Capitolo 12: Songs the night
sings
Board the ship, hoist the sail, weigh the anchor
Set a course right towards the horizon
We can sail every sea, every ocean
till' we've seen them all
I wanna live the stories I write
See the whole world with my own eyes
Take the unknown trail
And hear the songs the night sings
I wanna feel the flame when it burns
Wanna feel the pain when it hurts
Take the unknown trail
And hear the songs the night sings!
(“Songs the night sings” – The Dark Element)
Hvitserk era riuscito
a convincere Helgi a trasferirsi nella dimora reale e il giovane vichingo ne
aveva approfittato per parlare a lungo con Ubbe e Torvi, raccontando tutto
della sua orrenda esperienza in Islanda.
“Mi dispiace molto
per te, Helgi” aveva risposto Ubbe, che continuava nonostante tutto ad essere
impaziente di partire, “ma non è detto che la stessa cosa debba accadere anche
a noi. Magari sbarcheremo in un’altra zona dell’isola e ci troveremo
benissimo.”
Tuttavia, se Ubbe
continuava imperterrito a difendere le sue scelte, Torvi, che non era testarda
come lui, aveva ascoltato attentamente i racconti di Helgi e aveva deciso, per
prima cosa, di lasciare che i figli Hali e Asa rimanessero al sicuro a Kattegat
con Bjorn e Lagertha. Helgi, però, continuava ad essere molto angosciato e la
sera precedente alla partenza della spedizione di Ubbe si attardò a parlare non
solo con lui e Torvi, ma con tutti i presenti nella Sala Grande, sperando che
qualcuno prendesse le sue parti e lo aiutasse a convincere la coppia a non partire.
“Non è per sfiducia
nei tuoi confronti, Ubbe, sono sicuro che sei un ottimo viaggiatore, ma quei
luoghi sono davvero pericolosi” insisté Helgi, disperato. “Perché vuoi andare
proprio là? Ci sono tanti altri luoghi in cui potresti recarti, ad esempio le
terre sul Mediterraneo, come fecero Bjorn e Hvitserk. Sarebbe un viaggio più
agevole e troveresti luoghi accoglienti e fertili.”
“Ormai ho deciso,
Helgi” tagliò corto Ubbe, che quando si metteva in testa una cosa diventava più
irragionevole dei suoi fratelli. “Voglio scoprire nuove terre in Islanda e in
Groenlandia, magari, e ho anche la speranza di riuscire a ritrovare Floki sano
e salvo. Ho già accettato per amore di Torvi di lasciare che i bambini restino
qui e mi sembra abbastanza. Sinceramente, Helgi, tutto questo non è affar tuo e
vorrei che non ne parlassimo più. Ad ogni modo, domattina all’alba partiremo,
non devo certo chiedere il permesso a te.”
Hvitserk, innervosito
per la sufficienza con cui Ubbe trattava Helgi, intervenne.
“Helgi si sta solo preoccupando
per te, per l’incolumità tua e di Torvi” disse. “Mi sembra che il minimo che tu
possa fare sia ascoltarlo e magari anche ringraziarlo.”
Un lampo passò negli
occhi di Ubbe.
“Non ho bisogno dei
consigli di Helgi e tanto meno dei tuoi, che di certo non sei un esempio di comportamento
responsabile!” lo apostrofò.
Helgi, mortificato,
rimase talmente male da non riuscire nemmeno a replicare e si rassegnò a
lasciare la Sala Grande, dirigendosi verso la sua stanza. Hvitserk, lanciando
un ultimo sguardo ostile al fratello, si affrettò a seguire il giovane.
Ma anche Aethelred e
Ivar avevano assistito alla scena e il Principe, che già aveva dei conti in
sospeso con Ubbe, non poté fare a meno di intervenire.
“Ti sembra questo il
modo di trattare delle persone che dimostrano di preoccuparsi per te?” lo
rimproverò a brutto muso.
“Adesso ti ci metti
anche tu? Cos’è, questa sera volete tutti darmi delle lezioni di vita? So
badare benissimo a me stesso e certamente non mi serve l’aiuto di un giovane
terrorizzato da ciò che ha vissuto né di quello di una persona che fino
all’altro ieri si ubriacava e si ingozzava di funghi allucinogeni. E nemmeno di
uno straniero del Wessex che si crede il sovrano di Kattegat solo perché mio
fratello Bjorn non vuole rimetterlo al suo posto!”
Quelle parole
ferirono profondamente Aethelred, che comunque si difese attaccando.
“Dopo il modo in cui
ti sei comportato con Hvitserk, facendo finta di niente e non dicendo a nessuno
quello che sapevi sui funghi allucinogeni, penso che un paio di lezioni di vita
ti farebbero molto comodo, invece” commentò. “Ma fai pure quello che ti pare e
parti, in realtà non m’importa niente di te, io sono preoccupato per Torvi e
per il bambino che porta in grembo.”
Detto questo, anche
Aethelred gli voltò le spalle e uscì dalla Sala Grande con la dignità di un
vero sovrano.
Restò solo Ivar a
guardare Ubbe, con un sorriso ironico sulle labbra.
“L’avevo sempre
pensato, ma sono felice che tu adesso lo abbia dimostrato pubblicamente. Sei
davvero un grandissimo stronzo, Ubbe, e a Kattegat staremo tutti molto meglio
quando te ne sarai andato.”
Allibito, questa
volta Ubbe non trovò in tempo le parole per ribattere e Ivar si allontanò con
la sua stampella, tranquillo e totalmente soddisfatto per aver detto in faccia
al fratello ciò che pensava di lui. E forse, dopo la prova che Ubbe aveva dato
di sé quella sera, non era neanche l’unico nella Sala Grande a ritenere che
fosse uno stronzo!
Intanto Hvitserk
aveva raggiunto Helgi nella sua stanza e lo aveva trovato a dir poco devastato.
A dirla tutta era esattamente come appariva lo stesso Hvitserk, se solo avesse
potuto vedersi quando era in preda alle allucinazioni provocate dai funghi: si
era accucciato ai piedi del letto, circondando le ginocchia con le braccia e
tremando pietosamente. Quando il giovane vichingo gli si avvicinò, Helgi
trasalì e per qualche istante lo guardò terrorizzato come se non lo
riconoscesse… insomma, se Aethelred si fosse trovato in quella stanza avrebbe
pensato di vivere un dejà vu, con
Helgi a recitare la parte di Hvitserk!
“Helgi, stai bene? Lo
so che mio fratello è un vero bastardo, a volte, ma non devi prendertela tanto,
non se lo merita, tu volevi solo aiutarlo e lui…” provò a rassicurarlo
Hvitserk, ma il ragazzo non era dispiaciuto o sconvolto per ciò che gli aveva
detto Ubbe. Afferrò il braccio di Hvitserk e lo fissò con espressione… beh, allucinata era il termine più adatto!
“Ubbe e Torvi non
devono andare in Islanda!” mormorò. “Kjetill li sta aspettando e, quando
arriveranno, li rapirà e li torturerà per farsi dire dove mi sono rifugiato!
Lui mi sta cercando, ha ucciso tutta la mia famiglia e adesso vuole uccidere
anche me, non si fermerà di fronte a niente, nemmeno a costo di fare del male a
Ubbe e Torvi!”
Non sembra anche a
voi una versione riveduta e corretta delle
crisi deliranti di Hvitserk, con Kjetill protagonista al posto di Ivar? Evidentemente
Hvitserk aveva dimenticato che, fino a pochi mesi prima, si comportava
esattamente nello stesso modo perché cercò di far ragionare Helgi e di
calmarlo.
“Stai tranquillo, non
succederà niente e, soprattutto, Kjetill non potrà mai trovarti” gli disse,
stringendolo tra le braccia. “Ubbe è spesso odioso, ma non è uno sciocco e non
si farà certo catturare da questo folle. Della spedizione faranno parte uomini
forti e valorosi, Ubbe e Torvi non saranno soli come eravate tu e la tua
famiglia. E, comunque, se mai Kjetill dovesse trovare il modo di tornare a
Kattegat, se davvero volesse tentare di ucciderti… ci sarò io a proteggerti,
sempre. Non lascerò che ti accada qualcosa di male, Helgi, te lo avevo già
promesso, perché io… ci tengo moltissimo a te.”
A differenza di Hvitserk ai tempi dei funghi, Helgi non era drogato ma solo spaventato e
riuscì ad ascoltare, comprendere e accettare le parole del giovane. Si lasciò
stringere e abbracciare, sentendosi realmente più sicuro tra le sue braccia e
poi, quando Hvitserk lo baciò, accolse e ricambiò il bacio. Era tutto strano,
tutto nuovo per lui. Aveva avuto una moglie, Thorunn, e le aveva voluto molto
bene, aveva sofferto tanto quando l’aveva perduta, ma quello che provava
stretto a Hvitserk era diverso, era… più intenso, più potente. Lasciò dunque
che tutto andasse come doveva andare e si abbandonò a Hvitserk quando il
giovane si spostò con lui verso il letto, dove lo
depose con cautela mentre continuava a baciarlo e si spingeva sempre più
avanti, lo accarezzava dappertutto e lo liberava delle vesti. Quando i loro
corpi si unirono, un’ondata di energia attraversò entrambi, invadendoli e
donando loro emozioni così intense e profonde da farli quasi tremare. Fu un
amplesso lungo, lento e appassionato che riempì entrambi di calore ed estasi,
lasciandoli stremati, increduli ma appagati e felici, mentre continuavano a
stringersi l’uno all’altro come se solo così potessero trovare pace e serenità
dopo tanti affanni.
Quella notte segnò il primo capitolo di una
nuova vita per entrambi, e Odino solo sapeva quanto ne avessero bisogno!
Aethelred, invece, non si era recato nella
sua stanza: era uscito dalla dimora reale e aveva camminato a lungo e in fretta
per sfogare le tante emozioni che provava stancandosi fisicamente. Dopo quello
che Ubbe gli aveva detto si era sentito mortificato, ma allo stesso tempo
arrabbiato perché, in fondo, lui aveva solo cercato di dargli un consiglio e
Ubbe non era sicuramente nella posizione di poter giudicare e rimproverare gli
altri… anche se era quello che faceva sempre, invariabilmente. Il Principe
cominciava a capire per quale motivo Hvitserk avesse avuto fin da ragazzino un
rapporto conflittuale con Ubbe, una sorta di odio/amore, e non gli sembrava più neanche tanto strano che ad un
certo punto avesse scelto di schierarsi con Ivar. Certo, le motivazioni di Ivar
erano sbagliate, ma forse Hvitserk aveva deciso di stare accanto a lui perché
Ivar non ti giudicava, non ti faceva sentire sempre sotto esame, se qualcosa non gli andava bene te lo diceva in faccia
e…
E perché accidenti adesso si era messo a
pensare a Ivar, se era con Ubbe che aveva discusso?
Non ebbe il tempo di inventarsi una risposta
tanto credibile quanto falsa alla sua stessa domanda perché quando, ormai
placato, si era diretto nuovamente verso la dimora reale, aveva trovato Ivar in
persona sulla soglia e gli era venuto un mezzo colpo.
“Ecco
dov’eri finito!” gli disse. “Peccato, ti sei perso la scena in cui ho dato di
stronzo a Ubbe davanti a tutta la Sala Grande.”
Suo
malgrado, quelle parole strapparono una mezza risata a Aethelred. Chissà perché
adesso quello che Ubbe gli aveva detto non gli pareva più così offensivo e
umiliante, Ivar era riuscito a rimettere le cose a posto e il Principe si sentiva
improvvisamente rasserenato. Tutto sembrava così semplice e chiaro quando era
con Ivar…
“Davvero, Aethelred,
non dovresti prendere quel presuntuoso così sul serio” riprese Ivar. “Ti ha
detto quelle cose solo perché è invidioso di te, perché tu sei davvero un punto
di riferimento per Kattegat come né lui né Bjorn sono mai riusciti ad essere.
Nessuno lo dice apertamente, proprio perché tu sei un Sassone, ma la maggior parte
della gente di qui considera te il vero sovrano di Kattegat… probabilmente lo
pensa anche Bjorn, sebbene non lo ammetterà mai! Bene, se adesso hai finito di
sbollire la rabbia andando a passeggio per il villaggio potresti aiutarmi a
raggiungere la mia stanza, che ne dici?”
Aethelred si sentì
improvvisamente molto emozionato e ringraziò che fosse buio, così che Ivar non
potesse vederlo arrossire. Ma, ovviamente, Ivar si accorgeva sempre di tutto.
Si appoggiò al giovane molto di più di quanto avesse effettivamente bisogno e
lo strinse contro di sé.
“Io… io però a volte
non ti capisco” mormorò Aethelred, cercando di mantenere ferma la voce,
spezzata dal turbamento. “Davanti agli altri dimostri di saper fare tutto da
solo, non vuoi che nessuno ti aiuti, però a me chiedi di sostenerti per
arrivare in camera tua. In realtà credo che tu non ne abbia realmente bisogno.”
“E’ vero, ma dovevo
trovare una scusa per portarti nella mia stanza, no?” fece Ivar,
maliziosamente, e non si capiva se stesse scherzando o se dicesse sul serio! “E,
comunque, non so per quale motivo con te non sento il bisogno di giocare a fare
l’invulnerabile, non devo essere sempre perfetto, forte e migliore degli altri.
Se sono stanco, a te non mi vergogno di dirlo.”
Lo sguardo di Ivar
era intenso ed entrava nelle profondità di Aethelred, scuotendolo in ogni fibra
del suo essere. Il Principe non si rese nemmeno conto di giungere nella stanza
del giovane vichingo e di ritrovarsi seduto accanto a lui sopra il suo letto,
continuava a sentire gli occhi di Ivar che lo sondavano e si perdeva in essi e
nel loro azzurro più limpido e brillante dei cieli di Kattegat.
“Ogni tanto fa bene
non dover dimostrare niente a nessuno e poter essere se stessi sapendo di
essere comunque accettati” confessò Ivar. “Non mi era mai accaduto prima, forse
a volte con Hvitserk, ma neanche sempre. E poi… beh, ho provato questa sensazione
con il giovane Principe Igor, un bambino, sì, ma l’unico che davvero mi ha
accolto e che mi ha fatto sentire importante tra i Rus’.”
Ivar non aveva mai
raccontato molto della sua esperienza con Oleg e i Rus’ e Aethelred aveva
capito che non doveva essere stata poi così entusiasmante.
“Eppure tu hai
combattuto al fianco dei Rus’, hai pianificato le loro strategie, non sembrava
che fossi così a disagio con quel sovrano folle, Oleg” obiettò il Principe.
Ancora una volta lo
sguardo azzurro di Ivar incatenò quello di Aethelred.
“Che scelta avevo,
secondo te? Oleg mi aveva salvato solo per usarmi, voleva invadere la Norvegia e
sapeva che io ero in grado di aiutarlo, ma è stato cordiale con me soltanto all’inizio,
poi ha mostrato il suo vero volto” ammise. “Mi ha minacciato, ha detto
chiaramente che, se non gli fossi stato utile, mi avrebbe eliminato. Ero in suo
potere e non mi piaceva, non sono mai stato sotto il controllo di qualcuno e
non sapevo quanto potesse essere orribile. Non avevo paura di lui, sebbene
sapessi quanto fosse pericoloso, però lui sapeva come piegarmi, come
mortificarmi e farmi sentire una nullità. Era quello a farmi male.”
Aethelred soffriva
nel sentire quelle parole, ma non disse niente, consapevole del fatto che Ivar
aveva bisogno di sfogarsi e che, orgoglioso com’era, non lo avrebbe fatto con
nessun altro.
“Tu hai conosciuto
Freydis, no? Mia moglie, la donna che diceva di amarmi ma che mi ha tradito.
Ecco, non so come sia stato possibile ma la sposa di Oleg, Katja, era identica
a Freydis. Ero così sconvolto da questo fatto che, all’inizio, finii per dirlo
anche a lei, senza pensare a cosa sarebbe potuto accadere se lo avesse
raccontato a Oleg” rammentò Ivar, mentre il suo sguardo, adesso, vagava
lontano, perso in ricordi dolorosi. “Le dissi addirittura che pensavo che lei
fosse la reincarnazione di mia moglie. Ora capisco quanto sono stato sciocco e
ingenuo, ma allora mi sembrò naturale. Chiaramente lei lo rivelò a Oleg e loro…
usarono questa mia debolezza per manovrarmi ancora una volta. Facevano sesso
davanti a me e non mi permettevano di andarmene. Io mi sentivo così umiliato…
era come tornare indietro di anni, era come quando ero ragazzino e i miei
fratelli mi schernivano. Avevo giurato che nessuno mi avrebbe più mortificato
così, ma Oleg e Katja… Tuttavia lei faceva il doppio gioco e, in realtà, voleva
liberarsi di Oleg. Così… mi sedusse, fece sesso con me, per convincermi ad
aiutarla ad eliminare Oleg e a mettere Igor al suo posto, così lei sarebbe
stata la Regina reggente.”
E a quel punto un
dolore diverso si insinuò nel cuore di Aethelred. Fino a quel momento aveva
sofferto per Ivar, si era sentito dispiaciuto per lui e arrabbiato con quel
maledetto Rus’ che lo aveva minacciato e ricattato, ma adesso… sentirlo parlare
così di quella Katja e venire a sapere che lo aveva sedotto gli pungeva il
cuore come uno stiletto affilatissimo e glielo faceva sanguinare.
“In realtà avrei
cercato comunque di eliminare Oleg, anche se lei non si fosse intromessa, e
alla fine non l’ho fatto per lei, ma per me stesso: volevo essere libero,
tornare in Norvegia e sapevo che Oleg non me lo avrebbe mai permesso, mentre
Igor sì. Credo di averlo fatto anche per Igor, in parte. Lui mi era stato
amico, era solo un ragazzino ma sapeva farsi voler bene e sono certo che sarà
un ottimo sovrano per i Rus’” concluse Ivar. “Tutto sommato è andata meglio di
come sperassi e adesso sono qui, nella mia casa, nel posto che mi spetta. E ho
conosciuto te.”
Ivar sembrava essersi tolto un grosso peso di dosso aprendo
il suo cuore a Aethelred e adesso era più sereno. Si avvicinò di più al
Principe e lo strinse forte, affondandogli una mano nei
capelli e cingendolo con l’altro braccio, premette le labbra sulle sue e iniziò
a baciarlo profondamente, con tenerezza e intensità, attirandolo sempre più
contro di sé. Aethelred, istintivamente, vi si abbandonò e lo assecondò
dolcemente e naturalmente, mentre ogni fibra del suo corpo urlava che non
voleva che finisse, che doveva andare avanti, che voleva di più…
Eppure, quando si staccarono, fu Aethelred a
cercare di rialzarsi da quel letto così invitante. Rosso e scarmigliato,
ansante, mentre cercava di ricordare come si facesse a respirare, trovò la
forza di sottrarsi a quella malia che lo avvolgeva irresistibilmente.
“Vuoi andartene proprio ora? Speravo che
saresti rimasto con me, stanotte” disse Ivar, senza mezze misure.
Un sorriso malinconico e dolcissimo si
dipinse sulle labbra del Principe.
“Penso che sarebbe una cosa molto bella, ma
anche molto sbagliata” replicò, con un accento triste nella voce.
“Sbagliata? E perché? Sei ancora ossessionato
da quelle sciocchezze che mi hai detto l’altro giorno sulla spiaggia, sul fatto
che non meriti di essere amato, che pensi che mi stancherò di te? Mi pareva
proprio di averti fatto capire che non ho nessuna intenzione di usarti e
nemmeno di trattarti come ha fatto Hvitserk. Ti ho già detto che non mi sono
mai sentito così a mio agio con nessun altro, che tu mi fai sentire accettato e
compreso, il che per me è qualcosa di incredibile” protestò Ivar.
“E’ vero, lo hai detto e sono certo che ne
sei convinto. Ma vedi, Ivar, ti ho visto mentre parlavi di Freydis e di Katja e…
e mi sono accorto che tu soffri ancora per loro, forse in realtà è Freydis che
vorresti accanto” mormorò Aethelred.
“E perché dovrei volerla? Mi ha tradito, mi
ha sempre mentito, mi ha usato per arrivare al potere e lo stesso ha fatto
Katja. Perché mai dovrei preferire loro a te, che sei sempre così gentile e
affettuoso e che mi fai sentire amato per ciò che sono davvero, nel bene e nel
male?”
“Non lo so” ammise il Principe. “Quello che
so, però, è che tu pensi a Freydis e Katja e soffri per loro. E, se pensi a
Freydis e Katja, ovviamente non stai pensando a me.”
Era straziante. Aethelred si sentiva come se
qualcuno gli stesse strappando la carne a brandelli, ma sapeva che era giusto
andarsene da quella camera, non cedere, altrimenti sarebbe stato peggio. Mille,
mille volte più doloroso.
“Dormi bene, Ivar. Se avrai ancora voglia di
parlare con me, di raccontarmi qualcosa, di sfogarti, io ci sarò sempre” gli
disse, scivolando dolcemente dalla stretta del giovane vichingo e sorridendogli
con affetto, sebbene si sentisse morire dentro.
Ivar non disse niente, si limitò a guardarlo
mentre se ne andava.
Aethelred interpretò il silenzio di Ivar come
la prova che aveva ragione, che non lo voleva veramente e che stava solo
cercando di lenire la sua solitudine.
Ma non era così.
Ivar era rimasto colpito da quello che
Aethelred gli aveva detto, era vero, e adesso doveva fare chiarezza nella sua
mente, perché non aveva nessuna intenzione di rinunciare a quel ragazzo così
dolce e tenero e a tutto ciò che gli faceva provare. Avrebbe analizzato fino in
fondo ciò che lo teneva ancora legato al ricordo di Freydis e poi… finalmente
sarebbe riuscito a convincere Aethelred che era solo lui quello che voleva
davvero.
No, non avrebbe perduto Aethelred per niente
al mondo, non ora che si era reso conto di quanto fosse meraviglioso averlo
accanto.
Ivar non rinunciava mai a ciò che desiderava
veramente!
Fine capitolo dodicesimo