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Autore: vielvisev    02/05/2021    6 recensioni
Hogwarts è reale da qualche parte e la storia di Harry Potter come la conosciamo è quella che i maghi hanno scelto di raccontarci: una piccola parte della grande guerra contro Voldemort, un punto di vista.
*
In questa storia invece Harry Potter non è l'unico ad avere una profezia che pende sulla sua testa. Grifondoro e Serpeverde non sono le uniche Case che contano. I 4 fondatori hanno avuto fratelli. La protagonista si chiama Emma O'Shea e i ricordi di Severus Piton che conosciamo non sono proprio tutti i ricordi che avremmo dovuto vedere.
Eppure la storia di Harry è la stessa e ci sono sempre Ron, Hermione, Draco, Luna, Ginny e tutti gli altri.
Quasi nulla cambia, se non i punti di vista e le parti in ombra, che vengono messe in luce.
*
Ho iniziato questa storia quasi 10 anni fa.
Nulla è lasciato al caso.
Tutti i capitoli sono già scritti.
Non resta che leggerli.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Weasley, I fondatori, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Lily/Severus, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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.Nuova alba.



AVADA KEDAVRA” gridò Lord Voldemort.
EXPELLIARMUS” si difese Harry Potter.

Le due voci, quella del bambino che era sopravvissuto e dell'Oscuro Signore, echeggiarono nel silenzio della Sala Grande come fossero amplificate ed Emma digrignò i denti, il corpo inerte di Artemius ancora stretto contro il suo petto, mentre la maledizione mortale di Tom Riddle e l'incantesimo di disarmo di Potter si scontravano con violenza a metà strada e la luce verde che la Corvonero irradiava scattava in avanti ad avvolgere Harry, proteggendolo.
 L'emoor vide 
chiaramente la Maledizione Senza Perdono rimbalzare all' indietro, ma dovette socchiudere gli occhi, per riuscire a scorgere nella luce abbagliante che ferì la notte, il corpo di Voldemort inarcarsi grottescamente, per poi cadere in modo poco solenne al suolo. Come un sacco vuoto. Banale.
Ci fu silenzio. Fu un silenzio di quelli che riempiono il cuore e le orecchie e ti lasciano attonito come se in realtà avessi sentito un gran boato ed Emma avvertì ogni muscolo del corpo vibrare di stanchezza e la vista le si offuscò piena di lacrime, mentre la rete creata dagli emoor si ritirava e lei percepiva la luce che la avvolgeva affievolirsi. Il sangue bollente nelle sue vene placò la sua corsa, smettendo di bruciare sotto la sua pelle. 
I secondi passarono
Emma si rese conto di aver trattenuto il fiato a lungo e si costrinse ad espandere la sua cassa toracica per poi lasciarsi cadere sul petto di Artemius con un singhiozzo, 
stremata, senza riuscire a gioire completamente di quella evidente vittoria, troppo svuotata e priva di forze per accorgersi che era tutto finito.
 Le Ombre di Hogwarts, i loro loro antenati, con i loro sorrisi appena accennati, osservarono la scena sotto di loro e si dissolsero davanti agli sguardi di tutti i presenti, tranne Alicia. 
Lei rimase.
 
Il silenzio e la sua densa immobilità solenne durò solo un istante di più, poi i suoni ritornarono all'improvviso: per prime le grida dei Mangiamorte che tentavano di fuggire, rendendosi conto di essere tra i perdenti e dopo, il caos di coloro che provavano a fermarli.
 Emma li ignorò, rifiutandosi di partecipare a quella frenesia e si strinse ancor di più contro il corpo di Artemius, come fosse la cosa più preziosa rimasta al mondo, come se dipendesse da lui la sua stessa vita e Alicia altera e potente, persino in quella sua forma non corporea e sbiadita, la guardò benevola e commossa, gli occhi verdi con ombre che brillavano sul suo volto aggraziato, privi della luce severa con cui avevano fissato Lord Voldemort.
 “Non devi rinunciare a tutto, Emma” le sussurrò l'Ombra, con un tono simile a quello di una madre amorevole e la Corvonero la guardò di rimando, con strana sfida, gli occhi identici a quelli della sua antenata colmi di dolore e ferite ancora non sanate.
 Perché Emma aveva dato 
tutto quella notte. Aveva perso amici, energia e speranza, aveva persino scoperto di avere un sangue diverso da quello con cui era nata e aveva accettato il suo destino, si era battuta, aveva difeso gli emoor e così la scuola. 
 Emma O'Shea aveva persino accettato di morire.
 Era morta per Harry Potter, suo fratello, senza battere ciglio e poi era tornata e aveva combattuto di nuovo, senza esclusione di colpi.
Le era stata risparmiata la morte veloce dell'Anatema che uccide solo per rimanere immobile ad osservare il cadavere di Artemius ed ora si sentiva tremendamente stanca e 
smaniava per avere un poco di pace. Per questo le parole di Alicia la offendevano, quella frase  che sembrava quasi accusarla di aver lasciato che le togliessero ogni cosa in cambio di un mondo migliore. “Non devi rinunciare a tutto”.
Non doveva, certo, ma lei lo aveva fatto. 

“Nemmeno Artemius doveva rinunciare a tutto, ma è morto” rispose graffiante, un groppo che le stringeva la gola, le labbra serrate in un'espressione simile a quella che di solito sfoggiava Severus: quella di chi ha perso ogni cosa e resiste da troppo tempo.
 L'Ombra di Alicia annuì gentilmente, senza farsi sconvolgere dal tono rancoroso della ragazza e con un movimento fluido e veloce, si chinò su di lei: maestosa, dolcissima.
 “Grazie di aver difeso la scuola, 
Emma. Grazie di aver ripulito il nome di Serpeverde” sussurrò e lei riuscì solo ad annuire, il capo appoggiato contro quello dell'amico, gli occhi incatenati a quelli dell'Ombra, i singhiozzi che le squassavano il petto magro.
 Alicia le sfiorò la fronte in una carezza impalpabile che sembrava consolatrice e poi chinò lo sguardo sul corpo immobile del Serpeverde e parve valutarlo, prima di tornare a guardare Emma.
 “Non lo meritava” sussurrò ancora l'emoor, quasi tra sé.
 “Non lo meritava, no” ammise Alicia, sempre più sottile, fino a quando, in un battito di ciglia, non scomparve e avrebbe dovuto esserci una strana pace nell'aria,
 ora che era tutto finito, ma non c'era.
 Emma rimase immobile, mentre sentiva le grida di gioia circondarla, stridendo stonate nel suo petto e pensò che si sarebbe rannicchiata lì, contro il fianco dell'amico, insensibile a quella vittoria, insensibile alla morte di Voldemort.
Si sarebbe annullata nel suo dolore, ora che il suo destino era compiuto, dimentica persino di Draco che forse era ancora riverso a terra, o di Severus, che la stava certamente aspettando.
 Il suo busto si chinò in avanti, proteso verso il corpo del Serpeverde e il respiro le si mozzò in un rantolo privo di speranza. Avvertì appena i passi alle sua spalle, di qualcuno che stava osando avvicinarsi a quel momento così intimo e doloroso.
 “Emma” 
Harry
 Harry era accanto a lei e cercava di dividerla da Artemius.
 “Emma, devi lasciarlo andare ora” insistette il Grifondoro con voce rotta, stringendo appena di più la sua presa e l'emoor, nonostante la connessione non esistesse più, avvertì qualcosa di tiepido e rassicurante che si mosse nel suo petto e per un momento si rese conto che, con Harry al suo fianco, avrebbe potuto fare un respiro e lasciare andare il corpo dell'amico ormai morto, senza affogare definitivamente nel suo dolore.
 Emily e David furono gli unici due ad avvicinarsi cauti ai due fratelli ritrovati, la smorfia dei loro volti piegata dalla sofferenza e dalla preoccupazione. Le persone si scostarono rispettosamente al loro passaggio ed Harry alzò verso di loro lo sguardo, in cerca forse di supporto, ma entrambi apparivano fragili e increduli. 
 David osservava Emma in silenzio, incerto, una volta tanto privo della sua sicurezza 
così Grifondoro e gli occhi azzurri di Emily erano invece pieni di lacrime e tremore.
 I tre emoor sopravvissuti erano semplicemente 
spezzati, come se non sapessero come superare quel personale dolore, così profondo, come se avessero strappato loro un arto e sebbene il sangue nelle loro vene avesse smesso di scorrere infuocato, rompendo infine il loro strano legame, Emma li capiva entrambi: la morte di Artemius per loro era troppo difficile da accettare.
Ma proprio mentre, 
lentamente, la Corvonero si stava di nuovo abbandonando sul corpo del ragazzo, ignorando l'insistenza stanca di Potter e la presenza degli altri due, lo sentì: qualcosa di flebile e spezzato, un leggerissimo battito attraverso il petto magro di Artemius e quel respiro appena reale contro la sua pelle.
 Emma lasciò scivolare le braccia sul busto dell'amico, liberandolo dalla sua stretta, gli occhi pieni di stupore e vide anche Emily e David tendersi davanti a lei, mentre tutto intorno le grida di felicità si estinguevano lentamente, riempiendo l'aria di attesa.
 “Ems” la chiamò di nuovo Harry, ma lei non rispose, la mano a stringere quella del giovane Serpeverde, mentre fissava sconvolta il suo volto pallido con quei suoi lineamenti asimmetrici per cui aveva imparato a provare affetto e le sue dita si affrettarono a scostare i capelli lisci e scomposti sulla fronte pallida del ragazzo, con tenerezza e a quel tocco qualcosa vibrò dentro di lei. 
Consapevolezza.

Artemius aprì gli occhi e fu come se i tre emoor avessero ricordato come si vive. Il calore invase i loro corpi, il cuore prese a pompare il sangue nelle vene, il respiro uscì dolcissimo dai loro polmoni.
 “Sei vivo” soffiò Emma “Artemius” lo chiamò, con lacrime e sorrisi mischiati insieme e il ragazzo mosse il capo lentamente, con aria vagamente sofferente, gli occhi grandi e vacui, ma sorrise.
 “Emma. Che è successo?”
 “Sei morto” rise lei, quasi isterica, felice “E sei tornato.”
 Artemius schiuse le labbra 
confuso, ma strinse la sua mano.
 “Ah” esalò “Allora bene. Gli altri due?”
 “Siamo qui” disse la voce profonda e emozionata di David ed anche Emily si accovacciò accanto al compagno di Casa, sorridente.
 Emma si asciugò bruscamente le lacrime nel vedere l'amico vivo, sospirò di sollievo, stretta da Emily e David.
Ringraziò mentalmente Alicia Serpeverde, l'Ombra che, ancora una volta, aveva avuto pietà e aveva spezzato il Vinculum di Andrew, lasciando ad Artemius la possibilità di vivere la sua vita e non quella per cui secoli prima l'Ombra di Tassorosso si era impegnato, ma d'altronde, se la morte di Andrew avrebbe potuto salvare Alicia, quella di Artemius non avrebbe salvato Emma.
 Stavano tutti e quattro vicini gli emoor, protesi verso il ragazzo steso a terra, le mani intrecciate, il capo della Corvonero appoggiato a quello di David, le dita di Emily ad accarezzare il volto di Artemius, incatenati da promesse antiche e affetto reale. Uniti da qualcosa che non riuscivano nemmeno a comprendere. 
 E davanti a quel quartetto composto e affiatato Harry si tirò indietro e i quattro emoor si abbracciarono di fronte all'intera Hogwarts, regalando a tutti quel momento di timida speranza.
 “Sei morto e sei tornato” ripeteva senza fiato Emma, mentre una strana felicità le vibrava nel petto e Artemius si accigliò appena.
 “Abbiamo vinto almeno?” chiese e l'amica annuì energicamente, singhiozzando e ridendo insieme, e David ed Emily la imitarono, confusi, ma felicissimi.

“Ci serve Madama Chips” gridò Harry alle loro spalle, riportandoli alla realtà “È vivo. Hope è vivo!”
 Altre grida di gioia, passi, voci, spostamenti. A Emma dolevano la guance da tanto sorrideva e si sentiva felice, felice davvero. Osservò attenta Artemius mentre Madama Chips si prendeva cura di lui, prima di portarlo via verso l'infermeria.
 “Ci vediamo dopo, Ems. David. Emily” li salutava l'emoor discendente di Andrew Tassorosso e lei annuì con un sorriso e un breve cenno di saluto.
 “Mi prendo cura io di questo giovanotto” sorrise loro l'infermiera.
“Incredibile” sussurrò il Grifondoro, accovacciandosi accanto a lei.
 
Harry. Harry Potter. Suo fratello.
 “
Ce l'hai fatta, Harry” sussurrò l'emoor “Hai vinto”
 “Ce l'abbiamo fatta” disse lui con un sorriso goffo e sembrò smettere all'improvviso le vesti dell'eroe per tornare ad essere un normale ragazzino con troppo peso sulle spalle.
 Si scambiarono un lungo sguardo. 
Avrebbero avuto tempo per parlare, ricucire e scoprire. Harry le afferrò la mano e la aiutò a tirarsi in piedi e David ed Emily li imitarono.
 Per la prima volta Emma si guardò intorno e vide volti stanchi eppur pieni di sollievo, vide persone delle quattro Case mischiate, abbracci, lacrime e timidi sorrisi e in mezzo a tutto ciò il corpo di Tom Riddle e come una automatismo strinse la mano di Harry e insieme si avvicinarono al cadavere.
 Lord Voldemort giaceva immobile a terra, le braccia spalancate, il volto inespressivo. Era solo un 
corpo reale e così fragile e senza la sua malizia, maestosità e carisma, sembrava quasi banale.
 “È morto” mormorò Emma e finalmente vide un sorriso incerto, spuntare sul volto accartocciato del bambino che è sopravvissuto.
 “È morto” confermò lui “È finita”
 “Ce l'abbiamo fatta” mormorò David alle loro spalle ed Emma sentì il desiderio di urlare di felicità, ma si trattenne, strinse solo più forte la mano di Harry e rise piano, tra i denti, in un modo che forse a Remus, se fosse stato lì, avrebbe ricordato Sirius Black.
 “E ora?” chiese l'emoor e Potter scrollò le spalle, insieme si scambiarono un altro lungo sguardo, stanco e adulto.
 
Ora avrebbero avuto tempo. Si abbracciarono infine e un grosso applauso di gioia e liberazione partì tra i presenti.

. . .

La prima persona che raggiunse Emma O'Shea, stringendola con forza al suo petto, fu Blaise Zabini. Il Serpeverde usò le lunghe gambe per fare uno scatto ferino, superando persino lo slancio di Ginny e la foga di James e le sue braccia muscolose si avvolsero intorno al corpo magro della Corvonero con tale impeto che la sollevò da terra in uno svolazzo, ridendo contro la sua spalla.
 “Emma Piton O'Shea” disse il giovane alla ragazza, con un sorriso brillante e sincero “Meravigliosa ragazza”
 “Zabini” sussurrò Emma con dolcezza, fissando il volto incredibilmente radioso di lui e il ragazzo inarcò un sopracciglio, tendendo la pelle olivastra del viso in un moto di disappunto.
“Da quando sono solo Zabini?” rise rauco e felice “Salvatore del mondo magico suona meglio”
“Oh ma smettila” lo rimbeccò la voce secca di Ginny e nell'istante successivo i suoi capelli rossi mulinarono vicini a loro, insieme al suo sguardo di fuoco e al sorriso che la ragazza riservò ad entrambi.
Emma si gettò contro di lei e la abbracciò, come a controllare che fosse davvero viva e Ginny rise nella sua stretta, sollevata.
 “Merlino, Emma, sei sopravvissuta” disse la rossa raggiante, gli occhi nocciola pieni di una luce viva, tagliente.
 “Confermo” sussurrò la ragazza con voce impastata “Sono viva”
 “È stato incredibile” riprese Ginny e sembrava un fiume in piena, come la stessa ragazzina che l'aveva accompagnata per la prima volta a Diagon Alley “le Ombre, Malfoy che ti ha difeso, i Vinculum e la tua lotta contro Voldemort. Tu... e poi...”
“... e Blaise eroe” la interruppe il Serpeverde ed Emma arricciò le labbra in un sorriso, mentre la rossa alzava gli occhi al cielo.
 “Smettila Zabini” lo rimbeccò subito “Non hai fatto nulla di più di quel che abbiamo fatto di tutti noi”
 “Questo lo dici tu, piattola” ribatté smagliante lui.

 James raggiunse Emma in quel momento. 
 Era pallido e coperto di polvere, scarmigliato ed evidentemente stanco, ma gli occhi azzurri brillavano duri e bellissimi sul suo volto affilato. Si scambiarono uno sguardo pieno di parole, affetto e comprensione e subito l'emoor si mosse per abbracciarlo e soffocare contro il suo petto la mancanza di Lilith. 
 Si strinse al ragazzo con foga, temendo quasi di affondare contro di lui e lo baciò sulle guance, sulla fronte, sulle palpebre, singhiozzando di sollievo nel vederlo vivo, scompigliandogli i suoi capelli neri, come aveva sempre fatto e James rispose a quei gesti di affetto con dolcezza, carezzando il volto di lei, spostandole ciocche di capelli chiari dagli occhi, cercandola con gesti automatici e confortanti.
 Poi li raggiunse Luna e poi Seamus, e Paciock, e Sean, e poi Dan e Luke, e poi tutti gli altri e si strinsero tra lacrime e sorrisi e si lasciarono mischiare dal sollievo e dalla speranza. 
 La dolcezza del momento inframmezzata solo da Ginny e Blaise che continuavano a borbottare sommessamente tra loro, in mezzo a quell'abbraccio scomposto e collettivo e c'era qualcosa di incredibile nell'udire i loro battibecchi accanto al corpo vuoto e abbandonato di Lord Voldemort, da cui Emma non riusciva a staccare lo sguardo.

Parvero rendersene conto anche gli altri, di quanto stonasse quel cadavere grigio e Charlie e Bill Weasley si avvicinarono con sorrisi tenui e con le loro bacchette spostarono il corpo del mago Oscuro verso un'altra stanza, facendolo levitare davanti ai presenti, che si persero per un'istante per osservare quella scena, allo stesso tempo straniante e solenne. La testa pallida e calva di Lord Voldemort penzolava nel vuoto, vulnerabile, le labbra inesistenti schiuse in un'espressione sorpresa, gli occhi chiusi a celare il loro rosso sangue. 
Lord Voldemort. Tom Riddle.
Un uomo che era stato un intelligente e privo di limiti che aveva finito con il distruggere sé stesso e ancora una volta, guardando il corpo galleggiare fuori dalla stanza insieme a quello di Bellatrix, i lunghi capelli corvini, simili a serpenti, scomposti intorno al volto pallido e bellissimo, Emma si chiese come dovesse aver passato i suoi giorni ad Hogwarts Tom. Quali libri aveva letto? Quale ragazza aveva osservato assorto? In quale corridoio si era passato una mano sul volto per scacciare la stanchezza?
 L'emoor non avrebbe mai potuto saperlo ora e qualcosa, in fondo al suo sangue Serpeverde, ribollì di dispiacere. Perché Lord Voldemort aveva fatto tante vittime nella sua vita, 
la prima delle quali era stata proprio Tom Riddle. 
 “
Zabini, smettila di gonfiare il petto come un barbagianni” sibilò Ginny, rompendo la solennità del momento.
 “Ehi” rimbeccò offeso il Serpeverde, sistemandosi il colletto intonso della camicia “La mia è una posa naturalmente elegante, da vero eroe, non da barbagianni. Come Emma sicuramente vi racconterà ero io sotto il mantello con lei e...”
 “Confermo” sorrise la Corvenero divertita, cercando di fermare subito la diatriba e il ragazzo accanto a lei assunse una smorfia enormemente soddisfatta, mentre Ginny alzava di nuovo gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
 “Mi spieghi come fai ad essere l'unico ad aver partecipato alla battaglia, arrivando in fondo con i polsini della tua fottuta camicia pregiata inamidati?” chiese la rossa.
 “Do delle priorità” soffiò lui sornione “E l'eleganza è piuttosto alta nella mie priorità, rossa.”
 “Forse perché sei una stupida Serpe” lo punzecchiò lei, senza astio.
 “
Stupida serpe... Non lo so, Weasley” ghignò Blaise “Siamo arrivati in fondo a questa brutta notte e siamo vivi entrambi.”
“Cosa vuoi dirmi quindi?” chiese Ginny con un mezzo sorriso.
 “Che l'unica differenza tra me e te è che io sono dannatamente attraente, pulito ed elegante, tu no”
 Ginny lo fulminò con lo sguardo, incrociando le braccia sotto il seno in una posa che assumeva sempre quando sgridava Ron, ma Luna rise della battuta, persino Neville si fece sfuggire un sorriso ed Emma scosse il capo, ma si rese conto che ad ogni punzecchiatura che i due si riservavano si sentiva più leggera.
 “A me lei sembra molto più attraente di te, Zabini” intervenne Harry e con sguardo dolce e luminoso si avvicinò di un passo a Ginny, cingendole la vita con un braccio, tenero e incerto, come se temesse di essere scacciato. Gli occhi di lei però si illuminarono di una luce dura, bramosa e consapevole. 
Piena di amore.
 “Merlino, Potter” soffiò Zabini “Ci credo che la preferisci. Sarai un eroe, ma non sai nulla di moda.”
 “Vanesio” lo rimbeccò la rossa, sorridendo mesta da sopra la spalla del Grifondoro, ma non riusciva a nascondere la sua felicità.
 “Grazie del complimento” ammiccò il Serpeverde.

Era un quadretto di battute scherzi e sorrisi che fece provare ad Emma, per la prima volta, una speranza sincera per il futuro. 
 Quel futuro così nebuloso e incerto che ora pareva vicino, tangibile, realizzabile. Ci sarebbero state le lacrime, ci sarebbe stato il dolore per i morti a coglierli di improvviso in mezzo a quella sensazione di vittoria. Ci sarebbe stati nuovi incubi e ostacoli da superare e forse persino un genuino spaesamento dato dall'assenza di terrore e missioni dietro l'angolo, ma il futuro per la prima volta era davanti a loro e li apparteneva. Emma alzò la testa a guardare l'amica di sempre, trionfante nell'abbraccio di Harry Potter, mentre scherzava bonariamente con Blaise e si sentì felice.
Si guardò intorno, cercando altri sopravvissuti e inconsciamente forse la figura sottile di Draco Malfoy, ma i capelli color carota di Ron le coprirono all'improvviso la visuale, mentre il ragazzo si avventava su di lei, per sollevarla giocosamente in aria, ridendo.
 “Weasley” esalò l'emoor, senza riuscire a sembrare severa.
 “Emma O'Shea, 
Godric, benedetta ragazza” rise il rosso, facendola girare in aria come fosse una bambina.
 “Ron Weasley, 
Salazar, benedetto ragazzo. Mettimi giù” rispose l'emoor divertita e lui le fece fare altri due volteggi prima di ubbidire e di posarla a terra.
 “George ti cerca” le disse poi, con quel sorriso largo e infantile che metteva tranquillità “è con Draco” 
 L'emoor sussultò, ma vide il sorriso che la Granger, appena apparsa alle spalle del rosso, stese subito nella sua direzione e si sentì rassicurata. Perse un momento per osservare i capelli scarmigliati della grifona, le occhiaie sotto gli occhi color cioccolato che quasi scomparivano nella luce di gioia e soddisfazione che irradiava.
 “Ciao Hermione” sorrise.
 “Compagna di Biblioteca” la salutò lei.
 “Ti conviene andare, Ems” le interruppe Ron, rivolto verso l'emoor “George era davvero impaziente”
 Un'ombra passò sul volto di Emma: 
George solo. Senza Fred.
 “
Dove sono? Draco e George intendo...” chiese.
 Ron fece un cenno veloce verso il fondo della sala e la ragazza annuì con una breve occhiata ad Hermione, che le sorrise sincera. 
Avrebbero avuto tempo. Di farsi raccontare ogni cosa. Gli Horcrux. I doni. Ogni cosa e osservò per un veloce istante tutti i suoi amici amici, ancora festanti e felici, stretti in gli uni agli altri, Harry sorridente, i compagni di Casa fragili e uniti e poi Ginny, dura e splendente come un fiore raro in mezzo a tutte quelle teste. 
L'emoor si soffermò infine su James, con un affetto dolce e amarissimo e gli occhi azzurri del ragazzo si incatenarono ai suoi e senza che ci fosse bisogno di parlare, il Corvonero si avvicinò a lei e la prese per mano ed Emma sorrise.
 Camminarono nella folla urlante. Non di dolore, ma di gioia. Fecero cenni di saluto a Susan Bones, Calì Patil e Demelza Robbins che li guardavano piene di gratitudine e rispetto ed Emma scorse da lontano anche Molly Weasley abbracciata a Fleur Delacour e Kingsley parlare a voce sommessa con Vitious. 
 C'era felicità e sollievo. 
Si respirava qualcosa di nuovo.
 “Sta bene Artemius?” chiese James.
 “Penso di si” annuì stanca Emma “L'hanno portato in infermeria, è in buone mani, forse ha solo bisogno di un po' di riposo”
 Lui fece un cenno di assenso “E tu?”
 Le labbra dell'emoor si tesero in un guizzo incerto, rendendo il sorriso più falso, mentre una stilettata di dolore spazzava via il buon umore e di nuovo le lacrime si formavano dietro le ciglia. Mancava Lilith a quei festeggiamenti. 
Dolorosamente
 “Sto” mormorò infine, perché sapeva di poter essere sincera con James “e tu invece?”
 “Anche io sto” rispose il ragazzo, con l'ombra di un sorriso sul volto, gli occhi assorti su qualche pensiero lontano.
 “Ci aggiusteremo James”
 “Per forza” disse lui e si strinsero la mano con più forza.
 “Ho bisogno di raccontarti molte cose” sussurrò l'emoor, rendendosi improvvisamente conto in quel momento 
di quante cose fossero nelle ultime ore. Non solo la guerra era finita e molti amici scomparsi, ma anche lei era cambiata. Le sue origini.
 “Immagino tu debba raccontarmi molto” annuì il ragazzo “Avremo tempo, Emma”
“Anche cose belle” cercò di dire lei con un mezzo sorriso.
 “Tipo il ruolo di Piton in tutto questo”
 “Tipo” mormorò la Corvonero e scostò lo sguardo nel dirlo dal punto in cui sapeva ci fosse il corpo di Remus, cercando di farsi forza e concentrandosi sulla presenza confortante del Corvonero al suo fianco “Alcune cose devo ancora capirle anche io” 
 “Sai che cosa avrebbe detto Lilith?” chiese James ed Emma si rese conto di essere fragile, pronta a spezzarsi. 
 Si rese conto che quella vittoria era solo un piccolo passo e che quando l'adrenalina avrebbe smesso di scorrere nelle vene, si sarebbe trovata ad affrontare la realtà, i pezzi di sé stessa irrimediabilmente feriti, lacerati e sarebbe stato doloroso.
 “Che cosa avrebbe detto Lilith?” chiese, con voce tremula.
 “
Merlino quel dannato pipistrello” disse James e le sue lentiggini si contrassero mentre rideva sommessamente tra i denti, gli occhi azzurri brillanti di un amaro divertimento.
 E anche le labbra di Emma si incurvarono appena in un sorriso involontario, perché sapeva che l'amico aveva ragione: Lilith avrebbe detto esattamente quella frase. 
Sospirò, il cuore tremante.
 “Non pensarci” disse James, capendo al volo i suoi pensieri “Non ora” aggiunse e il suo tono era dolce e confortevole, tanto che Emma annuì con convinzione e sorrise lui con maggiore dolcezza.
 Sentiva il bisogno improvviso di correre da Severus, di dire lui che tutto era finito, di farsi avvolgere dalle braccia magre del tutore e calmare dal suo sguardo scuro e lucido, ma cercò invece di respirare e mettere le cose con ordine, controllandosi.
 
Prima doveva andare da George, che la stava cercando e aveva bisogno di lei, poi Draco che probabilmente era altrettanto solo e confuso e poi Severus, ovviamente Severus.
James fece un cenno verso Sean, che festeggiava felice con altri Corvonero più grandi di un anno. Videro anche Seamus Finnigan con un braccio intorno alle spalle di Dean Thomas e rimasero per un istante ad osservare la felicità sui loro volti, sentendosi due estranei che si tenevano per mano.
 “Vado da Sean” disse infine il ragazzo “non gli ho ancora parlato e tu non hai bisogno di me per ora”
 Emma si sentì annaspare, la Sala Grande le sembrò gigante, troppo per lei e alzò lo sguardo di scatto verso di l'amico in cerca di aiuto.  
 Subito le braccia di James la avvolsero in una stretta conosciuta e rassicurante. Pieno di affetto.
 “Niente panico, Ems. Sono qui. Non c'è più una guerra. Abbiamo vinto” sussurrò contro la sua nuca, cullandola “Ci sono sia George che Malfoy ad aspettarti ed entrambi sono due persone che morirebbero pur di vederti al sicuro. Non succederà nulla”
 “Lo so, ma tu.. Io non voglio...” balbettò l'emoor con tono spezzato, come se temesse di vedere Voldemort apparire all'improvviso per uccidere l'amico ed era, in effetti, la sorda paura che non fosse tutto finito a farla tremare: aveva perso Lilith, aveva perso Remus, aveva perso molto, non poteva perdere James.
 “Io sono solo con Sean” la tranquillizzò lui “Se hai bisogno grida, ma non avrai bisogno. Stiamo bene, Emma. Stiamo bene”
 Le sorrise ed Emma provò a fare lo stesso e non si dissero 'ti voglio bene' non cercarono nell'altro il dolore per la perdita di Lilith, non si dissero null'altro. Si lasciarono andare, prendendo direzioni diverse.

E rimasta sola per Emma, arrivare in fondo alla sala senza James fu un viaggio infinito. Si sentiva vulnerabile e scoperta e ogni passo era carico di stanchezza, ogni sorriso che qualcuno le inviava, ogni cenno di condivisione di quella vittoria sanguinosa, la feriva.
Eppure i suoi muscoli continuavano a contrarsi e portarla avanti, sotto il cielo della Sala Grande, che sopra la sua testa cominciava lentamente a schiarire: l'alba era vicina. 
 Avevano combattuto per l'intera notte, ma ad Emma sembrava un vita intera. Scorse George da lontano, seduto accanto a Draco su una panca divelta usata solitamente per i pasti. Stavano parlando a voce bassa, vicini e la ragazza si perse un istante per osservarli. 
 Un tempo avrebbe dato qualunque cosa per assistere a quella scena: un Weasley e un Malfoy che chiacchieravano pacatamente, con naturalezza. Ora invece, il dolore e la stanchezza le facevano provare a malapena un delicato sollievo anche a quella vista.
 
Si chiese se sarebbe stata mai più in grado di essere felice, si accorse che stava ancora stringendo la bacchetta con panico e si costrinse a metterla nella tasca interna della sua divisa e improvvisamente fu come aver tolto un'armatura e si sentì fragile e umana, ma anche incredibilmente libera.
 I due ragazzi si voltarono verso di lei nello stesso istante, due sguardi pieni di amore in maniera diversa, ma gli occhi di Emma si costrinsero a muoversi in quelli del rosso “George” sussurrò.
 Il gemello fece un sorriso falsamente largo, ma di affetto sincero, spalancando le braccia verso di lei e l'emoor ci si buttò senza tentennare un solo secondo e venne investita dall'odore di pane e fuochi d'artificio che per lei aveva sempre significato i gemelli Weasley e che ora significava solo George.
 “È un sollievo vedere che nonostante tutto quello che è successo  abbracci ancora me per primo” rise quello e l'amarezza che stava per invadere la ragazza passò, quando si rese conto che il gemello non si riferiva a Fred, ma a Mafoy, ancora seduto alle sue spalle.
 “Come potrei privarti di questa abitudine?” sorrise quindi debolmente “Sei il mio preferito Georgie.”
“Infatti mi aspetto che le cose continuino così” disse il rosso, la baciò sulla fronte con affetto fraterno ed Emma lo strinse più forte, provando un sincero conforto nel sapere che fosse vivo e si rese conto di quanto avesse avuto paura di perderlo.
 “Il biondino qui presente è passabile” le sussurrò in un orecchio il ragazzo, arruffandole ancor di più i capelli chiari.
 “Mi stai dando la tua benedizione, Weasley?” domandò l'emoor e cercò di guardare Draco oltre il gemello, ma vide che il Serpeverde teneva il capo chino, lasciando rispettosamente loro dello spazio.
 “No” soffiò il rosso, con una smorfia velatamente furba sul volto magro “Lo sto solo facendo morire di gelosia. È sempre divertente”
 Emma rise, mentre George le baciava ora sulla guancia sinistra e poi la destra e poi di nuovo la fronte.
 “Smettila Weasley” disse debolmente lei “Perché mi cercavi?”
 “Vederti è sempre bello, ma non ero io a cercarti, era lui” disse lui tranquillo, con un cenno al biondo “Però stava qui a struggersi, pensando che tu non lo volessi tra i piedi mentre stavi con i tuoi amici. Ho forzato un po' la mano, sapevo che per me, se avessi sospettato che volevo il tuo aiuto, saresti accorsa”
 George ghignò divertito e anche se Emma vide il dolore e la tristezza in fondo ai suoi occhi nocciola, provò a sperare in un futuro per lui. Ci sarebbe stato il tempo per la sofferenza e il conforto. Ora era solo un primo momento di pace e sollievo, ma le labbra tese in un mezzo sorriso del gemello facevano avvertire il sapore di resilienza e rivalsa che scuoteva i nervi dei sopravvissuti.
 “Vado da Lee è un po' giù di morale...” sorrise il ragazzo “Grazie di averci salvato tutti, O'Shea” aggiunse, con un leggero sbuffo e una carezza sulla guancia, poi si allontanò dopo aver detto tra i denti un “
Malfoy” a cui il ragazzo rispose con un cenno del capo.
 Emma e Draco rimasero da soli. 
Soli in mezzo a tutta quella gente.
La Sala Grande, attraversata da quel buonumore precario, era piena di persone troppo impegnate a cercare di sorridere per fare davvero caso a loro due. L'emoor fu la prima a fare un passo avanti, gli occhi fissi sul capo biondo del ragazzo di fronte a lei, che se ne stava quasi rannicchiato, 
spezzato, evitando il suo sguardo.
 “Draco” lo chiamò dolcemente, mentre gli occhi verdi con ombre scandagliavano la pelle pallida di lui, piena di polvere e sangue, senza capire se fosse il suo, o quello di altri.
 Gli accarezzò la fronte, scostando alcune ciocche bionde dal suo sguardo e il ragazzo alzò il capo verso di lei, gli occhi grigi ardenti, scuri, simili a metallo fuso, che la fissavano persi, brillanti. 
 Era fragile e bellissimo, ma c'era qualcosa di orgoglioso in lui e brillante, come quando si era messo di fronte a lei per 
proteggerla, come quando per lei aveva ucciso Antonin Dolohov ed Emma si rese conto con chiarezza, ricambiando lo sguardo del Serpeverde, che sarebbe stata ancora in grado di essere felice.
 Nonostante le ferite, le paure, il dolore. Sarebbe stata di nuovo felice costruendo il suo futuro respiro per respiro, con tutti i suoi amici e le persone che amava, ma soprattutto con Draco.
 Erano due spezzati, due grigi e in maniera diversa due aghi della bilancia. Malfoy con il suo dolore, Emma con la sua forza. Aveva avuto ancora una volta ragione Silente in fondo: forse, senza Draco, Emma non avrebbe colto molte cose. Forse, senza il ragazzo, non sarebbe stata in grado di comprendere l'umanità di Voldemort in Nagini, né di apprezzare Blaise, Daphne e Joanne.
 Forse, senza di lui, Narcissa non avrebbe mentito per loro, non avrebbe detto quel “
è morto” che aveva salvato più di una vita.
 L'emoor sorrise debolmente e fece scivolare le mani sulle spalle del ragazzo, in un movimento carico di dolcezza e lui si chinò in avanti, arreso, poggiando la fronte contro il suo sterno.
Si resero conto nello stesso momento quanto i loro respiri fossero coordinati, eran vivi e avrebbero cancellato insieme, giorno per giorno, quella sofferenza che li dilaniava e quello sprezzo che il ragazzo sembrava avere per sé stesso. Si sarebbero feriti, aggiustati e amati. 
Come era giusto che fosse. Avrebbero imparato a riconoscere le cicatrici dell'altro, placato i loro incubi, coordinato i loro respiri.
 “Grazie” sussurrò la Corvonero e lo sguardo del ragazzo scattò in alto nei suoi occhi e si fece confuso.
 “Emma, per cos...”
 Lei si avvicinò a lui, gli prese il volto tra le mani e premette le labbra sulle sue con urgenza, fregandosene della Sala Grande, dell'Ordine, dei Mangiamorte, lasciando che il suo cuore finalmente battesse a ritmo con quello del ragazzo e anche Draco le afferrò il volto tra le mani, in una perfetta sincronia e poggiò la fronte sulla sua senza parlare, portandola a sedersi accanto a lui. 
 Sorrisero quasi nello stesso momento e poi singhiozzarono, tenendosi stretti, increduli di essere arrivati in fondo a quella follia insieme. 
Pioggia in arrivo, menta, caffé. Emma avrebbe potuto cadere dentro di lui e rimanerci per sempre.
 “Di cosa mi ringrazi?” domandò Draco, a un soffio dalle sue labbra.

 “
Di aver scelto” disse lei con tono sicuro “Di essere stato coraggioso, di aver combattuto per Hogwarts, di non esserti tirato indietro, di aver contribuito a creare un mondo dove amarci, di non aver seguito Voldemort, di aver duellato insieme alla Mcgranitt, di avermi fatto da scudo, di aver sfidato Voldemort, di aver ucciso Dolohov salvandomi e vendicando persino i miei genitori, di aver accettato il mio aiuto”
 Aveva parlato tutto d'un fiato, fissandolo negli occhi e vide lo stupore sincero pervadere i lineamenti di lui, trasfigurarlo, renderlo ancora più bello.
Tutto quel che lui aveva fatto d'istinto, con nuova consapevolezza, cercando disperatamente di rinnegare il marchio che gli insozzava il braccio sinistro, tra le labbra di lei sembrava più eroico e coraggioso di quanto non si fosse reso conto.
 “Emma io l'ho fatto per te, non stavo pensando...” balbettò.

Emma lo baciò. 
E ancora. E ancora
 Lasciando che le sue dita si aggrappassero ai morbidi capelli biondi di lui, che i loro corpi si cercassero, che la consapevolezza che niente avrebbe potuto dividerli li inondasse di sollievo e speranza.
 “Non importa perché lo hai fatto. Lo hai fatto” gli disse sicura “Tu per me, io per te. Non importa. Siamo qui.”
 Il ragazzo annuì 
commosso, il petto che si alzava e abbassava veloce.
 “Voglio dire, ma tu... sei l'eroina, capisci? Perché ringrazi me...”
 Emma rise, scuotendo il capo, gli diede un altro bacio leggero e osservò quel volto pallido e affilato con amore, mentre con i pollici carezzava i suoi zigomi, scacciando polvere, lacrime e sangue.
 “Io ti 
ringrazio perché anche tu sei l'eroe della tua giornata Draco” disse con tranquillità “Sei il primo Malfoy ad aver rinnegato il suo sangue per qualcosa di meglio. Hai molto dei Black”
 Le labbra del biondo si incresparono appena in un sorriso stupito, ma pieno di una sottile soddisfazione, che ricordava il ghigno ironico del Draco di cui si era innamorata ed Emma lo baciò di nuovo.
 C'era così tanto non detto tra loro, tante fragilità, tanto dolore. 
 Ci sarebbero stati incubi, pianti e crisi. Si sarebbero forse svegliati a vicenda nel sonno, a lungo, annaspando in cerca di aria, cercando l'altro, ma l'avrebbero fatto insieme. Si sarebbero guariti. Cellula per cellula. Sanando le cicatrici, o imparando ad apprezzarle.
 Lo sguardo di Emma si abbassò sul suo marchio sbiadito e quasi sorrise, notando che anche quello di Draco ora era grigio.
“Sai grazie a chi abbiamo vinto?” chiese la ragazza dopo un istante.
 Draco scosse il capo e la afferrò per la vita, avvicinandosela a sé.
 “Potter?” tentò e si strinsero l'un l'altra, accartocciandosi su quella vecchia panca della Sala Grande, come fossero una cosa sola.
 “Certo, Harry era il nocciolo” annuì lei “ma non sarebbe mai sopravvissuto se non fosse stato per tua madre”
 Draco sgranò gli occhi ed Emma sorrise, pensando che c'erano molte cose che potevano raccontarsi. 
Avevano tempo ora. Avevano anche un mondo intero in cui amarsi.
 “
Mia madre?” chiese confuso.
 “Tua madre ha mentito a Lord Voldemort” sorrise “Per tutti noi”
 Il Serpeverde fece scorrere lo sguardo sulla Sala Grande e si fermò, con la mandibola tesa, quando scorse la figura di Narcissa e persino coperta di polvere e sangue, Lady Malfoy era bellissima, regale.
 Il modo altero e sicuro con cui si guardava intorno, la piega composta del collo, le mani strette in grembo. Appariva come una dama d'altri tempi, fredda e bellissima, a differenza del marito, che piegato e fragile le stava accanto, con stampata in volto un'espressione incerta, come se temesse di non poter rimanere lì.
 Entrambi erano appoggiati contro la parete accanto all'ingresso, tesi, pronti a scivolare via al primo problema, ma se gli occhi di Lucius tremavano di vergogna, quelli di Narcissa erano incredibilmente tranquilli ed Emma ebbe la curiosa sensazione che la donna li stesse aspettando. Lì, ferma e paziente, la mano stretta intorno al braccio dell'uomo che amava sinceramente e che cercava silenziosamente di supportare. 
Stoica. Dignitosa.
 Mentre Emma e Draco osservavano i due Malfoy da lontano, notarono un paio di ragazzi di Tassorosso rallentare di fronte alla coppia, videro il primo tirare per la manica il compagno e il secondo che si mise a quadrarli con odio.

Ma voi siete Mangiamorte”
 Le parole volarono attraversando la Sala come se fossero stati ad un passo, Emma strinse le labbra e Malfoy trattenne il respiro, mentre Narcissa, con posato distacco, abbassava lo sguardo sullo studente, come se lo stesse salutando con gentilezza.
 “Devo andare da loro” si affrettò subito Draco, a disagio.
 “Ti accompagno” rispose l'emoor “Io devo andare da Severus” 

Si alzarono insieme e la Corvonero afferrò lui la mano in un gesto istintivo e chiaro, sorridendo appena. Pronta a non fare nessun passo indietro, pronta a rendere evidenti i suoi intenti.
 “Potter diceva davvero?” le chiese Draco, lanciandole appena uno sguardo “Severus. È Davvero tuo padre?”
 “Sì, Severus è mio padre” rispose Emma con un sorriso, felice in quella piccola presa di posizione, in cui si appropriava della sua identità e sentì il corpo formicolare al pensiero di ritrovarsi di nuovo a stringere il tutore in un abbraccio. 
Il tutore miracolosamente vivo.
 “
Quindi Potter è tuo fratello” concluse il ragazzo accanto a lei, con uno sguardo esasperato ed Emma annuì, trattenendo con difficoltà la risata nel vedere il Serpeverde alzare gli occhi al cielo, esalando un “Salazar! Un Potter in famiglia” tra i denti.
 Attraversarono la Sala uno accanto all'altra, le mani intrecciate, lasciando che gli sguardi perplessi e confusi degli occupanti scivolassero loro addosso. C'era una confusione meravigliosa. Cacofonica. 
Sublime. Le persone di tutte le Case mischiate, insieme agli abitanti della foresta e quelli di Hogsmeade: non c'era più divisione, né sospetto, solo speranza, abbracci e supporto e in mezzo a tutta quella felicità Emma O'Shea e Draco Malfoy che avanzavano insieme, come un manifesto vivente di quel nuovo mondo più inclusivo. Bellissimi e spezzati, giovani e innamorati.
Draco inghiottì saliva a disagio, ma Emma sorrise lui.
 “Devi fidarti di me Draco” disse piano “Andrà tutto bene”
 “Mi fido completamente di te”
 “Allora perché hai così paura?”
 “Perché sono felice” disse lui “Non sono mai stato tanto felice in vita mia e fa paura tutta questa felicità”
 Emma pensò che fosse la cosa più bella che il ragazzo potesse dirle.

. . .

Le schiene dei tre Malfoy, i biondi capelli distinguibili persino nella luce tenue, si allontanarono lungo il ponte di Hogwarts, sostenendosi l'un l'altro, seguiti dalla figura di Kingsley che li scortava.
Emma rimase a guardarli con leggera apprensione, fino a quando non sparirono oltre i confini e si smaterializzarono, sorridendo appena tra sé quando colse il gesto di saluto di Draco, carico di dolcezza e promesse, così diverso dallo sguardo disperato che le aveva lanciato l'ultima volta che lo aveva visto smaterializzarsi oltre i confini della scuola, la notte della morte di Silente.
 “La McGranitt ha ragione” disse Gabriel Tullier, fermo al suo fianco “è più sicuro per loro andare al Manor e aspettare il processo. Ho sentito Potter dire che la Black lo ha aiutato e io ho visto Draco combattere per noi e abbattere quel Mangiamorte biondo. Se la caveranno, Emma, non ti preoccupare.”
 L'emoor annuì lentamente, pensando all'abbraccio sincero e affettuoso che le aveva dato Narcissa, prima di seguire il consiglio della McGranitt e scortare il figlio e il marito al Manor. 
Pensò a quella frase spezzata ed emozionata sussurrata velocemente dalla donna “Sono così felice per Severus” e allo sguardo orgoglioso e felice con cui aveva osservato lei e Draco che si stringevano la mano, al sorriso luminoso sul suo volto chiaro.

 “Emma” la richiamò Gabriel con dolcezza e l'emoor lo guardò con maggiore attenzione e sorrise.
 “Scusa Gab, dicevi?”
 “Ho detto che se la caveranno” disse il ragazzo.
 “Lo so” annuì lei “Se la caveranno”
 Si avviarono in silenzio verso il castello. Il francese tendeva lei la mano per aiutarla ad avanzare sul terreno sconnesso ed Emma accettava silenziosamente il suo supporto. 
 C'era un silenzioso rispetto tra loro. Era esistito fin dal primo giorno, quando Gabriel l'aveva invitata al Ballo del Ceppo, salvandola dal triste destino di '
ruota di scorta' e sebbene non avessero mai approfondito la loro conoscenza, dopo la loro breve e impacciata relazione, Emma sentiva dell'affetto sincero per il ragazzo.
 “Hai risposto subito al mio Patronus.” gli disse seria, osservandolo con rispetto “Sei accorso qui e non solo hai combattuto, ma hai guidato i combattenti attraverso la battaglia”
 “Potevo dirti di no?” chiese il ragazzo, un angolo delle labbra appena inclinato in un sorriso.
 “Non era la tua guerra” fece notare lei.
 “Quale guerra è di qualcuno?” ribatté lui con tranquillità “A me bastava sapere che un folle voleva uccidere quella ragazzina che al Ballo del Ceppo non la smetteva di parlarmi di pozioni agitando le mani, per decidere che non potevo stare semplicemente a guardare”
 Emma ridacchiò in risposta e con dolce amarezza capì che forse il ragazzo non l'aveva mai completamente dimenticata.
 “Non c'era nulla che non andasse in noi, vero?” chiese infatti Gabriel con gentilezza, pacato, 
rispettoso.
 “Non lo so Gab” rispose lei “Forse semplicemente non eravamo...”
 “Non ero lui” concluse per lei il francese, scuotendo le spalle con un sorriso garbato e triste.
“Lui chi?” domandò stupita l'emoor.
 “Malfoy” sussurrò l'altro ed Emma sbatté le ciglia, presa in contropiede, prima di scuotere energicamente il capo, ridendo.
 “Draco nemmeno mi parlava quando stavo con te, non c'entr...”
 “Ti mangiava con gli occhi. In ogni momento. In un modo in cui io non sarei mai stato in grado di guardarti”
 La Corvonero si fermò, perplessa e guardò il ragazzo ammutolita  “Gabriel cosa dici?”
 “La verità” disse lui, scompigliandosi i capelli lunghi e castani, lo sguardo chiaro incredibilmente lucido e tranquillo, come se stessero chiacchierando di cose di poco conto “Draco Malfoy non riusciva a smettere di guardarti. Mai. 
Credimi. Sembrava respirare solo perché c'eri tu lì a un passo”
 “Non capisco” sussurrò lei, confusa “Non me ne sono accorta”
 “Quel che sto cercando di dirti è che sono contento che sia Draco al tuo fianco perché mi ricordo il suo sguardo.” mormorò il ragazzo “E l'ho visto attaccare quel tipo biondo gigante, te l'ho detto, ho visto la sua disperazione, la sua paura. Se avrà bisogno di un testimone al processo: io ci sono. Posso dire che ti ha difesa, che ha combattuto con noi. L'ho visto affatturare più di un Mangiamorte questa notte”
 L'emoor lo guardò con serietà, vagamente confusa e accigliata.
 “Chi sei tu Gabriel Tullier?” chiese incredula “Cosa fai qui? Non puoi essere semplicemente 
così buono”
 Il ragazzo rise di gusto, scuotendo appena il capo e mise una mano sulla sua spalla, in un gesto amichevole. Erano quasi arrivati oltre le serre di Erbologia, vicini al castello.
 “Non lo sono infatti” le rispose “Ad essere sincero ho rischiato di affatturare Malfoy più volte quando io e te ci siamo lasciati, ma poi mi sono calmato. Avevamo ragione, difficilmente io e te avremmo avuto un futuro”
“Sono d'accordo” disse Emma con tatto “Ma allora cosa ti ha fatto tornare? Cosa ti ha portato qui?”
 “Fleur mi parlava di te e io ti immaginavo crescere e diventare sempre più forte e bella ed ero davvero orgoglioso del tuo percorso. Sei sempre stata una bella testa, Emma. Quando ci siamo visti al matrimonio e ho assistito all'attacco, ho capito che non avevo dubbi su chi fossero i buoni e i cattivi e che non potevo semplicemente stare a guardare. Poi mio fratello... te lo ricordi? Quell'idiota che ha interrotto il nostro primo bacio...” Emma annuì lentamente, continuando a guardare il francese negli occhi “Beh lui è stato quasi ucciso da una branca francese di ispirazione a Voldemort, solo perché ha difeso un ragazzino Babbano e...”
 L'emoor lo abbracciò e poi lo fissò ammutolita, piena di gratitudine e rimasero immobili per molti secondi, con tante cose in comune, senza che davvero lo sapessero.
 “Ringraziamo il giorno in cui hai scelto di invitami al Ballo del Ceppo, allora” mormorò infine lei e Gabriel annuì di rimando.
 “Non smetterò di ringraziare di averti scovata Emma O'Shea. Se c'era qualcosa per cui quel pazzo di Voldemort aveva ragione è che c'è qualcosa di strano in te, di affascinante e antico”
 “Sono l'ago della bilancia tutto qui” disse lei e strinse le labbra, senza sapere cosa aggiungere.
 Gabriel cominciò a ridere e senza sapere perché Emma lo imitò. Non riuscirono a fermarsi, continuarono a ridere nella fine della notte, da quasi sconosciuti quali erano, uniti da una manciata di motivi e un animo buono. Risero di amarezza, di 
sollievo, di dolore e di affetto. Si sostennero nel silenzio, fino a quando Gabriel non sciolse l'abbraccio.
 “Vado dentro a dare una mano”
 “Fatti controllare quella ferita”
“Sarà fatto. Tu dove vai?”
 “Severus Piton”
 Gabriel annuì e le fece un cenno di saluto, ad Emma sembrò di tornare indietro nel tempo, quando avevano ballato, riso e scherzato insieme al Ballo del Ceppo. Invece erano solo ragazzi, ma avevano combattuto una guerra nel frattempo e lo osservò allontanarsi di qualche passo e sorrise quando il francese andò quasi a sbattere contro David ed Emily e il Serpeverde gli lanciò un'occhiata fintamente bieca.
 “Tullier” lo salutò, allargando il ghigno.
 “David, giusto?” sorrise l'altro.
 “David. Giusto. Ti ho minacciato di venirti a cercare se avessi fatto del male ad Emma, ricordi?”
 Gabriel rise “Ricordo” disse amichevole e diede una pacca sulla spalla del Serpeverde annuendo piano, come perso nei ricordi e David ridacchiò per un istante con lui.
 “Ci vediamo dentro” disse Tullier con un ultimo cenno ad Emma.
 “Alla fine avevi ragione tu” disse David all'amica “è davvero un bravo ragazzo quel francese”
 “Lo è” ammise lei “Cosa fate qui?”
 “Stai andando da Severus?” chiese Emily guardandola in volto.
 “Sì” rispose la Corvonero, con un filo di emozione.
 “Joanne” le disse la ricciolina “Gli avrà fatto un sacco di domande per il suo libro, sarà stata pressante.”
 “Sembrava essere la sua intenzione. Era molto determinata.”
 David ed Emily annuirono, quasi a disagio. 
 “Io e David le chiederemo di non esserci” disse poi la ragazzina.
 “In che senso?” chiese la Corvonero, confusa.
 “Nel libro” chiarì Emily “Conosco Joanne, comincerà a scrivere stasera per non pensare al dolore.”
“Ognuno affronta il dolore come vuole no?” domandò Emma.
 “Avrà il libro pronto in meno di una settimana '
Harry Potter e gli emoor delle Ombre', cose così e noi non vogliamo esserci.” spiegò Emily quieta “Vogliamo rimanere nell'ombra, come i fratelli dei fondatori e ci chiedevamo se tu fossi d'accordo.”
 La Corvonero li fissò assorta, pensando sinceramente che parlare dell'ipotetico libro di Joanne in quel momento fosse assurdo, ma si accorse del ghigno storto sul volto di David.
 “Se stai pensando che parlare di questo adesso non sia la priorità, non conosci Joanne” rise il ragazzo “Emily non mente, è molto produttiva e dannatamente Serpeverde”
 “Perché non volete apparire?” chiese allora l'emoor, vagamente confusa “Non che io voglia... ma...”
 “Le Ombre di Hogwarts non volevano essere conosciute, non volevano gloria, né premi e sono rimasti amici tutta la vita” disse Emily “Vogliamo seguire i loro passi. Siamo piuttosto sicuri che Artemius sia d'accordo. Ci chiedevamo se tu...”
 “Sono d'accordo” rispose subito Emma. 
 Le sembrava una scelta giusta. 
Perfetta in realtà.
 “L'unico peccato è che a prendersi la gloria sarà un Grifondoro” esclamò David, facendo ridere le due ragazze, di gusto “Merlino quel Potter è sempre in mezzo e ora è pure tuo 
fratello
 “Vado” disse Emma con dolcezza “vi mando Joanne”
 Non aggiunsero nient'altro. Non si abbracciarono. Non si fecero altri sorrisi. Qualcosa più antico di loro li univa e rendeva vicini. Non c'era bisogno d'altro. Emma osservò i suoi amici che si tenevano per mano: David grande e forte, gli occhi scuri e attenti ed Emily delicata come un giunco, il volto circondato da ricci neri in contrasto con gli occhi chiari e pensò che se Artemius fosse stato lì avrebbe detto 
“Sono proprio una bella coppia” e avrebbe avuto ragione.
Emma O'Shea continuò a pensare all'amico, al fatto che fosse vivo e la aspettasse probabilmente in infermeria con i suoi vacui occhi sgranati e si sentì grata, mentre scendeva lungo il versante della collina verso il Platano Picchiatore, il cuore 
piacevolmente pesante, il respiro tranquillo. All'orizzonte cominciava ad albeggiare. 
 Era un nuovo inizio.
 Camminò nell'erba umida e insensibile alla battaglia che aveva accolto e a ogni passo si sentiva più leggera. Entrò nei corridoi della sua mente, come tante volte aveva fatto in passato, raccolse i libri stropicciati e li sistemò sugli scaffali, curando le barriere spezzante, calmando il suo inconscio e tornando in equilibrio. 
 Quando arrivò di fronte al Platano Picchiatore, dove Joanne la aspettava con cipiglio arrabbiato e i capelli più arruffati che mai, Emma si sentiva completamente in pace con sé stessa.
 “È un diavolo a quattro” sibilò la Serpeverde con fervore “Ho dovuto praticamente immobilizzarlo. Non ascolta”
 Un sorriso increspò le labbra dell'emoor.
 “Te lo avevo detto che sarebbe stato difficile, Joanne.”
 La ragazza scosse il capo, il broncio a incupirle il volto paffuto.
 “Mi devi un favore, O'Shea” ribatté subito “Sono certa di aver lottato contro qualcosa peggio di Voldemort per tenerlo buono e non mi ha dato 
una sola informazione utile per il mio libro, non faceva che cercare di uscire di lì per raggiungerti”
“A proposito del tuo libro Joanne...” iniziò la Corvonero.
 “Oh, non me lo dire” disse esasperata la ragazza “Hai parlato con Emily e David e avete deciso di 
rimanere nell'ombra lalalalala. Corretto? Questa è davvero la peggiore giornata della mia vita, forse, al posto che fare la balia a quel folle di Piton, avrei dovuto combattere con voi. A proposito è morto? È finita no?
 “Sì è finita” sorrise Emma, divertita dalla sua esasperazione.
“Grazie a Merlino” esalò la Serpeverde “di certo non sarei entrata a 
dargli che avevo brutte notizie. Mi avrebbe incenerita prima di finire e io che pensavo di stargli simpatica, dato che sono Serpeverde.”
 Emma rise, mentre Joanne si allontanava borbottando che, 
fortunatamente, Potter era uno stupido Grifondoro in cerca di attenzioni e le avrebbe concesso di scrivere un buon romanzo
 “Ma non finisce qui, O'Shea” gridò la ragazza “Io ottengo sempre quel che voglio e prima o poi avrò la mia storia”
E la Corvonero fu certa che fosse una promessa.

Emma si voltò lentamente verso il Platano Picchiatore, emozionata e sospirò piano: era l'ultimo atto.  
Sto arrivando, Papà.
 Fece un
 primo passo verso l'albero, ma sussultò e rimase immobile, guardando i rami del Platano fremere e poi fermarsi, mentre Severus usciva dal suo tunnel interno. Era pallido, ma in piedi, i capelli neri scomposti intorno al viso con i suoi lineamenti aspri, l'espressione assorta, le labbra sottili serrate.
 Lo sguardo dell'emoor corse al collo, dove, sopra la tunica nera come sempre perfettamente abbottonata, rilucevano le cicatrici dell'attacco di Nagini e sorrise debolmente. 
 Avrebbe voluto correre lui incontro, abbracciarlo al petto e ridere piena di libertà, come aveva fatto tanto tempo prima sulla collina alle spalle di Spinner's End, ma si trattenne e rimase ad osservare a lungo quel viso amato, soffermandosi sugli occhi lucidi e scuri, c
osì simili a due lunghi tunnel. Severus era immobile e la guardava, come una figura solenne, nel suo svolazzante mantello scuro ed Emma si riconobbe in quella posa incerta, nel taglio degli occhi, nel modo in cui pressava le labbra e studiò il volto dell'uomo in modo analitico, rivalutando ogni minuscolo aspetto, cercando dettagli che le confermassero la verità: che lei era sua figlia
Ne trovò molti e si chiese come avesse fatto a non capirlo prima.
 “Papà...” sussurrò, così piano che non fu sicura che lui potesse udirla, ma qualcosa scosse l'uomo, perché si avvicinò lentamente, il volto stranamente disteso.
 “Emma” disse roco, guardandola appena “Ho avuto paura”
 “Anche io” rispose, con emozione.
 “Passeggiamo” propose lui con tono monocorde ed era una proposta così curiosa da parte di Severus Piton che l'emoor non provò nemmeno a ribattere e lo seguì sul versante della collina.
 “Sev...” tentò l'emoor dopo vari minuti di silenzio denso e tranquillo e gli occhi di lui si posarono distrattamente su di lei.
 “Mandarmi la Rowling è stata quasi una tortura” disse apatico ed Emma si fece sfuggire un mezzo sorriso.
 “Ti ha pressato sulla sua idea di scrivere un libro su questa guerra?” chiese e Piton inarcò un sopracciglio.
 “In modo molto fastidioso. Mi deve molti favori per avermela fatta sorbire” disse serio, lo sguardo ai piedi.
 “Lei pensa lo stesso. Non devi essere stato molto gradevole. Lo sai che non stai simpatico alla gente, Sev non ti ci applichi” mormorò Emma, facendogli un piccolo sorriso.
 “Se mai scriverà quel 
dannato libro, penso mi farà fare una fine orribile” sputò l'uomo e subito fece un suono rauco e soffocato che l'emoor si rese conto essere una risata trattenuta.  Una risata di gusto.
 Camminavano lentamente, in silenzio, con quella calma pacifica che spesso calava tra loro e che conoscevano così bene. Mille domande cozzavano nella testa della Corvonero, ma qualcosa di dolce nella sensazione di poter essere di nuovo accanto al tutore, 
a suo padre, la tratteneva dal farle, godendosi invece quella pace.
 “Tutto sommato, non credo che mi dovrai più spiegare perché non sopporti Harry” disse dopo un po' la ragazza.
Severus roteò gli occhi al cielo, le labbra serrate di disappunto.  
 “Quel ragazzo è davvero insopportabile quando vuole, non importa chi sia il padre” borbottò, ma l'emoor sorrise, scuotendo leggermente il capo, in disaccordo.
 “Sai anche tu che non è così male. Harry ha molte qualità” disse, ma Piton soffiò dal naso con sdegno ed Emma ghignò leggermente “Beh, avrete modo di chiarirvi immagino”
 Severus scrollò le spalle a quelle parole, accigliandosi appena. 
 “Ce l'ha fatta almeno quel maledetto ragazzo? L'ha battuto?”
 Il silenzio cadde per un istante e l'emoor vide un lampo di preoccupazione attraversare il volto del tutore nel fargli quella domanda e sorrise lui dolcemente, nel rendersi conto di quanto angoscia dovesse aver provato bloccato dentro la Stamberga, sperando freneticamente che lei fosse viva e che il mondo magico venisse salvato dal figlio del suo bullo e della donna che amava.
 “Voldemort non c'è più” confermò lui la ragazza e vide il suo volto distendersi improvvisamente, apparendo più giovane e fresco, come se fosse stato finalmente liberato di un dolore insopportabile.
Dopo vent'anni Severus Piton era tornato padrone di sé stesso. Era libero. L'uomo abbassò lo sguardo sul suo marchio nero. Non pulsava più. Era grigio e banale come quello di Emma e Draco ora.
 “È andato” sussurrò debolmente, con tanto sollievo da spezzare il cuore dell'emoor di tenerezza “Non è più”
 “Non è più” confermò Emma con le lacrime agli occhi.
Severus si girò verso di lei, gli occhi rilucevano di una strana luce.
 “Ci sono così tante cose che vorrei raccontarti, Emma” mormorò e lei sorrise annuendo piano “Lo so, Sev. Abbiamo tempo”, 
 E continuarono a camminare, in silenzio, Severus prese la mano dell'emoor e la teneva fra le sue, con fragile attenzione, come fosse la cosa più importante al mondo.
Emma lo osservò stupita davanti a quel gesto di tenerezza: l'ultima volta che Piton aveva teso la mano verso di lei era stato davanti a Voldemort, prima di essere attaccato da Nagini, ma non c'era più quella disperazione, non c'era più quell'angoscia.
 “Narcissa?” chiese Piton e l'emoor sentì dell'affetto sincero per l'amicizia tra i due, in parte così simile a quella sua con James.
 “Narcissa sta bene. Se abbiamo vinto contro Voldemort è stato anche grazie a lei, ora è al Manor” rispose pacata e gli occhi di Piton brillarono per un istante, ma non chiese di approfondire, lo sguardo assorto e pensieroso perso verso l'orizzonte sempre più chiaro.
 “Draco?” domandò incerto, dopo un'altra manciata di secondi.
 “Sta bene” lo tranquillizzò l'emoor.
 “Voi due ora...”
 “Draco è molto importante per me, Sev” ammise lei “Ne abbiamo passate tante. Impareremo ad curarci le ferite a vicenda”
 “Ho fatto bene a mettervi in coppia a quel corso di Pozioni” disse il mago e la ragazza sorrise debolmente e annuì, dando lui ragione, anche se dentro di sé aveva l'impressione che lei e Draco avrebbero trovato comunque il modo di incontrarsi.
 “I Malfoy comunque stanno tutti bene. Anche Lucius” disse, intuendo le domande successive di Severus e vide le labbra di lui formare una linea, mentre comprendeva il non detto di quella frase.
 “Chi è morto invece?” chiese infatti tremante e anche il cuore di Emma vibrò e la ragazza sospirò lentamente, senza avere la forza di elencare chi li aveva lasciati.
 Il volto di Lilith, sorridente accanto a Fred che la guardava innamorato, le premeva nella mente, ferendola nel profondo.
 “Molti sono morti” rispose rauca “Troppi”
 E Severus le strinse la mano e non fece altre domande, assumendo però un'aria assorta e dolorante.
“Remus mi mancherà” disse infine.
 Emma si voltò a guardarlo stupita, perdendosi nello sguardo liquido e sofferente del padre. Ricordò Voldemort che parlava della morte di Lupin nella Stamberga strillante, ricordò Remus all'Ordine quando prendeva sempre le parti di Severus, pensò al mannaro nei ricordi del tutore, le numerose conversazioni, l'annuncio della sua nascita. Tutti quei momenti fragili e quasi intimi.
 “Eravate amici in fondo” mormorò l'emoor.
 “Avremmo potuto esserlo” ammise forse per la prima volta Severus.

Si fermarono in mezzo al prato, Hogwarts incombeva su di loro lontana. 
Bellissima e ferita. Erano entrambi consapevoli che stessero girando intorno all'argomento principale, ma il fantasma di Lily premeva su di loro, quasi desiderasse che ne parlassero.
 “Lily, Sev. Mia madre” mormorò Emma e rimase sconvolta nel vedere la trasfigurazione dell'uomo di fronte a lei.
 Le labbra gli si schiusero, gli occhi brillarono, i lineamenti si addolcirono, come se solo il fatto che la ragazza nominasse Lily di fronte a lui potesse farlo rinascere ed Emma fu travolta da quel sentimento così 
genuino e sincero, se ne sentì commossa e quasi sconvolta nel vederlo inalterato sul suo volto dopo tutti quegli anni.
 Piton aveva la stessa luce in viso del sé stesso da ragazzino quando guardava la giovane Lily e i suoi capelli rossi, del sé stesso adolescente che la baciava incredulo in un corridoio, del sé stesso giovane uomo che irradiava felicità davanti al caminetto di Spinner's End, dopo aver bevuto con l'amica di infanzia vino elfico ed essersi abbandonato a lei.  Lily Evans aveva detto addio e Severus Piton lo aveva accettato, scivolando rispettosamente via dalla sua vita, rinchiudendo i suoi sentimenti dentro il suo petto, ma questo non voleva dire che l'avesse dimenticata. 
Per Emma fu chiarissimo in quel momento e si sentì tremare.
 “Lily” sorrise Severus e quella smorfia non stonava più come un tempo sul suo volto pallido.
 “Lei...” azzardò Emma commossa “Ti amava a suo modo. In un modo potente e diverso, sai?”
 Gli occhi di Piton si fecero liquidi di dolcezza e il sorriso si perse all'orizzonte pieno di malinconia, mentre probabilmente vagava nei ricordi colmi di Lily Evans. Di loro due bambini e ragazzi che vivevano Hogwarts negli angoli quieti, tra segreti e affetto.
 “Io e Lily...” iniziò lui rauco “Abbiamo condiviso moltissimo. Molto più di quanto tu e Potter possiate aver visto nei miei ricordi. Ti racconterò forse, un giorno. Lily era la creatura più incredibile che io avessi mai incontrato e mi sembrava impensabile e irreale che, tra tutti, avesse scelto me come amico”
 Emma lo guardò, stupita da quella lucida consapevolezza, dalla calma e dal sorriso che aleggiava sul volto del tutore. Si sentì fragile e desiderò poter abbracciare il piccolo Severus che ancora albergava nei ricordi dell'uomo.
 “Sev. Lei...”
 “Lily non mi amava, Emma” riprese lui tranquillo “Non sono triste per questo. Non devo essere consolato a riguardo. È una cosa che ho sempre saputo. James era 
semplicemente perfetto per lei. Per me e Lily non poteva essere possibile amarci in questa vita, troppe cose ci dividevano, ma evidentemente il mio sentimento era troppo vasto, troppo profondo, troppo adulto ed è straripato fuori da me, riversandosi in lei e dando vita... a ciò che sarebbe potuto essere”
 “Me” mormorò Emma, guardando l'uomo commossa.
 Lui annuì brevemente, il suo profilo scuro che diventava sempre più definito nella luce del giorno in arrivo. Le rovine di Hogwarts come vedette a quel momento di condivisione.
“Ho amato Lily Evans per una vita intera, in ogni istante e con tutto me stesso, Emma e non smetterò mai di farlo, ma negli ultimi anni sto imparando a farla scivolare via, a soffrire meno la sua mancanza e sai perché?” chiese l'uomo e lei scosse il capo, trattenendo il respiro, mentre gli occhi scuri di lui la fissavano attenti in volto.
 “Per te, Emma. 
Tu sei la personificazione del mio sentimento e di quello di molti altri, da Lily fino persino a James Potter. Sei mia figlia. Mia e di Lily Evans. La mia Lily, non Potter: Lily Evans. Quella Lily che si arrabbiava se usavo le arti oscure e mi abbracciava all'improvviso. Quella ragazzina che mi ascoltava con occhi sgranati quando nessun altro era disposto a farlo, che mi ha difeso, fatto sentire apprezzato e mi ha persino baciato quando io provavo solo disgusto per me stesso. E tu non sei l'immagine sbiadita di un ricordo di lei come temevo, Silente aveva ragione: Tu sei tu. E mi hai salvato. Molte volte. Non solo da Nagini. Ti ricordi quando mi hai chiesto se ti odiassi, tanto tempo fa? Come avrei potuto odiare la mia felicità? Stavo solo cercando di comprenderti, perché a volte, tanta felicità tutta insieme, fa paura.”
 L'emoor lo guardò in silenzio per una manciata di secondi, incredula per aver assistito a un discorso tanto lungo e profondo da parte dell'uomo. Inspirò a fondo, mentre le lacrime colavano sulle guance e si lanciò contro di lui, stringendosi al suo petto magro e lasciando che lui la abbracciasse e cullasse per lunghi minuti.
 “Le assomigli così tanto. Avrei voluto dirtelo così tante volte” sussurrò Severus, mormorando contro la sua nuca, tremante, mentre le accarezzava i capelli con dolcezza “Ma hai anche così tanto di me quando ero un ragazzo. Vedo entrambi dentro di te ed è quello che più mi rende felice al mondo”
 “E a volte fa paura così tanta felicità” sussurrò l'emoor di nuovo, rendendosi conto che era la stessa frase che le aveva detto Draco.
Stavano bene. Avevano vinto ed erano insieme. Ci sarebbe stato un futuro ad attenderli, a Spinner's End. Passeggiate sulle colline, risate sarcastiche, pozioni da distillare insieme. 
 Avrebbero imparato ad essere una famiglia. Forse persino Harry ne avrebbe fatto parte. Avrebbero festeggiato il Natale con i Weasley, passeggiato nella Londra Babbana, chiacchierato di tutte quelle cose che ancora Emma non conosceva. Si sarebbero presi a piene mani la loro possibilità di essere felici. 
Se lo meritavanoLo meritavano così tanto.

Severus si scostò da lei, carezzandole una guancia e riprendendo l'abituale distanza tra loro. Sorrise furbo.
 “È un piano molto interessante il tuo” disse, con il suo tono strascicato “Ma non cederò agli inviti di Natale dei Weasley”
 “Non leggermi nella testa, Sev” lo ammonì scherzosamente la ragazza “Non senza il mio permesso”
 “Non hai fatto nulla per impedirmelo” le fece notare lui e l'angolo delle sue labbra sottili si curvò in un leggero sorriso, lo stesso che sfuggiva lui quando una Emma poco più di bambina lo osservava incantata distillare le sue pozioni, o quando leggeva avida qualche libro sulla sua poltrona, rendendolo silenziosamente orgoglioso.
 L'emoor sapeva che Piton aveva ragione: aveva lasciato che lui le leggesse dentro. Non aveva motivi per mentire, chiudere la mente, tenere a distanza Severus. Abbassò completamente le barriere, lasciando che l'uomo si infiltrasse liberamente nei suoi pensieri e vedesse le immagini sfarfallanti della felicità che avrebbero potuto ottenere. Non erano mai stati così uniti. Così sinceri. Così intimi forse. I cuori che battevano insieme.
 “Cos'era quello?” chiese l'uomo, incappando nell'immagine della possibile vita di Emma, quella dove i Malandrini, Harry, Lily, lei e Severus vivevano in equilibrio.
“Una possibilità” disse l'emoor.
 “Sembrava una bella possibilità”
 “Un uomo saggio mi ha detto, un giorno, che non si deve piangere per qualcosa che non è mai esistito” disse Emma.
 “Albus Silente scommetto” ribatté acido lui.
 “Esatto” sorrise l'emoor.
 “Albus era un pazzo, ma di solito aveva ragione. Era comunque irrealistico che io e James Potter potessimo andare così d'accordo”
 Emma rise di gusto “Te l'ho detto Sev. Tu non puoi andare d'accordo con le persone. Non ti ci applichi, ma sono certa che potrai rivalutare Harry e forse anche James.”
 Piton fece uno sbuffo in risposta, mentre la brezza leggera muoveva le cime della Foresta Proibita e la luce dell'alba era sempre più chiara, illuminando il castello di fronte a loro.

C'era una strana calma, bellissima, cristallina, che sembrava essere in grado di tenere a distanza ancora per un poco il dolore e le difficoltà che avrebbero dovuto affrontare. Emma strinse la mano dell'uomo un po' più forte e lo sentì ricambiare dolcemente la stretta.
 “Sai una cosa Sev?” sussurrò l'emoor “Sei l'uomo più coraggioso che io abbia mai conosciuto. Sono così tanto orgogliosa di te. Sono così fiera di essere tua figlia”
 Il volto dell'uomo ebbe un guizzo di tenerezza e il sorriso si distese, mentre il cuore rombava nel suo petto, pieno di assordante felicità.
 “Anche io sono orgoglioso di te, Emma.”
 Gli occhi color onice dell'uomo, simili a due lunghi tunnel, si incatenarono allo sguardo verde liquido, con ombre, della ragazza.
 Rimasero in silenzio, senza il bisogno di ulteriori inutili discorsi.  
 L'uno accanto all'altra. 
In silenzio. Quasi immobili nel parco di quella scuola teatro di tante avventure. Con i suoi fantasmi e le sue ferite.
La figura austera e scura di lui, affiancata da quella sottile della Corvonero, con i lunghi capelli biondi e ramati che le accarezzavano la schiena in un'onda. 
 Sorridevano entrambi, guardando verso il castello che si stagliava maestoso contro l'orizzonte rosa. Osservarono il giorno in arrivo. 
 Erano solo loro due e forse il fantasma di Lily ad avvolgerli, ma anche quello si dissolse. Erano un mago e un strega, protetta e tutore, mentore e alunna, Mangiamorte e emoor. Erano un uomo e la sua bambina. Forse, semplicemente, erano Emma e Severus e nella luce dell'alba, contro il rosa tenue del cielo, si stagliavano all'orizzonte come due 
ombre.


*Angolo Autrice*

Miei fidati lettori. 
Ammetto di essere un po' emozionata a pubblicare questo ultimo capitolo. 
Passata da poco la mezzanotte, è il 2 maggio, il giorno della battaglia di Hogwarts. 
è stato un caso, ma mi ha fatto tremare. Non c'è, in fondo, giorno migliore in fondo per salutare i nostri personaggi. 
Prima di mettere la parola fine a questa storia, manca ancora un LUNGO epilogo, l'ultimo atto, ma ammetto che leggere questa frase:
Forse, semplicemente, erano Emma e Severus e nella luce dell'alba, contro il rosa tenue del cielo, si stagliavano all'orizzonte come due ombre.
E sapere che l'avete appena letta anche voi, mi ha fatto tremare il cuore.Ho voluto bene a questa storia e questi personaggi per molto tempo. 
Non voglio lasciarvi altri punti/spunti, ma mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate, anche voi lettori normalmente silenziosi, su questo ultimo capitolo, o la prossima volta sull'EPILOGO che ci attende.

La mia piccola Emma O'Shea e tutti i personaggi creati, gli emoor, i Corvonero, James e Lilith, ma anche Draco, Harry, Ginny,George e tutti i personaggi già conosciuti e soprattutto il mio Severus, mi hanno a lungo tenuto compagnia, creando per me un luogo confortevole e sicuro in cui rintanarmi. 
C'è molto di me in tutti loro e sono felice di aver condiviso con voi questa storia. In attesa del capitolo finale (Lasciatemi una attimo per correggerlo degnamente tra un impegno e l'altro, voglio fare le cose per bene e penso di pubblicare la prossima settimana, il 12 o 13 maggio, perché sono in trasferta per quasi 7 giorni) mi riservo di dedicare questa storia a Isotta, che mi ha supportato in questo lungo viaggio, Saretta, che l'ha vista nascere tantissimi anni fa, Fabio che mi ha spinto a pubblicarla e poi i miei recensori e lettori, tutti voi, ma in particolare i più assidui e presenti, che con le loro analisi e commenti mi hanno aiutato moltissimo a migliorare e correggere ogni capitolo: GattyP, Arisky, Keira Lastrange, Thranduil Laufeyson, Megumi. 

Vi abbraccio più forte del solito. 
Ci vediamo con l'epilogo.
Sarà un ultimo viaggio insieme con questi personaggi. 

Con affetto. 
vi

  
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