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Autore: Eevaa    04/07/2021    8 recensioni
L'aura di Kakaroth si era dissolta lentamente nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
«Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?» urlò Vegeta. Poi il prigioniero sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta, che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili, che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore, e che ora dobbiamo salire su quel catorcio di astronave per andare in giro per dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».
Inaccurato, ma tutto vero.

[Post-Dragon Ball Super] [Slowburn]
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 13
Il detentore di ricordi


 


 
La mano tesa in direzione di Kakaroth tremava, sebbene in modo impercettibile.
Un gesto che voleva dire “tregua”. Una speranza di ricominciare.
Era quello, dopotutto: ricominciare da capo, come se davvero non si conoscessero. Solo che Kakaroth non ricordava nemmeno chi fosse lui stesso, e Sua Maestà si stava prendendo la grande responsabilità di spiegarglielo.
Non sarebbe stato facile, lo sapeva, sarebbe stato terribile avere a che fare con qualcuno che non si ricorda di un'esistenza intera trascorsa insieme, quando Vegeta si ricordava perfettamente ogni singolo attimo. Dal grande desiderio di omicidio nei suoi confronti, in quel deserto, fino al pomeriggio in cui gli aveva quasi supplicato di non andarsene.
Certo, sarebbe stato di gran lunga più semplice se Kakaroth avesse almeno accettato di ricevere delle spiegazioni. Come dicevano gli strizzacervelli sulla Terra: il primo passo per risolvere un problema è accettare di avere un problema.
La mano tesa continuò a tremare mentre Kakaroth sollevò il ventaglio di ciglia e lo fissò.
«Non so perché, ma anche su Morvir il tuo sguardo mi è parso strano» gli disse, infine.
Vegeta corrugò le sopracciglia.
«Strano?» domandò.
«Strano... ma non disonesto» mormorò Kakaroth. Il suo sguardo invece sembrava piuttosto disperato. 
«Mostrami queste prove».
Poi, finalmente, allungò una mano verso la sua e la strinse. Un accordo. Ma, prima di tutto, un contatto.
Vegeta rabbrividì, memore di tutte le volte che aveva accettato la sua mano con riluttanza durante il teletrasporto. Memore di un contatto quella lontana notte a guardare le stelle seduti su un tronco d'albero. La notte della promessa che ci sarebbero stati sempre l'uno per l'altro.
Sua Maestà strinse la mano a sua volta e deglutì. Lo sguardo di Kakaroth si fece un po' meno duro nei suoi confronti. Per la prima volta realizzò di averlo trovato per davvero.
Avrebbe dato qualsiasi cosa purché si svegliasse da quello stato catatonico e lo riconoscesse, ma non poteva chiedere troppo. I danni della manipolazione erano permanenti, avrebbe dovuto farsene una ragione.
«Ehi!» la voce di Radish giunse loro dalla cima della piattaforma, dalla quale si stava sbracciando con aria allegra. Vegeta staccò la mano da quella di Kakaroth con un gesto brusco. «Mi dispiace interrompere questo meraviglioso momento, ma la nostra nave è pronta. Possiamo salpare!»


 



Quando i motori dell'astronave si accesero, Vegeta soffiò un sospiro di sollievo. Erano tutti e tre lì, nella cabina di pilotaggio, pronti a ritornare a casa. Era realtà.
Avevano un lungo viaggio di ritorno da affrontare, non sarebbe stato facile. Non sarebbe mai andato tutto liscio, quello era poco ma sicuro.
«Quanto ci vorrà a tornare sulla Terra?» domandò Sua Maestà, dopo aver bucato l'atmosfera di Niwre.
«Facendo un breve calcolo, contando che il carburante speciale per l'Iperspazio consente non più di tre salti alla volta e poi dovremmo fermarci a fare rifornimento... uhm, un mese e mezzo, circa. Poco più» illustrò Radish, iniziando a trafficare sul display per stabilire una rotta veloce.
«Così tanto?!» esclamò Kakaroth, incredulo, ancora aggrappato ai vani portaoggetti per non perdere l'equilibrio. Caps12RC era progettata per due persone. Anche la questione dei letti, ancora, avrebbero dovuto rivederla.
Radish si voltò verso di lui con un ghigno.
«Che c'è, fratellino, hai fretta? Fino a poche ore fa nemmeno ci volevi venire».
Kakaroth si accigliò.
«Non ho detto di volerci venire. Ho molta più fretta di capire perché mi trovo qui, e cosa ci sia di vero in tutto quello che mi avete raccontato. Fino ad allora ti proibisco di chiamarmi in quel modo» sibilò, acido.
Vegeta sospirò. Avrebbe tanto, tanto gradito che Kakaroth la smettesse quantomeno di comportarsi in quel modo così poco da Kakaroth. L'ostilità non era davvero parte del suo carattere originale.
«Vieni» gli disse quindi il Principe, serafico, sganciando le cinture di sicurezza. «Ho delle cose da mostrarti. Così almeno la smetterai di comportarti come se ti avessimo davvero rapito». E ti toglierai quel bastone infilato su per lo sfintere anale, aggiunse a mente.
Uscirono dalla cabina di pilotaggio e Vegeta fece di tutto per non notare lo sguardo ammiccante di Radish ma, ovviamente, fu più difficile non notare il salto iperspaziale che questi attivò mentre erano entrambi in piedi nel corridoio. E che rischiò di farli cadere uno sull'altro, se solo non avessero avuto i riflessi abbastanza pronti.
Si schiantarono uno sul pavimento e l'altro su un contenitore di elettronica, maledicendo a gran voce il pilota, il quale lasciò andare una grassa e fragorosa risata. Lo aveva fatto apposta, il demente.
«Ma che problemi ha quello?» si lamentò Kakaroth, grugnendo.
«Tanti, Kakaroth, tanti» sibilò Vegeta, furente, poi riprese a camminare diretto alla Living Room.


Quell'area specifica della nave era piuttosto ben attrezzata, ampia bene o male come quella medica, con una piccola cucina angolare con penisola per mangiare, un divano a due posti e una televisione interattiva. Tutto molto moderno, tutto molto bianco. Un grande oblò sull'esterno mostrava solo buio e stelle lontane.
Vegeta si appoggiò con le mani al bancone della cucina, incassò la testa nelle spalle e si mise a riflettere. Non aveva la benché minima idea da dove iniziare.
Kakaroth sembrava oramai aver accettato pacificamente di seguirli, e da una parte Sua Maestà ringraziava di essere stato colpito durante la fuga da Morvir, di aver avuto bisogno di lanciare un SOS e di essere finiti in un altro universo nel quale tutti conoscevano Kakaroth, e avevano quindi potuto dar manforte sulla sua identità.
Non tutto il male viene per nuocere, insomma. Ma come convincerlo davvero a fidarsi?
Di prove da dare a Kakaroth ne aveva numerose, ma come fargli capire di non essere un impostore?
«Beh?»
La voce di Kakaroth sembrava un invito a darsi una mossa. Vegeta strinse le labbra, non ci era abituato.
Avere a che fare con un Kakaroth così diverso lo destabilizzava, ma sicuramente c'era un motivo per tutto quello, c'era un motivo perché fosse così diffidente, sulla difensiva, cinico. Negli ultimi dieci anni cosa diamine gli era accaduto? Come era stato trattato su Morvir? Quali erano state le sue dinamiche sociali? Avrebbe voluto chiedergli un miliardo di cose, avrebbero avuto così tanto da dirsi, anche per uno come lui che parlava così poco.
«Kakaroth... devo farti una domanda, prima di tutto» disse, senza voltarsi verso di lui. Una domanda, una tra le tante.
«In realtà speravo rispondessi ad alcune delle mie» rispose lui, piatto.
Vegeta avrebbe tanto voluto prenderlo a pugni. Era come parlare con se stesso, e Kakaroth non era così. Lui non rispondeva male, non era sarcastico, non era cinico.
Kakaroth era una persona gentile, amichevole. Evidentemente non aveva avuto mai nessuno con cui esserlo per dieci anni.
«In questi anni, su Morvir, da quando ti ricordi... hai avuto degli amici?» borbottò Vegeta. Si vergognava, non era lui quello che faceva quelle domande, non era lui a introdurre dei discorsi del genere.
«E questo cosa dovrebbe avere a che fare con-»
«Potresti solo... rispondere?» lo interruppe Vegeta.
Era come se la situazione si fosse ribaltata. Vegeta che parlava, Kakaroth che rispondeva male. Sua Maestà sorrise amaramente a quel pensiero, ma non si voltò. Continuò a stare ricurvo, aggrappato al bancone della cucina con gli occhi persi nel metallo del piano cottura.
Udì Kakaroth sospirare prima di parlare.
«Su Morvir... ero solo. Sono sempre stato solo. Non si parlava molto. Ogni tanto uscivo la sera con delle guardie in qualche locale per non nativi... ma non... non ho mai stretto amicizia con nessuno».
Vegeta strinse i denti. Come immaginato.
«Sei stato solo tutto questo tempo?» chiese conferma.
«Sì. Sempre, da che io ricordi. E, effettivamente, i miei ricordi sono molto sfumati nel passato. Non capisco perché me lo chiedi, però» rispose Kakaroth. Era dietro di lui, ma Vegeta continuava a dargli le spalle.
Il Principe sogghignò. Uno strano destino per uno come Kakaroth, quello di non interagire con nessuno. Lui che stringeva amicizia con tutti, persino con i nemici. Proprio come suo fratello che riusciva a parlare anche con i sassi – anche se con intenzioni diverse.
«Perché sulla Terra avevi un sacco di amici» soffiò Vegeta, con lo sguardo perso. «Eri... amato da tutti, insomma. Io non sono come eri te, non ho mai parlato molto. Quando sono circondato da tanta gente sto molto sulle mie. Ma mi fa strano pensare che tu sia così, adesso. È strano parlare... con te» ammise infine Vegeta.
Si ripromise in quell'istante che gli avrebbe dedicato solo sincerità. Non gli avrebbe nascosto nulla.
«Noi due non parlavamo?» domandò Kakaroth, il suo tono un poco più incuriosito.
Il Principe sbuffò e chiuse gli occhi.
«Oh no, parlavamo, parlavamo. Eri perlopiù tu a parlare, ma parlavamo. Poco, agli inizi. Poi siamo diventati più... in confidenza. Ma tu non parlavi così, eri... eri sempre allegro. Quasi irritante, sempre con quel sorriso in faccia. E ora sei diverso» concluse Vegeta. Le ultime parole pronunciate con tanta amarezza da fargli salire la nausea. Si aggrappò di più al bancone della cucina e questo scricchiolò, ma non riuscì a voltarsi verso Kakaroth.
Lo sentì sbuffare, cinico..
«Sempre... allegro?» si domandò, stranito. «Non mi ci riconosco, non ho avuto molto di cui esserlo. Sei sicuro di aver trovato la persona giusta? Che io sia davvero chi tu credi io sia?» chiese, il suo tono quasi dispiaciuto.
Vegeta finalmente trovò la forza di voltarsi e di guardarlo fisso negli occhi. Nero contro nero.
Anche se più cupi, anche se più stanchi, Vegeta avrebbe saputo riconoscere quegli occhi ovunque.
Avrebbe riconosciuto Kakaroth tra tutti gli esseri umani dell'universo, e aveva saputo riconoscerlo persino con quei capelli acconciati in modo strano, con quella tunica bianca e oro e quella tiara sulla fronte.
«Più che sicuro» confermò, senza lasciar cadere lo sguardo.
Kakaroth alzò il mento e sollevò un sopracciglio. Sembrava incuriosito, seppur sospettoso.
«Hai detto che puoi dimostrarmelo. Come?»
Era quello, dunque, il momento di farsi avanti? Era quello il momento di esporsi? Vegeta sostenne i suoi occhi e strinse le labbra.
Difficile e semplice allo stesso tempo dimostrare a Kakaroth di conoscerlo, di sapere di lui tante cose apprese in più di quarant'anni di vicinanza. Facile perché le ricordava tutte a memoria, difficile perché ammettere di saperlo fare era un attentato alla propria dignità.
Ma, come dimenticare, la dignità avrebbe dovuto metterla da parte. Per Kakaroth.


«Ok...» soffiò, con uno sbuffo. Era il momento. «Hai una cicatrice in basso alla schiena. Tonda, scura. Ti pizzica con la luna piena».
Kakaroth sgranò gli occhi.
«Ma come f-»
«Ce l'ho anche io» lo interruppe Vegeta. «È dove avevamo la coda, perché siamo Saiyan».
«Quindi è una deduzione, la tua?» Kakaroth strinse gli occhi.
«Mh, no. L'ho vista, diciamo che il tuo senso del pudore non era proprio alto» borbottò Vegeta. Non erano state rare le volte in cui si era messo nudo davanti a lui, per fare la doccia, per fare la sauna, per andare a pescare. Ovviamente niente di compromettente. Forse. «Ma se non mi credi, beh, ne hai un'altra, di cicatrice. Non si vede, è sotto i capelli sulla nuca. La puoi sentire quando ti fai la doccia. Me lo hai detto tu, una volta».
Lo sguardo di Kakaroth si fece di nuovo più sgranato, ben più sorpreso. Aprì la bocca per dire qualcosa ma non ne uscì niente, quindi Vegeta continuò.
«Ti addormenti solo sul fianco sinistro, poi però dormi in tutte le posizioni del mondo e, sul serio, questa cosa dev'essere genetica perché anche Radish lo fa» spiegò. Avevano dormito spesso insieme, sul pianeta di Lord Beerus. «Sei ambidestro. Quando sei nervoso, felice o in imbarazzo ti gratti la nuca. Ti piacciono di più i cibi salati, anche se diventi pazzo per il cioccolato. Non ti piace il caffè».
Più Vegeta andava avanti a elencare, più si rendeva conto di conoscerlo davvero, davvero bene. Anche per le piccole cose, le sciocchezze. Per un attimo gli sembrò che non fossero trascorsi davvero dieci anni, poi però Kakaroth parlò.
«Cos'è il caffè?» domandò. Sembrava alienato, sorpreso prima di tutto.
Vegeta scosse la testa e si voltò verso il bancone. Nella boccia della caffettiera riscaldata c'era ancora un avanzo del caffè che si era preparato mentre attendeva il risveglio di Kakaroth. Gliene versò una tazza, poi gliela porse.
Kakaroth l'annusò con il naso arricciato e, dopo averlo assaggiato, montò un'espressione terribilmente disgustata. Vegeta invece non riuscì a trattenere un sorrisetto.
«C'è davvero a chi piace 'sta roba?» domandò Kakaroth, porgendogli la tazza.
«Oh, sulla Terra lo adorano. Io non riesco a farne a meno» fece spallucce Sua Maestà, bevendo ciò che rimaneva del caffè. Poi continuò. «Di sera... di sera ti piace guardare le stelle. Non riesci a pronunciare la parola “rocambolesco”» e gli aveva dato abbondantemente del cretino per quello. Poi Kakaroth gli aveva fatto una boccaccia, una delle solite, e Vegeta gli aveva dato anche dell'infantile. Un battibecco che era finito alle mani. Una scusa per combattere, niente più.
«Rocalbonesc... roncambole... dannazione» provò Kakaroth, accigliandosi.
«I tuoi capelli hanno una forma strana se non li leghi. Sono tipo a forma di palma. Ti dicevo che erano stupidi» spiegò Vegeta. Erano stupidi per davvero, ma quello chignon era forse più strano.
Kakaroth si portò una mano sui capelli di riflesso.
Si specchiò nel bianco armadietto della cucina, sul suo volto un'espressione dura, colpita, sofferente. Consapevole. Così consapevole da provocargli dolore, a giudicare dal tremore delle sue mani.
Vegeta provò l'impulso di allungare una mano verso di lui e non si trattenne. Raggiunse il nastro dorato che legava i capelli di Kakaroth e ne tirò un lembo. Lui lo lasciò fare, non si scansò. Il nastro si sciolse e cadde, e i capelli di Kakaroth tornarono nella posizione naturale. Quella stupida. Fu strano rivederlo in quel modo, ma fu una strana sensazione di sollievo, come se rivedere quegli stupidi capelli potesse riportarlo un poco più simile all'uomo che conosceva, e non quell'uomo spaesato senza memoria alcuna.
Kakaroth si specchiò un altro poco, poi tornò con lo sguardo su Vegeta.
«Sì... non ho decisamente sbagliato persona» mormorò poi Sua Maestà, rendendosi conto di non avere fiato. Aveva trattenuto il respiro fino a quel momento. «Oh... e hai paura degli aghi» aggiunse per togliersi da quella situazione imbarazzante.
Kakaroth storse le labbra in un sorriso un poco amaro. Vegeta aveva paura di quel sorriso. Le rare volte che l'aveva visto sorridere in quel modo era stato ai funerali dei loro cari. E poco prima di partire per dieci anni.
«... è una paura sciocca, sì».
«Anche io ho una paura sciocca» si affrettò a dire Sua Maestà.
Kakaroth ridacchiò. «Delle cose che strisciano».


Occhi spalancati, respiro trattenuto.
Si guardarono come se gli fosse appena stato versato addosso un secchio d'acqua gelida. Vegeta si aggrappò con le mani al bancone dietro di sé, costernato.
«Come... come fai a ricordarlo?» soffiò.
Kakaroth aveva detto di non ricordarsi nulla, faticava persino ad accettare di non essere cresciuto su quel pianeta di megalomani, come poteva ricordarsi un dettaglio così piccolo e insignificante?
Forse... forse non era davvero tutto perduto?
Egli restituì lo sguardo con altrettanto sconcerto.
«Lo so e basta» sussurrò, mordendosi il labbro. «Senti, io... ti ricordi quando Radish mi ha chiesto “non ti sembra di averci già visti?” ecco, sì, la sensazione era quella. Mi sembrava di averti già visto da qualche parte, ma non ricordo dove. E anche quando mi hai chiamato Kakaroth, il primo giorno su Morvir, quel nome mi ha detto qualcosa. Però... però non ricordo assolutamente niente. E non ricordo di nessun altro. La Terra non mi dice nulla, di Radish non ricordo niente. Invece tu... so di averti già visto, ma non ricordo niente di te. È solo una sensazione, un presentimento» spiegò, frustrato.
Un presentimento. La traccia.
Vegeta chiuse gli occhi per un secondo. Forse era proprio quello, la traccia di cui aveva parlato Nînyssi su Dagrabàh, qualcosa che li teneva legati.
C'è qualcosa di lui in te” gli aveva detto. Probabilmente valeva anche il contrario.
Quel qualcosa era rimasto, impossibile da cancellare come la sua memoria. I suoi ricordi erano andati persi, ma c'era comunque un segno di lui in Kakaroth. Qualcosa di dolce-amaro.
«Quindi... oramai è certo. Io sono colui che dici che io sia» mormorò di nuovo Kakaroth, confuso, spaesato. «È tutto vero?»
Vegeta riaprì gli occhi. Era tutto vero? Sì, ma Sua Maestà avrebbe di gran lunga preferito di no. Avrebbe preferito chiudere di nuovo gli occhi e risvegliarsi dieci anni prima.
Scosse la testa, prima o poi avrebbe dovuto raccontargli anche quello, ma prima di tutto era il caso di dargli l'ultima grande prova.


Gli passò a fianco e si diresse verso il grande schermo del salotto. Con i comandi a ologramma riuscì a entrare nei file collegati alla Capsule Corporation, l'hard disk privato di Bulma. Lì c'erano tutti i ricordi di famiglia, fotografie, documenti, video, esami, qualsiasi cosa.
Scelse una cartella a caso e navigò tra le fotografie con il dito indice, poi ne ingrandì una. Faticò a trattenere un ghigno alla vista di lui e Bulma su una moto, quello scatto era davvero ridicolo.
«Questo sei tu, eri un moccioso. Lei era la tua migliore amica, Bulma» gli disse. «Vedi? Avevi la coda».
Kakaroth lo raggiunse a passi svelti, con gli occhi sgranati rivolti allo schermo di quello che sarebbe stato un breve ma intenso viale dei ricordi.
Vegeta chiuse la foto e ne aprì un'altra, causale, tra le centinaia in quella cartella.
«Questi erano tutti i tuoi amici» quella l'avevano scattata alla festa per la nascita di Bra. C'erano tutti, Vegeta era distante, a braccia conserte vicino a Piccolo. Tutti gli altri erano radunati intorno a Bulma e la piccola, compresi Chichi, Crilin, Yamcha, Tenshinhan, il Genio. «Molti di loro non ci sono più» mormorò, chiudendo la foto in modo brusco. Poi si ricordò di un grave errore che aveva commesso in passato, non avvertire Kakaroth di qualcosa di molto importante.
Si era ripromesso di essere sincero, e quindi l'avrebbe fatto a partire da subito. Senza più commettere gli stessi errori.
«Vedrai che il tuo volto, come il mio, non invecchierà a differenza di quelli di molti altri. Questo perché noi Saiyan siamo una razza longeva, viviamo intorno a centocinquant'anni. I terrestri, invece, hanno un'aspettativa di vita intorno agli ottant'anni» spiegò, a malincuore. Forse non era il caso di dirgli subito che fosse quello il motivo che l'aveva spinto a partire.
Sincerità sì, ma non sarebbe guastato un po' di tatto. Avrebbe dovuto imparare ad averlo, suo malgrado.
Scrollò indietro un poco e ne aprì un'altra. Prima del Cell Game l'avevano scattata con Mirai Trunks. Vegeta sempre in un angolo, con Kakaroth che lo guardava e gli intimava di farsi più avanti. «Penso che questa sia la prima foto che abbiamo insieme». La detestava un poco.
Ne scelse un'altra, il compleanno di Bulma sulla nave, dopo che Lord Beerus si era mostrato loro per la prima volta. «Ci sono anche i tuoi figli, lui è Gohan, lui è Goten. Ora sono cresciuti» borbottò, poi cercò una fotografia più recente. Una delle ultime prima che Kakaroth partisse. «Ecco qua, questa è la foto del matrimonio di Goten. Con mia figlia, Bra».
Il volto di Kakaroth era arricciato dalla confusione, dalla sorpresa. I suoi occhi scorrevano sullo schermo su tutti quei volti di cui non ricordava niente, in quei ricordi che non erano più propri.
Doveva essere terribile.
«Questo... oh, questo è un video stupido» continuò Vegeta, rendendosi conto di aver aperto un file che conosceva fin troppo bene. Detestava anche quello.



«Ops, mi è partito un video!» cinguettò Bulma, mettendo a fuoco i volti dei due Saiyan. Si trovavano ancora all'estremo nord della Terra, tra i ghiacci mezzi infranti dal combattimento contro Broly e Freezer.
Bulma ci teneva a commemorare la vittoria con una foto ricordo.
«Oh, per favore, quanto vogliamo andare avanti con questa pagliacciata?» grugnì Vegeta, annoiato, con il volto per metà immerso nel suo cappotto verde. Kakaroth, di fianco a lui, sorrise con le dita a V di vittoria.
«Insomma, Vegeta! Devi per forza fare quella faccia lì?! Sorridi ogni tanto!» lo redarguì Bulma, autrice di quel video.
«Già, Vegeta, sorridi ogni tanto» lo prese in giro Kakaroth, entusiasta. «Abbiamo appena battuto un bel fenomeno!»
Vegeta grugnì di nuovo, annoiato.

«Ci sei già tu che sorridi per entrambi. Guardati, sei un clown» replicò Sua Maestà. Kakaroth gli fece una linguaccia e si rimise in posa.
Vegeta, giusto per concludere quanto prima quella buffonata, tirò fuori il naso dal cappotto e assunse un'espressione quantomeno soddisfatta.
«Sempre queste pose plastiche, sembrate due scimmioni decerebrati!» sbuffò Bulma, esasperata. «Goku-kun, avvicinati un po', suvvia!»
Kakaroth sbuffò divertito e, dopo aver lanciato un'occhiata di sfida a Bulma, fece un balzo verso Vegeta e gli arrotolò un braccio intorno al collo, trascinandoselo contro.

«Ehi! Ehi, ma che diavolo!» Vegeta, rosso come un pomodoro, lottò per divincolarsi. Kakaroth invece, idiota come al solito, sorrise giulivo e fece una boccaccia in telecamera.
«Posso estrapolarci una foto bellissima! Aww, finalmente» trillò Bulma, entusiasta, mentre Vegeta si divincolava in malo modo dalla presa del deficiente.
«Bulma, osa pubblicare quella foto da qualche parte e potrei non rispondere delle mie azioni. Quanto a te, Kakaroth, ti ammazzo».


Il video si concludeva lì e, automaticamente, comparve la foto estrapolata da Bulma. Un connubio perfetto di idiozia e imbarazzo. Vegeta, livido, che tentava di allontanare Kakaroth da sé e quest'ultimo che rideva come un'imbecille.
Eppure era lo scatto più significativo che avessero. La fotografia che meglio rappresentava ciò che erano stati.
Kakaroth, con gli occhi fissi allo schermo, tremava.
Per quanto per Vegeta potesse essere dura avere a che fare con lui, doveva ammettere che anche per Kakaroth non doveva essere una passeggiata vedersi in quel modo. Sorridente, circondato da amici, abbracciato a una persona che fino a tre giorni prima non sapeva nemmeno chi fosse.
Scrutò ancora un poco la fotografia, ma Vegeta decise che quello era il momento di fare una piccola pausa. Per entrambi.
«Mi credi, ora?» gli domandò, dopo che lo schermo si spense.
Kakaroth abbassò il volto e, dopo aver deglutito un boccone amaro, annuì.
«È già un buon punto di par-» si apprestò a dire Sua Maestà, ma Kakaroth si voltò verso di lui e lo prese per le spalle, scuotendolo.
L'istinto fu quello di scrollarselo di dosso e lanciarlo contro la parete rinforzata dell'astronave ma, nel vedere quegli occhi rossi e disperati, Vegeta non riuscì a fare niente.
«Perché?! Perché non ricordo niente?» urlò Kakaroth. «Perché... perché non ricordo chi sei?»
Sua Maestà trasalì. Gli facevano male quelle mani sulle spalle e gli faceva male quello sguardo tanto disperato, tanto confuso.
Kakaroth non lo meritava. Era l'eroe di tutti – sì, un pezzo di idiota, ma pur sempre un eroe – una persona dal cuore così buono da mettere a Vegeta il voltastomaco, una persona amata da tutti. Un amico leale, fedele. Un combattente eccezionale. Le poche volte che davvero Kakaroth aveva messo in pericolo qualcuno l'aveva fatto per ingenuità, non conosceva la cattiveria, non conosceva il risentimento. Era la persona che meno meritava di sentirsi in quel modo, di sentirsi estraneo nel proprio corpo, di non ricordare tutto il bene compiuto per tutti, per i suoi amici, per la sua famiglia, per la Terra e gli universi... per lui.
Il senso di colpa di Vegeta crebbe nuovamente, così tanto da non riuscire più a tenere la bocca chiusa. Sempre perché la sincerità non sarebbe potuta essere un optional, non più.
«Perché per dieci anni su Morvir ti hanno manipolato... e in parte è anche colpa mia» mormorò, a testa bassa.
Kakaroth allentò la presa sulle sue spalle e strinse lo sguardo, la testa inclinata e il naso arricciato.
«In che senso?» domandò, confuso, lasciando scivolare le mani di nuovo lungo i fianchi.
Vegeta si sentì più leggero e più pesante allo stesso tempo.
«Dopo l'ennesima morte di qualcuno a te caro hai deciso di andartene. Tu sei partito, te ne sei andato di tua spontanea volontà e ho davvero creduto che non volessi tornare, che fosse una tua decisione quella di rimanere lontano. Ma quando ho iniziato ad avere un brutto presentimento, beh... non l'ho seguito subito per orgoglio. È passato troppo tempo e ora hai dei danni permanenti di quella manipolazione. Mi dispiace, Kakaroth io... avrei dovuto venire a salvarti prima...» deglutì e chiuse gli occhi. Poi disse qualcosa che poche altre persone avevano udito provenire dalla sua bocca. Solo Bulma e Trunks, per l'esattezza, tanti anni prima. «Ti chiedo scusa».

Vegeta non si era mai più abbassato a tanto sin dai tempi di Majin Bu, quando la battaglia si era conclusa e il senso di colpa per essersi lasciato manipolare e avere ucciso tutti quegli innocenti era stato più forte persino di tenere la testa alta e l'orgoglio integro. Aveva chiesto scusa a Bulma, aveva chiesto scusa a Trunks. Da allora non si era mai più trovato in una situazione di doverlo fare di nuovo, non si era mai trovato con un senso di colpa così forte da spaccargli le costole. Non fino a quel momento.
Kakaroth meritava quelle scuse, meritava di sapere che Sua Maestà era disposto a calpestare il proprio orgoglio pur di dire quelle parole. Non che le scuse sarebbero servite a qualcosa, di certo non avrebbero riparato l'accaduto.
Kakaroth, però, non sembrò scomporsi di fronte a ciò. Beh, certo, del resto lui non poteva sapere quanto gli fosse costato, non lo conosceva più per davvero.
«Capisco» disse, semplicemente. Vegeta tornò a guardarlo in faccia, non sembrava deluso, non sembrava nemmeno sorpreso. «Ma alla fine... beh, alla fine l'hai fatto. Sei venuto a salvarmi anche se tardi, no?»
Vegeta aprì la bocca. Sul serio non aveva null'altro da dire? Gli aveva appena detto che il motivo per il quale non aveva più memoria fosse colpa sua e lui non aveva nulla da recriminare?
Era proprio... tipico di Kakaroth.
«Non sei arrabbiato per questo?» chiese Vegeta, esterrefatto.
«Io... non credo? Il fatto è che io non so niente, è come se non avessi vissuto nulla. Quindi non posso essere arrabbiato per essermi perso qualcosa di cui non ricordo. Ha senso quello che sto dicendo?» si interrogò, portandosi una mano sotto al mento come per pensare. In effetti era un discorso che non faceva una piega. «E, oltretutto, non ho idea di come fossi prima, ma non mi sento una persona troppo rancorosa. Dimmi, conoscendomi, me la sarei presa? Mi sarei arrabbiato con te?»
Una domanda scomoda, una domanda che Vegeta non si sarebbe mai aspettato. Trattenne il respiro e si accorse solo dopo troppo tempo di essere in carenza di ossigeno, con le labbra oramai blu e la testa che girava.
Kakaroth si sarebbe arrabbiato? No, decisamente no. Forse solo all'inizio, poi sarebbe scoppiato in una risata e gli avrebbe chiesto se, almeno, avesse portato qualche confezione di ramen in scatola per farsi perdonare.
Perché Kakaroth, a differenza di Vegeta, era in grado di perdonare. Sempre perché aveva un cuore troppo, troppo buono.
«No... non credo te la saresti davvero presa» concluse Sua Maestà.
Era Vegeta quello che non sapeva perdonare e, primo tra tutti, non sapeva perdonare se stesso. Non si sarebbe mai perdonato per ciò che aveva fatto – o meglio, ciò che non aveva fatto.
Kakaroth storse le labbra in un sorriso amaro, poi tornò con gli occhi sullo schermo spento della televisione, quasi come se avesse bisogno di vederci ancora qualcosa.
«Non c'è proprio speranza che io ricordi? Io vorrei... vorrei davvero ricordare» sussurrò.
Era esattamente ciò in cui sperava Vegeta. Che la sua memoria tornasse da un momento all'altro, che gli effetti della manipolazione mentale venissero meno... ma oramai erano quasi cinque anni che l'Aura di Kakaroth era scomparsa, questo stava a significare che le ultime manipolazioni fossero datate in quel periodo. Se da allora non c'era stato alcun segno di regressione, come poteva sperare che ci fossero davvero possibilità?
Forse avrebbero potuto chiedere a Shenron o Polunga ma, da quello che negli anni Vegeta aveva avuto ben chiaro, i Draghi non potevano riparare qualcosa che si deteriorava per una malattia. E, sebbene la manipolazione fosse un intervento esterno, i danni cerebrali erano senza dubbio subentrati solo di conseguenza, come una malattia degenerativa dovuta a un comportamento scorretto. Il cancro correlato al fumo, malattie neuro-degenerative associate all'esposizione ad agenti chimici, così come danni cerebrali dovuti a un eccessivo trattamento manipolatorio.
Di sicuro avrebbero provato, ma Vegeta ci sperava davvero poco. Ciò che sperava è che fossero reversibili, ma non ne aveva alcuna idea.
«Non ne ho idea, Kakaroth» ammise con sincerità. «Però, quando sarai pronto... potrò raccontarti chi sei. Magari potresti ricordare qualcosa».
Egli scrollò le spalle.
«Tu mi conoscevi così bene?» chiese.
Già. Lo conosceva così bene per raccontargli tutta la sua storia? Non fino al loro incontro, sicuramente. Ma, ai tempi di quando era partito... era più che certo di essere la persona che meglio lo conosceva. Più di chiunque altro al mondo. Più dei suoi figli, sicuramente più di sua moglie.
Sapeva che Kakaroth avesse amato Chichi in un modo molto poco convenzionale, ma che le avesse voluto bene per davvero. Ma Chichi non era mai riuscita a comprendere il lato Saiyan di Kakaroth.
Vegeta era l'unico ad averlo fatto, e di ciò ne era perfettamente consapevole. Mentre Sua Maestà, d'altro canto, era certo che sia Bulma che Kakaroth l'avessero conosciuto entrambi meglio di chiunque altro.
«Sì, ti conoscevo bene» concluse, sicuro, guardandolo fisso negli occhi.
Kakaroth l'aveva conosciuto, ma ora non lo conosceva più. Vegeta era rimasto l'unico a poter raccontare chi fossero stati, l'unico detentore dei loro ricordi. Ma almeno – magra consolazione – aveva ottenuto la fiducia per poterglielo narrare.
«Allora... allora sono pronto» concordò Kakaroth. Serio, determinato, curioso. «Raccontami chi sono».



 
 
Continua...

Riferimenti:
-Tutti i dettagli che Vegeta riferisce di sapere di Goku sono semplicemente inventati, eccezion fatta della paura degli aghi (come ben sappiamo essere canonica), la cicatrice sulla nuca e quella della coda (anche se non mi pare di ricordare se è vero che la senta durante la luna piena). 
-Le foto che mostra Vegeta a Goku sono mia immaginazione a parte quella in cui Goku e Bulma sono una strana vettura, ricordo chiaramente che fosse una art ufficiale. 
-Il fatto che i draghi non possano guarire le malattie me lo sono inventato? Bella domanda! Non ricordo se questa cosa è canonica e non riesco a trovare risposte da nessuna parte xD beh, nel caso se non fosse specificato prendetelo per una invenzione ai fini della trama. 

ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno ragazziiii!
Eccoci qui, finalmente si viaggia per tornare a casa. Goku ha accettato la situazione, ha avuto le prove che gli servivano e ora è pronto per farsi raccontare la sua vita come se stesse vedendo un film. Con varie interferenze "Radishiane" xD sarà lui a guidarli uno contro l'altro, letteralmente? Verosimile. 
Ci sarà modo di recuperare i ricordi in altro modo? Chissà. 
Goku è diverso rispetto a quello che conoscevamo, questo è indiscutibile, ha avuto dieci anni in cui ha dovuto sopprimere la sua vera natura. Tornerà come prima, o quantomeno simile? Tante domande, ancora tanti capitoli per trovare risposte.
Vi ringrazio davvero di cuore, tutti, uno per uno, specialmente chi mi da sostegno capitolo per capitolo lasciandomi un parere, un supporto! Siete preziosissimi <3
E grazie Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione!
Un abbraccio e a presto!
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
«Allora, gliela stai riempiendo un po' quella zucca vuota o no? Come sta andando? » gli domandò Radish, allegro.
Un'allegria che non fu decisamente contagiosa per sua maestà che, al contrario, si piegò in avanti sul sedile e si prese la testa tra le mani.
«Mh, lo prendo come un “di merda”» convenne poi Radish.

 
  
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