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Autore: Always_Potter    26/04/2021    1 recensioni
Quando Ryuk lascia cadere il suo quaderno sulla Terra, l’unica speranza dell'umanità è il primo detective al mondo... e una squadra non troppo scelta di Auror.
°*°*°*°
«No, aspetta, fammi capire. Tu hai passato gli ultimi vent’anni a fingere di non esistere, c’è gente seriamente convinta che tu sia un vampiro, e ho visto Robards sull'orlo delle lacrime perché ti sei rifiutato di apparire davanti al Wizengamot per quattordici volte. Ora lanci minacce in diretta televisiva, prendi il tè delle cinque con sei Auror e vuoi presentarti al primo sospettato? Il prossimo passo qual è? Invitare Kira a prendere parte alle indagini e diventare amici del cuore?!»
«Beh, all’incirca… sì, quello sarebbe il piano a lungo termine. Acuta come sempre».
La strega, allibita, accarezzò l’idea di piantare qualcosa di molto acuto nel cranio del detective. Tipo un coltello da cucina.
O una katana.
Avrebbe fatto un sacco di scena.
°*°*°*°
Un detective dal genio imbattuto.
Una Auror dalle abilità eccezionali.
Una quantità sterminata di bugie.
Il Mondo Magico ha di nuovo bisogno di essere salvato.
Genere: Fantasy, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10

Detta così

8 gennaio 2004

Sophie si disse che quella di L era chiaramente una vendetta.

Indiretta, ovviamente, il che avrebbe trasformato ogni sua accusa in un’insinuazione, ma nondimeno una vendetta.

La sottile abilità del detective stava nel darle esattamente quello che voleva, anzi, di più: oltre a permetterle di garantire la privacy di signora e signorina Yagami (le riprese del bagno sarebbero state trasmesse su uno schermo che solo lei poteva vedere), L l’aveva invitata a visionare tutte le riprese di casa Yagami. Tutte. In diretta. Ventiquattr’ore su ventiquattro. Per una settimana. Non qualcosa che Sophie potesse nettamente segnalare come scorretto ma, alle sei del mattino, con le occhiaie che ormai toccavano terra e gli occhi arrossati, era una dichiarazione di guerra.

Tanto più perché, era certa che L lo sapesse, si sarebbe mangiata le mani piuttosto che fare un passo indietro.

Quella mattina, quindi, la rossa si rassegnò a sequestrare l’intera boccia di caffè dalla cucina, prima di raggiungere il salotto della nuova suite. Si bloccò sulla soglia della stanza, i piedi nudi affondati nella moquette chiara: ad attenderla davanti a una pericolante parete di schermi, casse e vari aggeggi babbani, la aspettavano L, il Sovrintendente, e una terza poltroncina rivestita di raso verde, esattamente in mezzo ai due.

Sospirò pesantemente, prima di scivolare nel suo posto.

«Buongiorno, Sophie»

«Sovrintendente» replicò con un pallido sorriso. Un sorriso rapidamente cancellato dalla tazza e piattino che le levitarono sotto il naso: con uno sguardo fulminante, spinse il set di porcellana bianca verso L e strinse gelosamente la brocca di caffè al petto.

Per un brevissimo attimo parve quasi che il ragazzo fosse sorpreso, poi la tazza levitò a terra e gli schermi di fronte ai tre presero vita.

Sophie, con un misto senso di vittoria e disagio, iniziò a dar fondo alla sua personale scorta di caffè, sforzandosi ardentemente di non sbirciare il detective.

Presumibilmente per la stanchezza, non le sovvenne che quel caffè lo avesse con tutta probabilità preparato L stesso.

 

Alle dieci, vigeva calma piatta: entrambi i figli del Sovrintendente erano a scuola, mentre la moglie aveva uno stretto programma di commissioni da sbrigare. Ergo, Sophie lottava per non  appisolarsi.

Non tanto per professionalità, ammise tra sé e sé, ma per non darla vinta al detective di cui sentiva il penetrante sguardo sulla pelle. Si era quindi rassegnata a ingollare tutto il caffè possibile.

L e la sua tazza vuota, ovviamente, non avevano tardato a notarlo.

«Ingerire grandi quantità di caffè a stomaco vuoto incide negativamente sull’idratazione» commentò placidamente, fissando gli schermi come se non si stesse rivolgendo a lei.

La rossa batté le palpebre, immobile.

Non ho sentito bene, si disse, cercando lo sguardo del Sovrintendente che, però, si strinse nelle spalle. Sbirciò allora in direzione del detective, che non sembrava intenzionato a voltarsi.

Forse se l’era immaginato.

«Inoltre, può rendere maggiormente soggetti a lesioni allo stomaco». La strega strinse le labbra, innervosita. Si ricordò istintivamente della bacchetta che le teneva annodati i capelli in testa.

Niente fatture, Sophie.

«… Bruciori di stomaco, gastrite, reflusso…»

Niente fatture, niente fatture, nientefatture nientefatture nientefatture.

«… ulcera…»

Me la fai venire te, l’ulcera.

«… questo oltre ai rischi legati-»

«E va bene! Vado a farmi un panino!» sbottò Sophie, uscendo infuriata dalla stanza.

 

A mezzogiorno e un quarto, non era ancora successo nulla. Sophie stava attentamente passando in rassegna tutti i modi in cui avrebbe potuto somministrare del pus di Bubotubero ad L senza che se ne accorgesse. Lo faceva più per passare il tempo che perché la vedesse come azione realizzabile: se proprio avesse deciso di finire in prigione, c’erano metodi meno tortuosi.

Tipo lo strangolamento.

Poi, finalmente, Light Yagami arrivò a casa: il primogenito del Sovrintendente era un ragazzo alto, dal volto carismatico e capelli castani ben pettinati, con qualche sottile ciocca che gli ricadeva verso gli occhi affilati.

Tutto sommato, un ragazzo che a Hogwarts avrebbe certamente fatto la sua incetta di conquiste.

Così su due piedi, non per forza la faccia di un serial killer.

L’uomo che aveva piazzato le telecamere aveva fatto rapporto riguardo a un piccolo incantesimo di controllo sulla porta. Sophie però, dall’alto dei suoi anni a Hogwarts, non era molto impressionata: in una scuola dove si potevano imparare incantesimi per aprire le serrature già a undici anni, fatture e maledizioni erano il minimo sindacale che si potesse trovare a guardia degli effetti personali degli studenti. Per esempio, era quasi certa che una Corvonero del suo anno avesse addestrato il proprio rospo ad aggredire chi si avvicinasse al suo baule.

«In effetti mi chiedo se non nasconda qualcosa, per arrivare a tanto» considerò teso il signor Yagami, scrutando gli schermi con la fronte aggrottata.

Sophie stava per aprire bocca, ma L la precedette: «È un ragazzo di diciassette anni… non c’è niente di cui stupirsi. Anch’io lo facevo, senza un motivo preciso».

La strega non poté trattenere uno sbuffo incredulo.

Questa è bella.

Si ritrovò a voltarsi verso il detective, un’espressione scettica e divertita in volto, salvo poi trovarlo già a fissarla di rimando con un sopracciglio inarcato.

Sophie si bloccò per un istante, poi gli scoccò un’occhiataccia e tornò a guardare gli schermi.

 

Alle tre e mezza, il pulito e composto Light Yagami stava sfogliando una rivista porno.

Sophie storse il naso.

Non tanto per la rivista in sé: disteso placidamente a pancia in giù sul letto, il mento puntellato elegantemente su una mano e la flemma di chi stia sfogliando un noioso manuale su una delle tante Guerre dei Goblin, Light Yagami non rientrava esattamente nello schema dell’adolescente in preda agli ormoni.

E lei lo era stata fino a poco tempo prima, un’adolescente in preda agli ormoni.

Ora scricchiolo come un albero se sto seduta per troppo tempo nello stesso modo, pensò imbronciata, tendendo una mano dietro la schiena per massaggiare un punto dolorante.

«Un ragazzo così diligente che compra quel genere di riviste… Sophie, io mi scuso profondamente per il comportamento di mio figlio…» disse desolato e spiazzato il Sovrintendente. La giovane batté le palpebre un paio di volte, risvegliata dal suo torpore.

«Che- no, Sovrintendente si figuri! Non sono minimamente offesa, non si preoccupi» lo tranquillizzò freneticamente, raddrizzandosi nella poltroncina con un sorriso rassicurante. «Suo figlio sarà anche uno studente modello, ma è pur sempre un diciassettenne… quello non è strano» aggiunse, mordendosi la lingua un attimo più tardi.

«… Quello?» chiese confuso l’uomo.

Godric, Sophie, chiudila ogni tanto la boccaccia.

«Ehm…» Suo malgrado, la strega si ritrovò a cercare lo sguardo di L con la coda dell’occhio, incerta sul da farsi. Il detective dal presunto super udito, però, pareva totalmente ignaro della situazione.

Infame.

Sophie sospirò e, tornando a guardare il preoccupato volto del Sovrintendente, decise di essere il più sincera possibile… senza procurargli un ulteriore carico di stress, magari. Per quello bastava L.

«Vede, Sovrintendente, è… il tempismo, capisce? La velocità con cui la piccola anomalia della porta controllata è stata giustificata– anomalia che, ci tengo a ribadire anch’io, è totalmente legittima» la strega si passò una mano fra i capelli, frustrata dal bisogno di non scaricare un peso troppo gravoso sull’uomo seduto accanto a lei.

«Che cosa intendete? Che Light si è accorto delle videocamere?»

«No, non esattamente…» rispose incerta la strega.

A quel punto, L si schiarì la voce con impazienza.

Sophie si voltò repentinamente per guardarlo con ostilità ma lui, totalmente indifferente, si limitò a incarcare le sopracciglia. La ragazza alzò gli occhi al cielo.

«E va bene… il fatto che Light sia consapevole di essere controllato non è dovuto, anche se potrebbe esserci sfuggito qualche incantesimo di sorveglianza» spiegò lentamente, riaccomodandosi nella poltrona per guardare in faccia il Sovrintendente. «Il punto è che questo è lo scenario perfetto per occhi indiscreti e, per esperienza, le dico che pedinando la gente capitano di rado situazioni così… trasparenti»

«Non sospetterà davvero di mio figlio, Sophie?»

Lei scosse il capo con decisione, e una leggera risata. «Signore, io valuto solo ciò che vedo, è oggettivamente presto per farsi un’idea chiara… d’altra parte, tappezzarle la casa di microspie non è un passatempo per noi più di quanto lo sia per lei».

Soichiro rifletté per qualche secondo, e lei si morse un labbro. «Se sono stata troppo schietta…»

«Tutt’altro, grazie per essere sincera con me, Sophie… la sua analisi è… del tutto condivisibile» le disse l’uomo, sebbene con un sorriso un po’ forzato.

Almeno uno di noi è collaborativo, si disse la rossa, sistemandosi più comodamente nella seduta per alleviare i dolori alla schiena. O, almeno, cambiarne la posizione.

 

Alle sette e venti, la famiglia Yagami stava cenando.

Il Sovrintendente e Sophie stavano fissando la scena in silenzio, entrambi troppo nervosi e cupi per mangiare. L stava rapidamente decimando una piccola torta panna e fragole.

La rossa, affondata a braccia conserte nella poltroncina che ormai detestava, si trovò a rimuginare su quanto accogliente fosse la scena davanti ai suoi occhi: Sachiko Yagami stava chiedendo ai figli dei rispettivi impegni scolastici, servendo loro la cena preparata con cura. Entrambi avevano rapidamente liquidato la questione, anche se evidentemente per motivi diversi, dati i rapporti che la Mahōtokoro aveva mandato loro. Di sottofondo, la radio trasmetteva la hit di un giovane cantante giapponese, provocando un battibecco tra i due fratelli che fece sorridere la strega.

Con la coda dell’occhio, Sophie colse l’espressione colma d’affetto del Sovrintendente, e si sentì in pena per lui: avrebbe solo voluto vederlo seduto a quella tavola, a godersi il calore e la vivacità della sua famiglia, invece che a trascorrere quelle sfibranti ore in attesa del peggio.

«Aizawa, a casa Kitamura la radio è accesa?» Sophie si accorse in quel momento che L, recatosi a un’altra estremità del salotto, aveva acceso il camino e gettato della Polvere Volante nelle fiamme, divenute smeraldine.

La voce dell’agente replicò affermativamente, e il detective spense immediatamente il fuoco per ordinare a Watari di procedere.

Pochi secondi più tardi, la voce di Hideki Ryuga s’interruppe, per la disperazione di Sayu Yagami. «Interrompiamo le trasmissioni per un comunicato speciale: per contrastare Kira, il Wizengamot ha deliberato l’arrivo in Giappone di oltre quattrocento Cacciatori di Maghi Oscuri».

Sophie sbuffò, insofferente a quella trovata totalmente esagerata. Era praticamente impossibile che non mangiassero la foglia… certo, L era sempre pronto a osservare i risultati dei suoi piccoli test, però…

«Che stupido il Wizengamot». La strega batté le palpebre, rivolgendo la sua attenzione a Light Yagami. «Che senso ha fare un annuncio del genere? Se li inviano dovrebbero farlo in incognito, in modo che possano indagare in tutta tranquillità, no?»

Sophie rivolse lo sguardo a L: rimasto accovacciato per buona parte della giornata con la testa incassata tra le spalle e il mento posato sulle braccia conserte, ora il detective aveva un sorrisetto a tirargli le labbra, mentre si mordeva pensosamente la punta di un pollice.

«È sveglio suo figlio» commentò infine, una scintilla di divertimento negli occhi grigi.

«Eh?» fece il Sovrintendente, passando lo sguardo dal ragazzo a Sophie. «Beh, direi di sì…»

La rossa cercò di non tradire nessuna emozione sul volto già imbronciato, limitandosi ad accavallare le gambe mentre rifletteva. Quando L aveva annunciato di voler installare videocamere e microfoni, aveva addotto solo un misero cinque percento di possibilità che uno dei Yagami o uno dei Kitamura fosse Kira.

Sophie aveva alzato gli occhi al cielo. In ogni caso, non aveva senso far notare al resto della squadra che L stesse probabilmente mentendo.

Allo stesso modo, non aveva il cuore di far capire a Soichiro che, se Light avesse attirato positivamente l’attenzione di L, non avrebbe fatto che aumentare i sospetti che potevano gravare sulla sua testa.

 

Alle undici, Sophie era praticamente rannicchiata su un fianco, il capo posato su un bracciolo e le gambe piegate sulla seduta della poltrona. Per una volta, non sarebbe morto nessuno se fosse stata lei quella seduta peggio della stanza.

I suoi occhi ambrati erano fissi su Light Yagami, impegnato a studiare da più di tre ore con una costanza che avrebbe fatto applaudire Hermione. Mentre ricordava le lunghe serate passate a studiare con lei in biblioteca, le palpebre di Sophie calarono per un brevissimo attimo.

«Ryuzaki…»

La strega spalancò gli occhi di botto, senza avere il coraggio di guardare in direzione di L. Caffè, ho bisogno di così tanto caffè.

«Che c’è, Watari?»

Mentre Sophie si alzava per stiracchiarsi e procurarsi del caffè, Watari portò notizie di nuovi decessi a opera di Kira: l’identità dei criminali era stata diffusa su “Owl’s Times”, un quotidiano serale giapponese che era stato letto dalla moglie e dalla figlia del direttore Kitamura. La famiglia Yagami sembrava invece essere nuovamente fuori da ogni accusa, poiché l’unica copia ricevuta giaceva, ancora impacchettata, sul davanzale della finestra.

Ahia, si disse la rossa, avvicinandosi al tavolo su cui Watari aveva lasciato delle caraffe bollenti.

«Allora la mia famiglia è innocente!» esclamò Soichiro Yagami, sollevato.

Il detective in cui riponeva le sue speranze esitò un momento, prima di rispondere.

«Vediamo… oggi Kira ha ucciso due persone che avevano commesso crimini molto lievi, nell’arco di un’ora dopo la pubblicazione del Times… e anche se oggi è solo il primo giorno che abbiamo piazzato le telecamere, in casa Yagami c’era un’atmosfera tanto innocente da passare difficilmente inosservata… Sophie?»

La strega, intenta a correggersi una generosa dose di caffè con del latte freddo, sussultò con una smorfia. Naturalmente doveva coinvolgerla.

Si voltò lentamente, la caraffa di latte e il caffè ancora in mano: il Sovrintendente la guardava con aria speranzosa, e lei si affrettò a posare il latte per stringere la tazza fra le dita fredde. «Beh, a costo di essere ripetitiva, è solo il primo giorno…» disse esitante, cercando le parole giuste per non sbilanciarsi troppo. «È tutto molto… tranquillo».

Troppo.

Sophie decise di ignorare stoicamente lo sguardo annoiato del detective su di lei.

Yagami invece pareva ancora più incredulo e frustrato, troppo a modo per protestare ulteriormente, ma troppo di parte per riuscire ad accettare fino in fondo quel discorso. Sophie, seppure dispiaciuta per lui, continuava però a pensare che troppi particolari non quadrassero.

Se Light fosse davvero Kira, lo staremmo concretamente mettendo alle strette. Basta solo vedere se e come reagirà.

 

***

 

10 gennaio 2004

Nei giorni successivi, Sophie non ebbe alcuno scontro col detective. Beh, non aveva nemmeno avuto conversazioni vere e proprie, ma del resto fissare degli schermi in ogni momento di veglia non è che incoraggiasse le chiacchiere. Tra mal di schiena, occhi brucianti e un odio cocente per le poltroncine di raso verde, Sophie non aveva voglia nemmeno di parlare al suo gufo.

Inoltre, lo riteneva un merito: se fino a un paio di settimane prima aveva creduto di essere pessima nell’arte del mettere le giuste distanze, ora poteva dirsi pienamente soddisfatta di quella ritrovata capacità.

Ginny, se ne rendeva conto, le avrebbe detto che l’unica arte di cui era capace era quella di ignorare ciò che stava davanti al suo naso, ma Ginny non era lì per rovinarle la giornata con le sue prediche.

Che poi, se il vero intento della strega fosse stato di ignorare o fuggire L, di sicuro non si sarebbe ritrovata di fronte a lui, a proporgli quello che gli stava proponendo.

Anzi, Sophie riteneva di starsela cavando alla grande, date le circostanze.

Draco le avrebbe detto di non travisare la sua stessa faccia da schiaffi per “starsela cavando alla grande”, ma neanche Draco era lì per ridimensionare la sua visione delle cose.

Buon per lei, si disse, mentre aspettava in silenzio che L si degnasse di guardarla, se non proprio di darle una risposta. Lui, però, continuava a studiare una Gelatina Tuttigusti+1 color salvia come se vi fosse inscritto il destino dell’umanità. In Azteko.

Lei aspettò, in piedi, come una cretina, sapendo che richiamare la sua attenzione sarebbe voluto dire dargliela vinta.

Sophie non era dell’umore per dargliela vinta.

Così attese che quell’insopportabile… che L scartasse con tutta calma la gelatina, aggiungendola a un piccolo gruppo di sue sfortunate compagne, per poi prenderne una chiaramente all’arancia e mangiarla senza troppe esitazioni. Sapere che il detective si dilettasse nel selezionare Gelatine Tuttigusti non la sorprendeva neanche troppo, ma avrebbe preferito in cuor suo che si beccasse una gelatina al cerume, o al vomito, o allo sterco di drago.

Invece no, L capiva i gusti delle gelatine.

Salazar maledetto.

«Quindi…» disse infine il ragazzo, facendo sparire il cipiglio minaccioso dal volto della strega un attimo prima che alzasse effettivamente gli occhi su di lei. «Tu vorresti che i Salvatori del Mondo Magico e l’ex-Mangiamorte più famoso d’Inghilterra, appena dopo Severus Piton, si uniscano alle indagini su un serial killer di criminali che agisce conoscendo il nome e il volto delle vittime. Questo mi stai dicendo.»

Sophie non poté trattenersi dal piegare un angolo della bocca verso il basso, leggermente in imbarazzo: certo che, detta così, senza tutte le molte premesse che aveva fatto da mezz’ora a quella parte… ok, sì, sembrava un’idiozia bella e buona.

Tutt’altro che disposta a retrocedere, però, l’Auror si limitò a sollevare il mento con aria di sfida. «Esattamente. Trovo ridicolo privarci di risorse preziose dopo essere rimasti in neanche una decina di persone a lavorare su un’indagine di tale portata»

«Non hai preso in considerazione il fatto che nasconda altre squadre di investigatori?» Il tono di L era pacato, sì, ma la rossa non poté non leggervi una certa nota di alterigia che le faceva ribollire il sangue nelle vene.

«Hai altre squadre?» chiese seccamente, senza nemmeno nascondere il profondo respiro che aveva preso per non urlare. Lo fissò dritto negli occhi, sfidando il detective a proseguire con quelle idiozie confezionate con l'esclusivo scopo di farla esitare.

Lui non rispose, né variò l’espressione annoiata e vagamente scettica che ormai le riservava dalla loro discussione.

Soddisfatta del suo silenzio, la strega riprese a parlare: «Come ti ho già detto, se anche Kira venisse a sapere della loro collaborazione non si azzarderebbe mai a mettersi contro i Salvatori del Mondo Magico, non quando la sua posizione è ancora così debole» si sfregò gli occhi doloranti per un breve secondo, fregandosene di cosa potesse pensarne L. «Non sto parlando di un paio di dilettanti con cui tamponare il centralino telefonico, ma di Auror perfettamente formati e capaci di muoversi senza destare sospetti.

«Inoltre, la loro presenza a Londra in questo momento potrebbe solo suscitare problemi… la loro assenza, d’altra parte, potrebbe significare tutto o niente, lasciare ampio spazio d’interpretazione sia per i sostenitori di Kira che per i suoi oppositori.»

Sophie riaprì gli occhi su di L e per un attimo colse nuovamente l’espressione con cui l’aveva guardata quella sera, quella perplessità, quella… preoccupazione.

“Non dormi.”

Sospirò.

«Senti, pensaci, ok? Sei il capo delle indagini, l’ultima chiamata è la tua… vorrei solo che tenessi in considerazione questa possibilità».

L era tornato al suo tavolino di dolciumi per dissotterrare teiera e tazza, e la rossa fu grata di non avere più quegli occhi penetranti addosso.

Prendendolo come un congedo, fece un cenno col capo e girò sui tacchi.

«… La terrò in considerazione».

Sophie esitò solo per un attimo, poi tornò nella sua stanza.

Per le poche ore che dormì quella notte, prima che l’arrivo del Sovrintendente e un leggero bussare alla porta annunciassero l’inizio di una nuova giornata, i suoi incubi furono più nebulosi, imprecisi… distratti.

 

***

 

12 gennaio 2004

Quel giorno, L aveva dichiarato sospeso il controllo sulle famiglie Yagami e Kitamura, ribadendo quel ridicolo cinque percento di possibilità che fossero colpevoli. Mentre il resto della squadra iniziava ad arrabattarsi per capire come procedere, discutendo la plausibilità di ogni opzione con le barbe sfatte e i capelli spettinati, Sophie aveva tenuto gli occhi fissi sul detective, chiaramente perso in qualche angolo della sua mente.

Era ovvio che qualsiasi approccio diretto con Kira sarebbe stato superfluo e rischioso, che dovessero avere qualcosa di davvero concreto per arrivare a un interrogatorio. Per questo, dubitava che le loro indagini si fermassero così, nel nulla, che L non avesse davvero altre idee: lui era sempre dieci passi avanti agli eventi correnti.

Sempre a giocare a scacchi.

Perciò, l’unica cosa che le restava da fare era riflettere, capire, percorrere quei passi. Non ci mise poi troppo, perché non era una delle Auror migliori del Ministero britannico per niente.

Quando i giapponesi si furono congedati, i volti stanchi coperti di barba non fatta e i vestiti impossibilmente sgualciti, lei non scappò in camera come era solita fare in quei giorni, ma andò dritta da L.

«Ryuzaki?» lo chiamò, dopo essersi assicurata che fossero soli nel salotto poco illuminato.

«Mh?» fece lui, senza nemmeno alzare gli occhi sulla strega. Non aveva in grembo pergamene o computer, ma nonostante ciò sembrava essere ancora assorto nei suoi pensieri.

«Fai avvicinare me a Light Yagami»

Improvvisamente, Sophie aveva tutta la sua attenzione.

 

 


LUMOS

Stavo quasi per non pubblicare ma mi sono resa conto che c'è UN SACCO di roba che non vedo l'ora che leggiate e commentiate e che spero vi prenda bene quanto ha preso bene me scrivendola, QUINDI devo darmi una mossa. E cercare di non morire mentre preparo tipo boh una decina di esami

Ovunque siate, un abbraccione💙

 

NOX

 

 

 

 

  
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