“Io
vado a cercarlo. Voi avvertite tutti i
Dalì!” – la decisione improvvisa di
Emilio, spiazza i suoi fratelli.
“Cosa
vorresti fare da solo? E’ pericoloso!”
– lo trattiene Erik.
“Sono
il maggiore, perciò fate come vi dico.
Portate i bambini a casa…subito!” –
ordina Yerevan. Scende in tutta rapidità
dall’automobile e corre, con il cuore in gola, verso
l’ingresso dell’aeroporto,
disposto a setacciare ogni minimo angolo pur di trovare e salvare Axel.
“Dobbiamo
seguirlo, non può mica agire senza
aiuto!?” – esclama, Drazen con le mani tra i
capelli.
“Io
avverto papà” – dice Ivana, tirando
fuori
il cellulare. Le mani le tremano e il telefonino cade sotto il sedile
della
vettura.
La
tensione che si respira e i volti
impalliditi dei giovani figli di Bogotá, viene colta e
assorbita anche dai
bambini. I tre, spaventati a morte, reagiscono ciascuno a proprio modo.
Alba
respira a fatica, impaurendo
immediatamente Ivana e gli altri.
Sebastìan
si copre le orecchie e abbassa lo
sguardo, non volendo né guardare né ascoltare
altro.
Invece
Ginevra fissa, impassibile, delle
persone che considera sconosciute a tutti gli effetti, anche se in
realtà sono suoi
fratelli… già, proprio fratelli, così
come lo sono Alba e Seba.
“Dobbiamo
rincasare! Ha ragione Emilio,
dobbiamo portare in salvo loro tre” – a quel punto
anche la bionda ucraina
comprende che i bambini hanno già visto e assorbito troppo
di quella brutta
storia. E notare il malessere della primogenita di Nairobi e del
saldatore è il
campanello d’allarme.
“Ho
scritto un messaggio a Julian, così
avverte gli altri. Prima ci mobilitiamo, meglio è”
– comunica Erik.
“Hai
detto che Axel è stato rapito tramite un
banale sms?” – il tono di voce di Drazen
è quello di un chiaro rimprovero.
“Sms
o vocale, me ne frega poco, devono
sapere!” – precisa Copenaghen.
“Non
mi pare il caso di discutere di questo.
Piuttosto, bisogna correre il più possibile. Prima
raggiungiamo la villa,
meglio è” -
Varsavia da moderatrice,
invita il fratello ad accendere il motore e accelerare verso la villa.
E’
così che il veicolo si allontana dai
parcheggi, tra il terrore di cosa può essere accaduto e cosa
potrà succedere da
lì in poi… tutto questo mentre Ginevra inizia a
metabolizzare che, a breve,
avrebbe affrontato una situazione complicata, una situazione creata e
voluta
esclusivamente da se stessa….trovarsi a due passi dai
genitori.
Qualcosa
però sembra agitarla.
“Axel
sta bene, vero?” – chiede ad Ivana,
mostrandosi preoccupata per le sorti del consanguineo.
E
la bionda, nascondendo l’ansia che la sta
divorando, la rincuora – “Lo salveremo,
vedrai!”
“Poi
mi porterete a salutare Miss Honey, giusto?
Appena tutto si calmerà!” – ribadisce la
bambina, intenzionata a non rompere il
rapporto con una persona entratale nel cuore.
*********************************************
Nairobi
è distesa sul divano, priva di sensi
da un paio di minuti.
Ha
scoperto una parte di vita che ignorava e
che probabilmente la condurrà alla verità sulla
faccenda legata a Ginny. E’ la
dolce voce di Tokyo a risvegliarla.
“Amica
mia…” – la chiama Silene.
“Ecco,
sta riaprendo gli occhi” – comunica
Stoccolma, pronta con dell’acqua e zucchero da offrire
all’amica.
Quando
Agata mette a fuoco le persone attorno
a sé riconosce nell’immediato le due compagne di
squadra.
Qualcuno
alla sua destra le tiene la mano e
lei riconosce quel contatto.
“Bogotá”
– sussurra la gitana, con un filo di
voce, colpita piacevolmente dalla sua vicinanza fisica.
Il
saldatore, infatti, spaventato dalla
reazione della moglie, è rimasto lì senza
distogliere gli occhi da lei un solo
istante.
E’
come se saperla tanto inerme, schiacciata
da emozioni indomabili, lo avesse spronato a mettere da parte il
rancore.
Adesso
è ancora al suo fianco, avvertendo
sulla sua pelle lo shock provato da Nairobi sapendo di avere una
sorella…una
sorella coinvolta, a detta di Carmen e Jorge, nella sparizione di
Ginevra. La stessa
Teresa che, i Dalì non sanno ancora, ha sequestrato Axel!
Lentamente,
dopo aver sorseggiato dal
bicchiere offertole da Monica, la Jimenez focalizza lo sguardo sulle
due
persone, causa del suo malessere.
Turbata
dalla notizia ricevuta, capisce che,
se vuole saperne di più, deve necessariamente ascoltare e,
nel farlo, mantenere
la più assoluta calma.
“Sono
tutt’orecchi!”
“Sicura?
Vuoi prima riprenderti?” – le sussurra
il marito.
Agata
accenna un timido sorriso, incrocia gli
occhi di lui e per la prima volta dopo giorni né li schiva
né li percepisce
come freddi e distanti.
Poi
ringraziandolo, fa una precisazione…volgendo
poi lo sguardo sulla coppia di anziani - “Ho patito di
peggio. Sapere di avere
una sorella, non è di certo la cosa che mi aspettavo,
però… ho vissuto cose più
sconvolgenti di questa!”
Sistemandosi
comodamente sul divano, si
appresta ad ascoltare nei dettagli tutto ciò che serve per
mettere la parola
fine alla faccenda che le sta devastando la vita da quasi una settimana.
Stavolta
ha accanto Bogotá e non ha
intenzione di scacciarlo e, finalmente, neppure suo marito vuole
distanziarsi. Uniti
per un comune scopo, si aprono alla verità.
“Inizierò
dal principio!” – precisa la gitana
anziana. Dopo un profondo respiro, e un sorso d’acqua fresca,
è pronta a
raccontare quanto già rivelato ai Dalì poco
prima.
Stavolta
la fatica sarà duplicata, sapendo di
dover parlare direttamente al cuore di sua figlia.
“Dimenticati
di Caroline Jones…” – precisa la
zingara.
“Sono
cento volte che lo dici! Perché dovrei
dimenticarmi di chi ha rapito mia figlia?”
“Semplicemente
perché non è chi dice di
essere!”
“Beh…questo
era chiaro!” – commenta Bogotá,
riferendosi al fatto che l’insegnante non mostra affatto i
tratti di una
normale e comune maestra.
“Non
è chi dice di essere perché dietro quel
volto angelico, dietro quegli occhiali da vista da persona tanto
intellettuale
e acculturata, dietro quei capelli biondi che ammorbidiscono i suoi
lineamenti,
si nasconde un’altra persona!”
“Teresa
Perez?” – chiede Nairobi, ormai
sospettosa che l’identità della Honey sia stata
falsata.
E
riceve immediatamente la risposta della
madre – “Esatto, Caroline Jones è Teresa
Perez! E Teresa Perez è la figlia che
tuo padre ha avuto da una relazione successiva al nostro
matrimonio!”
“Cosa
vuole questa donna da me e dalla mia
famiglia?”
“La
situazione risale a ben dieci anni fa.
Noi, come sai bene, siamo stati in galera dopo essere stati scoperti a
trafficare denaro falso. Anni infernali, durante i quali abbiamo
cambiato il
modo di concepire la vita. E una volta ritrovatici fuori da quella
galera
maledetta, ci siamo ripromessi di vivere in serenità. Niente
più soldi sporchi,
né traffici illegali, nulla di tutto ciò. Per di
più, io sapevo che tu avevi
partecipato a due rapine passate alla storia per la loro
spettacolarità…
insomma, chi l’avrebbe mai detto? Dei rapinatori diventano
dei Robin Hood! Però
non volevo destabilizzare la tua vita, né metterti nei
casini sapendoti
nascosta chissà dove…”
“Come
mi avete trovata? Come avete fatto a
sapere che abitavo in Australia?”
“Quella
mattina, quando siamo stati
rilasciati, una donna ci ha offerto alloggio, sicurezza…era
Teresa. Si presentò
dicendomi “Sono figlia di tuo marito, quello stronzo
è morto e non ho altri
parenti”. Io dopo un iniziale shock, ho accettato la sua
presenza nella mia
nuova vita. Dopotutto Teresa ci donò un’abitazione
fuori Madrid, una stabilità
economica. Diceva di essere una tuttofare. Ignoravamo che fosse una
criminale.
Aveva scagnozzi ovunque. Fu Jorge a scoprire i suoi loschi lavori. Le
cadde la
maschera finalmente. La vedemmo per ciò che era in
realtà. Cercammo di
allontanarci per non finire nei casini, di nuovo.
A quel punto, lei ci accusò di averla
abbandonata nonostante i suoi aiuti. Minacciò di eliminarci
se non avessimo
collaborato con lei nelle sue attività. Allora, ci trovammo
costretti a
sottostare. Stavolta non eravamo noi i Boss, ma una donna la cui mente
era ed è
tuttora molto instabile. Una mattina si presentò a casa e
disse “So dove si
trova Agata. Ha tanti soldi, una bella famiglia. Ci trasferiamo a
Perth”. Non
so come abbia fatto a trovarvi, non voglio immaginare quanti alleati
abbia qui
in Australia. So soltanto che scovò la vostra abitazione
solo ventiquattr’ore
dopo il nostro arrivo”
“Cazzo, questa persona è una folle, addirittura
più di Sierra” – commenta,
sbalordito, Bogotá.
La
Jimenez è visibilmente sconcertata da
quanto appena udito. Eppure, un dubbio le resta fisso in mente
– “Cosa cerca da
me, come mai voleva portare via Ginevra?”
“Ecco,
questo è tasto dolente della faccenda”
– sostiene Jorge, intervenendo per dare modo a Carmen di
placare il tremolio
del suo corpo. Dover raccontare di Teresa Perez la agita sempre
oltremisura.
“Desideravamo
tantissimo vederti, sapere
com’eri diventata, come vivevi. Però preferimmo
non scombussolarti. Rimanemmo
in disparte. Fu Teresa che ci comunicò di aver trovato il
modo per farci
conoscere una dei tuoi bambini. Ricordo come fosse oggi lo sguardo di
lei, così
strano, così inquietante, mentre continuava a ripetere
follie su follie”
“Cioè?
Che tipo di follie?” – chiede Nairobi,
stringendo istintivamente la mano del marito, sedutole di fianco.
“Tipo…
“Ginevra capirà chi la ama davvero”;
“Ginevra
sarà apprezzata per quello che è”;
“Ginevra non dovrà più vivere
all’ombra del
fratello che tanto le somiglia”, continuava a convincersi che
era un bene per
Ginny vivere insieme a lei, non con te…”
“E’
stata lei a farle il lavaggio del
cervello! Le ha fatto credere che io, sua madre, non la amassi.
Maledetta!” –
Agata perde la pazienza, alterandosi al solo pensiero della sorellastra
che istiga
la bambina contro chi le vuole bene.
“Calmati,
ti prego. Ascoltiamo cos’altro hanno
da raccontare” – la trattiene Bogotá,
invitandola a sedersi nuovamente.
“Figliola,
è proprio come dici tu! Teresa ha
agito da maestrina dolce e premurosa approfittando di una situazione
che la
piccola stava vivendo e che ingenuamente ha confessato”
“Ha
mai pensato che io non le avrei permesso
di portamela via?” – precisa Nairobi.
“Certo
che sì. Ha elaborato ogni manovra. Ha
immaginato anche che avresti chiamato i Dalì.
“Mossa scontata” diceva Teresa. E
quando ti abbiamo riconosciuta nelle registrazioni delle telecamere
della
nostra villetta, si è organizzata per benino”
“Cazzo,
c’erano le telecamere! Perché non
c’ho pensato” – esclama, ricordando quel
particolare momento.
Dopo
essersi espresso poco, Bogotà interviene
- “Spiegami
la questione del diario…e
anche quella del biglietto. Voleva depistarci?”
“Non
siamo al corrente di ogni sua tattica. Sta
di fatto che è una donna che ha vissuto di assenza
d’amore, prima per un padre
assente, poi per delle persone che non l’hanno mai amata, e
solo quando si è
accorta che esisteva una bambina che invece ha cominciato ad adorarla,
cosa mai
accadutale nella vita, ha deciso di fare suo quel briciolo di
felicità. Temo che
portarla via dalla famiglia, per tenerla sempre al suo fianco, sia solo
un
frammento della sua follia. Non rinuncerà mai alla sola
persona che le vuole
bene. Mai!”
“Sappiamo
che è in aeroporto adesso” –
comunica Jorge.
“Sì,
siamo al corrente. Abbiamo mandato i
nostri a salvarla” – risponde Bogotà.
“Fate
attenzione, non conviene strappargliela
via bruscamente. Non sappiamo che reazione potrebbe avere”
“E
secondo te cosa dovrei fare? Lasciarle mia
figlia così da non farla arrabbiare?” –
replica, infastidita, Nairobi – “Io non
sono una madre sconsiderata come lo sei stata tu” –
le tuona contro.
Una
frecciata dolorosa che colpisce in pieno
petto l’anziana gitana.
Le
rughe su quel volto sono i segni degli
anni passati, anni faticosi, anni dolorosi. Eppure ci sono tagli,
nascosti nell’anima,
segni anche questi di sofferenza, che non può mostrare allo
stesso modo. Tagli scaturiti
dalla separazione dalla sua sola figlia…una figlia che ha
passato la vita ad
odiarla!
“Non
mi perdonerai mai, lo so! Però sappi
solo che quando Ginevra tornerà con te, io mi
farò da parte e non mi vedrai mai
più. Non ti voglio destabilizzare per l’ennesima
volta” – le comunica Carmen,
amareggiata e cosciente delle sue responsabilità.
Cade
il silenzio.
In
un momento tanto angosciante,
improvvisamente, si crea il caos: Julian legge il messaggio inviatogli
dal
fratello ed esplode richiamando l’attenzione su di
sé,
“Cazzo!”
– esclama.
“Cosa
succede?” – domanda il Professore al
ragazzo.
“Penso
che i signori Gonzales abbiamo fatto
una giusta precisazione” – commenta, impallidendo,
Quito.
“Che
intendi dire?” – domanda Denver. E
infastidito da tutte quelle esitazioni, strappa il cellulare delle mani
del
giovanotto.
E
il suo volto si pietrifica sullo schermo.
“Insomma…
volete parlare o no, cazzo?” – Bogotá
s’infuria e agisce così come fece Ramos pochi
attimi prima. Afferrato il
telefonino, ha davanti ai suoi occhi la notizia più
sconcertante che potesse
mai immaginare.
Il
panico si dipinge in un battibaleno sul
suo volto.
Rigido
e con una forte morsa allo stomaco,
punta gli occhi su Nairobi.
“Che
c’è?” – domanda lei, in cerca
di
spiegazioni. Si è accorta dalla strana reazione del marito
che l’sms letto la
riguarda, in qualche modo.
Anche
Carmen e Jorge temono il peggio.
“E’
Teresa?” – chiede, timorosa, la
settantenne.
“I
Gonzales avevano ragione a dire che non è
ideale strapparle ciò che le ama
d’improvviso!” – la risposta giunge
proprio da
Bogotà.
“Perché?”
– interviene Lisbona, confusa.
“Beh,
Nairo, ti prego, non ti agitare però… a
detta di Julian… Teresa Perez adesso ha con se
Axel!” – confessa il saldatore,
cercando di mantenere la calma.
Calma
inesistente di fronte all’ennesima
sconcertante notizia.
“Cosa?”
– esclama Agata, faticando a
comprendere le sue parole. Nella sua mente viaggiano suoni disparati,
privi di
senso, che le rendono impossibile concretizzare l’accaduto.
Poi
le gambe vogliono nuovamente cederle,
costringendola, perciò, a sedersi sul divano. Comincia a
sudare freddo, mentre
il corpo reagisce con scariche elettriche alquanto forti, ovvero
segnali
evidenti della tensione alle stelle.
“Vuole
proporti uno scambio!”
Pochi
istanti dopo vibra il cellulare del
Professore, un dispositivo acquistato solo per urgenze, di cui solo i
Dalì hanno
il contatto.
Fortemente
scosso dall’accaduto, Sergio
risponde e senza aprire bocca, si limita ad udire la voce
dall’altro capo della
cornetta.
“Salve,
sono Teresa Perez. Saprete
sicuramente di me, ormai….” – Marquina
attiva l’altoparlante così da rendere
udibile alla Banda quanto detto dalla sequestratrice.
“Ho
qui con me Axel, bello come un fiore.
Scommetto che Carmen e Jorge sono lì con voi,
traditori…con voi sistemerò la
faccenda dopo! Mi rivolgo a te, cara sorellina, saprai anche questo
dettaglio,
immagino. Ebbene sì, siamo sorelle…ci
assomigliamo lo sai? E papà non smetteva
di ricordarmi quanto gli ricordassi te” – la donna
parla mostrando disgusto al
ricordare del paragone con Nairobi, poi aggiunge –
“Voglio che mi riportiate
Ginevra, in cambio vi darò Axel”
“Puttana!” – esclama la Jimenez, perdendo
la pazienza – “Lascia in pace me e i
miei figli!”
Strappa
il cellulare dalle mani del
Professore e rivolge alla parente frasi forti e rabbiose –
“Non osare sfidarmi.
Non mi conosci, non sai di cosa sono capace se mi toccano i
figli” – insiste la
Jimenez.
“Uh,
che paura, sto tremando!” – ridacchia
Teresa, umiliando Agata più che può –
“Piuttosto che fare la paladina della
salvezza, ti do’ 2 ore, anzi 1.45 minuti. Al parco che Ginny
conosce bene
avverrà lo scambio. Pensaci, cara sorellina, adesso
sì che darai prova a Ginny
di chi ami e chi no! A dopo, mi amor” – con una
malefica risatina, chiude la
chiamata.
“Come
facciamo? La piccola non è con noi!” –
riflette Stoccolma, in lacrime.
“Semmai
Ginevra fosse qui, io non permetterei
mai lo scambio!” – precisa la gitana –
“Come ci muoviamo professore?” - con
inaspettata lucidità, la donna si rivolge al Boss della
squadra per agire
immediatamente.
“Eh…
bisogna organizzarsi per l’incontro..” –
riflette Sergio ad alta voce, piuttosto spiazzato da una circostanza
inattesa.
“Ehi
io sento il rumore dell’auto, è arrivato
qualcuno” – comunica Rio, sbirciando dalla finestra
– “Sono i ragazzi!” –
esclama riconoscendo Drazen scendere dal posto di guida.
Bogotà,
fortemente dispiaciuto per il
malessere di sua moglie, la prende per mano, voglioso di mostrarle la
sua
vicinanza e la trascina con sé all’ingresso della
villa.
Ed
è in quel preciso momento che, dopo un
dolore tanto profondo e giorni di agonia totale, vedono scendere dal
mezzo la
loro adorata figlia.
Spiazzati,
sconvolti, emozionati, le corrono
incontro.
E’
Nairobi la prima a cedere al pianto
“Mi
amor, mi sei mancata da morire” – le dice,
stringendo il corpo esile della bambina al suo petto. Si inebria di
quel profumo
che è aria pura. Assapora il momento del rincontro,
accarezzando i suoi morbidi
capelli nero corvino, ricordandosi delle serate trascorse ad
intrecciare quella
corposa chioma scura.
Ginevra
non avrebbe mai pensato che potesse
provare un senso di serenità al solo tocco con il corpo
materno.
E
quell’immenso calore che solo una mamma sa
donare a sua figlia, le scalda il cuore.
Preda
di un momento di profonda ed evidente
fragilità, Ginny si accoccola alla gitana e respira la sua
presenza.
Chi
l’avrebbe mai detto?! Se fino a qualche ora
prima, preferiva fuggire, ora si è appena resa conto che non
esiste posto più
bello delle braccia della sua mammina.
Proprio
quella mammina che ha avvertito come
una persona distante, non amorevole, e pronta a paragonarla ad Axel.
Che
tale reazione sia solo legata al
rivedersi dopo giorni?
Bogotà,
qualche metro indietro, attende con
trepidazione di poter stringere la piccola a sé.
“Papà”
– esclama la minore, chiamandolo per
avvicinarsi.
Stavolta
non c’è esitazione. Tra le sue
possenti braccia, il saldatore accoglie la moglie e la sua piccina.
Alba
e Sebastìan seguono a ruota il padre,
dando vita ad un quadro di famiglia indimenticabile e commovente.
Sotto
lo sguardo dei Dalì al completo,
emozionati e in lacrime, i cinque sembrano aver ritrovato la loro
completezza...