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Autore: Chiara PuroLuce    16/06/2021    4 recensioni
Patty è sempre stata gelosa del rapporto di amicizia che lega Holly ad Amy, ma ora ha deciso di cambiare rotta.
Amy ha sempre cercato di avvicinare Patty, ma lei le si era sempre negata e con che grinta, ma se un bel giorno...
Una storia che tratta di un legame di amicizia, tanto insolito quanto vero che riserverà non poche sorprese alle due ragazze e non solo a loro.
Tratto dal prologo:
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…
«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»
«Come? E perché?»
«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Yayoi Aoba/Amy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Continuo a dire che tutta questa storia è assurda, ragazzi.»

«Hai ragione Cliff, anch’io non ne vedo la necessità a dire il vero. Ma ormai è già stato tutto deciso e – come ha detto il signor Pearson – dobbiamo vincere» gli rispose Julian.

«Esatto e quindi dobbiamo mettercela tutta. Certo che considerare compagni di squadra coloro che abbiamo sempre sfidato sul campo… è strano, ma alla fine sarà anche un modo per migliorarci e crescere ulteriormente da professionisti quali siamo» esordì Holly.

«Resta il problema della lingua» fece presente Cliff «a parte Diaz, Pascal e Galvan che parlano benissimo il giapponese, gli altri fanno fatica e noi non siamo da meno.»

«Vero, ma impareremo a comunicare. Abbiamo tempo anche per questo e poi credo che ci saranno anche dei traduttori professionisti nel gruppo» ribatté lui, preoccupato per quel nuovo ostacolo.

Quando lui doveva partire per il Brasile, aveva avuto per tre anni Carlos ad aiutarlo nello studio del portoghese e poi in Spagna ci aveva pensato il mister ad assegnargli un bravo insegnante. Ma ora… la lingua rappresentava un bel problema, aveva ragione Cliff. Ah, in che guai erano stati cacciati. Ma ora basta, avrebbe ricominciato a pensarci dal giorno dopo, non voleva guastarsi il tempo da passare tra le braccia di Patty.
Finalmente tutte quelle ore di riunioni erano terminate e ora potevano dirsi liberi per tutto il resto della giornata. Non vedeva l’ora di rivedere la sua Patty e recuperare tutto il tempo perso lontano da lei.
In cuor suo sperava veramente che la proposta della Federazione venisse accettata e che lei e le altre tornassero a ricoprire il ruolo di manager.

 
«A proposito, amico, come mai hai voluto seguirci qua?» Gli chiese Julian.

«Sì, Cliff, me lo chiedo anch’io. E, un’altra cosa, quando durante la pausa di ieri ho chiamato Patty, lei mi ha detto una cosa che… non so, potrebbe essere legata al tuo venire con noi. Ho ragione?»

«Ah, sì? Dilla anche a me, Holly, che non posso certo saperla.»

«Se ci tieni tanto, ti accontento subito. Ha detto che aspettava Susie. A quanto pare ha approfittato della nostra riunione per seguire te e Sandy qua a Tokyo e passare del tempo con le sue amiche. Cos’è questa storia? Spiega, spiega.»

Come adorava mettere in difficoltà un amico. Dopo anni passati a sentire vaghe allusioni amorose tra lui e Patty – anche se era chiaro a tutti che i loro rapporti erano più tesi che mai – era bello potersi vendicare.
 
«Susie? La stessa Susie che chiami sempre ragazzina? Colei che tratti sempre male e che non sopporti, la nostra manager più svampita e pimpante di sempre? Mi sono perso qualcosa?» Intervenne Julian.

«Em… no. In realtà è semplicissima la spiegazione, ma non ve la dirò in mezzo alla strada. Perché non aspettiamo di essere nel vostro appartamento?» Propose un Cliff stranamente molto nervoso.

Non aveva tutti i torti. Per fortuna erano arrivati e non avrebbero dovuto aspettare poi molto per metterlo sotto torchio.
 
«Cliff, ti presento La Palazzina Fiorita, di Patty» disse una volta davanti alla facciata.

«Cavoli, per essere fiorita… lo è. Chi le ha dato il nome, la famosa zia defunta?»

«No, io» gli disse ridacchiando «gli si addice, ma devi vedere anche l’ingresso per capire cosa intendo» gli disse spalancando il portone.

In genere era una palazzina tranquilla quella, ma aveva appena chiuso l’ingresso principale che…
 
«Birba, vieni qui!» Urlò la voce di Miki.

«Oscar disgraziato, lasciala stare» quella era Patty.

«Vale sempre la pena rischiare se vuoi qualcosa» (Fuga da Alcatraz)

«Mister Wow, non ti ci mettere anche tu adesso e chi se lo aspettava che Oscar non era castrato. Ah, ma la nonna mi sentirà al suo rientro. Oscaaaaar.»

«Ehi, qualcuno li fermi, stanno scenden… Kohana, dove vai? Torna indietro subito» e anche la voce di Susie si unì al gruppo.

«Mister Wow in picchiata, ragazze. State attente là sottooooo» a quanto pareva anche Amy sapeva urlare.

«Oscar, guai a te se ti azzardi a…»

E poi il tempo delle parole finì. Birba arrivò nell’atrio di corsa, inseguita da Oscar che cercava di saltarle addosso senza successo. Una cagnolona mai vista prima scese le scale e – senza dubbio credendo fosse un nuovo gioco – alternava guaiti e agguati ora a una, ora all’altro felino. Mister Wow chiudeva il corteo svolazzando qua e là per lo stabile. Poi arrivarono le ragazze tutte trafelate e in modalità battagliera. Nessuno li degnò di uno sguardo, fino a che…
 
«Capitano, o mio capitano!» subito dopo l’Ara Giallo Blu gli planò sulla spalla.

E niente, quel pennuto aveva proprio un debole per lui che ne era ben felice, perché lo adorava.
 
«Ehilà amico, ti sono mancato?» Gli disse accarezzandolo. «Ma che sta succedendo qua?»

«Oh, ciao. Em… piccolo contrattempo animale» gli spiegò Patty.

«Piccolo? Ma se sembra scoppiata la guerra qua dentro» disse Clifford.

«Ha ragione lui, è il delirio totale. Come siete arrivate a questo?» Chiese Julian.

«Sì, bè… lasciatemi prendere Oscar e poi vi spiego» poi si girò verso il micione rosso e fece per avvicinarsi piano mentre lo lodava. «Andiamo, tesorino di zia, vieni in braccio a fare le coccole da bravo. A te piacciono le coccole, vero? Ecco, sta fermo così... braaavooo, ferm… fer… Oscar, no, ma che caz…»

E ciao ciao alla pazienza, gli sembrava strano che Patty non sbottasse. Holly guardò il micione rosso generalmente così calmo e dormiglione e…e niente, era fatta. Approfittando di un momento di distrazione di Birba, quel furbacchione intraprendente era riuscito a spuntarla e ora… oh, cazzo.
 
«Em… non so voi, ma io non mi azzarderei a staccarlo ora. A meno che non vogliate rimetterci una mano» disse un Julian divertito prima di scoppiare a ridere.

«Oscar, sporcaccione esibizionista che non sei altro» lo riprese Patty. «Dio, Miki, mi spiace così tanto» disse poi rivolta alla nuova amica che fissava la scena in preda alla ridarola.

«Ahahah e di cosa, vorrà dire che se Birba resterà incinta… per sdebitarti ti prenderai uno dei cuccioli che – detto tra noi – saranno una vera bellezza visti i loro manti.»

«Awww, ne voglio uno anch’io» intervenne Amy.

«Ma vi rendete conto che vi state già dividendo la loro prole e che siete delle guardone? Ma dico, un po’ di privacy» intervenne lui.

Che cosa aveva suggerito Miki? Oh, perfetto. E così da zero animali, si sarebbe ritrovato presto con un cucciolo peloso e – come da accordi con nonna Nozomi – anche con il padre Oscar e il pennuto Mister Wow, in un futuro molto remoto, sperava per lei.
L’ingresso si aprì nuovamente, facendo entrare una bella donna africana che sfoggiava tacchi altissimi, un vestito attillato molto corto, oltre che scollato e degli orecchini enormi che le arrivavano alle spalle. Un cappello di stoffa chiara a tesa larga la riparava dai raggi del sole inclementi quel giorno.

 
«Oh, ma tu guarda. Una rientra da un giro frenetico di shopping pazzo e si ritrova l’atrio pieno di bei maschioni. Che sta succedendo qua miei cari? Ahia.» Urlò infine appena il portone – che si era riaperto – le finì addosso.

Vanesia – ci mancava solo lei… o lui – carica di borse infilate sulle braccia, si era unita al gruppo e Steffen, quello non mancava mai.
 
«Scusa non ti avevo… vista. Oddio, c’è una festa e non lo sapevo?» Esordì il nordico guardandosi in giro per poi soffermarsi su Miki che era arrossita.

«In realtà noi tre stavamo salendo» gli rispose lui includendo i suoi amici «quando siamo stati raggiunti da una folla femminile che inseguiva quattro animali, due dei quali… bè…» e si spostò.

E l’urlo di sconcerto che lanciarono i due nuovi arrivati, confermò che ancora i due felini si stavano dando alla pazza gioia. O almeno Oscar, perché Birba non sembrava essere molto d’accordo.
 
«Oddio che scena bellissima. Bravo Oscar, sfogati pure che ti fa bene» disse Vanesia sconvolgendo tutti prima di dirigersi a chiamare l’ascensore e poi aggiunse girandosi verso di lei. «E comunque, Miki, ricordati di me quando nasceranno. Ho sempre desiderato avere un gatto e farei felice anche mio figlio che mi dice sempre “Papà ne prendi uno? Mamma non vuole e a me piacerebbe tanto!” Ciao cari, vecchi e… nuovi, a presto» concluse facendo l’occhiolino a Cliff e tastandogli un braccio. «Tanta roba, veramente tanta roba, oddio… improvvisamente sento un caldo pazzesco, devo essermi innamorata. Alto, massiccio, mascella squadrata e affascinante. Uomini così mi fanno impazzire. Spero di rivederti spesso qua dentro» poi fece il pollice su a Susie, le mormorò un “bel colpo” e salì sparendo alla loro vista in poco tempo.

Holly si azzardò a guardare l’amico che era diventato di tutti i colori e aveva la bocca aperta.
 
«Papà? Qu… quella donna ha detto… papà? Ma che… e non si riferiva a me, vero? No, vero? Assolutamente no, vero?»

«Cliffy, respira» a parlare era stata Susie «com’è che se ti dico io le stesse cose, tu mi giri al largo e mi intimi di piantarla e con lei non hai aperto bocca? Condivido ogni parola di Vanesia, lo sai ormai come la penso e non dovresti stupirti del suo interesse. Sei un bel bocconcino dopotutto.»

Cliffy? Ehi, un momento… Susie non aveva detto quello che credeva, giusto? Guardò Julian che fissava la scena sconcertato, ma muto e poi Amy e Patty che se la ridevano sotto i baffi che non avevano. La cagnolona chiamata Kohana scelse proprio quell’attimo per intromettersi. Raggiunse Cliff e – alzatasi su due zampe che gli posò sul petto – rimase in attesa fino a che lui, sorridendole distratto, le fece qualche carezza sulla testa facendola scodinzolare a più non posso. Questa poi.
 
«Em… ma perché non andiamo di sopra a parlare?» Gli ricordò lui prima che l’amico avesse una crisi isterica e richiamando l’ascensore subito dopo avere riconsegnato Mister Wow a Patty. «E anche tu, ti ricordo, ne hai di cose da dirci. Eccome se ne hai.»

«Infatti», intervenne un Julian sempre più divertito. «Ragazze, appena recuperate il Don Giovanni felino venite da noi che dobbiamo dirvi delle grosse novità» poi schioccò un bacio leggero ad Amy, salutò gli altri due inquilini e raggiuse i due amici che erano già saliti e lo stavano aspettando.

«Patty, dolcezza» disse Holly mettendo fuori la testa prima di chiudere la porta «non hai programmi per la serata, vero? Perché ho dei progetti per noi, più tardi. Molto più tardi. Per noi due soli.»

Ma lei non gli rispose. Troppo imbarazzata si limitò ad arrossire e ad annuire, per poi salutarlo con la mano.
Lui le indirizzò un sorriso seducente e poi guardò Steff. Pensava di vederlo furente e invece… ma che diamine stava facendo con Miki. Il baciamano mentre la fissava negli occhi? E quella era diventata bordeaux? Era contento per lei, finalmente, ma che cazzo… Guardò Julian che gli fece spallucce e poi Cliff che… no, non era ancora tornato in sé. Povero il loro difensore, ci avrebbe messo un po’ a metabolizzare quello che era appena successo e a digerire quello che dovevano dirgli su Vanesia.
Quel breve rientro si preannunciava pieno di colpi di scena e sarebbe stata dura ripartire la mattina dopo.
 
 


 
«Che ne diresti di passare a cena da me, stasera?»

Steff non riusciva a lasciare andare la mano di Miki dopo quell’improvvisato bacia mano. Quando le sue labbra avevano toccato la morbida pelle di lei, il suo cuore era impazzito e la proposta gli era venuta di getto.
 
«Davvero? Oh, io… dico di sì. Sì» gli rispose con entusiasmo, bene.

«Perfetto. Allora ti aspetto per le 20.30. Così almeno potrai recuperare il tuo borsone.»

«Ah, è per quello» gli rispose una Miki delusa «tienilo, non mi serve più.»

Cosa? Che cazzo… oh, no, no, no, aveva frainteso tutto e doveva farglielo capire prima che fosse troppo tardi. Miki – dopo essere riuscita a recuperare una Birba più calma – stava già con il piede sul primo scalino, lui la raggiunse e la bloccò per un braccio. Lei si girò con gli occhi stranamente lucidi.
 
«Mi sono espresso male, scusa. Mi piacerebbe cenare con te, per davvero e poi passare una piacevole serata a conoscerti meglio.»

Non aggiunse in ogni senso o gli sarebbe scappata di corsa, timida com’era. E dire che ballava il burlesque.
 
«Bè, suppongo che si possa fare. Ma prima devo accertarmi che Birba stia bene e prendere appuntamento col veterinario per la settimana prossima, come minimo, per capire come agire con lei in caso fosse incinta. Sai, per il cibo.»

«Prenditi tutto il tempo che vuoi, io non scappo e sai dove trovarmi» le disse accarezzandole una guancia «esattamente sopra di te» aggiunse poi con voce roca avvicinandosi al suo orecchio, prima di lasciarla andare.

Miki divenne paonazza e fece gli scalini il più velocemente possibile, sicuramente imbarazzata. Bene, molto bene, ci avrebbe pensato lui a lei d’ora in poi.
Si girò per chiamare l’ascensore ormai libero e… oh, oh.

 
«Che diamine pensi di fare con lei? Guai a te se la prendi in giro» lo minacciò Patricia puntandogli un dito contro.

Già da sola arrabbiata era pericolosa, figurarsi con Mister Wow sulla spalla che lo fissava con diffidenza. Che differenza tra come trattava lui e come agiva con Hutton.
 
«Ne abbiamo già parlato ieri sera in terrazza, se non ricordo male. È vero, ho creduto di amarti per tanto, troppo tempo, ci siamo divertiti insieme lo ammetto e lo sai anche tu, ma hai ragione a dire che la nostra era sempre stata solo amicizia. Però, vedi, quello che provo per Miki è diverso, lo è sempre stato e non l’ho mai capito. È cresciuto nel tempo, piano piano e ora devo solo trovare il modo per farglielo capire. Purtroppo, il tuo spettro si mette spesso in mezzo e questa cosa è sfiancante oltre che fastidiosa.»

«Bè, vuoi che ti aiuti a… ripensandoci no, perché ora siamo diventate amiche e preferirei non mettermi in mezzo tra voi due. Però posso sempre parlarle e tranquillizzarla che può averti tutto per sé.»

«E noi possiamo confermarlo, vero Susie?» s’intromise Amy con in braccio un Oscar sonnolento e appagato.

«Certo» annuì la ragazza accanto alla Shiba Inu nera e bianca che doveva essere sua e che se ne stava seduta ai suoi piedi. «Non conosco molto Miki, ma al pigiama party mi sono trovata bene in sua compagnia e, magari, se le confermo che Patty ama Holly e non te…»

«Ragazze, grazie per l’aiuto, ma devo farcela da solo. Anche se… faen, spesso sono talmente impacciato con lei che finisco per venire frainteso e per fare delle figuracce come poco fa. Pazienza, imparerò. Non mi era mai successo prima ed è tutto nuovo anche per me, ma non mi arrendo.»

«Mh… soprattutto perché hai ancora il suo borsone e muori dalla voglia di vederla vestita… anzi, svestita come sul palco.»

«Patricia!» L’ammonì lui, poi la guardò e scoppiò a ridere «Eh, magari forse un pochino, sì.»

Era ora di fare una grande ritirata, adesso che le aveva spiazzate. Le salutò tutte con la mano e poi decise di affrontare i cinque piani di scale e lasciare a loro l’ascensore. Doveva capire cosa aveva in casa e vedere se era il caso di fare una tappa al supermercato o improvvisare una cena con quello che aveva nel frigo e in dispensa. Conquistare il cuore e l’anima di Miki si stava rivelando arduo, ma lui amava le sfide e non avrebbe rinunciato a quella ragazza per nulla al mondo e poi… se tempo addietro aveva sperato di presentare Patricia ai suoi nonni, ora si era reso conto dell’errore madornale che avrebbe commesso. L’unica ragazza che meritava quell’onore abitava sotto di lui da tempo e, cascasse il mondo, sarebbe stata lei a conoscerli prima via web e poi dal vivo.
 
 


 
«Oscar, sei veramente tremendo lo sai? Tra due giorni torna la nonna e dovrò dirle cos’hai combinato a Birba.»

Patty stava rimproverando Oscar da qualche minuto, ma quello – ancora in braccio ad Amy – fingeva di dormire e le girava le spalle.
 
«Dille la verità Patty. Che non sapevi non fosse castrato e che – in un momento di distrazione – si è rianimato dal suo solito stato tranquillo per rincorrere una femmina» le disse Amy.

«Già, una stupenda femmina siamese che era qua con la sua padrona e che ha fatto colpo su di lui tanto da… bè, da accoppiarsi con lei» concluse Susie ridacchiando.

«Povera Birba. Si erano già incontrati altre volte ed eravamo tutte così tranquille nel farli rimanere vicini… Prima di oggi non aveva mai provato neanche ad avvicinarsi a lei, figuriamoci a rincorrerla per tutta casa e per le scale, per poi saltarle addosso.»

«Ah, l’amore è imprevedibile» sentenziò Susie. «L’attimo prima stai intimando a una ragazza di andarsene, e quello dopo la stai baciando con passione dopo averla fatta sedere sul tavolo della cucina. Ah, e poi neghi di provare attrazione per lei e te ne vai.»

Patty era allibita e con lei Amy. E dunque era così che era andata tra i due amici? Non l’avrebbe mai detto che Cliff fosse un tipo del genere.
 
«Ma tu lo ami e lo vuoi lo stesso.»

«Sì, Amy, perché se uno dice quelle cose subito prima di incollare le sue labbra alle tue… ammetterai anche tu che non bisogna credergli. Sogno una notte con lui da troppo tempo, amiche mie, e mi chiedo anche come faccia lui a resistere perché… anche se la sua voce dice no e le sue braccia mi respingono, c’è una parte di lui che non è d’accordo. Una parte… molto specifica.»

Oddio, aveva perso anche Susie. Ma cosa stava succedendo alle sue amiche? Prima Jenny, poi Eve, poi Amy, e che dire di Maki, per non parlare poi di Miki e… e ora Susie e… e sì, anche lei.
Era ora di cambiare argomento o non ne sarebbero uscite più. Dovevano andare dai ragazzi, che sembrava avessero qualcosa di importantissimo da dire loro.

 
«Bè, Susie, puoi sempre attenerti al nostro piano originale e farlo uscire allo scoperto subito prima di comportarti come ti ha detto Vanesia» le disse facendola arrossire di colpo.

«Ma… ma… e poi se…» balbettò quella.

«Oh, ma insomma basta! Vuoi Cliff? Sì. Lo ami? Sì. Vuoi che lui te lo dica e dimostri? Ancora sì. E allora ascolta chi ne sa più di te e vedrai che non te ne pentirai» urlò Amy.

«E ti conviene darle retta, perché quando questa qui inizia a fare così… è meglio non contraddirla» rincarò la dose lei. «Quindi affidati a Vanesia e vedrai che filerà tutto liscio, l’ha persino approvato. Ahahah, Ora, vogliamo andare che ci aspettano?» Disse infine tornando seria.

Poi si diresse al solaio seguita da Amy e da una sbalordita Susie e bussò alla porta bianca che, immediatamente dopo, venne aperta di getto.
 
 


 
Finalmente erano arrivate. Appena Holly vide il bel sorriso di Patty comparirgli davanti, senza pensarci due volte l’attirò a sé e la baciò con foga. Dio, quanto le erano mancate quelle labbra morbide e tentatrici.

 
«Ahem… capitano. Ti ricordo che non siete soli» lo riprese Julian.

«Em, sì, scusate, ma questa ragazza mi fa perdere il senno» rispose lui imbarazzatissimo. «Ciao, amore mio» le disse poi e lei gli sorrise imbarazzata.

Oh, come le piaceva quando arrossiva. Avrebbe preferito passare anche il pomeriggio a farglielo aumentare e invece…
 
«Bene, appurato questo e molte altre cose – tipo il vostro trasferimento qua, il cambio di rotta di Steff, e la strana tipa di prima – vogliamo informare le ragazze di quello che ci hanno combinato? Altrimenti prendo Susie e vi lascio soli per qualche ora, tutti e quattro, così potrete seguire l’esempio di Oscar» s’intromise Cliff facendo arrossire la ragazza in questione e non solo lei.

«Non sarebbe una cattiva idea, ma per quello c’è tempo» rispose Julian abbracciando Amy dal dietro e posandole un leggero bacio sul collo.

Per quanto la tentazione fosse enorme, Holly si costrinse ad aspettare qualche ora prima di sedurre la sua Patty. Doveva rendere l’esperienza memorabile, in vista del loro allontanamento per quattro o cinque mesi. Anche se le ragazze avessero accettato di fare da manager a quello strano gruppo, non sarebbe avvenuto prima di una settimana e anche dopo – una volta rivista – avrebbe dovuto vivere Patty solo come manager e non come fidanzata, il che includeva niente sesso. Dannazione. Lui non era un santo e adesso che aveva scoperto quanto gli piacesse giacere nudo con lei… doveva rinunciarci. Dannazione doppia. Si ripromise, in quel caso, di trovare un modo per stare con lei anche fisicamente all’insaputa di tutti.
 
«Allora, visto che questi due qua sono troppo presi a contemplarvi» disse Cliff prendendo la parola e fissando le amiche «parlerò io. Per farla breve, alla Federazione si sono strafatti di una qualche droga pesante e ultra allucinogena e hanno deciso di complicarci la vita di non poco. Vogliono che i migliori giocatori delle Nazionali Asiatiche formino un’unica squadra per sfidare in due partite – o tre a seconda dei risultati – i loro omonimi europei. Tutto ciò richiederà quattro o cinque mesi e forse verrete chiamate anche voi come professioniste manager. In caso contrario, non ci rivedremo per un bel po’.»

Holly non avrebbe saputo spiegare meglio. Notò le ragazze sussultare a quelle parole e non solo. Se pur concentrato su Patty e la sua espressione tra lo sbigottito e il triste, notò anche che Cliff non toglieva gli occhi di dosso a una Susie decisamente strana, abbattuta per meglio dire e non era da lei. Che cosa gli aveva detto poco prima, quando erano ancora soli?
 

Alla sua domanda:
 
«E adesso… Cliffy, ci dici cosa stai combinando con la nostra Susie. E voglio sperare tu abbia smesso di insultarla

Lui aveva risposto:
 
 «È diventata la mia dirimpettaia ed è così… dannatamente ostinata, dolce, logorroica e provocante che a volte mi fa perdere il senno. Passo dal volerle torcere quel bellissimo collo che si ritrova al volerla baciare all’infinito, farla mia e proteggerla a tutti i costi da qualunque cosa la turbi. Voi non sapete chi è Susie veramente e cosa ha passato nella sua vita, io sì. E quando l’ho scoperto, mi sarei volentieri tagliato la lingua per tutte le volte che l’ho insultata e denigrata. Usa il sorriso come difesa e penso che ridere sia stata la sua terapia per non impazzire e io l’ammiro molto per non avere ceduto alla disperazione e all’ingiustizia per quello che le è successo. Vorrei tanto rintracciare chi le ha fatto del male – umiliandola, ignorandola e sminuendola quando aveva più bisogno di aiuto e comprensione – per dargli una sonora lezione. In poche parole – e so che vi sconvolgerò – io l’amo alla follia!»


E li aveva sconvolti sì, eccome.
E poi il tempo delle confessioni era finito e le ragazze avevano bussato alla porta. Se veramente l’amava, come mai le stava alla larga, fingeva disinteresse e non le parlava? Gli occhi di Cliff parlavano per lui e, in quel momento, si stavano divorando Susie.

 
«… sono scemi?»

Eh? Cosa aveva detto Patty? Si era perso via e non l’aveva sentita, ma dalla sua espressione non doveva essere nulla di buono e le parole di Julian glielo confermarono.
 
«Ormai è fatta e indietro non possiamo tornare. L’unica cosa da fare è vincere e dimostrare loro che siamo dei veri professionisti in grado di allearci anche con gli avversari e collaborare con loro sul campo.»

«Voi ci sarete, vero? Cioè, se vi dovessero chiamare» chiese lui.

Si aspettava un contaci, un per voi sempre, o un senza di noi sareste persi e invece… no, decisamente quella non era la risposta che si aspettavano.
 
«Non posso, mi spiace» fu quello che dissero all’unisono.

Erano rimasti tutti a bocca aperta. Come… non posso, mi spiace… che significava.
 
«Non… non ci sarete? È uno scherzo, vero? Noi abbiamo bisogno di voi, del vostro aiuto, dei vostri incoraggiamenti, delle vostre risate e… e voi ci abbandonate così, in mano a degli sconosciuti?» disse furente. «Siete le manager della Nazionale, dannazione.»

«Holly, calmati ora. Ce ne faremo una ragione. Dopotutto non possiamo pretendere che mettano in stand by la loro vita per noi, a comando. Non è colpa loro, ma della Federazione, che non ha pensato a questo particolare» lo placò Julian.

«Smettila di essere sempre così conciliante. Già dovremo convivere e allenarci con persone che non conosciamo minimamente se non sul campo, ci manca solo che pure chi ci segue lo sia. Sai che aria tesa respireremo per tutto il tempo?»

Ma perché era così difficile capirlo e perché Patty non diceva nulla e non solo lei, anche Amy e Susie li fissavano in silenzio, se pur con aria triste. Fu Cliff a rompere quel silenzio imbarazzante,
 
«Capisco. E quindi niente pasti luculliani, battutine sarcastiche, urli, tifo spacca timpani e litigi. Sarà dura rimanere senza tutto questo, ma ce la faremo. Presumo che anche mia cugina ci darà il benservito, perché non vorrà certo rimanere da sola.»

«Bè, come sai lavora in un asilo e non può certo stare via per così tanto tempo. Potrebbe rischiare il posto e lei ama il suo lavoro tanto quanto i suoi piccoli allievi e poi la struttura è talmente piccola che ha solo tre classi. Insomma, non è fattibile che si assenti, no» asserì Patty con veemenza.

«E voi, invece, che cosa vi trattiene dal snobbarci così?»

E niente, Holly non riusciva proprio a digerire quel voltafaccia. Insomma, era tornato in preda all’eccitazione di rivedere Patty, convinto che l’avrebbe seguito anche in quella nuova impresa calcistica e ora… fremeva dalla rabbia e dalla delusione. Addio ai suoi progetti di passare tempo extra con lei, di sedurla e di coccolarla lontano da occhi indiscreti. Solo loro due. Doveva forse essere felice o comprensivo come i suoi due amici lì a fianco? No!
Fu Susie la prima a parlare guardando Cliff con serietà.

 
«Ora che sono a Tokyo, voglio approfittarne per andare nella sede del mio vecchio ufficio e recuperare alcuni libri che mi servono e ho lasciato stupidamente lì. In più voglio informarmi presso i miei ex colleghi della sorte di alcuni bambini che seguivo. C’è un caso che mi sta particolarmente a cuore e, se riesco, voglio tornarci sopra da titolare. Quel bambino ha bisogno di me e io voglio salvarlo, capisci? Trasferirò il caso a Nagasaki, nel mio nuovo ufficio. È stato un colpaccio trovare un nuovo lavoro così in fretta e sai che inizio il mese prossimo e sai anche che non mi piace rimanere senza nulla da fare. Occuparmi di Ennosuke è la mia priorità ora e ho già organizzato tutto con il mio vecchio capo. Abbiamo persino preso accordi con la nuova casa famiglia che lo accoglierà, ora manca solo di andarlo a prendere fisicamente. Pensavo di rimandare tutto tra due settimane, ma visto che sono già qua…»

«Ennosuke?» Esclamò quello con sconcerto. «È un bambino?» E quando lei annuì, disse. «Oddio che sollievo, avevo pensato… ma non ha più importanza ora. Certo che lui ha la priorità e… e credo che non dovresti trasferirlo in un’altra struttura. Mia nonna e mia madre saranno felicissime di occuparsi di lui. In fondo, la famiglia Yuma è specializzata nell’accogliere chi è in difficolta, dico bene… ragazzina?»

A quello scambio di battute, Holly sgranò gli occhi e non solo lui. Che diamine stavano dicendo quei due e di quali bambini si occupava Susie. Poi lei li sorprese ulteriormente quando si gettò tra le braccia del difensore e, mettendosi in punta di piedi, gli diede un bacio sulla guancia che lo fece arrossire molto.
 
«Una ragazzina petulante, una cagnolona e ora anche un bambino. Se non mi merito un posto in Paradiso io…» disse per sdrammatizzare Cliff, facendo ridere tutti prima di dire «vi spiegheremo tutto, ma non ora. E… grazie per l’abbraccio di ringraziamento, Susie, ma ora basta, è?» Concluse infine scostandola bruscamente, mentre quella – dopo un attimo di smarrimento – lo fissava con aria rassegnata.

Holly avrebbe tanto voluto saperne di più sullo strano rapporto di quei due, ma la sua mente era ancora occupata dal rifiuto di Patty.
 
«Posso sapere cosa ti trattiene dal venire ad aiutarci?» Le chiese con rabbia.

«Certo» rispose quella prontamente «te lo dirò, anche se è una discussione inutile perché ancora nessuno ci ha cercate. Ho degli obblighi qua, amore mio, e non posso fregarmene o delegare qualcuno per tutto quel tempo. Questa palazzina è una mia responsabilità e amo prendermene cura. Mia zia Miho non solo mi ha dato una casa gratis a vita, ma anche questo posto al quale entrambe abbiamo sempre tenuto tanto, è la mia eredità e lei si fidava di me. Tu hai il calcio, io la palazzina. Per ora ho ancora tante cose da imparare e non me la sento di rimandare. Non è semplice come può sembrare e dovrò frequentare un corso per amministratori di condominio. Fino a ora me la sono cavata, ma non potrò continuare così per sempre. Una volta che sarò più esperta, allora la cosa sarà diversa, ma per ora… mi spiace, ma ha la priorità anche sui deliri di quelli della Federazione.»

Quella risposta non gli era piaciuta per niente, ma poteva capirla. Lui aveva sempre messo davanti il calcio a tutto e quindi non aveva diritto di giudicare Patty se faceva una scelta simile. Anche se era dura da digerire.
 
«Amy? Manchi solo tu» sentì Julian chiedere alla fidanzata.

«Ah, ecco…» lei guardò Patty – perché? – e poi, dopo un suo cenno affermativo, disse «sì, em… caro, non è così che avevo progettato di dirtelo, ma… credo non ci sia un modo migliore di farlo, quindi… ho bisogno che tu venga con me, ora.»

«Davvero? E dove mi porti?»

«Da Steffen.»

A quel nome tutti e tre i calciatori sgranarono gli occhi sorpresi Mentre lui e Cliff erano ancora a bocca aperta, lo sguardo di Julian minacciava tempesta. Cosa diamine stava combinando ancora il vichingo e perché Amy sembrava così determinata e per niente intimorita dall’ira del fidanzato? E come mai Patty e Susie sorridevano? Che stava succedendo?
Quel pomeriggio iniziato bene stava velocemente prendendo una brutta piega e questa cosa non gli piaceva per niente.
   
 
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