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Autore: edoardo811    18/06/2021    5 recensioni
Questa è una raccolta di drabble, oneshot, missing moments e capitoli extra della mia storia, La Spada del Paradiso.
Esploreremo le menti di più personaggi, scopriremo segreti sulla vita al Campo Mezzosangue e soprattutto scopriremo come se la cavano i nostri eroi dopo gli avvenimenti de "La Spada del Paradiso."
Vi consiglio dunque di leggere quella storia per comprendere questa raccolta e soprattutto per evitarvi spoiler nel caso decidiate di farlo in futuro. Potete trovarla nella mia pagina autore.
Spero che la raccolta vi piaccia, buona lettura!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le insegne imperiali del Giappone'
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Nota: questo capitolo si svolge durante gli avvenimenti del cap. 43 de La Spada del Paradiso "La notte senza fine."



 JANE –

Vera bellezza


 

Jane era da sola. 

Per la prima volta da quando era arrivata al Campo Mezzosangue, era da sola.

E il suo aspetto, o la lingua ammaliatrice, questa volta non avrebbero potuto cambiare nulla.

Gli altri ragazzi si erano stancati di lei. I suoi stessi fratelli pure. L’unico motivo per cui era ancora capocasa era perché nessuno di loro poteva sfidarla. Era sicura che non sarebbe nemmeno servito, perché probabilmente si sarebbe dimessa da sola. 

Il sipario era calato sul suo teatrino. Aveva mentito, imbrogliato, nascondendosi dietro il bel faccino che sua madre le aveva donato, sfruttando la sua discendenza divina per ottenere quello che voleva senza il minimo sforzo, insultando, calpestando chiunque si trovasse di fronte a lei.

Ma alla fine, il suo gioco malato era giunto al termine. 

Degli “sfigati” avevano appena completato un’impresa, affrontando un mostro orribile. Gli stessi “sfigati” che lei aveva deriso, offeso, e su cui aveva cercato di gettare fango assieme a Buck.

Mentre loro rischiavano la vita per salvarli tutti, lei faceva stupide macchinazioni per screditarli, per mettere i loro fratelli gli uni contro gli altri. Soltanto dopo averli visti tornare, dopo aver sentito la loro storia, era riuscita a comprendere quanto male avesse causato con le sue azioni. 

Come aveva potuto, lei, ritenersi migliore di loro? La sua bellezza non poteva competere con la bontà dei loro animi.

Se fosse stata bella dentro almeno la metà di quanto lo era fuori, forse non sarebbe successo tutto quello. Se la sua bellezza fosse stata vera e non soltanto un'immagine che aveva creato attorno a sé forse non avrebbe commesso tutti quegli errori. Forse, quella sera, non sarebbe rimasta da sola.

Il suo riflesso la guardò con occhi tristi, arrossati per via del pianto. 

Se fosse stata una persona migliore… a qualcuno sarebbe importato quello che Buck le aveva fatto.

Sentiva ancora la sua mano stringersi attorno al suo collo, il fiato che le mancava, la paura che la assaliva. Quello sguardo che lui le aveva rivolto… non lo avrebbe più dimenticato. Non aveva idea di cosa fosse successo, ma lui, quello, non era Buck. Non era lo stesso Buck che aveva conosciuto anni prima.

O magari… era stata troppo cieca per accorgersi di chi stesse davvero frequentando.

Voleva dormire, ma aveva paura. Aveva paura che lui potesse spalancare la porta e aggredirla di nuovo. Sapeva che non sarebbe dovuta restare da sola in casa, ma allo stesso tempo non aveva avuto il coraggio di farsi vedere alla festa, una festa che lei aveva creduto non sarebbe mai avvenuta. 

Era stata lei a farlo. Lei si era cacciata in quella situazione, comportandosi in quel modo schifoso, finendo tra l’incudine ed il martello. Alla fine, tutto aveva fatto il suo corso.

Se non altro, avevano accettato le sue scuse. Perché loro, a differenza sua, erano davvero brave persone. 

Qualcuno bussò all’improvviso, facendola trasalire. Si voltò spaventata verso la porta, temendo che potesse trattarsi di Buck. Rimase immobile, sperando che chiunque fosse decidesse di lasciar perdere. Invece, bussò ancora, tuttavia con tocco gentile, molto diverso da quello che si sarebbe aspettata da Buck. Intuì che non si sarebbe arreso tanto facilmente. Prese coraggio e andò ad aprire, lasciando solo uno spiraglio per capire chi fosse.

Era Edward. «Oh… sei tu.»

«Ehm… aspettavi qualcun altro?» 

«No…»

Jane spalancò la porta, sorpresa dalla sua presenza. Perché non era alla festa? Perché era lì?

Cominciò a farle domande, lasciandola atterrita. Perché stava pensando a lei?

«… cosa ne sai tu dell’eleganza…» mormorò mentre si lisciava la treccia, dopo la sua divertente battuta sul fatto che fosse elegante. Era ovvio che non ci vedesse bene. I suoi capelli erano un disastro, quel vestito non enfatizzava affatto il suo corpo e si era truccata alla bell’e meglio, più per forza dell’abitudine che per altro. Del resto, che altro poteva aspettarsi da uno che se ne andava in giro con la stessa felpa da quanto, un mese? Era pure piena di toppe e cuciture. Non aveva idea del perché non l’avesse ancora buttata via.

Tuttavia… poteva apprezzare il suo tentativo di sembrare gentile. Lo vide mentre la analizzava con i suoi occhi scuri e lei cercò di non guardarlo, per timore di arrossire. 

Era più forte di lei. Da quando lui, Thomas e Konnor erano tornati dall’impresa, aveva cominciato a vederli in modo diverso. Specialmente Edward. Era il figlio del dio più bello dell’Olimpo dopotutto, e aveva quelle cicatrici che gli davano un’aria misteriosa, forte e anche un po’ tenebrosa, ma nel senso intrigante del termine. Non l'aveva guardato davvero la prima volta che ci aveva parlato, perché lui aveva subito capito che tipo di persona lei fosse e per questo motivo l'aveva odiato con tutta sé stessa.

Ma dopo che aveva combattuto per salvarli, dopo che era quasi morto per loro, dopo che l’aveva perdonata nonostante ciò che lei aveva detto e fatto a lui e ai suoi amici… le era stato impossibile non accorgersi veramente di lui.

E poi, aveva sentito la sua domanda: «Ehi, va tutto bene?»

Il suo tono… era preoccupato. La stava guardando apprensivo. Nonostante tutto quello che lei aveva fatto. L’aveva perdonata all’arena, ma avrebbe potuto chiuderla lì. Non aveva alcun motivo di andare a cercarla o di preoccuparsi per lei. Ma l’aveva fatto comunque.

A quel pensiero aveva ceduto. Aveva ammesso la verità, sentendo gli occhi riempirsi di nuovo di lacrime. E non appena lui aveva minacciato di andare a cercare Buck, lei era scattata come una molla. 

Non poteva crederci. Tra tutte le persone… proprio lui aveva deciso di aiutarla.

Perché era davvero una brava persona. 

Ma lei non voleva che rimanesse coinvolto. Era stanca di sfruttare gli altri. Edward era padrone delle sue decisioni, ma lei gli impedì comunque di intromettersi. Voleva risolvere da sola la situazione. L’unica cosa di cui aveva disperato bisogno, era il conforto di qualcuno. E quel conforto arrivò proprio da lui, da Edward, che la abbracciò con forza mentre piangeva. 

Provò una sensazione nuova, stretta a lui. Una sensazione di sicurezza che non aveva mai provato prima, nemmeno quando stava con Buck. Il modo in cui lui l’aveva sempre stretta era più rude, più grezzo e possessivo. Edward, invece, la abbracciò con dolcezza, delicatezza, facendola sentire davvero protetta, accettata.

Quando si separarono incrociò il sguardo, colma di gratitudine per averla fatta sentire meglio. Tuttavia, non ci mise molto a notare la tristezza nei suoi occhi. Qualcosa lo turbava. E lei non ci mise molto a capire cosa. Era una figlia di Afrodite, dopotutto. Viveva per quel genere di cose. 

Aveva sin dal primo giorno capito che ad Edward piaceva Stephanie. Come biasimarlo, quella maledetta quattrocchi era l’incarnazione vivente della perfezione. Era bellissima, gentile, intelligente, un sogno per ogni ragazzo e non solo – Jane stessa, che sapeva riconoscere la vera bellezza, era sempre stata un po’ intrigata da lei. 

Dopotutto, quando la volpe non arriva all’uva, dice che è una stupida quattrocchi buona a nulla e si diverte a distruggere i suoi fiori. 

Ancora non aveva idea di come Stephanie avesse deciso di perdonarla. Doveva proprio averla impietosita. Non sapeva se vergognarsene od esserne sollevata. Se non altro, non voleva ucciderla con i suoi devastanti poteri, quindi poteva considerarlo un traguardo. 

E si era anche tolta lo sfizio di baciarla.

Alla fine, il cuore della bellissima figlia di Demetra era stato conquistato da Konnor – inutile dire che lui e Stephanie parevano essere stati creati apposta per stare assieme. Tolta la parentesi in cui lei aveva fatto tanto la difficile con lui, durante la quale Jane avrebbe voluto prenderla a schiaffi almeno un migliaio di volte, non sapeva se per gelosia verso di lei, verso di Konnor o semplicemente perché le dava fastidio il suo fare la preziosa. Per fortuna non l'aveva mai fatto, o l'avrebbe seppellita viva.

Ed Edward, che si era perfino sorbito quel bacio tra Steph e Konnor in diretta, non doveva averla presa affatto bene. 

Sapeva riconoscere lo zampino di sua madre in quel genere di cose. E quella scena, quel bacio, avevano proprio scritto “Afrodite” sopra. Era sicura che si fosse goduta appieno sia il bacio che l’espressione demoralizzata di Edward.

Così, Jane sorrise. Non era giusto che lui fosse triste, non dopo tutto quello che aveva fatto per lei, per il campo, per tutti loro. Siccome era andato a vedere come stesse e l’aveva rincuorata, decise di ricambiare il favore. Aveva promesso di usare i suoi poteri solo a scopo di bene e così fece. 

Per prima cosa gli diede un bacio intriso di magia ereditata da Afrodite per risvegliare un poco, solo un poco, le sue emozioni sopite. Era un bravo ragazzo, certo, ma era anche un vero inetto coi propri sentimenti. Le era bastato vedere il modo ridicolo con cui aveva cercato di difendere Stephanie per capirlo.

E poi, con la lingua ammaliatrice, gli ordinò di fare proprio quello di cui aveva bisogno. «Divertiti.»

Lo vide sussultare, mentre il suo sguardo cambiava all’improvviso. La osservò sorpreso, con un sorriso che prendeva forma sul suo volto, ma Jane si affrettò a chiudere la porta prima che lui – o anche lei – facesse qualcosa di avventato. Per quanto trovasse allettante l’idea di mettere le mani sul meraviglioso eroe figlio del dio del sole che li aveva salvati tutti, sapeva che era sbagliato. Usare la lingua ammaliatrice su di lui per incitarlo a fare una mossa con lei sarebbe stato approfittarsene e lei non voleva più fare quel genere di cose.

Tuttavia, se quella serata non si fosse rivelata proficua per Edward, magari avrebbero potuto riparlarne, senza trucchetti. Da quel momento in poi, voleva che tutto accadesse in maniera spontanea. E se invece tra loro non fosse successo nulla, non aveva importanza, perché ora sapeva di poter contare su di lui. Sapeva di avere un amico. 

Tornò in casa, lisciandosi di nuovo la treccia con un sorriso, ripensando alle sue parole.

«Non sei da sola» aveva detto.

Jane distese il sorriso, poi spense la luce. 

Non era più sola.

   
 
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