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Autore: liriel4444    04/07/2021    1 recensioni
Sherlock Holmes è morto, lasciando solo John Watson. Porte che si aprono o che si chiudono portano verso destini diversi.
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

John (A)

La carrozza sballottò per quasi mezz’ora il corpo di un apatico John Watson, prima che il dottore raggiungesse la propria destinazione.

La casa che lo aspettava, non aveva nulla in comune con il 221B di Baker Street. Era una palazzina di quattro piani, senza ascensore, con sei appartamenti per piano. La porta d’ingresso era di vetro smerigliato, ma si intravedevano diverse crepe.

‘Sherlock le avrebbe notate subito e dedotto che cosa le avesse provocate prima ancora che io avessi avuto il tempo di sbloccare la serratura,’ sorrise.

Il sorriso durò appena un secondo.

‘Non pensare a Sherlock. Lui non c’è più. Non sentirai mai più la sua voce, non vedrai mai più i suoi occhi. Prima smetterai di pensare a lui, prima ricomincerai a vivere,’ ringhiò fra sé e sé.

Era più facile da pensare che da fare.

Qualsiasi cosa lo portava a pensare a Sherlock. Anche la più innocente. Anche la più impensabile.

Sherlock era un’ossessione.

Sbatté la porta d’ingresso e iniziò a salire le ripide scale interne. Per fortuna il suo appartamento era al primo piano. La gamba aveva ricominciato a fargli male e zoppicava. Salire quelle scale non era comodo.

Il dolore fisico, però, andava bene. Era giusto. Benvenuto.

Lo distoglieva dal dolore che gli stringeva il cuore in una morsa ferrea. Lo distoglieva dal dolore per la perdita di Sherlock.

Aprì la porta dell’appartamento. Una piccola sala squallida e grigia lo accolse con freddezza. John la ignorò.

Buttò la scatola dei libri sul tavolo che la sala condivideva con l’angolo cottura del cucinotto e si diresse all’armadietto più vicino.

La bottiglia di pessimo whiskey era lì, che lo attendeva.

John non prese nemmeno il bicchiere. Aveva bisogno di stordirsi. Di dimenticare. Di smettere di pensare.

Aprì il tappo e si mise la bottiglia al collo, mentre caracollava verso il divano.

****

John (B)

John fissò i libri, sparsi sulla banchina della metropolitana.

Li guardava, ma non li vedeva, perché gli occhi erano ottenebrati dalle lacrime.

Nessuno osò avvicinarsi o chiedere se avesse bisogno di aiuto.

Con rabbia, John calciò il primo libro, come se fosse stato un pallone. Poi ne colpì un secondo e un terzo. Avrebbe continuato all’infinito, se una voce non avesse raggiunto la sua coscienza.

“John? John stai bene?”

Il dottore si immobilizzò e si girò verso la voce, i pugni chiusi e stretti lungo i fianchi. Era pronto a insultare e a picchiare chiunque gli avesse parlato. Come potevano chiedergli se stesse bene, quando la sua vita era finita? Come potevano anche solo pensare che lui stesse bene, quando aveva fallito nell’impresa più importante? Lui non aveva salvato Sherlock Holmes. Era pronto a urlare contro chiunque gli avesse rivolto la parola, quando si scontrò con un paio di occhi chiari e una massa di capelli ricci e neri.

John fissò l’apparizione, incredulo. Si passò una mano sugli occhi e riportò lo sguardo sul volto della persona che gli aveva parlato: “Sher…”

“John, ti ricordi di me? Sono Matthew Randall. Eravamo insieme nell’unità medica, in Afghanistan.”

John annuì.

‘Certo che non è Sherlock, stupido. Sherlock è morto. Si è lanciato dal cornicione del Bart’s e non tornerà mai più da te.’

“Certo che mi ricordo di te, Matt. Come stai?”

“Bene. Grazie. Posso aiutarti?” Indicò con una mano i libri sparsi.

John arrossì in modo violento, sentendosi un perfetto idiota. Aveva appena preso a calci dei poveri libri, che non gli avevano chiaramente fatto nulla, su una banchina della metropolitana. Affollata di gente.

Doveva essere sembrato un pazzo.

‘Si può impazzire per il dolore?’

“Sì, grazie. Sei molto gentile.” Sorrise, incerto.

“Dove li devi portare?” Domandò Matt, mentre recuperava i libri e li infilava nella scatola.

“Sto cambiando abitazione. Questi sono gli ultimi libri che ho preso dalla mia vecchia… da…” non riuscì ad andare avanti.

“Posso accompagnarti, se vuoi. Così potremo fare due chiacchiere. È da tanto tempo che non ci vediamo.”

Il sorriso di Matt era caloroso e sincero. Quegli occhi azzurri, i ricci morbidi, le labbra piene, gli ricordavano così tanto Sherlock, da fare male.

“Mi farebbe molto piacere. Così posso offrirti qualcosa da bere, per ringraziarti del tuo aiuto. Sempre che tu non abbia altro da fare.”

“Sono tutto tuo. – ribatté in tono allegro Matt – Per qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno.”

****

John (A)

Non si era accorto di essersi addormentato. Non capì che cosa lo avesse svegliato. Era intontito dall’alcool e i suoi riflessi erano molto rallentati.

‘Patetico.’ Gli sussurrò, in tono sprezzante, una voce che assomigliava pericolosamente a quella di Sherlock.

John poteva sentire il suo sguardo fisso su di lui, le labbra piene strette in una linea sottile, il bel viso atteggiato a una espressione di biasimo.

“TU SEI MORTO! LASCIAMI IN PACE! A CHI VUOI CHE IMPORTI SE MI UBRIACO?” Urlò al fantasma dell’amico morto.

Il rumore sordo si ripeté. John tese i sensi, per capire di che cosa si trattasse. Il fantasma di Sherlock svanì dalla stanza.

Un lamento arrivò dal corridoio. Senza riflettere troppo, John spalancò la porta e si trovò davanti il buco nero della canna di una pistola.

Ormai completamente sveglio e con gli effetti della sbornia svaniti, John osservò l’uomo che lo stava minacciando.

Di mezza età, basso e tarchiato, teneva l’altro braccio rigido lungo il corpo. Del sangue fuoriusciva copioso da una ferita che doveva trovarsi appena sotto la spalla.

Qualcosa si mosse nel profondo dell’anima di John Watson. Quell’uomo era sicuramente un criminale. Il medico avrebbe potuto metterlo fuori combattimento molto facilmente e consegnarlo alla polizia.

‘A che pro?’

Sherlock e lui avevano collaborato con la polizia. Avevano rischiato le loro vite per assicurare i delinquenti alla giustizia. E che cosa ne avevano ottenuto in cambio? Diffidenza, derisione, sospetto. E, alla prima difficoltà, Sherlock era stato screditato e denigrato, accusato di essere un millantatore, un imbroglione, un esaltato.

‘Sherlock si è ucciso perché la polizia ha creduto alle menzogne di Moriarty, invece che a una persona meravigliosa che li aveva aiutati per anni, senza pretendere in cambio altro che considerazione e rispetto.’

Con la rabbia che montava inesorabile dentro di lui, John sentì la propria voce dire: “Abbassa quell’arma ed entra. Sono un medico. Non voglio sapere nulla di te. Ti curerò. Non ti denuncerò alla polizia.”

L’uomo lo fissò sospettoso e incredulo.

John gli voltò le spalle e recuperò la borsa con dentro il materiale necessario alla medicazione.

Cominciò a fare un elenco mentale di ciò di cui avrebbe avuto bisogno.

Quello era l’inizio della sua nuova vita.

****

John (B)

Durante il viaggio in metropolitana, John e Matt avevano parlato dei vecchi commilitoni.

Anche Matt aveva lasciato l’esercito e lavorava presso una clinica privata in centro a Londra. Era benestante e single.

John aveva sempre saputo che Matt era gay. Il giovane collega non ne aveva mai fatto un mistero. All’inizio lo aveva persino corteggiato. Con molto tatto, John gli aveva fatto comprendere che era lusingato, ma non interessato. Questo non aveva impedito ai due uomini di instaurare un rapporto di fiducia e di reciproca stima.

Durante il tragitto dalla stazione della metropolitana al nuovo appartamento, Matt aveva insistito per portare il pacco pieno di libri. Aveva notato che John zoppicava e non voleva che si sforzasse.

John gliene fu molto grato. Era piacevole parlare con qualcuno che non avesse nulla a che fare con il suo recente passato.

‘Con Sherlock.’

Con qualcuno che non sapeva niente di indagini, pazzi dinamitardi e geni del crimine. Con qualcuno con cui parlare di cose innocue come la guerra e la morte in battaglia.

Arrivati al nuovo appartamento, John aprì la porta e fece accomodare Matt nel suo spoglio e squallido alloggio. Si vergognò un po’ della propria condizione, ma Matt continuava a sorridere, come se John lo avesse accolto in una casa lussuosa e ben arredata.

“Mi sono appena trasferito, non ho molte cose. – John si sentì in dovere di giustificarsi – Però posso offrirti un po’ di whiskey in un bicchiere pulito.” Terminò, andando verso il mobile dell’angolo cucina, dove prese una bottiglia e due bicchieri.

Matt si tolse il cappotto e si accomodò sul divano. John si sedette accanto a lui, versando una dose generosa del forte liquore ambrato in entrambi i bicchieri.

“Agli amici presenti e a coloro che ci hanno lasciato.” Mormorò, alzando un bicchiere.

“Agli amici ritrovati.” Ricambiò Matt.

Entrambi trangugiarono un sorso generoso di liquore.

“Chi ti ha ferito così tanto, John?” Domandò Matt, con infinita dolcezza.

John fece un verso a metà fra una risata e un singhiozzo: “Credo che tu sia l’unico in città a non sapere nulla. Un mio amico si è ucciso. Non sono riuscito a salvarlo…” e una valanga si riversò all’esterno. John raccontò tutto a Matt, come non aveva mai fatto nemmeno con la sua terapista.

Del suo incontro con Sherlock. Di quanto fosse intelligente ed eccezionale. Del modo in cui avevano subito stretto un rapporto di profondo rispetto e fiducia reciproca. Di quanto fosse diventato importante la loro amicizia. Di come Sherlock fosse stato posto su un piedistallo altissimo, fatto di fragile cristallo, che era stato distrutto, facendo precipitare il suo amico all’inferno.

“Così Londra e l’umanità hanno perso la persona migliore che sia mai esistita a questo mondo. Senza Sherlock, il mondo è più vuoto e più freddo.” Concluse.

Mentre parlava, John aveva continuato a versarsi da bere, perché era più facile raccontare di quell’essere meraviglioso, che lo aveva abbandonato, se qualcosa di forte gli scioglieva il nodo che si ostinava a formarsi alla gola.

Si voltò verso Matt, ma non vide lui.

Vide gli occhi chiarissimi, i ricci corvini, gli zigomi affilati di Sherlock. E le sue labbra piene, che gli sorridevano. Invitanti.

“Perché comprendiamo quanto siano importanti le persone solo quando non ci sono più? Perché temiamo così tanto di mostrare i nostri sentimenti, da perdere l’occasione di essere felici?” Sussurrò.

John si avvicinò e Sherlock non si sottrasse al bacio.

Anzi.

Spogliò John con delicatezza, lo ricoprì di baci e di carezze. Lo preparò con dolcezza e lo penetrò, riempiendolo con il proprio cazzo e muovendosi dentro di lui. Facendolo sentire completo.

“SHERLOCK!” Urlò John, all’apice del piacere.

Sentì lo sperma dell’altro riempirlo. Braccia forti che lo avvolgevano, cullandolo come un bambino, mentre piangeva e mormorava frasi sconnesse e senza senso.

Fino a cadere fra le braccia di Morfeo.

 

 

Piccola nota dell’autrice

Così le vite dei due John prendono strade completamente diverse.

Grazie a chi stia leggendo il racconto e grazie a Himeko82 per la recensione al primo capitolo.

Alla prossima domenica.

Ciao ciao.

   
 
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