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Autore: Little Firestar84    13/05/2021    18 recensioni
“Ryo, io non so cosa tu abbia fatto al Professore per farlo arrabbiare così, ma quel vecchio babbeo ti ha messo alle calcagna l’immigrazione, e se non ti inventi qualcosa subito…” La donna gli sbraitò contro a bassa voce, afferrandolo per il collo e dandogli una bella scrollata perché capisse la gravità della situazione.
Alla vigilia delle nozze di Sayuri, Ryo si scopre in difficoltà: qualcuno gli ha tirato un tiro mancino, dandogli un nome, una data di nasciata, ed un passaporto... non Giapponese. Con un piccolo burocrate alle calcagne, deciso a caricarlo sul primo aereo con destinazione Colombia, Ryo si vede costretto ad improvvisare un fidanzamento con una certa Giapponesina dai capelli rossi e gli occhi castani per evitare guai... Peccato che questa piccola bugia scateni guai ancora più grossi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Vestiti casual addosso, raccattati al duty free, mani in tasca, una sacca con il minimo indispensabile, Ryo e Shinsato erano al gate dell'aeroporto, pronti per l’imbarco dello sweeper, destinazione Sud America.

La mano di Ryo andò al petto, dove mancava la fondina e la Python, senza il cui peso e la presenza si sentiva nudo. Aveva freddo, Ryo: si sentiva gelare, ma soprattutto avvertiva un senso opprimente di solitudine, e aveva la netta impressione che non sarebbe stato mai più felice - non senza i fratelli Makimura nella sua vita, senza i suoi amici, senza la famiglia che negli anni si era creato, quelle persone che, nonostante tutti i suoi tanti difetti, le sue stranezze, nonostante conoscessero il suo passato e le colpe di cui si era macchiato, avevano scelto di rimanergli accanto negli anni e supportarlo nelle sue scelte, spingendolo a crescere.

“Avrebbe dovuto cedere fin dal principio, signor Saeba,” Shinsato sogghignò, apparendo perfino più tronfio di quello che effettivamente era: Stava fiero, impettito nemmeno fosse un pavone, mettendo il petto in bella vista, senza nemmeno accorgersi di cosa l’uomo al suo fianco effettivamente provasse: lui aveva raggiunto il suo obiettivo, e tanto bastava, chiunque avesse incontrato lungo il suo cammino si meritava di essere schiacciato o peggio. “Beh, almeno si è fermato in tempo, e la sua amichetta non subirà ripercussioni… sono un uomo d’onore, io!”

Ryo non gli dette la benché minima attenzione, perso nell’imprimere nella memoria ogni più piccolo particolare della sua vita in Giappone, gli anni passati accanto a Kaori, la sua bellezza quel giorno, la perfezione assoluta di quella creatura che sembrava più divina che umana in quel giorno che sarebbe dovuto essere uno dei più belli della sua vita- delle loro vite. Tirando un sospiro profondo, preparandosi psicologicamente al lungo volo, Ryo per un attimo rimpianse di aver parlato, e di averla lasciata andare, di non essere stato abbastanza uomo da piegarsi al bruciante desiderio che per anni lo aveva attanagliato.

Farla sua, non per una notte ma per una vita intera.

Essere il suo uomo- l’unico, il solo a conoscere il piacere che quel corpo divino avrebbe potuto dare e ricevere e provare. Essere suo maestro, insegnarle che non era meno delle altre donne, anzi, valeva dieci volte di più della migliore delle altre, e cosa significasse essere femmina fertile colma di desiderio, un desiderio per cui non aveva da nutrire pudore e vergogna, perché totalmente naturale.

Ma non avrebbe mai insegnato a Kaori cosa significasse essere la sua amante.

La sua sposa.

Sua moglie.

La madre dei suoi figli.

Adesso, era tutto finito. Lui se ne sarebbe andato, col tempo Kaori lo avrebbe dimenticato, sarebbe tornata a vivere la sua vita, una vita normale, da persona comune, lontana dal mondo della criminalità, degli sweeper e dei mercenari e delle organizzazioni malavitose come la Union Teope. Aveva sempre pensato che quella fosse la scelta giusta: adesso aveva trovato il coraggio di compiere quel passo e lasciarla andare, libera.

Non lo sapeva ancora, appena ferita nel cuore e nell’orgoglio, ma un giorno lo avrebbe ringraziato, magari avrebbe chiamato come lui il suo primogenito… o forse no. Magari un giorno avrebbe deciso che dimenticare quella parentesi crudele, fatta di insulti e cattiverie e violenza sarebbe stato molto meglio, e lui sarebbe stato solo qualcuno a cui il suo pensiero andava, fugace, di tanto in tanto.

Lui, invece, non l’avrebbe dimenticata mai.

La piccola Sugar Boy che lo aveva fatto riflettere su cosa volesse dire essere uno sweeper,  e mettersi al servizio degli altri.

L'irruenta Kaori, che gli aveva insegnato fino a che punto un partner era disposto ad andare per il proprio compagno.

L’innocente Cenerentola che gli aveva fatto battere il cuore.

La sua Sugar, che gli aveva insegnato il significato della famiglia, dell’amicizia… dell’amore.

No, lui, Kaori Makimura, non se la sarebbe tolta dalla testa fino a che avesse avuto anche un solo alito di vita in corpo.

“Ryo, aspettami!” Lo sweeper sorrise, facendo un passo avanti, un altro passo che lo portava più vicino al paese dove era cresciuto, e più lontano dalla sua Kaori, scuotendo leggermente il capo: adesso, così concentrato su di lei, aveva perfino le allucinazioni uditive, e immaginava che lei lo chiamasse, con quella dolce voce rotta dal pianto, dal bisogno…

Dannazione, Ryo, vuoi fermarti e girarti, brutto zuccone? Guarda che se non mi aspetti giuro che ti lancio dietro uno dei miei martelli!” Ryo sollevò il capo e alzò un sopracciglio, chiedendosi se fosse impazzito del tutto: continuava a sentirla che chiamava il suo nome e lo minacciava di prenderlo a martellate... quanto gli sarebbero mancate! Ormai era da parecchio che lo sciocco con le donne lo faceva solo per attirare l’attenzione, le ire e la gelosia di Kaori, conscio che quello era il modo maldestro della sua donna di marcare il territorio, una versione scenografica della semplice frase Ryo, mio!

Però poi Ryo vide Shinsato alzare gli occhi al cielo, e grugnire in tono lamentoso, e capì, quando ancora e ancora sentì quella voce squillante chiamare il suo nomee minacciarlo, che non si stava immaginando tutto: Kaori era davvero andata a riprenderselo!. Lei lo aveva raggiunto: aveva avuto il coraggio di fare qualcosa che a lui non sarebbe mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello, codardo com’era nelle questioni di cuore.

Ryo lasciò cadere il borsone a terra e le corse incontro, prendendola tra le braccia quando lei gli si gettò addosso, braccia intorno al collo,  il viso macchiato di trucco nascosto nella spalla del partner. Ryo la strinse, sorridendo, sentendo il suo cuore che finalmente riprendeva a battere, il suo corpo che si riscaldava, e come un fiore a primavera, tornava a vivere grazie alla carezza della presenza della sua amata.

“Non saresti dovuta venire qui…” le disse, senza tuttavia esserne veramente convinto, perché in cuor suo sapeva che l’avrebbe aspettata per l’eternità se fosse stato necessario. “Sciocchina, adesso quest’ometto cosa dirà?”

“Dica quel che vuole, non mi importa, l’importante è che tu senta quello che ho da dirti, Ryo, perché tu non puoi dirmi che sono la persona più importante della tua vita e poi andartene così, dandomi le spalle, affidandomi a Mick come se fossi un pacco postale… tu hai detto la tua al tempio, e adesso lasci parlare me, perché io sono una donna adulta, brutto idiota che non sei altro, non sono più la ragazzina che hai incontrato tanti anni fa o quella che il tuo migliore amico ti ha affidato!” Proclamò la donna, scostandosi da Ryo, e asciugando due grossi lacrimoni con la manica dell’abito da sposa, che rimase irrimediabilmente macchiato.

Tirando su con il naso, la giovane abbassò il capo, le sue gote coperte di trucco bianco che si coloravano di rosso per l’emozione. “Ryo, io… quello che ho detto quel giorno all’ufficio dell’immigrazione… è tutto vero. Ti amo da tanti anni, e vorrei solo che tu potessi mantenere la promessa che mi avevi fatto, che avremmo festeggiato tutti i nostri prossimi compleanni insieme. Per questo ho accettato di sposarti, non perché fosse una tua imposizione o chissà che, ma perché… ti voglio, e basta. Non voglio vivere senza di te, perciò se te ne vai… io ti seguo, perché sono stufa che tu scelga per me!”

Proprio come quel giorno in cui si erano scambiati quella promessa, si presero per mano, e lui la trascinò nel suo caldo, sicuro abbraccio, respirando a pieni polmoni il profumo dell’incenso che aveva riempito il tempio, la pelle calda di lui che contrastava con la freschezza delicata della seta dell’abito da sposa.

Erano sotto gli occhi di tutti, ma per una volta, a Ryo non importava: che lo avesse sentito anche il mondo intero che Kaori era la sua donna, che si amavano, da quel giorno l’avrebbe sempre difesa, costasse quel che costasse, nessuno si sarebbe più potuto mettere sulla strada della loro felicità, mafiosi, killer, burocrati, si sarebbe occupato di tutti loro, in un modo o nell’altro.

Avrebbe difeso Kaori. La sua famiglia. Quella che già c’era… e quella che sarebbe arrivata nel futuro, se il destino lo avesse voluto: renderla madre sarebbe stato la coronazione del loro sogno d’amore, la sua dolce Kaori, cuore della loro famiglia, era nata per avere un figlio in grembo, nella sua vita, crescerlo ed amarlo.

“Sei davvero sicura di volermi, di voler stare con me?” le domandò, cercando gli occhi bellissimi della fanciulla, che mai mancavano di fargli battere il cuore all’impazzata, emozionarlo come quel primo giorno di tanti anni prima. “La tua vita sarebbe molto più semplice se io non ci fossi, lo sai, vero?”

“Forse, ma se avessi voluto la semplicità,” gli rispose scrollando le spalle, e alzando gli occhi per incontrare quelli di lui. “me ne sarei andata quando Hide è morto, non avrei aspettato così tanto tempo. Ryo, io, io non voglio un’altra vita, perché questa mi piace, mi piace viverla appieno con te, giorno per giorno, anche se è piena di inconvenienti e avventure a volte senza senso. Perché la mia vita senza di te non avrebbe senso… sarebbe solo un inferno senza fine.”

Sorridendole, Ryo le portò le mani al viso, sollevandolo, e si chinò su di lei; chiusero gli occhi nel medesimo istante, e mentre Kaori si mordicchiava il labbro, la bocca di Ryo scese sulla sua in un bacio caldo e profondo che sapeva  di amore e di casa, e che la scaldò da capo a piedi, rendendoli sordi al mondo esterno, a tutte le persone che fischiavano, sussurravano, spettegolavano, applaudivano e facevano pure loro delle foto, quasi fossero stati delle celebrità - e forse non lo erano, ma mentre stavano l’uno tra le braccia dell’altra, apparivano come i protagonisti di una moderna fiaba, non solo per la bellezza dei loro corpi, ma anche per quella delle loro anime che sembravano illuminare tutto.

Staccatosi da lei, Ryo, con quel suo sorriso sornione, un po’ birichino, che sembrava non voler preannunciare nulla di buono, si mise in ginocchio, tirando fuori dalla tasca una scatolina di velluto nero che aprì con maestria, con una sola mano, prima di gettarla in un angolo, infischiandosene di dove sarebbe finita. La sinistra di Kaori nella sua, teneva tra pollice e indice un anello, semplice, una vera d’oro con un piccolo brillante, con una decorazione semplice.

“Ma, ma, Ryo…” Kaori si portò una mano al viso, cercando di nascondersi per l'imbarazzo. “Tu mi hai già chiesto di sposarti…”

“Dai, socia, lasciamelo fare per bene, e stavolta sul serio… hai avuto una proposta immaginaria, una finta… la terza sarà la volta buona!” Le fece l’occhiolino, il sorriso che non ne voleva sapere di lasciare le sue labbra.

“Kaori, sono ormai tanti anni che sei al mio fianco, nel lavoro… e nella vita. Tu col tempo sei diventata come un membro della mia famiglia. Ti amo, e sono abbastanza uomo da ammetterlo… e se lo vorrai, desidero che tu diventi parte a tutti gli effetti della mia famiglia…. per sempre.” Le sorrise, sincero ed onesto; un sorriso raro, di quelli che Ryo non dispensava a destra e manca, e che proprio per questo erano tanto cari a Kaori, che quasi sempre li riceveva. “Kaori, lo so che non sono perfetto, che ho tanti difetti, che il mio passato è tutt’altro che fulgido, ma se starai al mio fianco, cercherò di fare del mio meglio per essere degno di te... mi vuoi sposare?”

La donna fece cenno di sì col capo, il viso solcato da lacrime di gioia, e dopo averle fatto scivolare l’anello al dito, Ryo si alzò in piedi; la abbracciò, prima di catturare la sua bocca in un focoso bacio, a cui fecero da sfondo gli applausi di tutti i presenti.

Di tutti, tranne di uno… Shinsato, che mogio sospirava, prevedendo la mole di lavoro che avrebbe avuto nei giorni seguenti. Quando avrebbe dovuto rifare tutte le interviste sul caso Saeba… conscio,  stavolta, che non si trattava più di una farsa, ma della realtà.

Gettato il fascicolo alle sue spalle, se ne stava andando, mani in tasca, la sua amata ventiquattrore dimenticata in un angolo, quasi fosse stata  solamente la vestigia di un passato ormai da dimenticare, quando si sentì chiamare per nome.

Era l’Ispettore Nogami.

Svogliatamente, cercando di apparire il più arcigno possibile, si diresse verso la donna, squadrandola con sguardo truce- uno sguardo che non durò, perché lei gli sorrise, disarmante, e lui alzò gli occhi al cielo, sbuffando.

“E adesso cosa vuole, Nogami?”

“Beh, stavo pensando, che magari potrebbe fare a tutti noi un grandissimo favore…” da dietro la schiena, la donna produsse un foglio, che l’uomo le strappò di mano e studiò attentamente: era un certificato di matrimonio, a cui mancavano solo quattro firme: quelle degli sposi, dell’ufficiale che li avrebbe sposati e di un testimone.

Sbuffando come un toro inferocito, Shinsato strinse tra le mani il foglio, spiegazzandolo. Davvero quella donna credeva… ma si rendeva conto di cosa gli stesse chiedendo? Ma poi, come si permetteva? Essere così sfacciata, così audace, e così plateale…. Poteva essere più palese il fatto che quella donna maledetta avesse già organizzato tutto fin dal principio, previsto tutti i vari scenari possibili?

E adesso osava chiedere, proprio a lui,  di rendersi loro complice?

“Lei vorrebbe che io…” sibilò a denti stretti, senza finire nemmeno la frase. Gli occhietti arcigni si fecero quasi rossi, e Saeko vide effettivamente la somiglianza con certi ratti di cui Ryo aveva parlato.

Saeko batté gli occhioni e le ciglia, mettendo il broncio come una bimbetta, tentando di apparire il più civettuola possibile mentre si avvicinava all’uomo, quasi strofinandosi a lui.

“…Io vorrei tanto che lei facesse firmare a Ryo e Kaori questo documento che guarda caso avevo con me, così da formalizzare la loro posizione… lei dopotutto nelle sue vesti di ufficiale governativo può farlo… e qui ha tutti i testimoni che vuole..” continuò, civettuola, passandogli una mano sul petto, seducente e manipolatrice.

“Ma… ma io, veramente…” L’ometto fece un passo all’indietro, tentò di mettere distanza tra lui e la bella ispettrice, ma lei non sembrava volerne sapere. Anzi: quasi sembrava che lei continuasse a cercarlo ancora di più, insistente nel suo approccio.

“Il fatto è che sarebbe un tale peccato sprecare altro tempo… Kaori e Ryo si amano così tanto, e lei è all’antica, e non credo che Ryo resisterà ancora a lungo senza  toccarla… non so se ha capito cosa intendo..” Gli fece l’occhiolino, e l’uomo arrossì; alle sue spalle, sentendo quelle parole, Ryo, che aveva ancora tra le braccia Kaori, prese a sbavare, solo a ricordare cosa era successo quella mattina, la sensazione di stringere Kaori con quel pigiama di seta addosso, avvertire sotto alle sue dita ogni curva… e far sentire a lei cosa fosse il vero desiderio, quanto lei lo accendesse e lo eccitasse.

Senza aspettare che gli venisse dato il via, Ryo strappò le carte di mano all’uomo e le firmò, spingendole poi in mano alla sua sposa perché le firmasse anche lei. Un po’ mogia, la donna guardò i fogli, poi guardò lui, e poi prese a lamentarsi, con sguardo truce.

“Certo che tu il romanticismo nemmeno sai dove sta di casa, eh?” Kaori sbuffò, tuttavia, mentre parlava, la mano si muoveva veloce sulla carta, lasciando segni precisi e leggibili al suo passaggio. Una volta che ebbe finito, Ryo le strappò di mano il foglio, e lo passò prima a Saeko, per farla firmare in veste di testimone, e poi a Shinsato, che, lasciando  anche lui la sua firma, alzò gli occhi al cielo, e mettendo poi il documento nella tasca della giacca, dato che non aveva la più pallida idea di dove, in quel bailamme, la sua valigetta fosse finita.

“Per il potere conferitomi dallo Stato del Giappone e dalla città  e dalla Procura di Tokyo, vi dichiaro marito e moglie. Può baciare….”

Occhi sgranati, il burocrate sbatté le palpebre mentre vedeva Saeba letteralmente divorare la bocca della sua sposa, prendendola in braccio, prima di caricarsela in spalle, quasi fosse stata un sacco di patate, e correre fuori dall’aeroporto senza degnare nessuno dei presenti con un saluto, un grazie, o qualsiasi altro segno di civiltà: aveva decisamente fretta.

Evidentemente, le storie che gli avevano raccontato su quanto la mente dell’uomo fosse incanalata ossessivamente verso un solo pensiero erano vere: Ryo Saeba aveva il sesso in testa ventiquattro ore su ventiquattro sì, ma non con tutte, solo con la sua donna. Alla fine aveva avuto torto, e quei due squinternati si amavano davvero alla follia. Certo, li avrebbe visti ancora per sistemare le ultime pratiche del caso, ma ormai era evidente che si sarebbe dovuto scordare per l’ennesima volta la promozione.

“Mah, Ryo! Mettimi giù, so camminare da sola!” La donna squittì, arrossendo vistosamente in volto- sembrava essere una sua caratteristica peculiare, arrossire sempre, per qualsiasi cosa. “E poi è da maleducati lasciare così gli ospiti!”

“Eh no eh, Kaori, guai a te se ti lamenti!” Ryo sbuffò mentre, donna in spalla, usciva dall’aeroporto, attraendo le occhiate curiose degli spettatori, che si immaginavano essere su una Candid Camera. “Sono anni che mi tengo dentro tutta questa smania e tengo al guinzaglio il mio mokkori con te, fino adesso ho fatto il bravo… volevi arrivare pura al matrimonio? Ci sei arrivata! Ma adesso guardiamo di rifarci del tempo passato, va bene socia?”

Kaori non arrossì, ma stringendosi a lui, e accomodandosi meglio nel caldo e protettivo abbraccio di Ryo, gli sorrise, e lui le lasciò un delicato bacio sulla fronte, che sapeva di amore, casa e futuro, promesse che stavolta Ryo Saeba aveva ogni intenzione di mantenere - erano finiti i tempi dei passi indietro.

“Non socia, Ryo,” gli disse lei, lasciando un delicato bacio sul collo dell’uomo, occhi sognanti e una voce delicata, e per la prima volta Ryo avvertì chiaramente quanto Kaori in realtà non fosse più una ragazzina, quella giovane da lui incontrata tanti anni prima, ma donna, vera, reale, tangibile, dolce e sensuale, tra le sue braccia.

“Hai ragione, Kaori, adesso non posso più chiamarti socia, dato che sei stata promossa…” Le fece l’occhiolino, sorridendo sornione e fascinoso, ma tanto, tanto innamorato. “Ti va bene… Moglie?”

All’aeroporto, Shinsato li guardò salire su un taxi e  allontanarsi verso la loro oasi di felicità e lussuria, mentre lui rimaneva lì col magone e le mani vuote: addio vacanza, addio promozione, poteva scordarsi un appartamento in un quartiere decente.

Fece un ultimo, disperato, tentativo, e corse dietro alla macchina, rimanendo in mezzo alla strada mentre si metteva a gridare a squarciagola.

“VI ASPETTO GIOVEDÌ ALLE SEDICI NEL MIO UFFICIO, NON PENSATE CHE SIA FINITA QUI, IO DEVO ANCORA INTERROGARVI!”

Tuttavia, lasciò ricadere le braccia, lunghe, ai alti del corpo: ormai lo sapeva, quei due avrebbero passato il test, avrebbero superato qualsiasi prova che lui o il governo avesse messo loro davanti.

“Eh già, sono proprio una bella coppia, eh?” L’uomo che lo aveva raggiunto domandò, retorico, stringendo una bella brunetta tra le braccia.

Shinsato si voltò a guardarlo, ed un sorriso maligno, degno del migliore-o forse peggiore - diavolo tentatore si dipinse sul suo volto.

“Michael Angel, se non erro….” Shinsato sogghignò, facendosi sempre più vicino al biondo americano. “Sa, mentre investigavo sui signori Saeba, mi sono imbattuto in alcune carte che la riguardavano molto da vicino, e ho pensato che avremmo potuto discutere della sua posizione nel nostro beneamato Paese a cose fatte…” eruppe in una risata sinistra, mentre ormai Mick si trovava, letteralmente, con le spalle al muro, ed il piccolo ed insulso burocrate davanti al viso, incutendogli terrore come e più di tutti i micidiali killer affrontati nella sua lunga carriera di sweeper. “Tra l’altro, mi saprebbe spiegare come mai risulta deceduto sul volo 512 della Japan Airlines? Sono proprio curioso di sapere che cosa si inventerà!”

Grazie a Brume per la fan-art di accompagnamento a questo capitolo! firestars
   
 
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