Vegeta-Sej
*
Capitolo 7 – Saiyan: una nuova minaccia?
*
A
Goten vorticava la testa e l’ultima cosa
che ricordava era sua madre che gli urlava nella penombra di scappare.
Di
scappare da suo padre?
Che
Goku fosse diventato cattivo e che nel pianeta di Lord Beerus gli fosse
ricresciuta la coda?
Aprì
lentamente gli occhi e gli ci volle un po' perché la vista ritornasse ad essere
normale e non più offuscata.
“Goten?
Goten mi senti?” Anche se ovattata, poteva distinguere la voce di Trunks che lo
chiamava.
Si
guardò attorno, quella non era nè casa sua e ne la sua camera da letto.
Pensò
di essere dentro la Gravity Room a casa di Trunks, di essersi svegliato dopo che
un colpo ben assestato di Vegeta gli avesse fatto perdere i sensi, non era raro
che il principe dei saiyan, si intrattenesse con quei due ragazzini al
pomeriggio, quando il figlio di Kakaroth bazzicava per i corridoi con suo
figlio.
Quei
due nanerottoli erano un buon passatempo per allenare i riflessi, e in
contemporanea, poteva insegnargli qualcosa di nuovo.
Ma
Vegeta non c’era, si stava allenando assieme a suo padre da Lord Beerus.
Pavimento
lucido, pareti metalliche saldate con bulloni sporgenti e arrotondati, grossi
tubi argentati che attraversavano il soffitto e una luce accecante, erano
queste le cose che vedevano i suoi occhi, una stanza fredda e asettica, senza
panchine, tavoli, e soprattutto finestre, per fortuna con lui c’era Trunks.
“D-dove
sono?” Chiese passandosi una mano sulla faccia per poi stropicciarsi gli occhi.
La
nuca gli doleva, così la massaggiò lentamente, in modo che il fastidio sparisse.
“Non
lo so, mi sono risvegliato anch’io qua”.
Quello
che udirono sembrava il rombo di un motore acceso, poi la stanza traballò
facendogli perdere l’equilibrio.
“L’ultima
cosa che ricordo è papà” Spiego Goten guardandosi attorno.
“Papà?
Goku è tornato sulla Terra?” Fece il lilla di rimando.
“A
questo punto dubito fosse lui.” Disse abbassando lo sguardo.
“Invece
io ricordo solo due figure in cucina, una pelata e uno con capelli lunghissimi,
però ce ne deve essere stata una terza, perché non ricordo più nulla” Fece una
breve pausa per cercare di raccogliere gli ultimi avvenimenti “Mamma! Mai!”
Urlò poi ricordandosi che in cucina c’erano anche loro.
Si
avviò verso la porta metallica e cercò di scardinarla con tutta la forza che
aveva in corpo.
Era
fatta di un metallo pesantissimo e indistruttibile.
Un
materiale che non aveva mai avuto il piacere di vedere e toccare.
Goten
stava per lanciare una kamehameha, ma venne interrotto dall’amico che gli
abbasso entrambe le braccia.
“Vuoi
farci saltare in aria?”
Non
ottenne risposta, perché la porta si aprì, sparendo nella parete, e davanti a
loro si era materializzato un uomo.
“P-papà?”
Balbettò trovandosi di fronte una figura molto simile al padre, solo lo sguardo
minaccioso e truce gli fece accendere dentro la sua testa un campanello d’allarme.
“No,
moccioso. Se fossimo sulla Terra, mi chiameresti…nonno”
“Dove
sono gli altri?” Chiese Trunks mettendosi in mezzo a quella conversazione con
aria di superiorità.
“Oh!
Tu devi essere il figlio di Vegeta”
“Precisamente!”
Annuì il lilla digrignando i denti.
“Senti,
nonno, mi puoi dire dove sono la mamma, Bulma e Mai?” Giocò la carta della
gentilezza e dell’ingenuità, ma con il capitano Bardack, questo non funzionò.
“Non
lo so” Fece spallucce “…io sono stato incaricato di tenervi d’occhio”. Che
colpo basso per il capitano e comandante dei guerrieri più forti dell’universo,
cambiare pannolini a dei poppanti non era contemplato nel suo contratto verbale,
ma forse quella era la sua punizione per non essere riuscito a difendere il
pianeta Vegeta-sej dalla sua distruzione iniziale. “Per me gli altri sei
possono essere tutti morti!”
“Sei?”
Fece di rimando Goten.
“Si,
tua madre, tuo fratello, la sua schiava, sua figlia” Alzò le dita ad ogni nome
“…poi tua madre e tua sorella” Si rivolse infine a Trunks.
“Ma
io non ho sorelle” Scosse il capo.
“La
morettina non è forse tua sorella?”
“Mmm…no,
è Mai, vive da noi”
“E’
la sua fidanzata, una volta gli ha anche tenuto la mano” S’intromise Goten con
la sua ingenuità.
“Non
è la mia fidanzata” Arrossì e diede un sonoro ceffone sulla testa del moro.
“Ahia,
mi hai fatto male, Trunks”. Goten si tenne la testa e cercò di non piangere,
anche se delle goccioline salate si erano appena formate ai lati dei suoi occhi
neri.
“La
volete smettere?” Bardack li aveva preso per la testa e sbattute insieme come fossero due noci di
cocco e il rumore che rilasciarono fu molto simile.
Dovettero
trattenersi per non frignare.
“Hai
la testa dura, Goten!”
“Anche
la tua non scherza”
Entrambi
i bambini si massaggiarono la fronte visibilmente rossa e gonfia.
Poi
una voce fece rizzare le orecchie al saiyan, qualcuno stava chiedendo aiuto, e
sembrava provenisse dalla cella, dov’erano rilegate le tre donne.
“E’
mamma!” Aveva urlato Goten, pronto a oltrepassare Bardack per lanciarsi verso
quella voce disperata.
Di
tutta risposta si beccò un pugno dritto in faccia.
“Ma
che problema hai?” Chiese Trunks soccorrendo l’amico.
“State
qui, e non muovetevi, altrimenti…”
“Oppure
cosa? Ringrazia chi ti ha creato che mio padre non è qui! Altrimenti ci
penserebbe lui a tutti voi.” Il lilla digrignò i denti, e di tutta risposta,
Bardack, gli rise in faccia.
“E’
quello che vogliamo…che il nostro amato principino ritorni a casa!” La porta
metallica ed invalicabile si chiuse e accanto ad essa comparve sul display la
luce rossa.
*
“Fateci
uscire da qui!!!” Stava urlando Chichi in preda ad una crisi isterica.
Bulma
e Videl dovettero coprirsi le orecchie per evitare che non le perforasse i
timpani con quella voce da oca starnazzante.
Chichi
si dimenava e batteva forte i pugni contro la porta, non si sarebbe arresa finchè
qualcuno non fosse arrivato a dare spiegazioni.
“E’
tutto inutile” Biascicò Videl non muovendosi dal suo angolo visibilmente
preoccupata per sua figlia.
Non
sapeva dov’era e dove l’avevano portata, l’ultima volta l’aveva vista in mano,
trattenuta come fosse una bambola di pezza, da quello con i capelli lunghi.
“Non
ti preoccupare, Pan è una bambina forte!” Bulma le mise una mano sulla spalla.
Videl
annuì, ma non per questo era meno turbata.
“Ehiiiii!!!
Mi sentite!!!!???” La mora non si arrese e continuò ad urlare.
Qualcuno
doveva dare delle spiegazioni, soprattutto su dove fossero i suoi figli e sua
nipote.
“Sei
sicura di aver visto il padre di Goku?” Chiese Bulma cercando di calmarla e
fare luce su quell’assurda situazione.
“Era
lui” Aveva risposto in tono pacato e con le lacrime che le scendevano dagli
occhi rigandole il volto pallido e provato.
Bulma
stava per dirle qualcosa, ma un conato di vomito le uscì dalla bocca, si era
voltata appena in tempo per rimettere un po’ di bile.
Era
dal giorno prima che non metteva qualcosa nello stomaco.
“Stai
bene?” Le aveva chiesto Videl.
“E’
solo fame e stanchezza” Rispose in modo naturale pulendosi la bocca con un
fazzoletto trovato nella tasca dei pantaloni.
Fece
un respiro profondo perché la nausea stava ancora avendo la meglio su di lei.
Questo
bastò.
Chiuse
gli occhi e appoggio la schiena alla parete metallica fredda, inspirando ed
espirando ad intervalli regolari.
“Siediti,
Bulma” Chichi l’aiutò quando si accorse che le forze le stavano venendo meno e
che sarebbe stramazzata al suolo svenuta, da un momento all’altro “…ma tu
scotti!” Aveva constatato tastandole la testa, notando le sue guance rosse e la
fronte che iniziava a stillare di sudore.
Videl
non perse tempo e bussò insistentemente alla porta.
Porca
miseria, quella era una navicella, possibile che nessuno si degnasse di andare
a vedere cosa stava succedendo o si degnasse di dare una spiegazione.
Cazzo!
Ne avevano il diritto.
Sua
figlia e suo marito non sapeva dove fossero.
Goten,
Trunks e Mai: idem.
Chi
erano quelli? Che cosa volevano da loro?
Tutto
ciò che sapeva era che volevano Goku e Vegeta, ma perché?
“Aiutateci
per l’amor del cielo! Una donna sta male!!!!” Le mani le dolevano, erano
arrossate e l’insistente picchiettare sul metallo le stava provocando ferite,
dapprima superficiali, poi il dolore iniziò a propagarsi per il polso fino a
raggiungere la spalla.
Senza
contare il seno gonfio e duro.
Aveva
bisogno di allattare la sua piccola Pan prima di provocarsi una mastite.
L’ultimo
pugno lo assestò alla corazza.
Videl
aprì gli occhi quando si accorse di aver colpito qualcosa di più morbido
rispetto al metallo.
“Dov’è
mia figlia, grandissimo figlio di pu….”
“Oh,
oh, oh! Calma! Che linguaggio sconcio! Ma me lo sarei aspettato da una
puttanella e schiava come te!” Bardack si era palesato davanti alle tre donne.
“A-acqua!
Acqua” Balbettò Bulma, e con le ultime forze rimaste indicò la borraccia che
teneva appesa alla cintura.
“Per
favore, ha bisogno di cure. Credo abbia la febbre!” Chichi implorò quell’uomo
che assomigliava così tanto a suo marito, di portarla da un medico.
Si
avvicinò con fare incessante e mise la turchina sulla spalla come fosse un
sacco di patate.
“La
farò visitare!”
“Grazie!
Biascicarono entrambe le donne.
“Non
ringraziatemi. La faccio curare per immolarla poi davanti al principe Vegeta,
non ha senso che perda la vita ora!”
“Dov’è
mia figlia?” Chiese Videl con gli occhi lucidi.
“La
mocciosa?” Inarcò un sopracciglio “…è nella nursery per essere testata. Se supera
il test con buoni risultati non verrà gettata nello spazio.”
“Ho
bisogno di nutrirla!”
Bardack
la guardò torva e lo sguardo poi sulla maglietta alla’altezza del seno.
Aveva
la maglietta bagnata e il latte ormai colato le delineava le sue forme tonde.
“Ci
penseranno i nostri macchinari.” Rispose spicciolo prima di rinchiuderle ancora
una volta dentro quella gabbia di metallo.
*
Quando
il dottor Brief se ne era uscito con la storia della navicella a disposizione,
i presenti urlarono di gioia e non esitarono un solo secondo a dirgli di
prepararla, che sarebbero partiti immediatamente.
L’avrebbe
governata Crilin, l’unico con un po’ di esperienza sul campo anche se l’ultima
volta che aveva pilotato una navicella spaziale era durante il viaggio su
Namecc, quando Bulma era intenta a riposare.
Ma
il padre della turchina lo aveva rassicurato dicendo che sarebbero rimasti in
contatto, e che lui avrebbe seguito il tragitto della navicella grazie alla sua
apparecchiatura super tecnologica e di ultima generazione.
Sarebbe
riuscito a sistemare e a correggere eventuali errori di sistema, se ce ne
sarebbe stata la necessità.
Erano
tutti pronti e con le valigie cariche di roba.
Non
sapevano quanto sarebbero stati via o che tempo facesse, quindi era meglio
premunirsi di vari abbigliamento.
Majin
Bu sarebbe rimasto a vegliare sulla Terra.
La
piccola Marron, era stata affidata alle cure di nonno Genio il quale si era
dimostrato saperci fare con i marmocchi, e poi Crilin affiderebbe la sua via in
mano a quella del maestro.
“Motore.
Accensione” Il piccoletto aveva pigiato i pulsante rosso e preso in mano il
timone.
Tutti
allacciarono le cinture di sicurezza.
Il
dito si mosse velocemente sulla tastiera impostando la rotta, gli bastò
digitare PIANETA VEGETA-SEJ, che le coordinate comparvero in automatico sullo
schermo verde.
I
motori si avviarono facendo traballare il veicolo e i presenti.
Il
dottor Brief, controllava che tutto fosse in regola dal suo laboratorio.
Impianto
elettrico: ok.
Una spunta.
Motori: ok. Una spunta.
Audio: ok. Una spunta.
Impianto
idraulico.
Stava per mettere una spunta, quando si accorse che i tubi per lo scarico
dell’acqua non erano stati collegati.
Un
po’ imbarazzato, parlò ai membri dell’equipaggio, dicendo che non sarebbero
partiti nell’immediato.
**ggiarono
Continua
*
Angolo dell’Autrice: Buon sabato a tutti fan di Dragon Ball.
Grazie infinite
per essere arrivati fino a qui. Mi spiace che la storia stia andando a rilento
e di non riuscire ad aggiornare come per l’altra storia due volte a settimana,
però le giornate si stanno allungando e quindi cerco di passare più tempo fuori
casa con il nano XD.
Passando al
capitolo, spero vi sia piaciuto. Che dite, riuscirà il quartetto a partire per
sostenere i nostri amici?Purtroppo nel prossimo non verrà svelato, ma faremo un
piccolo salto temporale all’indietro per scoprire il segreto che si nasconde
dietro le famose gemme rosa, e non a caso il prossimo capitolo sarà proprio: Gemme rosa.
Ringrazio
chi mi sostiene apertamente, ma anche chi preferisce starsene in silenzio.
Baci, Erika