Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: _aivy_demi_    11/04/2021    15 recensioni
Gli individui sudcoreani di sesso maschile sono tenuti a prestare un totale di due anni di servizio militare, che può essere effettuato tra i 18 e i 28 anni di età.
Jin, 2020, anni 28.
_
Sarà doloroso separarsi dalla sua seconda famiglia, tanto quanto decidere se aprire o meno il proprio cuore al collega più giovane, prima di partire.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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When the time will come
Echoes of tears




«Allora?» Taehyung si stava
torturando i polpastrelli, strizzandoli e picchiettandoli con fare nervoso.
«Allora niente.» Jimin si stava arrabbiando con lui, con il suo essere così esposto e maledettamente irritante in certi frangenti. «Per assurdo, il fatto che tu abbia parlato, anzi, che tu abbia proprio spiattellato la cosa ha reso tutto più facile. Avresti dovuto vedere Jin, appena è arrivato lo ha insultato e se l’è caricato in spalla come un sacco di patate. Non l’ho mai visto così nervoso, credimi.»
Il ragazzo si spostò sedendosi accanto all’amico, sbuffando sonoramente. Il letto di Taehyung ancora era sfatto, non erano nemmeno andati a dormire: condividevano la stessa stanza ma anche le stesse abitudini ormai, e se uno dei due non riusciva a riposare neppure l’altro avrebbe preso sonno facilmente. Jimin era tornato da poco, ed aveva lasciato soli Jin e Jungkook soltanto dopo essersi sincerato delle condizioni dell’altro. Ora che quell’impiastro era steso a letto sotto al piumone, l’antipiretico calato a forza dalla mancata delicatezza del maggiore, Jimin poteva rilassarsi.
O almeno ci avrebbe provato. Perché s’era reso conto d’aver fatto probabilmente una grande cazzata. S’era intromesso, permettendosi di dire la sua a due persone palesemente innamorate che ancora stavano negando l’evidenza davanti a tutto, a tutti.
«Jimin?»
«Che cosa c’è adesso? Se vuoi dirmi di nuovo scusa, giuro che ti mando a fare in culo.» Lo stava attaccando perché sapeva di avere sbagliato, creando un certo attrito. Per tutta la strada di ritorno non aveva osato fiatare, provando un costante ed oppressivo senso di suggestione nei confronti di Jin. Solo un “grazie, ora vai”, aveva ricevuto.
«Non è questo. Credi possano risolvere qualcosa?»
Lui si addolcì, scostandosi i capelli dagli occhi con un gesto abitudinario. «Lo spero, lo spero di cuore. Non possono continuare così, non farà bene a nessuno dei due.»


«Sei un idiota. Uno stupido, un idiota.»
Jin se ne stava seduto accanto al letto osservando Jungkook dormire: il corpo veniva scosso da brividi, e piccole gocce di sudore gli imperlavano la fronte che brillava umida alla luce fioca della lampada. Le coperte a celare tutto tranne gli occhi chiusi, rapidi movimenti sotto le palpebre dettavano un riposo agitato, mal goduto.
«Cosa devo fare con te, me lo dici? Mi distraggo un attimo e fai il cretino… Jk, sei irrecuperabile.» Lo aveva detto sorridendo. Per quanto fosse cresciuto, il collega sapeva ancora essere il ragazzino che aveva conosciuto ed imparato ad amare al tempo del loro debutto: cocciuto e immaturo. Per un attimo le due figure distinte del ventitreenne e quello dell’adolescente ribelle si accostarono.
Un secondo sorriso e un sospiro, una piccola carezza all’altezza della tempia: Jin lo sfiorò una volta e più d’una, sussurrandogli quanto si fosse comportato da irresponsabile, e quanto la preoccupazione fosse tuttora presente, schiacciante. Era ipnotizzato da quel respiro irregolare, dalla coperta che si muoveva a seguito del petto aritmico; un mugolio improvviso uscì dalle labbra secche, accompagnato da un paio di colpi di tosse a scuoterlo interamente. Il ragazzo si chinò su di lui rassicurandolo con semplici parole, qualche sillaba di poco conto accompagnata con dolcezza: s’era avvicinato troppo, superando di gran lunga lo spazio vitale dell’altro che sembrava non essere cosciente, attivo o recettivo. Continuava a parlargli scostandogli i capelli bagnati dalla pelle e soffiando con delicatezza sulla fronte.
Quest’ultima si rilassò sciogliendo le sopracciglia corrugate. Il volto rovente però mandava messaggi chiari: il dolore misto alla stanchezza eccessiva l’aveva letteralmente messo in ginocchio.
Jin passava i polpastrelli su quegli zigomi ben delineati, scorrendole il profilo fino alla mascella, accarezzandola delicatamente, passando più volte sul mento e sotto le labbra.
Quelle stesse labbra che stava desiderando così intensamente, anche se malate, screpolate, pallide. Erano le sue, poco importava in che condizioni versassero. Jungkook era lì, immerso tra lenzuola calde, a soffrire di una stupidissima conseguenza di un altrettanto comportamento immaturo; era con lui, stava tremando nonostante la temperatura mite della stanza e gli strati di tessuto pesante su di sé. Lo sentì sussurrare prima di ingoiare a vuoto, la gola secca a richiedere liquidi.
«Vieni.»
Lo fece raddrizzare appena porgendogli un bicchiere di acqua fresca. Una parte del contenuto si riversò sul mento e sul collo, seguendo la linea della clavicola e bagnandogli la canotta. Jin deglutì scostando forzatamente lo sguardo e lasciando ricadere all’indietro Jungkook, strappandogli un lamento malandato.
«Scusa!» Si avvicinò nuovamente constatando le condizioni dell’altro: stringeva i denti, le palpebre serrate come le labbra.
Stava male.
E Jin non sapeva come poterlo aiutare. Avrebbe soltanto dovuto aspettare che facesse effetto la pastiglia che gli aveva fatto ingoiare a fatica. Gli si stese accanto, infilando una mano sotto al copriletto invernale.
Era troppo caldo lì sotto, il ventre scoperto di Jungkook scottava terribilmente.
Scostò subito parte delle coperte, avrebbe vegliato su di lui tutto il tempo necessario. Accostò la fronte alla tempia dell’altro, socchiudendo gli occhi.
«Riprenditi, ti prego… non farmi preoccupare così. Te lo chiedo, Jk, cosa farei senza di te?» Espirò rassegnato. La consapevolezza del tempo che passava gli cozzò addosso, impregnandogli l’anima di nebbia grigia e di brutti pensieri. Tanto che sentì il petto stringersi, la gola chiudersi, il bisogno di un contatto fisico necessario.
Stava piangendo.
Proprio come un perfetto imbecille.
Stava piangendo e portò le ginocchia al busto, per poi stringere con fare possessivo il fianco di Jungkook, che ancora dormiva agitato, coinvolto in un sonno disturbato, inquieto. Vi si aggrappò come ad un porto sicuro, alla persona più cara, all’unico motivo per cui la notte ormai non dormiva più se non per qualche sporadico colpo di sonno.
Non se ne sarebbe andato trascinandosi quei sentimenti, li avrebbe nascosti giù, sempre più in profondità, e seppelliti con i doveri che avrebbe affrontato a testa alta.
Quella notte però si sarebbe finalmente permesso di riversarli su quel dannato cuscino, su un letto troppo piccolo per due, su qualcuno che non avrebbe mai scoperto ciò che gli stava dilaniando viscere e sentimenti.

   
 
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