi davvero questo?-
 
In quel momento lesse delusione nei suoi occhi, la sua considerazione lo aveva evidentemente ferito.
 
- Io non so che cosa pensare Shu- scosse la testa - So soltanto che avevo trovato un ragazzo che mi avrebbe dato il mondo se glielo avessi chiesto, uno che mi avrebbe fatta sorridere ogni giorno. Eppure ti è bastato schioccare le dita per farmi tornare da te e sapevi che sarebbe finita così quando ti sei presentato a casa mia e mi hai chiesto di uscire. Hai programmato tutto nei minimi dettagli, ma ti sei chiesto come mi sarei sentita a dover rimettere tutto in discussione? Non mi hai dato nessuna spiegazione nemmeno adesso, come non me l’hai data anni fa. Cosa ti ha fatto cambiare idea, cosa è scattato in te da far nascere il desiderio di chiedermi di uscire e di ricominciare?-
- Non posso negare che Clay abbia giocato una parte importante in tutto questo, ma non l’ho fatto per i motivi che credi tu. Sai, inizialmente ero intenzionato a lasciarti andare se avessi visto che ti rendeva felice, non ti avrei mai privato della tua serenità , ma poi ho capito che non potevo lasciarti andare senza fare nemmeno un tentativo. Era da un po’ che volevo chiederti di uscire, ma aspettavo il momento opportuno. Almeno questo è quello che mi sono detto, ma forse la verità è che avevo timore di chiedertelo. Insomma, con che faccia vai dalla donna che hai lasciato sei anni prima per stare con un’altra e le dici che vorresti un’altra occasione? Se avessi saputo che farlo ti avrebbe fatta stare così non avrei mai aperto bocca, ti avrei lasciata stare con Clay-
- È proprio questo il punto Shu: tu non lotti per me. Se si trattasse di lavoro o di altro scaleresti una montagna per raggiungere il tuo obiettivo, ma quando si parla di me ti basta un ostacolo e subito ti tiri indietro. Tu non hai mai lottato per me mentre io l’ho sempre fatto per te. Anche quel giorno, quando ti ho detto che ero disposta a restare con te anche se frequentavi un’altra donna perché lo facevi solo per finta, stavo lottando per noi. Ma tu hai preferito chiudere per timore di tradirti senza nemmeno fare un tentativo. Se davvero non mi hai lasciata perché ti eri già innamorato di Akemi, un tentativo avresti potuto farlo. Tu mi hai sempre data per scontata, sapevi che ero lì per te e ci sarei stata qualunque cosa mi avessi fatto: per questo non hai mai mosso un dito verso di me. Quando ho saputo che saresti tornato dal Giappone perché la missione era fallita, mi sentivo scoppiare il cuore. Ho pensato per giorni a cosa avrei dovuto dirti, a come avrei dovuto comportarmi e ho sperato che potessimo ricominciare , ma la freddezza con cui mi hai tratta, la stessa con cui hai trattato tutti gli altri che per te non erano nulla se non semplici colleghi mi ha ferita. È stato lì che ho smesso di lottare e mi sono accontentata di ciò che potevo avere. Mi ha fatto male lasciarti andare Shuichi. Mi fa male ancora oggi…-
 
Si coprì la bocca con una mano nel tentativo di sopprimere quel pianto che ora scuoteva il suo corpo, mentre con l’altra mano strinse forte quegli occhiali che una volta erano appartenuti a suo padre, come se facendolo avesse potuto entrare in contatto con lui e ricevere il suo conforto. Si sorprese quando sentì le forti braccia di Shuichi avvolgersi intorno alle sue spalle e attirarla a lui in un silenzioso abbraccio che in quel momento valeva più di tutte le parole taciute per anni. Si ritrovò con la faccia premuta nell’incavo del suo collo, che odorava di quella colonia maschile che usava sempre e anche un po’ di tabacco. La sua mano destra saliva e scendeva lungo la sua schiena, accarezzandola nel tentativo di calmare il suo pianto, mentre sentì che poggiava il mento sulla sua testa. Incapace di sottrarsi a quella stretta, gli cinse la vita e ricambiò quell’abbraccio. Restarono così svariati minuti, fino a quando il suo pianto si calmò e lasciò spazio a un senso di pace. Le piacque pensare che quel gesto di Shuichi fosse stato davvero guidato da suo padre, venuto ad aiutarla.
 
 
…………………..
 
 
Non era così che si era immaginato quella serata, non aveva previsto di dover affrontare di nuovo argomenti che aveva sempre preferito chiudere in un cassetto e fingere che morissero lì, fra la polvere. Tuttavia era consapevole che prima o poi quel cassetto avrebbe dovuto riaprirlo, il passato e gli errori commessi dovevano uscire allo scoperto e lui avrebbe dovuto rimediare. Quello era l’ultimo “caso irrisolto” del suo passato rimasto e ora, forse, vi aveva messo la parola fine. Si sentiva colpevole di fronte a quella donna che piangeva fra le sue braccia, non aveva la minima idea di quello che aveva dovuto passare a causa sua. Sapeva di averla ferita, ma non fino a quel punto. Jodie aveva dovuto affrontare gli sguardi e le parole dette alle spalle dei loro colleghi e aveva dovuto farlo da sola, mentre lui frequentava un’altra donna che fingeva di non amare davvero per convincere se stesso. Aveva ragione, non aveva mai lottato abbastanza per lei, perché egoisticamente l’aveva sempre considerata un punto fisso: sapeva che lei era lì, che avrebbe sempre avuto qualcuno da cui tornare anche quando sentiva la solitudine divorarlo. Le aveva detto che non era il tipo da amare due donne contemporaneamente, ma si era reso conto di quanto fosse stato affrettato e contraddittorio nel dirla, perché alla fine le aveva amate entrambe. I suoi sentimenti per Jodie si erano assopiti ma non si erano mai cancellati del tutto. Anche per lui era stato difficile rinunciare a lei, ma aveva preferito darle l’impressione che non fosse così, perché se avesse mostrato segni di cedimento non sarebbe riuscito a sacrificarla per il suo scopo.
La strinse a sé per tutto il tempo necessario, inebriandosi del suo profumo: si era sempre lamentato che ne metteva troppo, ma in realtà gli piaceva farsi solleticare le narici da quella fragranza floreale. Non l’avrebbe mai più sacrificata, per nessuna ragione al mondo.
La liberò da quell’abbraccio solo quando la sentì sollevare la testa e tirarsi indietro. Il trucco le era colato sotto gli occhi e lungo le guance e aveva macchiato anche la maglietta bianca che stava indossando.
 
- Scusa Shu, ti ho sporcato la maglietta- gli disse, passando un dito sulla macchia nera di mascara - Se me la porti domani al lavoro te la lavo e poi te la restituisco-
- Tranquilla, avevo altri panni da lavare quindi la aggiungerò al mucchio- le sorrise - Piuttosto, meglio se ti sistemi la faccia-
 
La vide estrarre velocemente dalla borsetta uno specchietto e guardare la sua immagine riflessa, facendo una smorfia e scuotendo la testa.
 
- Che aspetto meraviglioso hai stasera Jodie- ironizzò, prendendo dalla borsa una piccola confezione di salviette umidificate ed estraendone una, passandosela sul volto per cancellare le tracce di nero.
- Ti inviterei a fare una passeggiata nel parco ma mi sa che si è fatto tardi-
- Già, meglio rimandare- rimise lo specchietto in borsa e cercò con lo sguardo un cestino dove gettare la salvietta usata.
 
Quando lo individuò si alzò dalla panchina e lo raggiunse, non prima di aver indossato nuovamente i suoi occhiali. La seguì anche lui, intenzionato a restare con lei ancora un po’.
 
- Vuoi che ti accompagni a casa?-
- No, sono venuta con la mia auto-
- Allora ti posso invitare a bere un bicchierino lungo la strada verso casa tua? Ci fermiamo nel bar più vicino-
- Stasera non mi va di toccare alcol, altrimenti potrei finire con il berne troppo- sorrise - Non ho bevuto nulla nemmeno al locale, penso che andrò a casa e mi farò una camomilla o una tisana, poi andrò a dormire-
- Vorrà dire che riserverò l’invito per un’altra sera, sempre che tu voglia-
 
Doveva ammettere che in tutte quelle parole e quelle lacrime non gli era ancora ben chiaro cosa avesse deciso di fare, se dargli una seconda occasione o se chiudere definitivamente con lui come aveva fatto con Clay. Meglio stare sola che con un uomo che non ami, ma anche meglio stare sola piuttosto che con un uomo che ti ha spezzato il cuore mille volte.
Le aveva fatto una domanda fra le righe, ma invece che rispondere Jodie aveva continuato a camminare di fianco a lui verso il parcheggio, tenendo lo sguardo basso. Era visibilmente pensierosa e non di ottimo umore, di certo quella non era stata la migliore serata della sua vita.
 
- Allora? Accetti di uscire con me?- le chiese nuovamente, desideroso di avere una risposta.
- Ascolta Shu- alzò lo sguardo e lo fissò - In questo momento sono confusa e non so cosa sia meglio fare. Non so se ascoltare il cuore che mi dice di accettare il tuo invito senza fare troppe storie o se dar ragione alla mia testa che dice che sei stato un vero idiota e non te la meriti una seconda occasione. Inoltre ho appena spezzato il cuore di un ragazzo eccezionale che probabilmente non mi rivolgerà mai più la parola in vita sua, quindi mi sento un vero schifo- sospirò.
- Benvenuta nel club- rispose, alludendo al momento in cui era toccato a lui lasciarla e spezzarle il cuore.
- Già, ora riesco a capire meglio come ti devi essere sentito. Non è mai facile lasciare qualcuno a cui tieni, anche se lo fai a fin di bene. Per molto tempo ho creduto che non ti fosse importato nulla ma ora capisco che non è stato così-
 
George Bernard Shaw aveva scritto “Esistono due tipi di tragedie nella vita: una è perdere ciò che più si desidera, l’altra è ottenerlo”: realizzare un desiderio aveva sempre un costo e Jodie quella sera aveva pagato il suo. Lei, che per anni aveva vissuto con il cuore spezzato, aveva dovuto spezzare a sua volta quello di qualcun altro per avere in cambio ciò che desiderava. Eppure, ora che lo aveva davanti a sé si rendeva conto di cosa le fosse costato e si chiedeva se fosse giusto.
 
- Mi hai aspettato per sei anni, credo di poter aspettare io adesso. Pensaci e poi quando avrai una risposta me la farai sapere- le sorrise.
 
Era giusto lasciarle il suo spazio per pensare, in fondo era ciò che lei stessa aveva fatto con lui.
La vide ricambiare il sorriso con le guance leggermente arrossate. Poteva leggerglielo negli occhi quanto desiderasse accettare quell’invito, ma non voleva forzarla a prendere quella decisione.
Ormai avevano raggiunto il parcheggio e la sua macchina si trovava poco distante, poteva vederla risplendere del suo rosso acceso in mezzo alle poche altre rimaste.
 
- Tu dove hai parcheggiato?- le chiese.
- Là, vicino a quella Mercedes bianca- indicò un punto circa tre file più distante della sua.
- Ti accompagno all’auto- si offrì.
- Dai Shu, non ce n’è bisogno. Non credo di correre rischi, ormai ci siamo rimasti solo noi e pochi altri- sorrise portandosi i capelli dietro all’orecchio, gesto che faceva quando era imbarazzata.
- D’accordo, ma almeno prima di andare toglimi un’ultima curiosità-
- Quale?- chiese curiosa.
- Hai detto che a portarti qui da me stasera sono state le parole della canzone che hai ascoltato al concerto. Me la faresti ascoltare?-
 
La vide fare un’espressione basita, sporgendo di poco il volto in avanti e fissandolo come se volesse la conferma che fosse serio. In effetti doveva essere l’ultima domanda che si aspettava, considerando che lui di musica non si era mai interessato più di tanto.
Aprì lo sportello della macchina e si sedette sul lato del guidatore ma lasciando una gamba fuori, sporgendosi con il busto verso il lato passeggeri e aprendo il vano portaoggetti, estraendone un paio di auricolari. Richiuse la macchina e si avvicinò a lei porgendoglieli: era il suo modo di dirle non stava scherzando.
Jodie scosse di poco la testa, come se volesse svegliarsi da quello stato di tranche, poi estrasse il cellulare dalla borsa e vi collegò gli auricolari, indossandone uno e porgendo l’altro a lui. Cercò la canzone online e una volta individuata fece partire la riproduzione. Ascoltò il testo con attenzione e non ebbe alcun bisogno di chiederle delle spiegazioni a riguardo: era più che chiaro il motivo per cui quelle parole le avevano fatto pensare a lui, a loro. La osservò mentre ascoltava quella canzone ad occhi chiusi molto vicina a lui dal momento che stavano condividendo lo stesso paio di auricolari. Le cinse le spalle con entrambe le braccia e l’attirò a sé, stringendola delicatamente. Dapprima la sentì sussultare, colta alla sprovvista, poi si rilassò e posò le mani e la testa sul suo petto. Per la prima volta dopo tanto, troppo tempo, riscoprì il piacere di sentirci in pace e forse anche felice, malgrado nella vita non avesse provato spesso quel sentimento chiamato felicità e non fosse certo di che sapore avesse realmente. Sapeva solo che Jodie lo faceva stare bene e avrebbe voluto continuare a stringerla anche quando la canzone giunse al termine.
Lei si riprese da quello stato di rilassamento e si tolse l’auricolare, guardandolo negli occhi. Poteva leggere nei suoi dei sentimenti contrastanti: desiderio, paura, dolore, felicità, dubbio, amore. Aveva bisogno di certezze, di sapere che poteva fidarsi a dargli una seconda occasione.
Avvicinò la bocca al suo orecchio e gli sussurrò quello che probabilmente voleva sentirsi dire.
 
- Non voglio essere solo un amico per te. Voglio essere il tuo punto di riferimento, la persona di cui fidarti di più e che sarà sempre lì per te in ogni momento. Non voglio più ferirti Jodie, è una promessa-
 
Non appena terminò quella frase, Jodie gli si gettò al collo e lo strinse forte, infilando le dita in mezzo ai suoi capelli dietro la nuca.
 
- Shu…- riuscì solo a dire, in preda all’emozione e alle lacrime, ma che stavolta scendevano per un buon motivo.
 
La strinse a sua volta, inspirando il dolce profumo che emanavano i suoi capelli. Restarono così per un po’, fino a quando le voci di altre persone che erano arrivate al parcheggio a recuperare le proprie macchine non interruppero quel momento intimo. Si separarono a malincuore, guardandosi ancora una volta negli occhi. Jodie gli regalò un bellissimo sorriso.
 
- Meglio andare, è tardi- le disse.
- Già, domani dormiremo sulla scrivania- strinse le spalle.
- Grazie di essere venuta qui stasera-
- Grazie di avermi invitato. La pioggia di comete è stata bellissima- sorrise.
- Buonanotte Jodie-
- Buonanotte Shu-
 
Si salutarono così, senza bisogno di altre parole. Ormai ne avevano dette fin troppe, avevano messo un punto a tutto ciò che era rimasto in sospeso fra loro e avevano voltato pagina.
La osservò mentre raggiungeva la sua auto e vi entrava: alla fine non aveva risposto alla sua domanda e si era voluta prendere del tempo, ma quell’ultimo abbraccio gli diede la sicurezza che molto presto avrebbe accettato il suo invito a uscire. Attendeva solo quello e poi avrebbe potuto chiamare Shiho e dirle che il suo piano aveva funzionato.
Anche se non era un tipo superstizioso o uno che credeva troppo nelle dicerie di quel tipo, forse quella pioggia di comete gli aveva davvero portato fortuna, esaudendo il suo desiderio. Sentiva che quella notte avrebbe finalmente dormito sonni tranquilli dopo tanto tempo.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Finalmente abbiamo avuto il confronto finale tra Jodie e Shuichi, l’ultimo tassello che mancava per chiudere con il passato. Cosa succederà ora? Jodie accetterà l’invito a uscire di Shuichi?
Fatemi sapere come sempre cosa ne pensate! ;)
Baci
   
 
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