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Autore: Evil Daughter    07/06/2021    7 recensioni
Durante una festa, Bulma esprime un desiderio. Il Dio Drago la ascolta e poco importa se lei non intendeva sul serio le proprie parole, lui obbedisce.
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Ultimo capitolo pubblicato: 7. NESSUNO TOCCHI LA REGINA. (illustrazione di apertura all'ultimo capitolo: FASTIDIOSA per i fan di Bulma, di Radish, di Vegeta, il capitolo stesso è insopportabile, ve lo sconsiglio.) / Storia illustrata/ PG che aggiungo qui oltre a quelli giù segnalati: Dodoria, Freezer.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Nappa, Radish, Vegeta, Zarbon | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Con parole ed immagini a me piace intrattenervi. Quantomeno, ci provo.

 

Chiedete e vi sarà dato. Ottenete e vi sarà tolto.
 

 

2. Testa mozza

 

 

L’oscurità non dava pace, l’oblio aveva abbracciato le membra.

Sotto la pelle, sentiva punte acuminate, fredde; dolorose a contatto con la testa; le dita di Bulma strinsero qualcosa. Lei aprì gli occhi, un cielo tenebroso sembrava volerla inghiottire. Le mancava il respiro. Portò la mano all’attenzione dello sguardo: dura, gelida e tagliente come vetro, malvacea, non era una comune pietra quella che teneva fra le dita e che percepiva in tanti altri milioni di pezzi sotto di sé. E se il cielo cupo ricordava la presenza del Dio Drago, Shenron era assente; la musica, i lucori allegri della festa, la Capsule Corporation, l’odore di cioccolato, intorno, era tutto scomparso.

Dove sono?

Stesa al suolo. Uno sul quale muoversi non sembrava essere più un’azione naturale; come una farfalla immobile inchiodata in una teca, morta.
Però Bulma torse il collo, le braccia tese simili a stecchini e le gambe pesanti; si ribellò alla stasi di cui era rimasta inconsapevole vittima. L’oppressione al petto si fece più intensa. Tossì e vide il proprio respiro condensarsi bianco, congelarsi; strappare definitivamente ogni buona speranza: quella non era l'aria calda di casa. Stava concretizzandosi una sinistra ipotesi, la sua famiglia era molto lontana da lei. Inspiegabilmente dissolta.

Mettersi in piedi, una fatica. E le lacrime agli occhi facevano male se iniziavano a ghiacciarsi.
Indossava ancora l’abito della festa, almeno. Ma prima di prender completa coscienza del disastro in cui era finita, dello scherzo spaziotemporale a cui s’era condannata: «Pare sia viva», una voce sconosciuta comparì alla sua sinistra. Bulma ruotò il capo, voleva vedere a chi appartenesse il tono cavernoso, quella voce le confermava di non esser passata a miglior vita, di non trovarsi all’inferno, eppure, credere di esserci vicina era facile.
Magari qualcuno la avrebbe aiutata a capire.
Invece, una luce affilata e accecante le venne conficcata nelle pupille lasciandola momentaneamente al buio.
«Secondo te chi è?», altra voce ignota, stavolta a destra.
«Che importa, se respira è ancora buona da mangiare
Al cuore arrivò una strizzata di spavento, la vista doveva tornare in fretta.
E no, non c’era parvenza di soccorso. Lei era un’ingenua.
«Se la portassimo alla base?»
Base?
«E perché? Nessuno sa che è qui, sarà il nostro spuntino segreto.»
«Hai ragione, prendiamola!»
Non c'era tempo per continuare ad insistere che fosse un incubo spiacevolmente realistico, le voci pregne di intenzioni per nulla amichevoli si stavano avvicinando pericolosamente; Bulma udì coppie di passi schiacciare la terra saturnina su cui ancora stava distesa. Stropicciò gli occhi accecati. Ecco, adesso vedeva chiaramente: erano in due, come aveva sentito, e le puntavano contro il braccio teso e armato, avevano un aspetto disumano. Ma questo era il dettaglio meno sconvolgente a confronto degli abiti che indossavano; ovvero, la stessa vecchia divisa aliena dell’uomo che non aveva voluto sposarla.

Ricordò: stava parlando con Vegeta, prima di risvegliarsi in quella situazione.

«Non sembra avere addosso tanta carne», disse il tizio alto con la testa di mantide.
«Se non la vuoi tu, me la prendo io», gli rispose il compagno non dissimile ad una lucertola.
Era il momento di muoversi.
«Cosa fa? Scappa?»
Sì, esattamente ciò che Bulma stava tentando, pure se la mossa era più simile ad un singhiozzo. Le riuscì meglio urlare, gridare fino a tranciare le corde vocali. Guaire il dolore immaginato e quello che veramente avrebbe patito, credendosi innocente in quella faccenda e sperando sotto sotto che fosse solo immaginazione, pazzia, l'alcol bevuto.
Perché era colpa di Vegeta.

Avvertì qualcosa di viscido ma dalla presa d’acciaio afferrarle la gamba sinistra e salire tortile lungo la coscia. Sentì il vestito lacerarsi; era un capolavoro di sartoria quello che indossava, realizzato dalle mani sapienti e dal gusto originale di uno stilista molto rinomato a West City, pagato profumatamente, un peccato; e intanto, lei veniva trascinata indietro avvertendo la gamba venir punta. Perse una scarpa.
Gridò più forte, piantò le unghie nel terreno pietroso e tagliente, lottò per sottrarsi al lugubre destino che la voleva preda di cannibali, probabilmente alieni.
La pelle si sbucciò su ginocchia e gomiti, tre delle sue unghie perfette e laccate si spezzarono durante la resistenza inutile.
La fine era a pochi centimetri. Bulma si girò appena per guardarla: a ghermirla c'era una lunga lingua rossa. Apparteneva al testa di lucertola, che spalancava le fameliche fauci ancora e ancora. Strattonandola, ferendola. Facendole aprire la pelle bianca sulle pietre affilate.
Bulma ululò disperatamente, l’alieno era pronto a divorarle il piede.

E poi... Zak!

In un attimo, la forza aggressiva e la presa omicida svanirono.
Vide la gola dell’alieno aprirsi lentamente, sorriderle macabra, e la testa cadere indietro fino a staccarsi. La sentì sbattere a terra, contro le pietre aguzze, in un tonfo pesante. Una fontana di sangue scuro schizzò per ben tre volte dal collo acefalo, tante quante il cuore ne pompò prima di fermarsi, con getti alti ed intensi. Bulma ne fu, suo malgrado, benedetta.

«No, Sperg! Chi è stato?! Dove sei bastardo?!», riuscì a parafrasare l’altro, poco prima di essere raggiunto al cervello da un raggio energetico e accasciarsi abbattuto.

Morti entrambi.

Bulma deglutì, disgustata al punto che avrebbe presto vomitato. Vide il corpo senza testa caderle accanto. Tremò terrorizzata. Nel frattempo, il sangue le stava appiccicando i capelli, lo sentiva colarle addosso caldo di aorta recisa. Un conato le arrivò in gola, puntuale.
Avvertendo qualcuno presentarsi alle sue spalle, lei cercò di resistere e voltarsi.
Quando vide, non credette ai propri occhi:

Vegeta?!

In piedi, fra i cadaveri, sembrava il dio della morte. Monumentale, spaventoso. Era giovane, ma di aria austera. Solennemente crudele. Lo sguardo, poi, era assente, privo di emozioni. Indossava lo scouter, il cui vetro tingeva di cremisi una delle iridi nere e stava già traducendo la reazione vitale di Bulma in simboli che lei non comprendeva, in lingua nemica.

Non aveva il coraggio di parlargli, di chiamarlo, di pronunciarne il nome, perché quello, per quanto somigliante, ne era sicura: non era il suo Vegeta.

Provò il distacco, la paura che mai aveva avvertito dinnanzi a lui, quella che probabilmente avevano coloro che, sfortunati, incrociavano il cammino col principe più spietato. O erano vittime del suo assalto. Solo una volta, su Namecc, lo aveva visto tanto minaccioso. Ma erano vecchi ricordi. Memorie. Nemmeno quando il mago malvagio aveva tentato di possederlo lei aveva provato tanta paura.

Il saiyan avanzò grifagno verso di lei. Reale e regale. Assassino.

«Non-non avvicinarti!»

Bulma tentò di nuovo di scappare. L’arto inferiore, lambito ancora dalla lingua ripugnante, muovendosi e sgambettando, faceva rimbalzare la testa mozzata qua e là sul terreno aguzzo, senza liberarsene.
«No, no! Non toccarmi!» 
Chiuse gli occhi, immaginando una fine simile a quella ottenuta da chi voleva cibarsi di lei.
Se lo sentì addosso, dimenò le braccia per respingerlo.
«Non uccidermi! NO!»
«Ferma, sta’ ferma!», il dio della morte parlò.
Ma lei continuava ad agitare le braccia combattendo il respiro insufficiente. Annaspando l’aria ghiacciata.
«Bulma! Bulma guardami, devi guardarmi! Sono io!», il dio ricordava il suo nome.
Lui le prese il viso fra le mani obbligandola a fissarlo. Mani calde. E finalmente, in quel cupo tunnel che erano gli occhi del dio, lei riconobbe un flebile lumicino.
«S-sei tu? Sei veramente il mio Vegeta?»
Il saiyan annuì debolmente. S’era reso conto lui stesso del guaio accaduto. Il proprio aspetto ne era tragica conferma.
Bulma mutò il viso in una smorfia lacrimevole. Piangere faceva male, poteva tagliare la pelle.
«Che è successo? Perché siamo qui? Cos’è questo posto, q-quelli che hai ucciso... E dove sono gli altri? Trunks, nostro figlio, dov’è?»
Aveva parlato velocissima, stravolta. Aveva bisogno di risposte.
«... Non lo so. Io non lo so.», le mentì. Vegeta un’idea se l’era fatta, però, voleva procedere gradualmente. Era già abbastanza scioccante ritrovarsi a vestire quei panni tanto difesi e odiati allo stesso tempo, per un lungo periodo della sua vita.
«Sei ferita? Senti dolore?»
Taglietti sparsi. Poteva stare meglio. O peggio.
«Sto bene. Mi hai salvata. Il resto non è nulla.»
Lo fece arrossire e Vegeta, imbarazzato, cercò di non incrociare nuovamente lo sguardo della donna da lui mai impalmata. Eppure l'amava. Stavano parlando di questo prima di...
«Fammi vedere la gamba, provo a toglierti questa schifezza di dosso.»
Quando lui la sfiorò, con i guanti, a Bulma si mozzò il fiato. Vederlo in abiti saiyan, gli stessi con cui aveva tentato di conquistare la Terra e uccidere tutti, vederlo toccarla delicato, era un ossimoro per la vista ed una conferma per il cuore.
«S-sei veramente tu?»
«Chi altri sennò?»
Lo osservò provare a liberarla della lingua attaccatasi alla pelle come una ventosa.
«È ricoperta di spine, spero non siano avvelenate», confermò lui. Ma per quanto grave potesse essere quella dichiarazione, Bulma non se ne preoccupava. Era confusa. Affascinata, quasi lo stesse vedendo per la prima volta.
«Ti fa male se faccio così?»
«No»
«Bene, provo a staccarla.»
In poche mosse, Vegeta la liberò del muscolo disgustoso; tuttavia, la gamba stava gonfiandosi proprio dove era stata punta e la pelle era macchiata di ematomi grigiastri.
«Hai bisogno di un antidoto.»
«Morirò?»
«Se lo prendi in tempo, no. Quello voleva digerirti iniettandoti i suoi succhi gastrici – disse il saiyan, analizzando la lingua orribile – ti avrebbe sciolta e avrebbe iniziato a succhiarti mentre eri ancora cosciente.»
«Grazie della spiegazione, ora mi sento davvero tranquilla... », ma c'era poco da essere ironici. Infatti: «Non muoverti!», scattò lui. E pur volendo, Bulma non ce la faceva a reggersi in piedi.
Lo scouter si era attivato da solo. Dopo alcuni bip, l'apparecchio localizzò diverse forze combattive in movimento avvicinarsi a loro. Il saiyan si voltò nella direzione indicata. Digrignò i denti.
«Vegeta, che succede?»
«Dobbiamo andarcene da qui!», affermò. Ma Vegeta era consapevole che in realtà non c'era un posto dove andare, in cui nascondersi, che scappare sarebbe stato inutile.
«Chi sta arrivando? – non le rispose – Tu hai capito cosa è accaduto, vero? Sai benissimo dove siamo, non è così? Perché non me lo dici?!»
Se lo sapeva? Se aveva capito? Di quel luogo, Vegeta portava le cicatrici.
«Hai i capelli più lunghi.», le disse, fuoriviando l'attenzione, ed era vero, Bulma riusciva persino ad afferrarli. Anche lei era diversa, più giovane.
Bulma giocò per un attimo con le ciocche che le carezzavano il collo, cercò di sistemarle, perché il sangue le aveva rese dure, puzzavano. Poi, un lampo di preoccupazione la portò ad accarezzarsi il ventre. La pancetta era ancora lì. Non l'aveva perduta.

«Bulma»
«Sì?»
«Adesso devi ascoltarmi e fare come ti dico.»

 

Continua...

Note:

1. Secondo capitolo. Sto mantenendomi su questa lunghezza, non arriviamo alle due mila parole.

2. Eh no, non vi rilassate, nonostante Vegeta pare ricordi tutto, devo spiegare ancora tante cose.

3. Ringrazio i recensori e tutti gli altri che in silenzio hanno dato fiducia a questa storia. Vi ringrazio per aver mostrato tutto questo interesse ed entusiasmo. Spero di esser riuscita a farvi divertire anche stavolta.

4. Come vi sembra il disegno? Pure se dico che l'ambiente è viola, a me purpureo faceva morire. Avrei potuto disegnare Vegeta come un vampiro, scommetto che ci sarebbe stato benissimo, se lo avessi fatto . ^^

Per chi volesse dare un'occhiata alle ultimissime storie pubblicate ve le metto qui. La prima è piena di miei disegni.

STANDBY

ULTIMO CAPITOLO: REMISSIONE, IATO. COITO. SI TRATTA DI VENDETTA. Iniziate pure dall'ultimo pubblicato. 
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Vegeta? Un folle omicida. Ma Bulma lo sa bene: mai fermarsi a giudicare unicamente la coda del mostro. 
La belva deve essere sempre osservata nella sua interezza. 
Periodo trattato: triennio antecedente ai cyborg, INIZIO RELAZIONE TRA BULMA E VEGETA.
STORIA ILLUSTRATA.
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ESTRATTI:
15: La mano le scivolò inconsciamente sulla tasca esterna della borsa, era lì che di solito Bulma metteva il cacciavite.
A Yamcha invece serviva un luogo con poche persone, e i motivi potevano essere molteplici.
«No, ti prego. Resta dove sei.», non poté fare a meno di dargli l’alt.
Lo vide sospirare, tra i denti.
5: Impossibile leggervi quali sentimenti celassero, apparivano come una minuscola rifrazione del suo mondo: arcano, inaccessibile, disgraziatamente tetro ed infelice; ma anche smodato, ruggente, senza regole, distruttivo. Cominciava a sentirsi trascinare da quel concentrato di perdizione, ne era risucchiata.
9:Bulma osservò meglio il dottore, ripensò a quanto le aveva detto poc’anzi, sull’inesistenza del gruppo sanguigno di Vegeta. (...)da scienziata, sapeva riconoscere la febbricitante euforia che si celava dietro gli occhi grigi del primario, una specie di ebbra follia (...) Bulma non si fidava.
 
 
 

 

   
 
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