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Autore: ChrisAndreini    22/03/2021    2 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Lettere

 

Lunedì 9 Settembre

Diego era tornato a Harriswood per un esame, ma aveva evitato accuratamente di farlo sapere alla Corona Crew, perché non voleva neanche rischiare di incrociare Clover, dopo tutto quello che gli aveva fatto.

Dire che fosse furioso era un eufemismo, perché non era mai stato così arrabbiato in vita sua.

Anzi, peggio che arrabbiato, era proprio deluso da morire.

Aveva fatto di tutto per Clover, l’aveva aiutata, sostenuta, ed era convinto che fossero amici, ormai, dopo quello che avevano passato in quella finta relazione.

E poteva accettare di essersi fatto dei film sulla loro amicizia, ma non aveva la minima intenzione di scusare Clover per quella assoluta mancanza di rispetto nei suoi confronti.

L’aveva messo a nudo davanti alla sua famiglia, senza consultarlo, senza fermarsi quando Diego aveva provato a zittirla. E dopo settimane di silenzio, dopo la scoperta delle lettere, e quel fastidioso “non mi piaci”, Diego non aveva più intenzione di continuare ad andare dietro a Clover come uno stupido cagnolino fedele che veniva maltrattato ancora e ancora.

Quindi era nell’ultimo posto in cui Clover poteva stare in quel momento, ovvero al Quaterfoil Bar, e stava facendo un sostanzioso pasto post-esame prima di riprendere l’auto e tornarsene a casa.

Era riuscito, con un grosso colpo di fortuna, a mantenere comunque la casetta, e alla fine aveva risolto le cose con la sua famiglia.

Certo, Coco ancora gli chiedeva perché avesse lasciato Clover dato che era convinta che si amassero, ma ogni volta che tirava fuori l’argomento, Diego aveva imparato a tirare in ballo il suo cartone preferito per distrarla, e stava funzionando egregiamente.

Sapeva, in cuor suo, che non poteva scappare in eterno, e che prima o poi si sarebbe confrontato con la ragazza che l’aveva ferito così tanto, ma sperava di farlo una volta più calmo, e una piccola parte di lui, molto silenziosa ma comunque abbastanza presente, sperava che sarebbe stata la ragazza a fare il primo passo.

Non l’avrebbe perdonata, si rifiutava di farlo, ma se Clover lo avesse cercato, gli sarebbe andata davanti, e gli avesse chiesto scusa, provando a parlargli… si sarebbe arrabbiato, l’avrebbe ignorata e le avrebbe detto “Dimmi, che si prova ad avere qualcuno che si rifiuta di parlarti?” ma dopo un po’ avrebbe accettato e, chissà, magari avrebbero potuto capire cosa fosse successo che avesse deteriorato così tanto la situazione.

…beh, Diego aveva le sue teorie.

Ovvero l’unica spiegazione.

Ovvero la notte che avevano passato insieme dopo l’aggressione.

Ma non si considerava colpevole di qualcosa. Era stata Clover a sedurlo e abbandonarlo, e non poteva neanche obiettare di essere stata ubriaca perché Diego sapeva benissimo che, per quanto nervosa, era nel pieno delle sue facoltà mentali!

Insomma, il punto della questione era che Diego non aveva la minima intenzione di vedere Clover in tempi brevi, e se l’avesse vista avrebbe preferito farlo nella circostanza in cui la ragazza lo pregava di perdonarla, anche se era un comportamento molto lontano dal suo carattere.

Di certo non voleva incontrarla per sbaglio, o cercarla lui stesso.

Quindi eccolo al Quaterfoil ad ingozzarsi per allontanarsi da lì il prima possibile.

Purtroppo per lui, una chioma corvina attirò subito la sua attenzione.

-Ciao, Diego- lo salutò, con una punta di incertezza.

Per un istante Diego si irrigidì completamente, convinto che la ragazza davanti a lui, in controluce, fosse Clover. 

E non seppe se scappare a gambe levate, urlarle contro, o ignorarla fingendo non esistesse.

Ma ci mise davvero poco a rendersi conto che, sebbene somigliasse davvero molto a Clover, la ragazza era decisamente più magra, aveva una voce più sottile, e i capelli più corti.

-Blossom?- riconobbe la sorella maggiore di colei che evitava come la peste, e si chiese ancora se fosse comunque il caso di scappare.

Ma la ragazza sorrise caldamente, con occhi brillanti e quasi commossa, quindi Diego rimandò i piani di fuga per non ferirla.

-Mi hai riconosciuto? Wow, non me l’aspettavo. Come stai?- torturandosi una ciocca di capelli, Blossom si sedette davanti a Diego senza neanche chiedere il permesso.

Non che Diego gliel’avrebbe impedito, ma… di certo avrebbe trovato una scusa per scappare da lì il prima possibile. Non che Blossom gli stesse antipatica… no, sì, gli stava un po’ antipatica, un po’ come tutta la famiglia di Clover.

Non si era dimenticato il modo in cui aveva parlato di Clover alle sue spalle quando Diego era andato alla cena, e neanche il suo accenno alle…

Un momento!

Blossom sapeva qualcosa delle lettere.

Magari Diego poteva indagare.

-Sto bene. Posso offrirti un caffè?- propose, accennando un sorriso.

Blossom sembrò illuminarsi.

-Certo! Con piacere, grazie!- esclamò, entusiasta, mettendosi più comoda sulla sedia.

Diego chiamò la cameriera a fece l’ordine.

Perfetto, l’aveva conquistata, ed era stato più facile di quanto pensasse… fin troppo a dire il vero.

Ma meglio così. Ora… come introdurre il discorso lettere senza essere sospetto? Diego era troppo aperto per queste manipolazioni mentali. Di certo Clover sarebbe stata straordinaria a far parlare Blossom.

Ugh… Clover. Diego doveva smettere di pensare a lei.

-Mi dispiace tanto per quello che è successo con Clover- mentre Diego cercava qualcosa da dire, Blossom parlò, e ci mancò poco che Diego non si alzasse e se ne andasse.

Ma poteva essere un buon punto di partenza per arrivare alle lettere.

-Figurati, non è successo niente- mentì, perché col cavolo che sarebbe andato a dire informazioni personali alla sorella preferita di Clover.

-Sì, ho sentito che eravate d’accordo, ma avrebbe dovuto parlare con te prima di rivelare tutto quanto- 

“E tu come cavolo lo sai?” avrebbe voluto chiedere Diego.

Si limitò a prendere un sorso di caffè.

-Non che io voglia farmi gli affari vostri, ma Clover è… davvero una mina vagante, e tu meriti molto di meglio- Blossom sembrò accorgersi di essere stata un po’ invadente, e cercò di rimediare prendendo completamente le sue parti, sporgendosi verso di lui e sbattendo le ciglia.

Se Diego fosse stato meno arrabbiato con Clover, probabilmente l’avrebbe difesa, ma, obiettivamente, Blossom aveva ragione. 

-Beh, sì, avrebbe potuto parlarmi- ammise, un po’ tra sé. Non si riferiva necessariamente alla rivelazione dell’accordo, ma in generale. Per tutta la crociera Diego aveva provato a parlarle, e lei non aveva mai accolto la sua richiesta. Che razza di comportamento era?!

-Infatti, è stata insensibile, ed egoista- Blossom gli diede man forte.

-Beh, un po’ egoista lo è stata- Diego le diede ragione -Sempre a dire di seguire le regole e poi era lei la prima ad infrangerle, e quando lo faceva trovava sempre una giustificazione, e non potevo lamentarmi più di tanto. Chiedeva di parlare per non rischiare di avere problemi, ma alla fine ha smesso di farlo, e…- Diego si interruppe, rendendosi conto di aver iniziato a sfogarsi e non era il caso di sfogarsi con la sorella della persona di cui voleva sfogarsi.

-Clover fa sempre così, con tutti. Il suo unico scopo sembra voler deludere nostro padre, e non ha interesse in nessuno. Mi dispiace tanto che sei finito invischiato con lei, ma dovresti essere felice che sia finita, così ora puoi andare avanti, e trovare qualcuno che ti apprezzi per quello che sei- Blossom però non sembrava disdegnare lo sfogo, e cercò di incoraggiarlo, prendendogli delicatamente la mano.

Diego la ritirò di scatto, senza potersi trattenere, ma prima che Blossom potesse lamentarsi, o Diego scusarsi, arrivò la cameriera a portare il caffè, distendendo la situazione.

Blossom iniziò a bere il caffè, con le guance rosse.

Diego non sapeva bene che dire, e alla fine provò a giustificarsi.

-Scusa, l’abitudine di stare con Clover- borbottò una scusa che non aveva senso, ma Blossom sembrò rassicurata comunque.

-Immagino, deve essere stato terribile stare con Clover, anche se per finta- continuò il dissing a sua sorella.

Diego iniziò ad infastidirsi.

Sì, okay, era arrabbiato con Clover, tantissimo, e insultarla e lamentarsi sembrava la cosa più rasserenante da fare in quel momento.

Ma lui aveva motivo di odiarla, era la sua finta ex. Perché Blossom, sua sorella, si accaniva così tanto. Clover aveva sempre parlato molto bene di lei.

-Cos’hai contro Clover?- chiese, incapace di trattenersi. Riuscì a moderare il tono in modo che sembrasse cercare un’alleata per un odio comune, pertanto non mostrò l’accusa che provava nei suoi confronti.

-Beh, è testarda, e incosciente, ed egoista. Pensa solo a sé stessa, ma immagino che già lo sai. Insomma, non è che ho qualcosa contro Clover di specifico, ma so che meriti di meglio…- 

Insomma, non ha mai fatto niente di personale verso Blossom. La sorella le parla male alle spalle senza un vero e proprio motivo.

Okay, Diego non era nessuno per giudicare le dinamiche familiari della famiglia Paik… ma Blossom sembrava ingiusta verso Clover.

…un momento, perché stava difendendo la ragazza che l’aveva sedotto e abbandonato?!

E perché la sorella di quest’ultima insisteva nel cercare di prendergli la mano.

Questa volta era troppo confuso per ritirarla subito, ed era anche troppo confuso per ribattere, quindi si limitò a guardare Blossom con un sopracciglio inarcato.

Lei non lo stava guardando negli occhi, quindi continuò senza rendersi conto della sua confusione.

-…sai, una ragazza che ti ascolti, che ti parli. Gentile, e che ti apprezzi per quello che sei, con tutto il suo cuore- le guance della ragazza erano rosse, stringeva sempre più forte la mano di Diego.

Che si sbloccò, e sgranò gli occhi.

Oh no!

Davvero Blossom stava facendo quello che Diego pensava?!

Oh, no!!!

Non ci voleva!

E che cavolo!!

-Eh… Blossom…?- provò a ritirare la mano, ma la ragazza la stringeva con forza insospettabile per quelle braccia fragili.

-Quello che sto cercando di dirti è che, Diego… io…- Blossom sollevò lo sguardo su di lui, timida e sbattendo le lunghe ciglia.

Ma incontrò solo un’espressione spaventata ed estremamente in difficoltà, quindi esitò a continuare, abbastanza da permettere a Diego di fermarla.

-Blossom, sono davvero onorato, ma… noi non ci conosciamo nemmeno- provò a rifiutarla gentilmente, ma con fermezza. 

Non aveva proprio voglia di pensare anche a quello. Ma una persona normale, nella famiglia Paik, esisteva?!

Come poteva Blossom confessare sentimenti che non aveva motivo di aver sviluppato proprio in quella situazione?! Era una specie di test, Clover l’aveva mandata per vedere che avrebbe fatto?! Ma a Clover che importava di quello che faceva Diego?! Era lui a doverla tenere d’occhio, non il contrario.

Santo cielo, la situazione era troppo assurda!

-Ma potremmo imparare a farlo! Tu mi sei sempre piaciuto, ma ero troppo timida per avvicinarti. E quando ti ho rivisto eri con Clover, ma ora non state insieme, possiamo provare a…- Blossom continuò ad insistere, avvicinandosi a lui.

-Blossom, sei una ragazza deliziosa…- forse, sotto sotto -…e sono davvero, davvero onorato, devi credermi…- o no, dato che era una bugia -…ma non potrebbe funzionare, mi dispiace- Diego rimase fermo sulle sue idee.

Non è che disdegnasse a priori l’idea di mettersi con una sorella della sua ex… okay, un po’ la disdegnava, ma in generale Blossom non gli piaceva, almeno non in quel senso. C’erano molti tratti del suo carattere che erano incompatibili con lui, e anche esteticamente non era proprio il suo tipo.

Sì, somigliava molto a sua sorella, ma Clover aveva un qualcosa di molto più affascinante. Era forte, e onesta, e non parlava mai alle spalle. Blossom… le uniche volte che Diego l’aveva vista non aveva fatto altro che parlare male di sua sorella.

No, Diego non si sarebbe mai potuto mettere con una persona così.

…cioè, neanche con Clover per ovvi motivi, l’esempio con Clover era sopraggiunto perché erano sorelle, non perché Diego avesse ancora una cotta per lei… giusto? No, non ce l’aveva! Non dopo quello che aveva fatto.

…anche se, se avessero parlato, magari…

No, Diego, riprenditi, una ragazza che hai visto due volte in croce sta esprimendo i suoi sentimenti completamente irragionevoli verso di te!

-Se è per via di mio padre non ti devi preoccupare. Sei un ragazzo veramente in gamba, e mio padre ti ha ignorato solo perché era stata Clover a portarti. Se ti portassi io saresti ben accolto. E sarei una ragazza ideale. Gentile, affettuosa, ti darei tutto quello che vuoi, qualsiasi cosa! Sono ricca, e disponibile, e…- Blossom sembrava nel panico, ed era sempre più vicina, sembrava stesse offrendo tutta sé stessa.

Ma Diego voleva una ragazza, non un trofeo, o un portafogli ambulante. Una ragazza con cui parlare, confrontarsi, litigare e poi fare pace. Che gli dicesse quando sbagliava, che lo ascoltasse quando era lei a sbagliare, e che si aprisse con lui in un momento di vulnerabilità, fidandosi abbastanza da mostrargli le sue cicatrici… no, non Clover!

Non stava affatto pensando a Clover!

Perché Clover non parlava!

(Ma se avessero parlato… magari Diego avrebbe potuto perdonarla…)

No, no, Clover non era la ragazza a cui Diego stava pensando.

Doveva smetterla di pensare a lei, anche se l’arrivo e la confessione di sua sorella lo stava rendendo difficile.

-Blossom, sono desolato, ma non sei il mio tipo. Non voglio soldi, o potere, voglio solo…- non sapeva neanche lui cosa voleva, ma per fortuna Blossom lo interruppe prima che potesse inventarsi qualcosa.

-Qualsiasi cosa sia, posso dartela! Posso essere tutto ciò che vuoi. Ti prego, dammi una possibilità- la ragazza sembrava disperata, quasi in lacrime.

E Diego trovò la parola perfetta.

-…solitudine, voglio solitudine, almeno per un po’. Non mi sento pronto ad iniziare una nuova relazione- era la pura e assoluta verità, non se la sentiva proprio di iniziare una nuova relazione in quel momento. 

-Perché? Con Clover era tutto finto…- sussurrò Blossom, sorpresa e ormai con le lacrime che iniziavano a scorrere sulle sue guance.

Diego non era fiero di aver fatto piangere una ragazza, ma non avrebbe accettato di uscire con qualcuno solo per non rendere triste quella persona.

-…è stato comunque importante- sussurrò, ammettendo per la prima volta a sé stesso quanto effettivamente fosse rimasto ferito dall’uscita di Clover.

Non solo per non averlo consultato, non solo perché non gli aveva parlato seriamente dalla notte che avevano passato insieme.

Ma perché Diego aveva sperato, fino all’ultimo, che fosse solo un momento di confusione, e che alla fine lui e Clover avrebbero potuto funzionare.

Ci sperava ancora, in realtà.

Perché Clover era la ragazza più incredibile che avesse conosciuto, pregi e difetti. E se solo fosse stata più aperta, e avessero parlato, Diego era certo che sarebbe stata la ragazza perfetta per lui.

Generosa, protettiva, intelligente e divertente. Ricca ma non per questo viziata, anzi. 

E il motivo per cui Diego non aveva insistito più di tanto per parlare con lei era che anche lui, esattamente come Clover, aveva paura. Paura che i suoi sentimenti non fossero ricambiati. Paura di aver nuovamente frainteso tutto. Paura che, se avessero parlato della notte passata insieme, Clover avrebbe sospirato e gli avrebbe detto chiaro e tondo che era stato il più grande sbaglio della sua vita, perché lei non amava Diego, e non voleva parlargli perché aveva capito che lui, al contrario, era decisamente cotto di lei.

E infatti da ubriaca non aveva forse ammesso che Diego non le piaceva?

E che non aveva risposto alle lettere di proposito?

Che illuso, doveva smettere di aggrapparsi alla speranza che fosse tutto un equivoco.

-Tu sei innamorato di Clover?- chiese Blossom, incredula, dopo parecchi secondi di silenzio.

Diego non rispose, ma il suo volto afflitto diede chiaramente conferma alla ragazza davanti a lui.

-Perché?! Dopo tutto quello che ti ha fatto?! Nonostante la sua personalità tossica? Non ha neanche risposto alle tue lettere!- Blossom iniziava ad arrabbiarsi, le lacrime continuavano ad uscirle copiosamente, isteriche.

E anche gli occhi di Diego si fecero lucidi, colpito dritto al cuore da quelle inoppugnabili verità che comunque non scalfivano i suoi sentimenti come avrebbero dovuto.

-Lo so, sono un idiota- ammise, tra sé, senza guardare Blossom negli occhi.

-Perché?!- chiese nuovamente lei, cercando il suo sguardo.

Diego sospirò.

-Non lo so. Immagino che stare con lei mi rendesse felice. Fin da quando eravamo piccoli- Diego era davvero depresso, incrociò gli occhi di Blossom, e accennò un sorrisino triste -Sai che fine hanno fatto le lettere?- le chiese, in un sussurro.

Era la seconda volta che le citava, quindi ormai non c’erano dubbi che sapesse almeno della loro esistenza. Forse Clover le aveva mostrate in famiglia, o solo alla sua sorella preferita, burlandosi dello stupido bambino che continuava a cercare la sua migliore amica.

-Come?- Blossom sembrava in difficoltà.

-Le ha mai lette? O le ha buttate senza neanche aprirle? Le tiene da qualche parte, e le legge quando vuole ridere di qualcuno? Che fine hanno fatto?- non si aspettava che Blossom avesse tutte le risposte, ma aveva bisogno di fare quella domanda, e mai come in quel momento aveva bisogno di conoscere la risposta. 

Aveva messo tutto in quelle lettere, ed era stato sciocco, lo sapeva, sperare in una risposta che mai sarebbe arrivata, da una ragazza che probabilmente non lo aveva mai considerato davvero un amico, eppure aveva continuato.

Non aveva mai perso la speranza.

Mantenne lo sguardo di Blossom per quasi un minuto, cercando di capire quanto sapesse, e aspettando che parlasse.

Poi lei abbassò la testa.

-Non le ha mai lette- rispose, in un sussurro.

Sì, Diego doveva aspettarselo. 

Perché mai leggere le lettere di un bambino che sa a malapena scrivere decentemente?

Era molto meglio buttarle direttamente.

Iniziò ad armeggiare nello zaino per prendere il portafogli, pagare e andare via da quella città il prima possibile.

Non ce la faceva più a stare lì dentro e farsi maciullare il cuore.

-Non le ha mai ricevute- aggiunse Blossom, a voce ancora più bassa, ma che colpì Diego come un fulmine.

-Cosa?- chiese, convinto di aver capito male.

Blossom sembrava davvero in difficoltà, e non riusciva a guardarlo negli occhi.

-Si è appostata davanti alla cassetta delle lettere. È andata alle poste perché pensava fossero andate perdute. È entrata nell’ufficio di nostro padre pensando le avesse requisite. Ha aspettato per anni che arrivasse una tua lettera. Ma non ne ha mai ricevuta nessuna- rispose, con voce che si faceva sempre più forte e allo stesso tempo distrutta mano a mano che andava avanti.

Diego era senza parole, incredulo.

Era come se dal suo petto di fosse levato un enorme peso… che era stato prontamente sostituito da un altro.

Non solo Clover non aveva risposto perché non le aveva proprio ricevute, ma le aveva aspettate per anni, per anni. 

Pensando che Diego si fosse dimenticato per lei.

Questo rispondeva almeno in parte ai suoi evidenti problemi di fiducia.

Non spiegava come mai da ubriaca gli avesse parlato delle lettere, ma… ufff, se solo avessero parlato prima.

E non spiegava neanche….

-Chi ha preso le lettere?- chiese infatti Diego, già consapevole della risposta, ma non volendo crederci.

Chi era a conoscenza delle lettere, e del fatto che Clover non gli avesse mai risposto? Chi era appena arrivata a confessare i suoi sentimenti a Diego pur non conoscendolo affatto? La cotta di Blossom diventava giustificabile alla luce della possibilità che avesse letto tutte le lettere indirizzate a sua sorella.

E Blossom capì dallo sguardo di Diego che lui aveva ormai capito tutto, e non c’era più modo di mentire.

Provò ad asciugarsi le lacrime, senza successo.

-Mi dispiace- disse solo, buttando qualche banconota sul tavolo e alzandosi in tutta fretta per uscire da lì.

Diego rimase solo al bar con i suoi pensieri e fin troppi soldi per pagare due caffè e un pranzo.

Anche se i soldi erano l’ultimo dei suoi problemi.

Era felice di aver ricevuto una risposta che aspettava da quindici anni.

Ma allo stesso tempo… probabilmente era troppo tardi, ormai, per sistemare tutto.

 

Sabato 14 Settembre

Mirren aveva preso la patente da pochi giorni, ma Felix continuava a cercare di scroccargli il passaggio.

Ed era difficile dirgli di no quando, per festeggiare la presa della patente, suo padre aveva regalato a Mirren una macchina nuova personale che costava davvero tantissimo.

E gli aveva anche predisposto un parcheggio personale in ufficio, proprio accanto al suo, quindi si aspettava che Mirren andasse a lavoro in auto tutti i giorni.

E ormai lui e Felix andavano a lavoro insieme.

Ergo… non poteva rifiutarsi di accompagnarlo sempre lui.

Anche se avrebbe di gran lunga preferito essere sul sedile del passeggero, e ogni tanto lui e il suo ragazzo si davano il cambio.

Siccome all’andata Felix era quasi andato a sbattere contro il bordo di una fontana perché erano di fretta, al ritorno Mirren aveva deciso di prendere il volante.

Anche se non biasimava Felix, dato che avevano passato fin troppo tempo ad approfittare dei finestrini oscurati prima di dirigersi diligentemente in ufficio.

Bisognava dire che la sua relazione con Felix procedeva molto meglio di quanto si sarebbe aspettato.

-Domani lavori?- chiese quest’ultimo, giocherellando con l’accendino. Era più di una settimana che non fumava, e aveva detto che da quel momento in poi avrebbe smesso definitivamente, fine della storia.

Anche se iniziava già ad arrancare.

E la sua iperattività si mostrava in tic nervosi e ginocchia che sbattevano tra loro.

Mirren però non ci fece troppo caso, concentrato sulla strada.

-Purtroppo sì. Ho un meeting importante e parecchi contratti da revisionare. Ma possiamo vederci la sera per un film- provò a proporre, incoraggiante.

-Tender ci tiene a fare qualcosa insieme, domani sera. Lunedì ricomincia la scuola- Felix sospirò, un po’ rattristato.

-Capisco, va bene- Mirren annuì, un po’ deluso ma comprensivo. Sapeva di non poter avere Felix sempre tutto per sé, e non pretendeva né desiderava stare con lui ventiquattrore al giorno.

Ma… si vedevano davvero troppo poco, sia a causa dei rispettivi lavori, che per i vari impegni familiari.

-Oggi la solita cena di famiglia, eh?- chiese Felix, alludendo alle cene del sabato.

Wow, sono tornate le cene del sabato, non ne parlavo dal capitolo 3.

-Sì… martedì possiamo andare a cena da qualche parte- Mirren provò a chiedere un appuntamento. Felix ci pensò un po’, poi annuì.

-Sì, va bene, dopo il corso di pittura di Tender- acconsentì, con un sorriso.

-È già ricominciato?- chiese Mirren, leggermente deluso, dato che gli sarebbe piaciuto passare anche il pomeriggio in compagnia di Felix.

-Yup… Mirren, posso parlarti di una cosa?- all’improvviso la voce di Felix si fece incredibilmente seria.

E il cuore di Mirren perse un battito.

Non si stava avverando il suo incubo più grande, vero?

Lanciò un’occhiata preoccupata verso Felix, ma rimase a guardare la strada, per non rischiare di fare un incidente.

-Certo, cosa?- incoraggiò il ragazzo a parlare, con il cuore in gola.

-Niente di grave, solo… so che la nostra relazione è un segreto, ma a volte mi sembra che eviti inconsciamente situazioni dove sono presenti le rispettive famiglie, o i nostri amici. Se domenica vuoi venire a casa mia a vedere un film con me e Tender puoi venire. E anche se ci vuoi accompagnare al corso di pittura- si spiegò Felix -Tutto quello che facevamo prima possiamo continuare a farlo- aggiunse, incoraggiante.

Mirren ritornò a respirare normalmente, poi rifletté davvero sulle parole del ragazzo, mentre arrivava davanti ad un semaforo rosso.

Una volta fermo, si girò verso di lui, e gli sorrise amorevolmente.

-Hai ragione, Felix, scusa. È ancora tutto nuovo per me. Ma vengo volentieri sia a vedere un film che al corso di pittura- accettò l’invito con entusiasmo, sentendosi molto meno abbattuto.

-Puoi anche restare a dormire se vuoi- Felix gli fece un occhiolino, e Mirren non riuscì a non arrossire.

-Felix!- si lamentò, accelerando un po’ troppo una volta che il semaforo fu tornato verde.

-Ehi, pervertito, non era niente di malizioso- si difese Felix con voce molto maliziosa -Ma sai, abbiamo sempre dormito insieme, quindi non c’è niente di strano, giusto?- continuò a giustificare la sua richiesta, e prendere la via della normalità.

Ma Mirren non voleva la normalità più assoluta.

Non nel senso che non apprezzasse l’idea di dormire con Felix, ma sapeva perfettamente che ci sarebbe stato ben poco di platonico nel dormire insieme, anche se significava dormire e basta.

E non è che non fosse pronto, solo… non era prontissimissimo, ecco. 

Più per la paura di essere beccato che per altro.

E una specie di ansia da prestazione che non aveva senso di esistere.

-Purtroppo devo rifiutare- disse solo, senza spiegare troppo il suo dilemma interiore.

Felix fece il muso, ma non insistette.

-Okay, ti capisco. Effettivamente sarebbe un po’ strano… e forse precipitoso. Però sarebbe stato carino svegliarsi insieme e prepararsi per andare a lavoro- aggiunse poi, in tono sognante.

Carino? CARINO?

Non sarebbe stato “carino”, sarebbe stato un sogno meraviglioso!

Ma Mirren si astenne da esternare la propria visione, per non incoraggiare ulteriormente scene che era il caso di rimandare per il momento.

Anche se… aspettare era dura.

Ma andava bene, meglio non correre. La relazione con Felix andava a gonfie vele, sarebbe continuata con il suo ritmo, senza forzare nulla.

“Ma non è una forzatura anche bloccare i propri desideri?” 

Gahhh, non doveva pensarci!

Per fortuna erano quasi arrivati a casa.

-Allora io vado a casa- una volta nel vialetto davanti l’abitazione di Felix, quest’ultimo si sporse verso Mirren per dargli un veloce bacio sulla guancia, e uscì in fretta dall’auto, salutandolo con la mano.

Mirren fece i successivi pochi metri che lo separavano dal suo parcheggio personale, e uscì dall’auto molto pensieroso.

Purtroppo il relax turbato dai pensieri leggermente sconvenienti non era destinato a durare.

Infatti nel momento stesso in cui entrava in casa, la trovò abbastanza in soqquadro.

Il suo primo pensiero fu “Cavolo, i ladri!” ed era già pronto a scappare verso casa Durke perché col cavolo che sarebbe stato ucciso adesso, morendo senza aver mai… coff coff… con Felix.

Ma si rese presto conto che non c’erano ladri in casa, ma un’agitatissima Petra, vestita in abiti da palestra, che stava mettendo la casa sottosopra.

-Petra, cosa stai facendo?- chiese Mirren, in tono di rimprovero.

Ma la seccatura non durò molto, perché quando Petra si girò verso il fratello, le sue guance erano rigate di lacrime, e sembrava spaventata a morte.

-Petra, cosa è successo?!- cambiò bruscamente tono e si avvicinò preoccupato alla sorella.

-Charlotte… non la trovo da nessuna parte!- Petra lo informò, nel panico.

Il mondo di Mirren sembrò crollargli addosso, mentre aveva un flashback all’ultimo giorno in cui aveva tenuto Fallon tra le braccia.

Il vero motivo per cui era stato molto restio ad accettare Charlotte a casa era che ogni volta che vedeva il cane non poteva non pensare a Fallon, e a quanto gli mancasse, ma aveva anche paura di affezionarsi troppo e soffrire ancora.

Ma c’era un elemento che non aveva messo in conto: Petra. Petra si era affezionata, in quel momento erano a ruoli invertiti, e quando Fallon si era sentita male, Petra aveva fatto tutto il possibile per aiutarla mentre Mirren era troppo sconvolto per riuscire a fare qualcosa.

Beh, questa volta era il turno di Mirren.

-Dove hai controllato?- chiese pratico, facendosi forza e tenendo strette le chiavi dell’auto in mano.

-Il piano di sotto e camera mia. Non penso sia uscita, è tardi…- spiegò Petra, nel panico.

-Controlla meglio il piano di sopra, io vado in giardino- Mirren divise i compiti, e corse fuori in cortile.

La ricerca si rivelò più breve di quanto pensasse, ma non era certo fosse una fortuna.

Trovò Charlotte fuori dalla legnaia, a terra, immobile e semi-nascosta dai cespugli.

Non c’era tempo da perdere, anche se il cuore del ragazzo batteva sempre più forte.

Controllò se respirasse ancora, e grazie al cielo il suo piccolo petto si muoveva appena. Avevano ancora un po’ di tempo.

-Petra!- urlò una volta rientrato in case, con il cane sul petto.

-Mirren l’hai… Lottie!- Petra gli corse incontro e la prese in braccio -Oddio, che facciamo?!- chiese poi, tra le lacrime e con il respiro affannato dall’ansia.

Mirren non ebbe neanche un secondo di esitazione: -Andiamo dal veterinario!- esclamò, facendo cenno a Petra di seguirlo fuori.

Non sarebbe mai stato così grato a Felix per avergli imposto di prendere la patente.

Sperava davvero che, almeno questa volta, sarebbero arrivati in tempo.

 

-Charlotte sta meglio, ma la terrò in ambulatorio la notte per accertamenti- quando il veterinario diede ai due fratelli la notizia, Petra si trattenne a stento dallo scoppiare a piangere, e strinse con forza il braccio del fratello, sollevata.

Mirren le diede qualche pacca sulla mano.

-Ci può dire cosa le è successo?- chiese, pratico, prendendo in mano la situazione.

Petra era molto rasserenata dalla sua presenza confortante. Non avrebbe saputo cosa fare se non ci fosse stato lui, soprattutto visto che, pochi minuti prima, aveva quasi litigato furiosamente con suo padre e Bonnie perché si erano lamentati della loro assenza alla cena di sabato.

Petra voleva bene a suo padre, ma quando si faceva condizionare da Bonnie era insopportabile.

-È… piuttosto complicato da spiegare, non sono del tutto certo di come sia capitato, ma temo che Charlotte si sia nutrita di una strana tossina nociva che se assunta in piccole quantità rischia di deteriorare molto lentamente la salute dell’animale. Devo dire che siete fortunati che Charlotte sia piccola, perché la quantità assunta è stata abbastanza forte da agire subito e permetterci di intervenire in tempo. Se fosse stata già più grande si sarebbe ammalata più lentamente e sarebbe stato impossibile alla fine salvarla- spiegò il dottore, pensieroso.

-Una tossina nociva che deteriora lentamente l’animale?- chiese Mirren, sorpreso.

-È anche difficile da individuare. E da trovare in natura. Non ho idea di come ne sia entrata in contatto- il veterinario scosse la testa, confuso.

E a Petra iniziò ad installarsi un forte dubbio.

-Quali sono i sintomi a lungo andare?- chiese, preoccupata.

-Problemi di stomaco, al cuore…- il veterinario si interruppe guardando i volti pieni di consapevolezza dei due fratelli -Sì, è possibile che Fallon sia venuta a mancare per la stessa sostanza- rispose quindi ai loro dubbi -Ma essendo un cane grande era impossibile per me capire le cause dell’avvelenamento, anche con esami approfonditi- si scusò, dispiaciuto.

-L’importante è che Charlotte stia bene- borbottò Mirren, a denti stretti.

-Ci sono dei documenti da compilare- il veterinario, ancora con sguardo basso e dispiaciuto, cercò di cambiare argomento, e Mirren si offrì volontario per sistemare le questione burocratiche. Petra era troppo agitata per pensarci, quindi si sedette in sala d’attesa respirando a fondo per calmare il battito del suo cuore.

L’importante era che stava bene, ma… come aveva fatto ad avvelenarsi? Una pianta strana? No, il medico aveva detto che difficilmente si trovava in natura. Le merendine che ogni tanto le dava Amabelle? Forse, ma allora perché anche Fallon si era ammalata, Mirren era sempre stato molto attento al cibo che le dava. Bonnie? 

…beh, Bonnie era effettivamente una candidata plausibile per un eventuale avvelenamento volontario. Ma forse era troppo ovvia. E soprattutto, Petra dubitava fortemente che una donna del genere avesse conoscenze tali da sapere cosa dare ad un cane per avvelenarlo senza che nessuno si accorgesse di nulla, neanche un veterinario esperto.

Non era così intelligente… giusto?

Mentre rifletteva sulle cause e si chiedeva se fosse il caso che Charlotte rimanesse con lei o andasse da Amabelle, una figura appena entrata in clinica attirò la sua attenzione.

Petra fu davvero sorpresa di vedere Mathi in città, dato che pensava fosse tornato a casa per le vacanze, visto che era scomparso da due mesi.

-Mathi?- chiese, attirando la sua attenzione.

Il ragazzo sobbalzò, e si guardò intorno quasi spaventato, prima di incontrare lo sguardo di Petra, e tornare tranquillo.

Le si avvicinò un po’ titubante. In mano aveva un manifesto.

-Ciao, Petra, quanto tempo- la salutò, un po’ incerto.

-Hai perso il coniglio?- chiese Petra, preoccupata.

-Oh? No! No, lo metto in adozione- Mathi le mostrò il foglio, con tutte le informazioni.

Petra lo guardò quasi offesa.

-Perché?- chiese, sorpresa.

-Tu che ci fai qui?- Mathi cambiò bruscamente argomento.

-Il mio cane non è stato bene, ma se l’è cavata- spiegò Petra, continuando a guardarlo con sospetto.

Mathi era davvero un tipo strano.

-Oh, mi dispiace tanto. Cos’ha avuto?- chiese, sedendosi accanto alla ragazza.

Petra valutò se dirgli tutta la verità, ma non era un segreto, e dubitava fortemente che Mathi potesse essere un problema, anzi. Magari poteva aiutarla a riflettere.

-Una qualche tossina nociva, non capiamo come l’abbia assunta, però- spiegò brevemente, tornando pensierosa.

Mathi rimase a bocca aperta.

-Bonnie- disse poi, ovvio, di getto.

Petra si girò di scatto verso di lui, sorpresa.

Mathi non conosceva Bonnie, che ne sapeva?

-Come, scusa?- chiese, sorpresa.

-Cioè… insomma… non voglio lanciare accuse, scusa, ma ho solo pensato che visto che ha una laurea magistrale in chimica, forse è la candidata più sospetta, ma mi dispiace se ho fatto assunzioni senza…- 

-Aspetta, cosa?!- Petra si alzò di scatto, sconvolta. Mathi fece altrettanto, indietreggiando allarmato.

-Scusa- Mathi mise le mani avanti, un po’ spaventato.

Ma Petra non aveva niente da dirgli di male, né voleva picchiarlo. Certo, era un po’ sospettosa perché che ne sapeva Mathi di Bonnie, ma l’informazione che si era lasciato sfuggire era più importante dei motivi per cui la conosceva.

-Bonnie ha una laurea magistrale in chimica? Bonnie Clyde?! La mia matrigna Bonnie?!- chiese, per sicurezza.

Insomma, Bonnie si era messa a studiare chimica? Chimica? Una materia scientifica e super difficile? E si era addirittura laureata?!

-…sì, non lo sapevi?- Mathi era confuso quanto lei. Strinse nervosamente il manifesto tra le mani.

-No, e chi se lo sarebbe mai aspettato?! Bonnie che studia chimica?! Questo cambia tutto! Non è solo sospetta! È chiaramente stata lei, e se si scopre che non è stata lei ma qualcuno di improbabile significa che questa storia è scritta male, perché davvero, non ci sono più dubbi, Lottie è stata avvelenata da lei, per forza!- Petra iniziò ad infiammarsi, non letteralmente.

Mathi sembrava sempre più preoccupato dalla sua veemenza, ma Petra era troppo esagitata per accorgersi dei segnali preoccupanti del ragazzo.

Rimase il resto del tempo di attesa a pensare al modo migliore per smascherare la donna, il prima possibile.

Bonnie non avrebbe più dettato legge a casa loro, poco ma sicuro.

#BastaBonnie!

 

Mercoledì 18 Settembre

Clover non aveva molta voglia di tornare a casa, in realtà, ma dagli Sleefing si iniziava a stare stretti, e purtroppo suo padre le aveva tagliato i fondi, quindi non poteva neanche affittare una casa dove trasferirsi in pianta stabile.

Non che fosse diventata povera dal giorno alla notte, dato che aveva ancora milioni di dollari nei suoi conti personali, ma non voleva sprecarli, e se ritornava a casa suo padre le avrebbe sbloccato la carta bloccata, e Clover voleva fare un ultimo acquisto con i soldi del genitore prima di abbandonare definitivamente il tetto paterno.

Insomma, il punto era che al momento era a casa sua, in camera, intenta a sistemare la valigia e prepararne un’altra da utilizzare nel caso fosse dovuta scappare all’improvviso dopo un litigio particolarmente acceso.

Bisognava sempre essere previdenti, con suo padre.

Ad accompagnarla a casa, con molta gentilezza, era stato Rich, il padre di Max, che in ogni caso aveva un lavoro da fare nel giardino della villa. 

Sembrava triste nel lasciarla andare, ed era stata la prima volta che Clover si era sentita così voluta sotto al tetto di qualcuno… beh… la seconda.

Perché, sebbene un po’ falsati dalla finta situazione, i Flores erano stati davvero accoglienti nei confronti di Clover, e alla ragazza ancora si stringeva il cuore pensando che difficilmente li avrebbe rivisti.

Ma non era il momento di pensare a Diego, ci pensava già abbastanza (quasi ogni momento in cui non aveva la mente impegnata a fare altro… e lo vedeva spesso anche nei suoi sogni), era meglio riflettere su come continuare la sua vita e risolvere i propri errori.

Certo, avrebbe voluto parlare con Diego e magari scusarsi, ma Clover dubitava che lui l’avrebbe voluta rivedere tanto presto, quindi era meglio rimandare, e non era una scusa per evitare di affrontare la situazione (era palesemente una scusa per evitare di affrontare la situazione).

Uff, basta pensare a Diego!

Vivi la tua vita!

E pensa ad altro.

Tipo a Rich… sì, il padre che avrebbe voluto avere, e che al momento Clover poteva vedere dalla finestra intento a potare un cespuglio e a parlare con sua madre.

Clover si affacciò con curiosità. Sapeva che sua madre e Rich avevano un buon rapporto, ma era stata eccessivamente grata per l’aiuto, e raramente si tratteneva in giardino così a lungo.

…Okay, probabilmente a Clover stava venendo una Amabellite, o semplicemente vedeva solo quello che voleva, e voleva che Rich fosse suo padre, perché iniziò quasi a pensare che sarebbero stati davvero una bella coppia.

Magari poteva chiedere qualche consiglio spassionato ad Amabelle.

-Clover, sei tornata- una voce appena arrivata alla porta la distolse dai suoi intricati e complottisti pensieri, e sobbalzò sorpresa, girandosi con aria colpevole verso la persona a cui apparteneva la voce.

Tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che era Blossom, l’unica persona che non le dispiaceva vedere in quel momento.

Dall’espressione timorosa della sorella, Clover intuì che il piacere non fosse reciproco, ma ignorò la consapevolezza. Dopotutto Blossom sembrava sempre un po’ spaventata da tutto, le sue emozioni erano sempre molto difficile da capire.

-Ciao, Bloss! Sì, per il momento, ma non so quanto durerà- rispose, alzando le spalle in tono indifferente, ma sorridendo alla sorella e facendole cenno di entrare.

Blossom rimase ferma davanti alla porta.

-Non me lo aspettavo- commentò solo, torturandosi le mani.

Più che spaventata sembrava… colpevole? Ma Clover non avrebbe saputo dire di cosa, quindi decise di ignorare la questione.

-Lo so, è un periodo strano. Tu che mi racconti? Come stai? Sono secoli che non ti vedo! Stai mangiando? Ti vedo sciupata- commentò, squadrandola preoccupata con attenzione e bloccandosi leggermente quando si rese conto che aveva usato le stesse parole che utilizzava sempre nonna Flora con lei. Si irrigidì, ma sperò che Blossom non lo notasse.

-Mangio fin troppo. Ho messo su un paio di chili- commentò lei, molto a disagio.

-Ottimo! Non potresti darmi notizia migliore di questa. Che mi racconti?- Clover insistette con la conversazione, incoraggiante.

Era la sorella minore, e odiava la sua famiglia, ma Blossom era un po’ un’eccezione, e in Clover nasceva sempre l’istinto di aiutarla e proteggerla, perché era chiaro che non fosse in grado di proteggersi da sola. Era gentile, a volte fin troppo, ma non aveva occasioni di dimostrarlo perché finiva sempre per cadere negli schemi e nelle aspettative di suo padre. 

A differenza di Aloe, che era la sua protetta, e di Clover, che era la sua delusione più grande, Blossom, la figlia di mezzo, era completamente dimenticata. Faceva quello che doveva, ma non lo faceva abbastanza bene, quindi non era che un posto in più a tavola, una camera occupata, e qualche spesa da pagare. Solo un paio di zeri in più nel conto enorme di Taemin Paik. 

E Clover era l’unica che si ricordasse di includere anche lei, molto spesso.

Certo, doveva spezzare una lancia a favore di sua madre, bisogna dirlo, perché Myrtle è sempre stata attenta a tutte le sue figlie, che chiaramente ama in egual modo, ma non ha mai avuto la forza di proteggerle per davvero, di andare contro al marito, e di incoraggiarle come avevano bisogno.

Ciò che differenzia Blossom da sua madre, agli occhi di Clover, è che la prima deve essere protetta da Clover, mentre la seconda dovrebbe essere la figura a proteggerla.

Blossom è una collega nel mondo familiare di Clover, mentre Myrtle è uno dei capi. E se il capo non sa che fare per aiutare i sottoposti, come possono andare avanti nel lavoro?!

Ma metafore a parte, Clover teneva molto a sua sorella, e si fidava abbastanza di lei. Non tanto da rivelarle un segreto, ma abbastanza da non pensare neanche per un secondo che Blossom potesse volerle fare del male volontariamente.

Ed era raro nella famiglia Paik.

-Posso farti una domanda, Clover?- Blossom ignorò la domanda, e rigirò la frittata.

Cosa molto inusuale, i sensori inconsci di Clover iniziarono ad avviarsi.

Smise di sistemare i vestiti per dare alla sorella la sua totale attenzione.

-Certo, chiedi pure- la incoraggiò, anche se forse non era il caso di farlo. Clover non sapeva perché, ma iniziava a pensare che la discussione sarebbe andata in luoghi pericolosi e inesplorati.

-Posso sapere cosa è successo esattamente con Diego?- ed infatti la domanda che fece Blossom fu l’ultima a cui Clover avrebbe voluto rispondere. 

Evitò immediatamente il suo sguardo, e sospirò. Non voleva pensare a Diego! Che cavolo! Perché Blossom era così interessata a Diego?!

Iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore cercando un modo per evitare la domanda, ma alla fine decise di optare per l’onestà.

Un’onestà molto poco approfondita, ma onesta.

-Ho fatto un po’ un casino- ammise, sperando di non essere diventata troppo rossa nell’ammettere le sue mancanze, e guardandosi intorno per assicurarsi che non si fossero microfoni nuovi nascosti insieme alle telecamere.

Blossom sembrò estremamente sorpresa dalla sua ammissione di colpevolezza. E in effetti lo era anche Clover.

-Tu? Hai fatto tu il casino?- chiese per essere sicura.

-Senti, Blos, che resti tra noi, ma… se tornassi indietro, farei molte cose diversamente- ammise, buttandosi drammaticamente sul letto per non guardare la sorella in volto.

La ragazza le si avvicinò titubante.

-Cosa?- indagò ulteriormente, confusa.

-Beh, innanzitutto gli chiederei come prima cosa perché non mi ha mai scritto!- rispose senza esitare -Tu ovviamente non ti ricordi, ma era il mio migliore amico d’infanzia, e il giorno in cui ci siamo salutati per l’ultima volta mi aveva promesso che saremmo rimasti amici di penna- cominciò a spiegare, facendosi avvolgere dai ricordi.

Si ricordava la scena come se fosse ieri. Clover aveva dormito da lui, ma anche quando un autista era passato a prenderla, si era rifiutata di andarsene finché i Flores non fossero partiti.

Era stata una notizia abbastanza improvvisa per tutti, quindi non c’era stato troppo tempo per i preparativi, e Clover sapeva benissimo che stava dando fastidio, con la sua presenza. Ma Maria e Julio non glielo avevano fatto minimamente pesare, e anzi avevano incoraggiato Diego a passare più tempo possibile con la sua migliore amica.

Diego non aveva smesso per un secondo di piangere, e Clover l’aveva preso in giro in maniera molto amichevole perché non era un addio, si sarebbero rivisti presto, e sarebbero stati sempre in contatto perché erano amici eterni.

Avevano passato la mattinata nel giardino a discutere sulle possibili avventure che avrebbero fatto insieme quando Clover sarebbe andata a trovarlo, e la nuova casa, che Clover pensava sarebbe stata un castello, mentre Diego sperava in un cottage realizzato di dolci.

E poi, quando Maria l’aveva chiamato l’ultima volta, con urgenza, perché dovevano proprio andare via, lui e Clover si erano diretti mano nella mano verso l’auto il più lentamente possibile.

E a pochi metri di distanza, Diego si era fermato, si era guardato intorno, e aveva raccolto qualche fiore da terra.

-Non ti scordar di me- le aveva detto, porgendoglieli.

-Ovvio- aveva risposto Clover, senza capire.

-No, è il nome del fiore. Una promessa per restare amici per sempre. Non dimenticarmi, okay. Ti scriverò una lettera appena arrivo, ti dico l’indirizzo, così poi  mi rispondi- aveva proposto, speranzoso.

Clover aveva afferrato i fiori, che aveva infilato nel taschino con cura.

-Okay, allora aspetto la tua prima lettera- gli aveva sorriso, molto più rassicurata, accompagnandolo infine alla macchina.

Si erano salutati dal finestrino fino a perdersi completamente di vista.

E alla fine, nel viaggio in macchina fino a casa sua, Clover aveva pianto, sfogando tutto quello che aveva trattenuto nel suo tentativo di rassicurare Diego.

Perché Diego era sempre stato importantissimo per lei. Il suo migliore amico, una specie di fratello ma non proprio. E l’unico conforto ricevuto per la sua partenza erano stati alcuni fiori e una promessa.

Una promessa che per quindici anni non credeva avesse mantenuto.

Clover sospirò, scosse la testa per non pensare al triste momento infantile, e tornò al presente.

-Aspettavo quelle lettere con trepidazione, ma non sono mai arrivate…- aggiunse, con tristezza.

Certo, poi aveva scoperto che esistevano, ma non erano arrivate a lei, precisamente.

Era ancora un enorme mistero dove fossero finite. Soprattutto perché Clover aveva messo in conto suo padre o Aloe che volevano giocarle un tiro mancino, e non credeva ci fossero altri sospett…

Un momento…

Clover lanciò un’occhiata obliqua alla sorella, e notò che il suo nervosismo sembrava aumentato esponenzialmente.

Ma non poteva essere, vero? Che bisogno aveva Blossom di rubare le lettere di Clover? Che poteva ottenere?! Non faceva mai nulla con malizia.

-Sai…- continuò a parlare di quell’argomento, provando comunque ad ottenere ulteriori informazioni -…la cognata di Diego mi ha detto che in realtà mi ha scritto numerose lettere nel corso degli anni, e che teoricamente erano arrivate a destinazione. Non è che per caso tu ne sai qualcosa?- indagò, con nonchalance. La sottigliezza non era il suo forte, e infatti Blossom si chiuse a riccio, e impallidì.

-Perché ti interessa così tanto? È acqua passata, no? E poi tu e Diego non stavate insieme davvero, che t’importa se quindici anni fa ti ha scritto qualche lettera?!- si mise istintivamente sulla difensiva, e fece un piccolo ma chiaro scivolone.

-Cavolo, Blos, che memoria. Non ho mai detto che sono passati quindici anni- glielo fece tempestivamente notare, e Blossom impallidì ulteriormente, e fece qualche passo indietro, sentendosi in trappola.

Clover si mise seduta sul letto, ma rimase in posizione rilassata, per non darle l’impressione che sarebbe potuta saltarle addosso da un momento all’altro.

-Uh… ho tirato a indovinare- provò a difendersi, guardandosi intorno in cerca di una via di fuga.

Sebbene la rabbia di Clover iniziasse a farsi sentire, non riusciva ad esprimerla con sua sorella. 

Si sentiva tradita, e furiosa, e delusa come non si era mai sentita in vita sua, ma allo stesso tempo nella sua mente era tutto soffocato da una semplice domanda: “Perché?”

Cercò di rispondere prima alla domanda che Blossom le aveva posto poco prima, abbassando i toni e provando a non spaventarla ulteriormente.

Voleva risposte, e con Blossom non si ottenevano con minacce, ma con pazienza.

…forse avrebbe dovuto chiamare Max, perché Clover e la pazienza erano su due binari paralleli.

Provò comunque a evocare la poca che aveva.

-Per rispondere alla tua domanda, mi interessa per un motivo molto semplice: io sono innamorata di Diego- era molto strano dirlo ad alta voce, ma era l’inoppugnabile verità, ed era quello che aveva bisogno di far capire a Blossom -…e ho fatto un gran casino, e sicuramente non avremo futuro insieme, ma capire i motivi che ci hanno allontanati è il primo passo per provare ad andare avanti, e ho davvero, davvero tanto bisogno di capire per quale motivo sono stata tenuta lontana dal mio migliore amico. Ti prego, Blos, dimmi che almeno c’era un motivo, e che non l’hai fatto solo perché mi odi- Clover provò a non piangere, ma si sentiva tradita. E non si aspettava che tale tradimento venisse proprio da Blossom. La sorella gentile, la ragazza tranquilla, che non avrebbe fatto male a una mosca.

Probabilmente conosceva sua sorella molto meno di quanto pensasse.

Blossom abbassò la testa, e non trattenne le lacrime, che non provò neanche ad asciugare.

-Non è stata colpa mia!- iniziò a giustificarsi, con voce tremante.

-Non voglio darti una colpa- “Anche se ne avrei tutto il diritto, che cavolo!” -Voglio solo sapere cosa è successo, ti prego- Clover si alzò e le prese le mani tra le proprie, per incoraggiarla ad essere sincera e apparire pronta al perdono e all’accettazione.

Alla fine, Blossom cedette.

-È partito tutto da Aloe- confessò, mettendo in causa la sorella maggiore.

-Aloe? Le ha rubate tutte lei?- chiese sorpresa. Ormai dava per scontato che fosse Blossom l’artefice del furto.

-No, ma… quando è arrivata la prima lettera, Aloe era in giardino, ed ero con lei, e le sembrava divertente prendere le lettere per giocare a fare i grandi. L’obiettivo era smistarle e poi consegnarle ai destinatari. Ma quando ha visto la tua lettera da parte di Diego… ha voluto leggerla, e voleva farti uno scherzo- Blossom cominciò a spiegare.

Una cattiveria gratuita, altroché.

-Che c’era scritto?- chiese Clover, senza trattenere la curiosità.

-Che gli mancavi, e che era felice di vivere con suo nonno anche se avrebbe preferito stare con te. Ti ha chiesto se volevi venire a vivere dai suoi nonni con lui e poi ha scritto l’indirizzo in attesa di una risposta- Blossom raccontò con molti più dettagli di quanto Clover si aspettasse.

Era come se conoscesse a memoria il contenuto della lettera. Ma come poteva? Erano passati quindici anni.

-Comunque… ha fatto così per un paio di giorni, poi però ha perso interesse, e ha lasciato perdere. E a quel punto…- Blossom si interruppe, a disagio.

-Le hai rubate tu, vero? Ma perché?- Clover voleva solo sapere il motivo! 

E dopo qualche secondo di silenzio e di lotta di sguardi, Blossom cedette.

-Ero gelosa, okay?! Tu ricevevi tutte quelle lettere bellissime, e io non ho mai ricevuto niente, da nessuno. E quando leggevo Diego, che mi diceva di quanto gli mancassi, e mi raccontava la sua giornata, e la sua vita, e mi chiedeva di raccontare la mia… mi sentivo felice. Non volevo tenerle nascoste a te, ma non riuscivo a smettere di intercettarle, e leggerle, e tenerle nel mio cuore- esplose, e Clover si staccò di scatto da lei, e la guardò sconvolta.

-Aspetta un momento… tu sei innamorata di Diego?- chiese, incredula. Era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata.

Blossom scoppiò definitivamente a piangere a singhiozzi, e seppellì il volto tra le mani.

-Non gli piaccio neanche un po’! Ho provato a parlargli ma non vuole saperne nulla di me- si lamentò, devastata.

-Hai visto Diego?!- Clover era sempre più sconvolta, e non sapeva su cosa concentrarsi prima.

Doveva consolare Blossom, quella traditrice? Chiedere come stesse Diego? Ritornare alle lettere?

-Come può essere ancora così interessato a te, dopo tutto quello che gli hai fatto?!- Blossom sollevò la testa verso la sorella, guardandola con gelosia e risentimento.

E la mente di Clover si zittì.

Quest’ultima affermazione era l’ultima che si sarebbe aspettata di ricevere.

Diego… interessato… a lei?

Le due sorelle si guardarono per qualche secondo, mentre la bomba appena sganciata si assestava nel cuore di Clover.

E alla fine, la ragazza aveva una sola domanda per Blossom.

-Dove sono le lettere?- chiese, in un sussurro.

Doveva leggerle, doveva necessariamente leggerle, non poteva più fingere che non esistessero.

Doveva capire Diego, e rispondergli, e scusarsi, e non sapeva se fosse ormai troppo tardi, ma doveva quantomeno tentare.

E… voleva. Voleva leggerle con tutto il cuore.

Blossom rimase qualche secondo congelata sul posto, poi fece dietro front, e uscì dalla stanza.

-Blossom!- Clover provò a seguirla, ma la sorella era più veloce di quanto si pensasse, e la seminò in fretta.

Al ché, Clover tornò in camera, e seppellì il volto nel cuscino, cercando di mettere ordine nella sua testa.

Diego le aveva scritto, e fin qui lo sapeva. Ma mai si sarebbe immaginata che la sua sorella preferita avrebbe rubato le lettere tenendole per sé, perché si era convinta da sola di essere il recipiente per l’amore di Diego.

Ma poteva davvero biasimare Blossom per le sue illusioni? Era una ragazza fondamentalmente sola. Non aveva mai avuto veri amici, i genitori la ignoravano, e anche le sorelle. Clover provava a renderla partecipe, ma non faceva poi un così grande lavoro, lo sapeva. E poi, obiettivamente, Blossom sarebbe stata un match migliore di Clover, per Diego. Era una ragazza tranquilla, gentile, che meritava più di lei una famiglia affettuosa. Sicuramente sarebbe andata più d’accordo con i Flores, e con Paola.

Un bussare alla porta interruppe i pensieri che denotavano una bassa opinione di sé, e si assicurò di non aver pianto, prima di incoraggiare quella che probabilmente era sua madre ad entrare.

-Avanti- disse, con nonchalance, ricominciando a sistemare.

Con sua grande sorpresa, dall’altra parte della porta si presentò nuovamente Blossom, con un elegante e abbastanza pesante baule di legno.

Clover la fissò incredula, il suo cuore iniziò a battere forte nel petto.

-Sono tutte qui- sussurrò Blossom, con sguardo basso.

Clover per un attimo esitò. Poteva davvero leggere le lettere? E se il loro contenuto non fosse stato abbastanza? Se fosse ormai troppo tardi? Se leggere le avesse solo dato rimpianti? Era giusto nei confronti di Diego? Beh, le aveva scritte per lei, quindi era giusto che le leggesse, ma comunque...

Alla fine però si avvicinò alla sorella, e le prese il baule dalle mani.

-Prenditi cura di lui- le sussurrò Blossom, quasi tra sé.

Clover posò il baule a terra, e fece l’ultima cosa che entrambe le sorelle si sarebbero aspettate da lei.

Si avvicinò in fretta a Blossom e l’abbracciò, stretta, con forza, dimostrandole che l’aveva già perdonata.

E a Clover il perdono non veniva facile, soprattutto dopo un tradimento.

Ma capiva Blossom, ed era felice che alla fine le avesse restituito ciò che era suo di diritto. Potava solo immaginare quanto fosse stato difficile per lei.

-Grazie- le sussurrò all’orecchio. Dopo un istante di incredulità e confusione, Blossom ricambiò l’abbraccio, stringendola forte e seppellendo il volto sulla sua spalla.

Rimasero quasi un minuto strette l’una all’altra, poi Blossom si allontanò, molto più tranquilla, e uscì definitivamente dalla stanza.

Clover si sedette sul letto, e prese il baule, con mani tremanti.

Era il momento della verità, di leggere le lettere che Diego, il suo migliore amico d’infanzia, le aveva scritto nel corso degli anni.

Non credeva che quel momento sarebbe mai arrivato, ma eccolo lì, per davvero, e Clover aveva paura.

Ma si fece forza, prese la prima busta di lettere, che erano state accuratamente ordinate dalla prima all’ultima, e iniziò a leggere.

“Cara Clover, siamo arrivati a casa dei nonni! Non è né un castello né fatta di dolci, ma è molto grande, e ha un giardino, quindi eri arrivata più vicina tu alla realtà.

Sono felice di vivere con il nonno, ma mi manchi già tanto, anche se non ti vedo da un giorno.

Ci siamo sistemati a casa ma dobbiamo ancora fare tutto quanto. Però volevo scriverti subito quindi non ho molto da raccontare. Sono triste ma sono anche felice e vorrei che fossi venuta con me. Ho chiesto a mamma se puoi vivere anche tu qui e lei ha riso e ha detto che è una tua scelta e dei tuoi genitori. Tu vuoi vivere con me? Nonno Arturo ti piacerà, giuro! Ti scrivo l’indirizzo a cui rispondere, così iniziamo a scriverci sempre! Domani ti invio un’altra lettera!”

Era breve e piena di errori grammaticali, ma fu abbastanza da far scoppiare Clover in lacrime.

Quello era il suo Diego, il Diego che viveva solo nei suoi ricordi, e che a volte si era chiesta se fosse stato davvero reale o solo una sua visione eccessivamente meravigliosa.

Ma era lì, nero su bianco.

E sebbene fosse quindici anni in ritardo, Clover non riuscì a trattenersi dall’andare alla propria scrivania, prendere un foglio bianco, e scrivere una risposta.

Non poteva deludere nuovamente quel bambino, anche se dubitava le risposte sarebbero mai state lette da qualcuno.

Una volta finita la prima lettera di risposta, Clover passò a leggere le altre di Diego, una alla volta, senza riuscire a fermarsi se non per rispondere immediatamente, per sfogarsi, per sentirsi meno in colpa, perché era la cosa più naturale del mondo, che non riusciva ad esimersi dal fare.

“Cara Clover, non mi è ancora arrivata una risposta ma la mamma mi ha detto che probabilmente è per via dei tempi di consegna. Scrivere una lettera al giorno forse non è l’idea migliore, ma devo troppo dirti quello che mi succede. Però se vuoi puoi rispondere solo ad alcune con il riassunto, tipo, non so. Comunque oggi nonno Arturo mi ha mostrato come annaffiare il giardino e l’ho aiutato, sono molto contento, anche se mi manchi. Gli ho parlato di come tu saresti stata bravissima, gli piaceresti tanto, non vedo l’ora di presentartelo. Tra qualche giorno ricomincia la scuola e sarà strano andare senza di te. Poi mi devi raccontare come sarà la scuola lì…”

“Cara Clover, non so se leggerai la lettera, probabilmente no, ormai è passato un anno da quando ho iniziato a scriverle, ma spero che ti arriverà almeno questa. Oggi abbiamo fatto una grande cena in famiglia, con alcuni cugini da parte di mamma. Non ricordo mai tutti i nomi, e faccio sempre brutte figure. Ma mi diverto sempre con tutti. Poi abbiamo ospitato la sorella di mamma perché suo marito è scappato… tipo… non so. Però mio cugino Noah è simpatico. Ha l’età di Miguel, credo. Non so … Come sempre ti scrivo anche l’indirizzo, nel caso questa lettera ti arrivasse”

“Cara Clover, oggi sono andato alle poste con mamma per capire se le lettere arrivavano a destinazione, e hanno detto che sono arrivate senza dubbio, perché non rispondi? Non sai come rispondere? Aspetta che ti scrivo le istruzioni, ormai sono esperto: scrivi una lettera su un foglio bianco, compri una busta, scrivi l’indirizzo in questo formato:…”

“Clover! Non ti scrivo da un mese, lo so, è tanto, ma tanto tu non rispondi, quindi magari non lo hai notato. Comunque, ti devo dire la cosa più bella del mondo!! Mamma ha partorito il mio nuovo fratellino! Oliver! È un bambino troppo carino, lo adoro! Non vedo l’ora di insegnargli tante cose, e giocare insieme ai videogiochi, e altro. Che bello! Ho un fratellino!!”

“Ugh, Clover, ti scrivo per dirti che sei fortunata ad avere solo sorelle più grandi, perché Oliver piange sempre, e mi da proprio fastidio. Juanita non era mai così rumorosa! O forse non me ne accorgevo perché ero piccolo. Posso venire da te per tre o quattro anni?”

“Clover, ultimamente ho iniziato a scrivere meno, ma sai com’è, la vita, gli amici, che non sono te perché almeno loro mi calcolano. Sono all’ultimo anno di scuole medie, ormai, sono impegnato. Comunque, magari stavolta mi risponderai, che ne so. Oggi Juanita ha perso un dente ed era entusiasta, pronta per la fata del dentino. Le ho provato a dire che in realtà è un topo, ma lei ha paura dei topi, quindi i miei genitori le stanno mentendo. Eppure i topi sono così carini! Ricordi quando abbiamo trovato quel topo e volevamo addestrarlo? Poco tempo fa ho visto Ratatouille e mi è venuta ancora più voglia di creare un esercito di topi personale. Anche se non mi lamento della cucina di mamma. È molto brava. Anche se nulla batte i churros di nonno Arturo! …”

“Sbaglio o sono passati parecchi mesi dall’ultima lettera? Beh, inizio a pensare che sia uno spreco di carta, ma comunque ti scrivo perché oggi io e il nonno abbiamo finito la casetta! Ha fatto quasi tutto lui, è vero, ma l’ho aiutato tanto, ed è molto carina. Il nonno l’ha fatta come rifugio per tutti, ma è implicito che quando sarò grande voglio vivere lì. Non è spaziosa, e quando sposerò Sheila e avremo figli dovrò trasferirmi, ma per un po’ dovrebbe andare, dai! Per i primi anni di matrimonio, almeno. Poi magari potremmo ingrandirla un po’ per farci entrare anche i figli. Ah, sì, con Sheila le cose vanno benissimo! Anche se vuole fare un liceo diverso dal mio, e la cosa mi preoccupa un po’…”

“Ciao Clover, quanto tempo. Spero che tu abbia ignorato l’ultima lettera (e sono convinto di sì) perché io e Sheila ci siamo lasciati, e non riesco a credere di esserci rimasto così tanto insieme! Ero piccolo! … vabbè, dai, questa probabilmente è l’ultima lettera”

“Clover, è nata Coco. È bellissima, le voglio un bene infinito, e grazie al cielo la gravidanza di mamma è andata bene! Abbiamo avuto tutti davvero paura quando è andata in travaglio troppo presto. Niente, volevo dirtelo, anche se non ti scrivevo da due anni… strano come vada il mondo. Ho una vita fuori di te, eppure sei sempre la prima a cui penso quando mi succede qualcosa di importante. Mi sento davvero un idiota. Ma questa è l’ultima lettera, promesso”

“Clover, sono passati quattro anni, lo so. Ma devo dirtelo. Nonno Arturo non c’è più. Probabilmente a te non interessa, ma era meglio informarti che non lo incontrerai mai più… perché ti ho scritto?! A te tanto non importa assolutamente nulla di me! Spero che questa lettera non ti arriverà mai! Avevo solo bisogno di sfogarmi, tutto qui! Con qualcuno che difficilmente mi risponderà con le solite frasi fatte. …ma se riceverai questa lettera, e ti andasse di rispondere… questo potrebbe essere il momento migliore per rispondere, ti prego! …lascia perdere, questa è l’ultima lettera, per davvero stavolta”

E fu davvero l’ultima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

FINALMENTE!!!

Aspettavate questo momento con trepidazione, lo so. E lo so perché quando ho fatto il terzo sondaggio, e vi ho chiesto cosa non vedevate l’ora accadesse, al secondo posto, dopo “Denny che ammette la propria sessualità” c’era “Clover e Diego chiariscono sulle lettere”.

E… okay, non hanno ancora chiarito, ma ormai i pezzi del puzzle sono tutti lì, devono solo rimettersi insieme, e con rimettersi insieme non intendo i pezzi del puzzle, ma Clover e Diego. Per davvero stavolta, però!

Ma a parte questo, parliamo di Blossom… quanti la odiano? E a quanti, invece, fa pena? Io propendo più per la seconda, perché è un personaggio viscido e traditore, ma allo stesso tempo è fragile, insicura, ed è sempre vissuta all’ombra di entrambe le sorelle.

Non ha preso le lettere con cattiveria, ma apprezzava quello che Diego scriveva, amava credere che quel ragazzo stesse in realtà scrivendo a lei.

Questo non giustifica quello che ha fatto, ma almeno le da una motivazione.

Passando a Mirren e Petra… troppi cani rischiano la vita in casa Hart, è sempre brutto da scrivere.

Per fortuna Lottie è stata salvata in tempo.

E Bonnie è stata smascherata da un ignaro Mathi che nel tempo libero fa ricerche sulle persone per allenarsi al suo lavoro.

Il prossimo capitolo sarà bello. Non vedo l’ora di scriverlo, e spero piacerà anche a voi.

Vi dico solo che nel titolo c’è la parola “Armadio”

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Denny organizza una riunione al Corona. La cena di sabato degli Hart si trasforma in un’occasione per fare chiarezza

   
 
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