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Autore: Chiara PuroLuce    20/06/2021    4 recensioni
Patty è sempre stata gelosa del rapporto di amicizia che lega Holly ad Amy, ma ora ha deciso di cambiare rotta.
Amy ha sempre cercato di avvicinare Patty, ma lei le si era sempre negata e con che grinta, ma se un bel giorno...
Una storia che tratta di un legame di amicizia, tanto insolito quanto vero che riserverà non poche sorprese alle due ragazze e non solo a loro.
Tratto dal prologo:
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…
«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»
«Come? E perché?»
«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Yayoi Aoba/Amy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Sai Patty, mi sento fissata» esordì Amy.

«Ma davvero? Non me ne ero accorta. In realtà lo siamo tutte e non hanno neanche tutti i torti, cariche come siamo.»

«Ci mancava solo che al corteo ci aggiungessimo anche noi tre e poi ovvio che alla stazione dei turisti ci hanno chiesto una foto» intervenne Susie. «Non si vedono tutti i giorni delle bellezze giapponesi e un bambino a spasso con un cane, un gatto e un pappagallo chiacchierone.»

In effetti Susie non aveva tutti i torti. Nonna Nozomi era rientrata quasi due settimane prima e ora le stavano riportando i suoi amati animali. Avevano optato per il treno perché un taxi non sarebbe bastato a contenerli tutti sul sedile posteriore e presentarsi dai suoi su due mezzi, anche no. Era stata la stessa nonna a dirle di aspettare a passare a trovarla, perché doveva riprendersi dal viaggio e dalla bella notizia che le avevano dato. Era stata felicissima di trasferirsi con la sua migliore amica a casa della figlia, o meglio nella dependance, e doveva ancora adattarsi. Il giorno prescelto per il loro re incontro, era quello. Patty era triste al dovere separarsi da Mister Wow e Oscar, ma non poteva rifiutarsi di restituirli alla nonna.
In aggiunta a loro, c’era anche Ennosuke. Un bellissimo bambino con corti e folti capelli neri, grandi occhi grigi e sguardo triste che, però e per fortuna, si era rianimato alla vista dei tre animali che lo attendevano nel loro appartamento. Non appena Susie aveva varcato la soglia con il piccolo – che di anni ne aveva otto da qualche giorno – Kohana si era data subito da fare per farlo sentire a suo agio e si poteva dire che l’aveva adottato, Mister Wow l’aveva fatto ridere con le sue citazioni dei film e Oscar… bè, lui l’aveva semplicemente preso come un cuscino umano, visto che gli era saltato stranamente in braccio appena si era seduto sul divano e non si era mosso per diverso tempo arrivando persino a russare.
Eh, sì, il loro appartamento si era riempito negli ultimi tempi. Lei e Amy avevano chiesto a Susie di restare per un po’ e non solo per una visita veloce – sempre se era libera da impegni urgenti – e lei aveva accettato tutta entusiasta. Il giorno dopo era rientrata di corsa a Nagasaki per recuperare una valigia e avvisare la famiglia Yuma sia dell’invito delle sue amiche, sia di Ennosuke che avrebbe portato con sé al suo rientro, con il benestare di Cliff. Una settimana dopo anche il piccolo orfano le aveva raggiunte a casa.
E ora erano tutti in giro per le strade di Nankatzu con destinazione casa dei suoi. Tutti quelli che incontravano li fissavano apertamente, ma nessuno si azzardava a fermarli.
Mancavano solo due vie al traguardo, quando Patty vide Susie fermarsi di colpo e sbiancare. Seguì il suo sguardo e notò una donna dal fare altezzoso guardarla molto male e con sdegno. Chi era? La risposta non si fece attendere e a lei iniziarono a prudere le mani, per fortuna notò che anche Amy aveva avuto la sua stessa reazione. Dovevano proteggere la loro amica a ogni costo.

 
«Tu!» Apostrofò Susie una volta che le ebbe raggiunte a grandi passi «Tu, ragazzina mentecatta. Ti avevo detto di non presentarti mai più davanti a me e invece eccoti qua di nuovo tra i piedi. Che cazzo vuoi ancora? Non credere che ti riaccoglierò in casa, perché la feccia non ce la voglio più. È stata una liberazione quando te ne sei andata, per tutti noi.»

Che donna sgradevole e maleducata, meritava una lezione.
 
«Ehi, lei, chieda subito scusa alla nostra amica qua. Ma come si permette, razza di idiota incivile» intervenne a difesa di Susie, mettendosi davanti alla tizia, ma l’amica le fece cenno di scansarsi e tacere.

«Signora, deve avermi confusa con qualcun’altra, io non la conosco» le rispose con sguardo e voce tagliente l’amica. «Sta spaventando il bambino e innervosendo Kohana, nonché infastidendo me e le mie amiche, quindi la pregherei di scusarsi e moderare il linguaggio.»

Caspita, che stoccata. Era evidente che l’amica conoscesse quella donna, come lo era anche il fatto che Kohana si fosse portata davanti alla sua padrona in posizione di difesa e stesse ringhiando piano alla tizia. Patty guardò anche Ennosuke che si era nascosto dietro le gambe di Susie, tremava e aveva lo sguardo basso. Dio, che cosa potevano avere mai fatto a quel bambino. Susie le aveva detto qualcosa della sua storia, ma evidentemente le aveva nascosto la parte più grave o non si spiegava un atteggiamento del genere da parte del piccolo. Anche Amy fissava muta la scena.
 
«Sai benissimo chi sono, stronzetta» ribatté quella «fai poco la santarellina con me, non attacca. Sei solo una sanguisuga bugiarda, meriti tutto il male di questo mondo. E voi» aggiunse poi fissandole «statele alla larga che è capace di portare disgrazia e basta.»

«Le ripeto, signora, che non sono io quella che cerca. Io sono morta, ricorda? Sono morta quando avevo sei anni e sono stata lasciata dai miei a casa sua, di suo marito e dei suoi due figli perfetti e perfidi. Sono morta quando ho scoperto che mi aveva rubato tutti i soldi lasciati dai miei genitori per il mio mantenimento. Sono morta ogni giorno vissuto in casa sua. Quindi vede, non posso essere io quella che cerca. Perché io sono rinata il giorno che mi è stata offerta una nuova possibilità e non sono più la ragazzina remissiva e impaurita di un tempo.»

Che cosa stava dicendo Susie? Ma come poteva essere vero? Guardò Amy che, con gli occhi lucidi per l’amica, fissava la scena, impotente come lei.
 
«Tu, schifosa ingrata. Se non era per la nostra pietà saresti finita in mezzo a una strada. Dovresti strisciare davanti a me, non attaccarmi ingiustamente. Ti abbiamo sopportata per tutti questi anni e hai anche la pretesa di rinfacciarci il nostro buon cuore» le rispose quella alzando il braccio con fare minaccioso e dal chiaro intento violento. «Ma chi ti credi di essere se non una null…»

Ma non riuscì a finire la frase, né a colpirla, perché Patty vide una figura imponente frapporsi tra le due e bloccare il braccio di quella odiosa donna.
 
«Le consiglio, signora, di girare al largo da questa ragazza d’ora in poi, o non mi limiterò a bloccarla. Sono stato abbastanza chiaro?»

«Cliff, oh mio…»

«Stavi per dire eroe, ragazzina?» Le chiese senza smettere di fissare la donna e senza mollare la presa «Oh, bè, immagino di esserlo, sì.»

«No, stavo per dire “oh mio Dio”, non ti allargare adesso. Grazie, ma posso cavarmela anche da sola contro mia zia, ma da dove sbuchi?»

«Ziaaaaa?» Urlarono tutti insieme.

«Purtroppo, lo è, o per meglio dire… lo era. Ora è solo una poveraccia che minaccia a vuoto e terrorizza i bambini. Non so neanche se mi fa più pena o schifo» rispose lei. «Allora, Cliffy, eri nascosto da qualche parte?»

«Sbuco da dietro l’angolo. Tra un’ora inizieranno gli allenamenti, ma volevo fare un riscaldamento muscolare prima e mi sono detto che una corsetta poteva starci tutta. Sai, mi hanno preso nella nuova squadra e devo mettercela tutta» le disse sorridendole.

«Lo so, l’ho sentito al telegiornale e la tua famiglia non stava più nella pelle dalla gioia. Tua nonna mi ha telefonato tutta emozionata. Ha detto che è orgogliosa di avere un nipote come te, uno che non molla mai e dal cuore così tanto grande da accogliere un bambino senza conoscerlo. Ha aggiunto anche che sono tutti impazienti di viziarlo.»

«Nonna esagera sempre.»

«No, ha ragione invece. Sei speciale Cliff. E anch’io sono orgogliosa di te, come dei tuoi risultati calcistici.»

Oh, oh, Clifford era arrossito come un peperone maturo, ma tu pensa. Patty guardò Amy che ora sorrideva e lei le fece il pollice in su.
 
«Grazie. E adesso dimmi… che devo fare con questa tizia, Susie? Non ho mai picchiato una donna e non vorrei iniziare certo adesso, ma ci sto andando vicino» le disse stringendo ancora di più la presa e facendo gemere di dolore la tizia.

«Mollala, credo che abbia capito l’antifona e che ascolterà il tuo consiglio, vero, cara zietta? Sparisci e se solo osi tornarmi davanti – perché sei stata tu a venire a infastidirmi e non viceversa – ti denuncio per stalking, violenza psicologica privata, tentata violenza fisica e furto e quello sarà solo l’inizio della tua fine, e bada bene che non scherzo. Sono un’assistente sociale se ben ti ricordi. Conosco bene la legge e i passi da compiere per farti molto male senza alzare un dito. Azzardati ancora a farmi una carognata del genere e rimpiangerai il giorno che hai deciso di trattarmi da schiavetta mai retribuita e non da nipote.»

Oh, santi numi… Susie era formidabile! Non appena Cliff lasciò la presa, infatti, quella donna ripugnante lasciò di corsa la via senza voltarsi indietro una volta.
 
«Wow, che spettacolo che sei amica mia» le disse abbracciandola, subito imitata da Amy che aveva ripreso colore.

«Hai molte cose da dirci, ma non abbiamo fretta e lo farai quando deciderai tu. Solo una cosa ti dico ora… mi dispiace. Mi dispiace per quello che quella donna ti ha fatto passare» le disse una Amy commossa.

«La mia ragazzina coraggiosa» intervenne un Cliff pensieroso a mezza voce. Poi la schiarì e riprese accucciandosi. «E tu sei il famoso Ennosuke, immagino. Non devi più avere paura, ok? Per fortuna al mondo ci sono anche persone buone e qui davanti a te ce ne sono ben quattro, più tre animali. Hai visto che brava è stata la nostra Kohana?» Gli chiese accarezzandola mentre quella si era seduta vicino a lui scodinzolando a tutto spiano «Ah, ma io parlo, parlo e tu non sai chi sono. Mi chiamo Clifford Yuma e sono un calciatore della Nazionale. Ti piacerebbe venire a spiare gli allenamenti un giorno di questi? Sempre se Susie è d’accordo» disse guardandola e lei annuì.

Patty vide il piccolo uscire dal suo nascondiglio, asciugarsi le guance dalle lacrime silenziose che gli erano scese e fargli un bel sorriso, annuendo entusiasta.
 
«Grazie per avere mandato via la signora cattiva» esordì poi.

«Prego. Non mi piace chi usa la violenza e la voce grossa per spaventare le persone, specie i bambini e le ragazzine indifese» disse guardando Susie che arrossì «anche se ora sono cresciute e sono diventate più toste.»

«Ma sei altissimo!» gli disse il piccolo facendolo ridere. «Posso davvero venire a vederti? E nessuno mi caccerà via?»

«Nessuno e potrai anche fare qualche tiro. Ma solo se farai il tifo per me e non per gli altri.»

E bravo Cliff, ci sapeva fare con i bambini, era ammirevole.
 
«A proposito, dove andate di bello? Siete in trasferta?»

«Momentaneamente. Riporto questi due dalla nonna e poi noi torniamo a Tokyo, mentre Susie ed Ennosuke partono per Nagasaki.»

«Bene, ne sono felice. Piacere di avervi rivisto allora. E… Susie, riportalo presto che devo mantenere una promessa» le disse sorridendole apertamente e agganciando lo sguardo al suo. «Devo salutarvi qualcuno?» Chiese poi rivolto a loro due.

Patty guardò l’amica che sorrise debolmente. Dal giorno che avevano detto il loro no al loro ruolo di manager, i loro ragazzi se l’erano legata al dito e – dopo una notte solitaria ognuno nelle proprie abitazioni – non si erano lasciati bene. Holly infuriato con lei anche se le aveva detto che la capiva e Julian con Amy, dopo la rivelazione sul suo lavoro.
 
«E perché no. Adesso corri, non vorrai che inizino senza di te» gli disse.

«E soprattutto non vorrai saltare la colazione. Guarda che Bruce non perdona» gli ricordò Amy.

«E telefona appena puoi, per favore» gli disse Susie abbracciandolo di slancio, facendolo arrossire «e ancora grazie… mio eroe» concluse poi strizzandogli l’occhio.

Patty vide Cliff diventare paonazzo prima di affrettarsi a correre via e sorrise. Aveva ragione l’amica, il difensore era cotto di lei, ma si rifiutava di cedere a quel sentimento, per una qualche strana ragione. Sarebbe stato divertente vederlo capitolare, ma prima…
 
«Ma lo vedi com’è felice che tu non sia nello staff? È gelosissimo di Diaz ed è tranquillo a saperti in partenza per Nagasaki perché così lui non può corteggiarti.»

«Vero, Patty, ma lui non sa ancora quello che accadrà da domani, o sbaglio?» Disse Amy sfregandosi le mani.

«Nessuno lo sa a dire il vero, ragazze. A parte noi, e qualche altra personcina lì dentro. Ora più che mai sono convinta che abbiate ragione e Vanesia sarà fiera di me.»

Poi, in preda alla ridarola, ripresero il cammino, con un Ennosuke stranamente ciarliero e di ottimo umore che le precedeva saltellando ovunque. Nonna Nozomi li stava aspettando.
 
 


 
«Che cosa? Hai visto Patty e Amy qui a Nankatzu?» Holly era basito, non se l’aspettava proprio.

«Ci hai parlato?» S’informò un Julian ansioso.

«Ovviamente sì, ed è stato… illuminante.»

«Illuminante dici? E come mai?» S’intromise Bruce mentre addentava un mini panino spalmato di marmellata.

Già, come mai? Era un incubo. Patty non gli parlava da quel famoso giorno che aveva voltato le spalle a quella strana e nuova Nazionale provvisoria. Avevano litigato – anche se le aveva detto di comprendere le sue ragioni – e aveva respinto ogni suo tentativo di riconciliazione.
La stessa cosa era accaduta a Julian con la sua Amy. Ecco, di certo lui aveva più motivi per avercela con la sua innamorata. Quando l’aveva portato da Steffen – e l’aveva aggiornato sulla situazione davanti al nordico – Julian si era chiuso a riccio e si era rifiutato di accettare la cosa, ma si era pentito subito di avere agito con tanto astio. Durante la loro notte solitaria, aveva confidato a lui e a Clifford, di essersi comportato come un cretino geloso e possessivo e lui non era mai stato così. Aveva anche progettato di chiedere scusa ad Amy la mattina dopo prima di partire, ma lei era già uscita per andare a visionare dei mobili per la cucina professionale. Con Steffen. Poco importava se non erano soli e si era portata a dietro anche gli altri soci. A Julian era andato il sangue alla testa ed era stato nervoso tutto il giorno.
E ora eccoli lì. Due stupidi che bramavano notizie sulle loro innamorate.   

 
«Parla dannazione. Non vedi che questi due sono al limite della pazzia da astinenza femminile?» Gli intimò Mark indicandoli.

«Sì, dicci tutto. Che hai scoperto di nuovo?» Gli chiese Philip.

«Se riguarda le nostre amiche, riguarda anche noi, quindi… a te la parola» e anche Tom volle dire la sua.

Holly tutto si sarebbe immaginato, meno che quello che l’amico riferì loro. Nessuno riusciva a crederci e il primo era proprio il difensore che – mentre parlava non senza imprecazioni abbastanza colorite – alla fine sembrava sereno, se non felice.
 
«E così, capirete bene, perché ha accettato di trasferirsi così lontano da qua senza esitazione e…» aggiunse poi guardando Diaz «mi spiace per te, ma sai, domani Susie riparte per Nagasaki. Ti è andata male, cavoli, come mi dispiace. Non potrai rivederla né chiederle di uscire come speravi di fare. Ah, lei lo sa che sei qua grazie ai tg sportivi che hanno dato ampio risalto a questo delirio, ma a quanto pare non è interessata. Un vero peccato, non trovi?»

«Oh, su amico non disperare. Io non mi arrendo per così poco. Troverò il modo per avvicinarla e chiederglielo e tu non potrai fare assolutamente nulla per impedirmelo.»

«Non sottovalutarmi Juan e non azzardarti più a chiamarmi amico, non lo siamo e non lo saremo mai. Ficcatelo bene in testa. Siamo costretti a lavorare insieme, ma la cosa inizia e finisce lì.»

L’astio tra quei due era palpabile e sempre crescente. Per il bene della squadra, però, dovevano sforzarsi di andare d’accordo. Decise che avrebbe fatto un discorsetto a entrambi, dopo colazione.
Così non poteva andare. Non c’era affiatamento tra loro e la lingua era un grosso ostacolo. Possibile che nessuno avesse pensato a tutto ciò? Aveva ragione Clifford, i capi guardavano solo ai profitti e al macero tutto il resto. Dopo due settimane, ancora faticavano a trovare un’intesa in campo e un punto d’incontro fuori. Era stato come mettere un faìna affamata in un recinto pieno di galline. Ok, il paragone non era poi molto azzeccato, ma il senso era quello.
Oltre a quasi tutti i suoi compagni storici, alcuni scelti come prime riserve, si erano aggiunti i tre assi argentini, due cinesi, tra cui il capitano della loro nazionale, tre cileni, due arabi e due uruguaiani. Insomma, erano aumentati a dismisura.

 
«Benji, sembri pensieroso. Qualcosa non va?» chiese all’amico stranamente silenzioso e scuro in volto che fissava il cellulare.

«Bè, ho appena ricevuto un messaggio da Strauss, a quanto pare loro stanno messi peggio di noi. Riteniamoci fortunati di non esserci ancora presi a botte, perché pare che da loro accada spesso. Dice che se continuano così, il rischio che corrono è quello di sciogliere la squadra e darci la vittoria a tavolino perché i capi ne hanno pieni i coglioni delle loro continue risse.»

Che cooooosa? Ci mancava solo quella. Ecco cosa succedeva quando non si studiavano bene i nuovi progetti, sull’onda delle emozioni e dei profitti.
 
«妈的,我就知道会是这样的结局。 我敢打赌我知道谁是那里最有争议的人之一。» (Dannazione, lo sapevo che sarebbe finita così. Scommetto di sapere chi è uno dei più litigiosi lì dentro.) Esordì Xiao Junguang, centrocampista offensivo cinese che militava nella squadra di Schneider.

Holly notò Benji guardare il cinese – che gli aveva detto di conoscere bene in quanto si era scontrato spesso con lui in campo – e lui tradusse in tedesco per il loro sggk che annuì con vigore.
 
«Sie sprechen von Bauer, oder?» (Parli di Bauer, vero?) disse il sggk passando alla lingua che entrambi conoscevano bene e li accumunava.
 
«Und wer sonst, er. Sie sagten so viel über dich, dass du aufbrausend warst wie wenige andere, aber das ist viel schlimmer, glaub mir.» (E di chi sennò, lui. Dicevano tanto di te che eri irascibile come pochi, ma quello è molto peggio, credi a me.) Ribadì con forza lui, riferendosi al portierone tedesco che giocava nella stessa squadra.

«Ha ragione Xiao, quel Bauer è imprevedibile e penso anch’io che molte risse avvengano per colpa sua» tradusse infine per il resto della squadra.

Dopo quell’annuncio – che gli interpreti presenti si affrettarono a tradurre – a Holly sembrava di essere capitato dentro la Torre di Babele durante la sua caduta. Impropri in varie lingue, ci poteva scommettere, permeavano l’aria. Che casino. Prese la parola. In fondo, lui era il capitano. Eh, sì. Dopo avere scelto i membri della nuova squadra, gli allenatori avevano fatto sfidare tra loro alcuni potenziali capitani e lui l’aveva spuntata su tutti.
 
«Ok, basta, fate tutti silenzio!» disse sbattendo le mani sul tavolo e alzandosi di scatto. «Stare qui a imprecare contro i capi non serve a nulla. Questa è la giusta occasione per collaborare tra noi, finalmente, e fare vedere a tutti di che pasta siamo fatti. Il calcio parla una solo unica lingua e noi sappiamo usarla, quindi vediamo di sfruttare questo vantaggio che abbiamo. Dobbiamo fare fronte comune e dimostrare che siamo una grande squadra. Ci sforzeremo di comprenderci sia a gesti che con parole semplici, che si possono imparare in fretta e capire al volo. Capisco che siamo sempre stati avversari, ma per un po’ questa cosa deve passare in secondo piano, se non in terzo e anche oltre. Abbiamo un’occasione unica e rara e non dobbiamo sprecarla. Possiamo imparare tutti qualcosa e dobbiamo farlo per il bene comune. Sappiamo che la squadra europea è in difficoltà. Mi spiace, ovviamente, ma questo è un bene per tutti noi. Non mi va di vincere a tavolino. Noi possiamo e abbiamo l’obbligo di diventare un esempio anche per loro. Da oggi tutto cambia per noi. Magari non diventeremo mai amici, ma colleghi sì. E adesso sbrighiamoci a finire la colazione. È tutto.»

Subito dopo la sala esplose in un lungo applauso, ma che aveva detto mai di strano? Lui sperava solo che d’ora in poi le cose, per tutti loro, cambiassero in meglio. Ora doveva accadere anche con Patty e poi poteva ritenersi soddisfatto.
 
 


 
«Oh, la mia nipotina preferita. Quanto mi sei mancata, mia cara Patty» le disse stringendola in forte abbraccio.

«Oh, nonna, anche tu… tantissimo e ti ricordo che sono la tua unica nipote femmina.»

Era bello riaverla a casa. Era meno bello doverle lasciare Oscar e Mister Wow e rientrare a Tokyo senza di loro. Voleva un bene dell’anima a quei due, ma non poteva farci niente, non erano ancora suoi e la casa sarebbe rimasta vuota senza di loro in giro. Almeno fino a che…
 
«Nonna, Oscar ha messo incinta la gatta del piano di sotto» le disse senza mezzi termini.

«Come? Oh, ma che mattacchione che sei» disse abbracciando il felino in questione che iniziò a fare le fusa.

«Ma… tutto qui quello che hai da dire? Che mattacchione? Non potevi dirmelo prima che non era castrato? Ca…volo, lo sai quante volte Miki ha portato da noi Birba perché Oscar non la degnava mai di uno sguardo? Poi un bel giorno è uscito dal letargo e non ti dico che casino ha creato in tutto lo stabile, per poi accoppiarsi con lei davanti a tutti nell’atrio. E smettila di rid… anzi, smettetela di ridere, tutti quanti!» Concluse poi guardandosi in giro.

I suoi genitori, suo fratello, l’amica di nonna, la nonna stessa, le sue amiche, la madre di Holly – che era già lì con il piccolo Daichi quando era arrivata – e persino i vicini di casa che stavano tagliando la siepe in giardino. Ridevano tutti, senza ritegno. Per fortuna Daichi ed Ennosuke erano ancora troppo piccoli per capire certe cose e continuarono a giocare. E per fortuna anche che si era corretta sulla parolaccia che stava per dire.
 
«Cara, non prendertela, è la natura. Oscar sta sempre in casa e non me la sono sentita di levargli anche le palline. Pensavo lo sapessi.»

Ah, che finta innocentina.
 
«Scuse, scuse. Nonna, ma lo sai che è anche un modo per prevenire certe malattie e preservarlo quando va in calore? Perché c’era Birba nei paraggi e ha avuto vita facile, ma molti non sono così fortunati e girano per mesi, tornando in stati pietosi.»
 
«Lo so, purtroppo, ma ti ripeto che non esce mai se non sul balcone. Ma hai ragione, dopo questo episodio lo farò castrare al più presto. Per ora pensa solo a che bei micetti nasceranno» le disse generando altre risate «e ora, tu, mia cara nipotina, vieni con me. Dobbiamo parlare seriamente di tu sai chi» e così dicendo, dopo essersi alzata, la trascinò nella dependance con Oscar sempre in braccio e Mister Wow sulla spalla.

Certo, Patty si aspettava quel momento dal suo arrivo, ma non aveva ben capito a chi si riferisse la nonna… a Steff o a Holly?
 
«Nonna, ti piace davvero qui?» Esordì lei, mentre la nonna faceva accomodare il micione sulla poltrona e l’Ara sul suo trespolo.

«Cara, non potevate farmi un regalo migliore di questo. E poi non sono sola e di questo pensiero bellissimo e generoso devo dire grazie a tutti voi.»

«Di nulla. Eravate entrambe sole e così abbiamo pensato di riunirvi o rischiavate di vedervi pochissimo d’ora in poi e la vostra bella amicizia ne avrebbe risentito» le rispose abbracciandola. «Ma non era di questo che volevi parlarmi bensì della mia situazione sentimentale, giusto?»

«Mi sembra ovvio. E dunque, hai fatto progressi col tuo futuro marito?»

E lì, Patty, sentì velocemente inumidirsi gli occhi prima di scoppiare in un pianto a dirotto.
 
«Oh… non… nina mia» le disse singhiozzando «potrà ma…i pe perdona… rmiiiiii? Io lo amo così tanto e…»

Patty le parlò degli ultimi eventi che li avevano visti lontani fisicamente e non solo. Della mancanza che sentiva di lui e della sua paura di telefonargli e di sentirlo ancora arrabbiato con lei.
 
«Un tempo» concluse lei dopo essersi ripresa e messa in modalità battagliera «non me ne poteva fregare di meno, ma ora… ora ci sto malissimo. Lo sa che ho delle responsabilità e che non posso girarmi dall’altra parte per qualche mese solo perché la nuova squadra provvisoria ha bisogno di aiuto, eppure… a parole mi dice prima mi dice che è tutto ok e poi mi accusa di lasciarli in difficoltà. Come può essere così… egoista e io stupida che me la prendo anche. In tutti questi anni lui ha sempre anteposto il calcio a tutto e a tutti e nessuno mai ha osato dirgli che sbagliava. Allora perché lui non si rende conto che per me è importante amministrare al meglio la palazzina?»

Subito diopo quelle parole, Maggie Hutton entrò.
 
«Mia cara, perdonami se ho sentito tutto e sono rimasta nascosta, ma non volevo interromperti. Vorrei parlarti da madre di quella testa dura che è Oliver. Conosci mio figlio molto bene e sai che anche lui ti ama tantissimo. Sai anche che quanto tiene a qualcosa o a qualcuno non si risparmia. Ma a volte è così stupido e ottuso che deve ringraziare di essere mio figlio altrimenti…» e mosse una mano a pugno davanti a lei facendola ridere. «A volte ha bisogno di scontrarsi con la realtà che spesso ignora. Non è colpa tua se non hai potuto ricoprire il ruolo che tanto ami e non devi sentirti in colpa. Lascia che capisca da solo di avere sbagliato e che strisci davanti a te. E lo farà. Se lo conosco bene – ed è così credimi – si starà già dando del cretino da solo, escogitando un modo per contattarti.»

«A volte l’amore è fatto di incomprensioni, litigi e arrabbiature, è normale e giusto… non può andare sempre tutto bene. Ma sai qual è il bello?» Le disse la nonna.

Patty scosse la testa, fissando le due donne che la guardavano con aria divertita.
 
«Fare la pace» sentenziarono insieme Nozomi e Maggie.

E, su quella semplice frase, Patty arrossì a più non posso. Era ora di svelare loro il piccolo segreto che lei e le sue amiche tenevano per sé da qualche giorno.
 
«Sì, avete ragione, basta abbattersi. Voglio parlargli e riconciliarmi con lui. E credo che avverrà molto prima di quello che il mio Holly pensa. Sapete, noi…»

Quando ebbe terminato di esporre il piano suo, di Amy e Susie – in combutta con solo loro sapevano chi – le due donne erano ormai con le lacrime agli occhi dal troppo ridere e le diedero la loro approvazione.
 
«Oh, è perfetto. Avete trovato una soluzione geniale, brave» le disse nonna.

«Già, ben fatto» rincarò la dose Maggie «mi spiace solo non potere essere presente, ma tu mi terrai aggiornata, vero?»

E c’era da chiederlo? Ovviamente. Il suo caro Holly avrebbe imparato presto che non bisognava mai dare nulla per scontato con lei. Mai.
Era ora di agire.
   
 
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