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Autore: Eevaa    20/06/2021    6 recensioni
L'aura di Kakaroth si era dissolta lentamente nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
«Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?» urlò Vegeta. Poi il prigioniero sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta, che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili, che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore, e che ora dobbiamo salire su quel catorcio di astronave per andare in giro per dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».
Inaccurato, ma tutto vero.

[Post-Dragon Ball Super] [Slowburn]
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 11
Uno contro Uno
 


«È bello essere in due».
Vegeta si sollevò dall'erba di quel prato umido di rugiada.
«Che?» domandò, sollevando un sopracciglio.
Kakaroth gli sorrise.
«Sebbene gli altri mi aiutassero, alla fine ero sempre io da solo a combattere contro i nemici. Adesso siamo in due, ed è bello» fece spallucce. Avevano appena sconfitto un nuovo maledetto nemico che aveva tentato di conquistare l'universo. E l'avevano fatto insieme.
Insieme erano forti, così forti che in pochi osavano sfidarli ancora.

«Prima o poi sarai di nuovo da solo contro di me, quando deciderò che sarà il momento di ucciderti» ghignò Sua Maestà.
«Lo dici sempre, non lo fai mai» rise Kakaroth, ancora sdraiato per terra e con i capelli umidi di rugiada del mattino.
No, Vegeta non l'avrebbe mai fatto per davvero. Per quanto detestasse ammetterlo, era bello essere in due. Lo era per davvero.



Tutto si mosse in fretta, troppo in fretta.
Non c'era stata alcuna possibilità di concludere le loro trattative in modo pacifico, non c'era altro modo se non combattere e riprendersi Kakaroth con la forza bruta.
Un vero peccato che fu anche lo stesso Kakaroth a rispondere con la forza bruta.
Appena l'Imperatore Zinnĩr diede l'ordine di attaccare, tutte le guardie presenti nella stanza si lanciarono a lance spiegate contro Radish e Vegeta. E, naturalmente, Kakaroth scelse di sua spontanea volontà a quale dei due avversari fare fronte.
Come una calamita che li guidava sempre uno contro l'altro, come se un regista insoddisfatto avesse riavvolto la pellicola del loro personalissimo lungometraggio.
Vegeta si ritrovò con Kakaroth addosso, la lancia dorata contro il petto di piatto, gli occhi scuri arpionati ai suoi e i denti digrignati in un grido di lotta.
Erano tornati indietro di cinquant'anni, nel momento esatto in cui non erano ancora in due.
Non erano più una squadra, non erano più loro due contro il resto del mondo. Erano uno contro uno, di nuovo.
Non era una battaglia amichevole, non sarebbe stato come uno dei loro innumerevoli allenamenti.
Vegeta emulò il ringhio e rispose all'attacco. Qualcosa sotto la pelle vibrò, una sensazione conosciuta, un desiderio di lotta. Nonostante tutto c'era qualcosa di incredibilmente eccitante.
Finalmente, pensò Sua Maestà. Finalmente ci scontriamo di nuovo.
Quasi non gli importò più del contesto, quasi si dimenticò che quella era una situazione di emergenza dalla quale avrebbe dovuto uscire il più in fretta possibile.
Erano lui e Kakaroth. Uno contro l'altro, come se il tempo non fosse mai passato. E non c'era niente di più appagante.


Altre guardie cercarono di intromettersi in quella lotta ma, con tutta evidenza, non erano all'altezza. Lui e Kakaroth si sollevarono entrambi nella stanza, iniziando a darsele di santa ragione all'interno del palazzo. Distrussero ogni soprammobile, ogni tendaggio. Si ritrovarono ben presto nell'alto atrio, pugno contro pugno, calcio contro calcio. Vegeta avvertiva una presa asfissiante nella mente, come se qualcuno stesse cercando di farlo desistere e arrendersi, ma il Principe la ignorò. Non sarebbero bastati i poteri manipolatori di otto Saggi insieme a fargli interrompere quello scontro.
Ciò che era molto strano, però, fu che l'Aura di Kakaroth – finalmente amplificata – non fosse riconducibile a quella che possedeva un tempo. Era diversa, c'era qualcosa di simile, ma Vegeta non la riconosceva affatto. Era a causa della manipolazione?
Radish, dalla lontananza, sembrava indaffarato a lottare contro altre guardie. Ne arrivarono a decine, a ogni secondo il palazzo si gremiva sempre più di combattenti.
Ma, ogni qualvolta qualcuno tentava di aiutare Kakaroth, Vegeta lo spazzava via in pochi secondi e ritornava sul suo avversario.
«Sei forte!» ringhiò Kakaroth, quando Sua Maestà parò un pugno rivolto alla bocca dello stomaco.
Vegeta ghignò e, contorcendogli il braccio, si avvicinò fino a sfiorargli la punta nel naso.
«Questo dovresti saperlo di già» sibilò, poi gli tirò una testata in mezzo alla fronte che lo costrinse a indietreggiare.
Vegeta lo raggiunse e, prendendolo per una gamba, lo scaraventò sul pavimento. Le piastrelle del mosaico verde acqua e oro si sollevarono ma, quando Sua Maestà fece per raggiungerlo e bloccarlo al terreno, Kakaroth schivò velocemente e passò al contrattacco. Lo calciò sugli stichi e tentò di lanciargli un attacco dell'Aura, ma Vegeta lo respinse in direzione della cupola in vetro del trono, infrangendola in mille pezzi.
I Saggi e l'Imperatore, nel frattempo, osservavano la battaglia ben rintanati nell'angolo di una delle otto stanze.
«Sai, mi era mancato combattere contro di te. Forse è la volta buona che mantengo fede al mio proposito di sconfiggerti» sghignazzò Vegeta e, detto ciò, si lanciò contro l'avversario per ricoprirlo di pugni veloci.
«Smettila di dire cose insensate e arrenditi! Sei in arresto!» Kakaroth tentò di bloccarlo, parando ogni pugno.
Vegeta, però, scoppiò in una fragorosa risata.
«Ma vaffanculo, Kakaroth».
Quella era una delle cose più ridicole che gli avesse mai detto. E di cose ridicole gliene aveva dette parecchie!
Kakaroth ringhiò di frustrazione quando non riuscì più a parare i colpi, quando non riuscì a difendere anche gli altri suoi colleghi – le guardie imperiali – dagli attacchi dell'Aura di Vegeta.
Arrabbiato come poche altre volte Vegeta l'aveva visto, si allontanò con un balzò e strinse i pugni.
«Adesso mi hai stancato!» ruggì Kakaroth e, dopo aver caricato quanta più energia possibile, si trasformò in Super Saiyan.
Vegeta sorrise, sardonico. Oh, quello sì che sarebbe stato divertente!

Dalla lontananza vide Radish lanciargli un'occhiata mentre era intento in un combattimento uno contro cinque con delle guardie – e sembrava essere anche parecchio in difficoltà, causa manipolazione mentale. Vegeta ricambiò lo sguardo e annuì, dandogli quindi il permesso di trasformarsi anch'egli.
Con un urlo di battaglia Vegeta e Radish si caricarono e si trasformarono nello stesso istante, emanando oro e scintille dai loro capelli e dai loro muscoli.
E, come previsto, l'espressione di Kakaroth fu impagabile.
«Ma... ma come... com'è possibile che vi siate trasformati come me?» balbettò. L'Imperatore e i Saggi si misero a urlare e borbottare nella loro lingua, dalla quale Vegeta riuscì però a captare distintamente la parola “Saiyajin”.
«Idiota sei sempre stato idiota, Kakaroth. Ma sul serio non capisci chi siamo?! Davvero deludente» sibilò Vegeta.
Kakaroth si caricò ancor di più di rabbia.
«Smettila di chiamarmi in quel modo. Io mi chiamo Goku, e sono qui per difendere il mio pianeta» ruggì.
«Aspetta... dove l'ho già sentita questa?» rise Radish, oramai poco distante. «Ah, già, è esattamente ciò che mi hai detto cinquant'anni fa. Sul serio, fratellino, dovresti rinnovare il tuo frasario» continuò, prendendo due delle guardie e facendole scontrare fronte contro fronte l'una con l'altra.
Vegeta roteò gli occhi e si lanciò contro l'avversario.
Radish non aveva tutti i torti: sembrava un film già visto. Con la sottile differenza che ora quelli buoni erano loro, e Kakaroth stava combattendo dalla parte sbagliata.
Vegeta decretò che quello fosse il momento di smetterla di giocare. Spiccò il volo e distrusse il tetto a cupola del palazzo, uscendo allo scoperto. Aveva bisogno di molto più spazio per combattere quel deficiente che credeva di essere un deficiente ancora più deficiente di quanto già non fosse.
Kakaroth – o meglio, Goku – lo seguì a gran velocità, e insieme si trovarono a combattere nel cielo terso di Morvir. Dalla città si levarono grida di spavento, di terrore, e Vegeta per un attimo ebbe come la sensazione che quella non fosse stata un'ottima idea.
Seppur vero che gli imperiali fossero una manica di bastardi, i nativi del popolo non c'entravano niente. Con uno scattò tentò di allontanarsi alla svelta dalla città per combattere nel deserto.
Radish avrebbe saputo cavarsela per un po', almeno fin quando non avrebbe fatto rinsavire Kakaroth a suon di Final Flash.


Si ritrovarono nel bel mezzo alle dune a darsele di nuovo, non risparmiandosi più negli attacchi dell'Aura, senza fare attenzione a tutta la sabbia sollevata che gli invadeva le narici. Aveva sempre ammirato Kakaroth per la sua forza, sebbene spesso l'avesse nascosto persino a se stesso.
Vegeta sorrise, era appagante. Combattere contro di lui era liberatorio e, se non fossero stati in quella situazione, avrebbe protratto quella battaglia fino all'ultima goccia di sangue.
Ma, dimostrando l'uno all'altro di tenersi testa, Vegeta decise che quello fosse il momento di fare sul serio.
Con un grido gutturale balzò fin sopra alle nuvole e, lasciandosi invadere da una calma divina, Sua ;aestà si trasformò in Super Saiyan God. Capelli rossi, occhi scarlatti, una forza fuori dal comune.
La trasformazione in God ti dona parecchio. Eheh, facevi quasi paura!” gli aveva detto Kakaroth una volta.
Non avrebbe mai, mai pensato che potesse fargli paura per davvero. Perché, contrariamente a ciò che Vegeta si aspettò, il volto di Kakaroth si arricciò in un'espressione di terrore.
«E questa trasformazione cosa diavolo sarebbe?» sibilò, con i denti digrignati e i pugni stretti.
Vegeta sollevò un sopracciglio. Un momento... non sapeva di potersi trasformare?
«Ma che...» borbottò Sua Maestà, poi ad un tratto comprese. «Ma certo!»
La trasformazione in Super Saiyan non era dettata dal ragionamento, era semplicemente una spinta di rabbia non intenzionale. Si trasformava quando andava su tutte le furie.
Mentre tutte le altre trasformazioni erano dettate dalla coscienza, dalla consapevolezza. Kakaroth non sapeva di essere un Saiyan, non sapeva nemmeno di poter accedere a quel tipo di trasformazioni.
Vegeta ringhiò. Quello non sarebbe mai, mai stato un combattimento alla pari.
Kakaroth non sapeva chi fosse. Kakaroth era solo Goku in quel momento, un combattente alla difesa di quello che credeva essere il suo imperatore.
«Dannazione!» sputò al terreno.
Quella battaglia aveva perso ogni parvenza di normalità, ogni attrattiva.
Vegeta si ricordò quindi che quello non era il momento di combattere per davvero, sebbene fosse stato bello crederlo. Quello era il momento di riportare Kakaroth alla normalità, di far smettere i Saggi di operare quella manipolazione nella sua testa. Solo dopo, una volta a casa, avrebbero potuto scontrarsi per davvero.
Ma, se nemmeno la lontananza fisica dai Saggi riusciva a riportare Kakaroth in normali condizioni, ciò stava a significare che l'unico modo per far smettere la manipolazione sarebbe stato interromperla alla radice.
Senza dare alcuna chance a Kakaroth, Vegeta scattò di nuovo in direzione del palazzo. Volò velocemente fino alla cupola e ci si addentrò, trovando Radish circondato da troppi, troppi nemici.
Forse non era stata una grande idea lasciarlo solo, con i Saggi che tentavano di manipolarlo e un plotone intero di guardie alle calcagna. Vegeta si unì alla lotta per spianargli almeno un poco la strada.
«Già finito? Avete usato le protezioni, almeno?» ghignò Radish, cinico.
«La prossima volta ti lascio morire» replicò Sua Maestà, abbattendo abbastanza nemici da poter far respirare l'alleato.
Kakaroth li raggiunse quasi subito e prese parte alla battaglia, ma Vegeta non aveva tempo di stargli dietro. Lo atterrò con un calcio e lo imprigionò con dei fasci di Aura, esattamente come aveva fatto durante la loro battaglia quando era Majin. Doveva guadagnare tempo.
Il Principe si lanciò in direzione dei Saggi, prendendo il più anziano per il collo fino a farlo sollevare da terra.
«Ve l'ho chiesto con le buone, adesso non sono più in vena di scherzare. Liberatelo immediatamente, smettete di manipolarlo, oppure vi faccio fuori uno per uno» gli gridò in faccia Vegeta, minaccioso. Kakaroth, bloccato con la schiena al terreno, urlò di frustrazione.
Il Saggio arricciò le labbra, pronunciando una parola – probabilmente non amichevole – in Morviriano, tentò di nuovo di intrappolargli la mente in una morsa manipolativa.
«Non hai capito che con me non funzionano questi trucchi da circo?!» berciò Sua Maestà, stringendogli più forte il collo.
Il Saggio non si arrese, e provò di nuovo a manipolargli la mente.
Vegeta non avrebbe davvero, davvero voluto macchiarsi le mani di sangue. Non più, non quando avrebbe potuto evitarlo.
Dannato Kakaroth, gliel'avrebbe pagata cara. Avrebbe pagato caro il fatto che sarebbe di nuovo tornato a uccidere qualcuno, e non per legittima difesa. Avrebbe ucciso, solo per lui.

«Ultima possibilità. Liberatelo, o lo libererò io stesso» soffiò Vegeta.
Il Saggio però non disse nulla e, anzi, sogghignò.
Vegeta chiuse gli occhi per un istante, prendendo un grosso respiro. Assassino era, assassino sarebbe rimasto. Il suo destino era e sarebbe stato comunque l'Inferno.
Strizzò le palpebre e strinse più forte le mani intorno al collo del Saggio. Lo sentì rantolare, ma a occhi chiusi Vegeta emanò un potente colpo dell'Aura. Gli fece saltare la testa, e il gelo calò nella stanza.
Tutte le guardie interruppero per un breve istante il combattimento, poi si lanciarono verso Vegeta con una furia cieca.
Il Principe ringhiò di rabbia e rispose al fuoco con il fuoco, abbattendoli uno per uno, poi si avvicinò a un altro Saggio, quella con cui avevano iniziato le trattative.
«Vuoi fare la fine del tuo amico, o ti decidi a collaborare?» abbaiò.
Il Saggio non rispose. Non c'era modo di convincerli.
Vegeta si sentì impotente e persino autorizzato a percorrere di nuovo la strada della furia, dell'omicidio.
La assassinò brutalmente, e gli altri sei rimasti iniziarono ad avere paura. Così paura da scappare.
Radish si piazzò davanti a uno di essi e, senza nemmeno un briciolo di rimorso, lo fece saltare in aria.
Per un attimo Sua Maestà desiderò di tornare ad avere così tanto sangue freddo e indifferenza di fronte alla morte di una persona che non può combattere. Porre fine alla vita di qualcuno solo perché quel qualcuno si sta comportando come non dovrebbe.
Forse era davvero diventato un patetico sentimentale a vivere con i terrestri. A vivere con Kakaroth.
Vegeta lanciò uno sguardo dietro di sé, a quell'uomo per terra che voleva farsi chiamare Goku e che non aveva nulla di quel Kakaroth che gli aveva insegnato tutte quelle cose, che gli aveva insegnato suo malgrado ad essere un umano migliore.
Kakaroth non meritava di essere manipolato in quel modo, non meritava ciò che gli avevano fatto in quegli anni.
Il Principe ringhiò e trovò in quel pensiero di vendetta la forza di proseguire, di andare a quella che pensò essere la radice del problema.
Si materializzò in mezzo secondo di fronte all'Imperatore e, malgrado ogni persona all'interno della stanza gli diede contro in tutti i modi, lo sollevò dal terreno fino a portarlo a ridosso della cupola infranta.
«Dai l'ordine di smettere, o farai la stessa fine. Dai l'ordine di liberarlo, oppure proseguirò e vi ucciderò tutti uno per uno» gli soffiò in faccia Vegeta, tenendolo per il collo.
L'Imperatore tentò di divincolarsi, invano.
«Per... per il tuo amico oramai non c'è alcuna speranza, non possiamo fare niente per lui» rispose, impaurito.
Vegeta strinse di più la presa.
«Cosa intendi dire?»
Zinnĩr bofonchiò, la presa era troppo stretta. Vegeta lo lasciò andare per un attimo, un solo secondo. Avrebbe preferito non farlo. Avrebbe di gran lunga preferito non sentire.
«Nessuno lo sta più manipolando, oramai. Da anni non è più necessario, la manipolazione ha effetti permanenti se protratta a lungo. Lui non è più la persona che conosci, oramai da molto tempo».



Non avrebbe voluto sentirselo dire. Non così, non in quel modo. Tutto ciò non aveva senso, non poteva essere vero.
Non ci credette.
Si rifiutò di crederci.
Vegeta si aggrappò con gli occhi a quelli dell'Imperatore e, senza rendersene nemmeno conto, li vide spegnersi, diventare vuoti.
Aveva stretto la sua presa talmente forte da soffocarlo, ma non si era reso conto di averlo fatto. Con un tremore incessante nelle ossa lo lasciò scivolare dalle mani e, come il fantoccio oramai vuoto che era, l'Imperatore Zinnĩr cadde nel vuoto fino a schiantarsi contro ciò che rimaneva del proprio trono.
Un boato si levò dalla folla, dalle guardie, dai Saggi, ma tutto ciò che Vegeta riuscì a udire era la voce di Kakaroth – di Goku – che lo malediceva in tutte le lingue, che urlava di rabbia nel tentativo di liberarsi.
Vegeta si rifiutò di credere che quanto detto fosse reale ma, anche se non avrebbe voluto darsi la riprova, c'era un solo modo per scoprirlo. Senza rendersene conto la sua Aura aumentò incredibilmente, incessante fino a esplodere. Divenne Super Saiyan Blue e, senza neanche bisogno di usare la forza fisica, l'esplosione da lui causata incenerì tutti coloro che gli si erano parati intorno.
Con il cuore martellante nel petto si avvicinò ai rimanenti Saggi e li uccise uno per uno, senza remore, senza più sensi di colpa. Assassino una volta, assassino per sempre.
Tolse la vita dai loro corpi, così come la tolse da altre guardie.
Radish, che troppo vicino aveva sentito l'ultimo terribile discorso dell'Imperatore, stava operando allo stesso identico modo e, una volta ucciso l'ultimo degli otto saggi di Morvir, rimasero entrambi con il fiato sospeso a osservare Kakaroth mentre si liberava dalle costrizioni dell'Aura di Vegeta.
Si alzò dal terreno, ansante, poi rivolse loro uno sguardo di fuoco.
Vegeta si sentì morire, perché tutto ciò che fu evidente era che l'Imperatore non avesse affatto mentito, e quello era il momento di crederci per davvero.
Quello non era Kakaroth. Non più.


Il Principe esplose in un urlo di rabbia, le pareti del palazzo crollarono, gli arazzi si accartocciarono. I nemici vennero arsi dal fuoco della sua Aura, ma Kakaroth fu veloce ad approfittare dell'unico momento in cui la rabbia scemò in disperazione. Si avvicinò a lui e lo colpì dritto in volto, fino a farlo barcollare.
Come osava, quel fantoccio di Kakaroth? Come osava colpirlo? Lui non era il suo rivale, lui era solo il corpo del suo rivale.
Vegeta gli restituì il pugno, meno forte di quello che avrebbe voluto. Iniziarono a combattere di nuovo e, nonostante la superiorità della forza del Principe, questi si sentì troppo stanco, troppo provato da quella scoperta per fare sul serio. Rispose agli attacchi di Kakaroth senza entusiasmo, senza alcuna passione.
Tutto era più chiaro: ecco perché la sua Aura era scemata col passare del tempo. Ecco perché era stata sempre più flebile, sempre più impercettibile, e ora era diversa: lui non era più la persona che conosceva. Col tempo, con la continua manipolazione, era arrivato ad essere davvero una persona diversa, un uomo diverso, persino con una forza spirituale differente.
Vegeta strizzò gli occhi.
Se solo si fosse deciso a cercarlo prima, se solo avesse scelto di seguire prima il suo presentimento forse ci sarebbero state delle speranze!
Invece Kakaroth – Goku, qualsiasi cosa fosse – aveva subito i danni permanenti della manipolazione mentale. Non era più il suo rivale, non era più suo amico. Non era più l'uomo con il quale aveva stretto una promessa solenne.
Almeno ci sarebbero stati l'uno per l'altro.
Almeno avrebbe avuto Kakaroth.
Forse non l'avrebbe più avuto veramente.
Era davvero troppo tardi?
Vegeta bloccò un pugno di quell'avversario senza più neanche un nome e avvertì gli occhi pizzicare. Kakaroth se ne accorse e storse il capo senza comprendere. Si guardarono per un secondo che parve durare eoni, fino a quando un gemito di dolore pizzicò le orecchie di Sua Maestà.
Si voltò di scatto, e trovò di fronte a sé ciò che non avrebbe mai, mai voluto vedere.
Radish
lo fissava con occhi velati, inginocchiato a terra, trafitto a livello del petto da una delle lance d'oro delle guardie.

«No» soffiò Vegeta.
La guardia estrasse la lancia, Radish stramazzò sul pavimento con un verso disumano. Tossì sangue, si accartocciò su se stesso.
No, non anche lui! Non poteva perdere anche lui.
Non c'era più tempo, non c'era tempo per rimanere solo.
Vegeta urlò di rabbia e uccise la guardia con un solo colpo, poi si voltò verso Kakaroth che, nel frattempo, lo fissava con un'espressione confusa e disgustata.
«Perdonami, Kakaroth. Sono nostalgico» gli disse solamente.
Questi non capì, non fino a che Vegeta, troppo veloce e troppo scaltro, gli si piazzò alle spalle e lo colpì forte dietro la nuca come aveva fatto durante il loro combattimento prima di Majin Bu.
E, esattamente come quel giorno, Kakaroth cadde a peso morto a terra senza rendersi neanche conto di ciò che stesse succedendo.
Le ultime guardie rimaste vive nel palazzo chiamarono rinforzi, ma Vegeta mise al tappeto ogni essere, nativo o forestiero che gli si parasse davanti.
Non c'era più tempo.
Fece esplodere ciò che rimaneva del tetto del palazzo e, dopo aver estratto la capsula dell'astronave dal corpetto di Radish, la fece apparire su un cumulo di macerie.
Dovevano andarsene da quel pianeta infernale. Vegeta abbatté qualche nemico, poi prese Radish e Kakaroth sotto le braccia – e dannazione, Radish pesava come un accidenti – e li trascinò di forza su Caps12RC.
Non c'era più tempo, dovevano andarsene di lì prima che qualche altra guardia danneggiasse l'astronave. Lasciò cadere Kakaroth in un corridoio e trascinò invece Radish con sé fino alla cabina di pilotaggio, giusto per assicurarsi che non morisse. Respirava a fatica, probabilmente quella diamine di lancia gli aveva bucato un polmone e non solo.
«Non morire, razza di coglione» lo supplicò, poi si mise a trafficare con i bottoni della cabina di pilotaggio. Sentì il rumore di alcuni colpi rivolti all'astronave, quello non era un buon segno.
Avrebbe dovuto partire in fretta, ma lui non era un bravo pilota.
Ci impiegò parecchi secondi per riuscire a capire come far funzionare quel maledetto trabiccolo ma, per chissà quale grazia divina, riuscì ad avviare i motori.
Era più complesso dei baccelli monoposto che aveva utilizzato per viaggiare nello spazio nel passato, ma riuscì comunque a far sollevare quell'affare e pilotarlo verso l'alto senza colpire le macerie del palazzo.
Partì alla volta dell'atmosfera a tutta velocità ma, naturalmente, il radar gli segnalò che altre astronavi avevano iniziato a inseguirlo.
Radish tossì un grumo di sangue, il suo respiro sempre più debole.
Avrebbe dovuto portarlo nel medbay il prima possibile e trovare un Senzu per curarlo, ma prima di tutto avrebbe dovuto seminare quelle diavolo di astronavi, o altrimenti li avrebbero fatti saltare per aria.
Il rumore dei cannoni blaster che lisciavano le superfici di Caps12 era assordante, ma non avrebbe potuto rischiare un salto nell'Iperspazio mentre era ancora in orbita di Morvir.
«Dai, dai cazzo, muoviti! Muoviti!» ruggì Vegeta, accelerando verso l'atmosfera. Tutto tremava, Radish tossiva, Vegeta non era nemmeno certo di riuscire a sopravvivere a quell'attacco incrociato di blaster. E Kakaroth... beh, non poteva nemmeno pensarci.
Il piano B era andato storto su diversi fronti.
«FORZA!» urlò, deviando all'ultimo un colpo di cannone con una virata improbabile.
Con un grosso boato uscì dall'atmosfera di Morvir e, finalmente, Caps12 diede il consenso per attivare la leva del salto nell'Iperspazio.
Vegeta la tirò con forza senza nemmeno badare alle coordinate di arrivo del salto. Tutto si fece immediatamente più chiaro e luminoso, e una grande spinta li catapultò altrove, lontano.


Senza cintura, senza nemmeno reggersi, il Principe rischiò di finire schiantato sulla pulsantiera quando l'astronave giunse a destinazione in quello sconosciuto quadrante della galassia. Ma tutto ciò che importava era che fosse riuscito a seminare le navi nemiche e che non ce ne fossero altre in vista, né piogge di asteroidi. Mise in stallo i motori e si catapultò immediatamente sul corpo di Radish, oramai scosso da tremiti incontrollabili.
Lo prese di forza, issandoselo su una spalla. Il sangue oramai imbrattava tutto il pavimento della cabina di pilotaggio, ma Vegeta ignorò la cosa e lo trascinò verso l'area medica. Scavalcò il corpo esanime ma non in pericolo di Kakaroth – a lui avrebbe pensato più tardi – e giunse alla porta bianca del Medbay.
Radish rantolò qualcosa, poi tossì sangue.
«Cazzo, cazzo, merda. Non morire. Non morire, o giuro che mi incazzo» lo supplicò.
Non aveva nemmeno idea che potesse preoccuparsi così tanto per quello scimmione, ma quello non era tempo di analizzare le sue reazioni emotive.
Lo sbatté senza troppa cura sul tavolo medico asettico e iniziò a rovistare tra i comparti di medicine alla ricerca di ciò che occorreva per salvare la vita del suo compagno di viaggio. Troppo disordine, mani troppo tremanti, troppo sporche di sangue, testa troppo confusa.
Radish tossì di nuovo e sembrò essere a corto d'aria. Iniziò ad avere le convulsioni, e Vegeta giurò che sarebbe svenuto lì in quel momento per il troppo stress.
Poi, ricordandosi dove diavolo li avesse cacciati, trovò il sacchetto di Senzu proprio nel momento in cui pensava che sarebbe stato troppo tardi.
Forse, però, era troppo tardi per davvero, perché Radish aveva improvvisamente smesso di muoversi. E di respirare.



 
Continua...
Riferimenti:
-Il fatto che la trasformazione in Super Saiyan sia dettata dalla rabbia e non solo dalla consapevolezza penso che possa essere considerato canonico, visto che la prima volta che i Saiyan (dell'Universo 7) si trasformano è proprio per via della furia cieca. Poi ovvio che riescono a trasformarsi anche con consapevolezza, ma Goku in questo caso non ricorda di essere un Saiyan, si trasforma semplicemente quando vuole aumentare la potenza o quando si arrabbia. Invece God e Blue e UI sono degli stadi che si raggiungono con una certa conoscenza, che Goku non ha più.


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno miei cari pirati spaziali... ebbene sì, siamo tornati nello spazio aperto. (Dove? Chissà dov'era impostato il salto iperspaziale!)
Vegeta è riuscito a catturare Goku con la forza bruta ma, purtroppo, l'Imperatore è stato piuttosto chiaro sul fatto che la sua mente sia oramai andata a farsi benedire.
E in più abbiamo anche un Radish in bilico tra la vita e la morte. Riuscirà Vegeta a salvarlo? E come? Respirazione a bocca a bocca? Senzu passato con la lingua come Mirai Trunks con Mai? HAUHAAHAH.
Insomma... in questo capitolo è successo proprio di tutto e di più. Abbiamo diversi problemi ai quali far fronte, ora. Mancano dieci capitoli alla fine, il viaggio è ancora lungo... ma almeno non vedremo più quegli stronzi dei Morviriani!
Grazie a tutti per il vostro continuo sostegno, e grazie a Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione in inglese!
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
Vegeta strinse i pugni e si voltò dall'altra parte. Non voleva essere debole come Radish.
«Tecnicamente lo sei. Ci sono ancora dei saiyan in giro, tuo padre è morto, il re sei tu» fece presente quest'ultimo. Un ottimo punto a favore, certo.
Eppure si sentiva tutto tranne che re. Non aveva più un popolo vero da governare, non avrebbe più avuto un castello, non avrebbe più avuto una stirpe. Non avrebbe avuto una cerimonia di incoronazione, non avrebbe avuto una folla ad attenderlo dalle proprie missioni.
Non avrebbe più avuto un pianeta sul quale tornare.
Aveva sei anni, aveva appena perso tutto.
  
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