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Autore: Evil Daughter    27/08/2021    7 recensioni
Oltre ad essere rozza sei priva di delicatezza.
Pensò Vegeta. Dedicandole l’accusa.
Piegò le labbra in giù, fece maggiore pressione e l’ago schizzò fuori portandosi dietro una scia di sangue annacquato.
Ripensò al ricovero in ospedale, rimembrava ogni particolare; almeno da quando aveva riaperto gli occhi. Alcuni dettagli li avrebbe cancellati volentieri. Altri no, sedimentavano. Lo mettevano davanti a diversi interrogativi. Lei lo aveva salvato.
E sai come sprecare il tuo tempo.
Un pensiero ancora rivolto a lei.
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Vegeta? Un folle omicida. Ma Bulma lo sa bene: mai fermarsi a giudicare unicamente la coda del mostro.
La belva deve essere sempre osservata nella sua interezza.
Periodo trattato: triennio antecedente ai cyborg.
INIZIO RELAZIONE TRA BULMA E VEGETA. STORIA ILLUSTRATA.
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Nuovo capitolo, 18: PROGENIE SEGRETA SOTTO LAMPI DI GUERRA.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Dr. Gelo, Vegeta, Yamcha | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'ARANCE MARCE: Bulma e Vegeta, sbagliati e quindi veri.'
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Capitolo XVI - Il cielo fra le costole sopra un esercito silenzioso.



«Te ne vai. Perché?»
Vegeta non rispose. Infilò la canottiera nei jeans, tirò su la zip, spinse il bottone nero nell’asola. Contenne l'impulso di staccarle a morsi le mani. Bulma si alzò in fretta, gli afferrò un braccio. «Lasciami.», la intimò.
«Prima voglio sapere perché. Aspetta, provo a indovinare: io non ho alcuna importanza per te, ma forse non è del tutto come vuoi farmi credere, altrimenti che motivo avresti di andartene così irritato?»
Lo sentì irrigidirsi, tentennare. Non voleva provocarlo, stava solo dicendo ciò che pensava e sapeva di essere molto vicina alla verità: lei valeva più di quanto lui si sforzasse a nascondere. Erano balle quelle del bar. Ed era una conferma il fastidio da lui mostrato dopo averle trovato addosso l’odore di un altro uomo. 
«Pecchi... di supponenza.», ripiegò lui in difesa e la scansò. Poi, tirò la cinta per arrivare al foro giusto dove infilare l'ardiglione, stava finendo di rivestirsi. 
«Dico quel che vedo.», replicò la scienziata.
Ma perché continuava a farla parlare? Da quando aveva il diritto di contraddirlo? O l’abilità di smascherarlo facilmente. Percepiva da solo di stare sbandando, se non gli fregava nulla della terrestre, perché continuare a cercarla? E provava disgusto, era lì dall’avvisarla che la prossima volta che si fosse fatta avvicinare dal perdente le avrebbe rotto l’osso del collo. Perché aveva capito a chi apparteneva la puzza, ma non gli era chiaro che rapporto ci fosse ancora tra i due da autorizzare lo smidollato a starle intorno. E quel che aveva notato in mattinata non collimava con le strane mosse di lei.
«Vedi molto poco per avere il coraggio di parlarmi così.»
«Io almeno ho il coraggio di guardarti in faccia e non scappo.», controbatté Bulma, facendogli intendere che stava comportandosi come un vigliacco. 
Lui si voltò aggressivo, le attaccò gli occhi con sguardo di nera fiamma; in vita sua non era mai fuggito, davanti a nessuno. 
«Non sto scappando, me ne vado prima che il mostro dentro di me decida che questa farsa debba finire ed io tornare ad essere un saiyan. Non ho tempo per giocare con te.» 
Ma se quello era un ritorno alle minacce, non ci doveva nemmeno provare: «Quando il gioco ti piace il tempo per giocare lo trovi, eccome! Ammesso che quanto accaduto tra noi possa definirsi tale. Mi avevi detto che voi saiyan lo fate unicamente per mantenere in vita la specie, o sbaglio?», e se era arrivato il momento di togliersi più di un sassolino dalla scarpa, Bulma stava decisamente onorandone l’occasione. 
Vegeta non aveva intenzione di prendere parte a quella battaglia, avrebbero lottato sotto un cielo di sentimenti, in un campo dove la propria forza valeva nulla, dove lei non si sarebbe arresa se non dopo aver ottenuto la vittoria.
«Che cosa vuoi?», le chiese, barcollando tra la belva e l’umano. 
«Voglio che fai l’amore con me.» adesso era sfacciata.
«Io non faccio l’amore, te l’ho detto... e dimostrato.»
«Invece lo hai fatto, quando erava-», «Quando eravamo in laboratorio – la interruppe lui anticipandone le parole – quello che ti ho fatto quando eravamo in laboratorio... devi dimenticarlo, dimenticalo! Perché non succederà più.» parlò secco, in contraddizione con la metà di se stesso. Bulma era di tutt'altra opinione:«Che abbiamo fatto, quello che abbiamo fatto, Vegeta, io e te, perché lo abbiamo desiderato entrambi. Se non vuoi chiamarlo amore e per te non significa nulla, e sia! Ma non chiedermi di dimenticare, non lo farò.», si avvicinò di più a lui, gli prese una mano e se la portò al petto.
«Lo senti? Batte forte, e non per paura, batte così perch-» non voleva ascoltarla, la tacciò sottraendole il fiato ma si fermò prima che quel guizzo istintivo potesse arrivare a definirsi bacio. Le sfiorò una guancia già rossa in un gesto scoordinato che in lui non trovava identità. Era incapace persino di farle una carezza.
«Bulma, io...  – cominciava così: standole troppo vicino, finiva inebriato dell’effluvio della sua pelle; la ferrea tenacia cadeva in ginocchio e di lui non rimaneva nulla  – Non posso essere qualcuno che non sono e non capisco perché ti ostini a non volerlo accettare.»
«Ho già accettato. Sono cosciente del rischio che corro stando con te, non devi preoccuparti di trattenerti, se è questo che ora ti blocca.»
Davvero persisteva il timore di farle del male? Ed era questo a fermarlo? Un timore tremendamente evidente che persino la terrestre si azzardava a definirlo? No, era la rabbia, era la sua inadeguatezza, la voglia di tornare alieno a quella situazione. Epperò, l’esitazione che stava avendo era prova schiacciante del contrario. Tentare di starle lontano senza riuscirvi lo portava alla sconfitta: c'era qualcosa in lui che aveva un vergognoso bisogno di Bulma, non riusciva a celarlo addirittura a sé medesimo.
Ma la terrestre e qualunque malformato sentimento lui provasse nei suoi confronti lo inibivano, lo rendevano schiavo. Questo non doveva accadere. Non dovevano stare insieme.

«No, tu non capisci. Io ti farò del male, ancora, sarà inevitabile, e se ti vedrò soffrire non me ne importerà nulla.» 
 
Certo, perché è così che va tra me e lei. Deve.

L'avviso suonava vero da privare chiunque di ogni speranza, una previsione fotocopia di quella sentenziata da Yamcha. Pareva quasi che ci fosse un losco accordo tra loro, col fine medesimo di farla desistere.

Bugiardo. 

Lei era l'unica a non crederci.

«Ne sei convinto?»

Scena muta.

Bulma ritirò la mano e lasciò quella di Vegeta. Si strinse da sola in un abbraccio. 

Lo guardò. 

«Adesso ascoltami bene, anche io devo dirti delle cose – fece un bel respiro – Ho... ho cancellato quasi quindici anni della mia vita trascorsi con la persona sbagliata. Sul mio ginocchio destro c’è una cicatrice di quattro centimetri, poteva andare peggio ma sono certa che si sia trattato di un incidente – deglutì –  Ti ho portato via da un ospedale di pazzi rischiando di farmi molto male. Ora sto costruendo qualcosa che se andrà bene ti farà diventare l'essere più potente e pericoloso al mondo... E tre giorni fa ho fatto l'amore con te. Eppure, eccomi, viva e cosciente... – prese aria – Io non sono tua nemica, Vegeta, e tu non mi farai niente, perciò, smettila di tentare di farmi capire quanto tu possa essere sbagliato. Non lo sei. Se siamo qui, credo sia anche il destino a volerlo.»

Amara e allo stesso tempo dolce, era un’incantevole tentazione che circuiva e provava ad appropriarsi di un cuore che lui pensava di avere inerte come un freddo diamante. Invece, batteva, anche il suo, pulsando veloce davanti a lei, ascoltandola per forza, guardando le sue labbra muoversi, le mani tremare.
Quella donna, probabilmente l'unica nell'universo intero a fidarsi di lui.

«Resta con me.»

Voleva che fosse se stesso e comunque stare con lui? La terrestre non sapeva cosa stava chiedendo.
Le permise di trascinarlo avanti, giù, la lasciò aggrapparsi al suo collo. Affondarono sul divano, i cuscini schizzarono a terra spinti dall’urgenza immediata dei loro movimenti. 
Vegeta si liberò una seconda volta dei jeans ma c’era più ansia di prima, mancava l'aria. Però gli piaceva toglierle i vestiti. E gli piaceva se lei gli tirava i capelli come stava facendo. Non dovevano stare insieme. Le stava concedendo il lusso di toccarlo ovunque lei desiderasse.
Scese con la bocca verso l’ombelico da troppi impudicamente ammirato, andò giù. Non c'era traccia di altro là sotto, quello era smidollato  in ogni senso. La nausea sbiadì lasciando il posto alla fame: Vegeta ghignò, stava per ripetere l’atto come in laboratorio.
«No, vorrei poterti guardare.» una supplica. La accontentò, affinché lei potesse trovare nei suoi occhi odio e vendetta, e null'altro a dominarlo.

Sì, guardami sempre, Bulma.

Lei gli facilitò l’ingresso spostando la carne morbida con le piccole dita. Al contrario dell’intento di Vegeta, la scienziata sentì accendersi l’estasi di un intenso trasporto. Farsi invadere dalle tenebre stavolta fu lento: Vegeta stava prendendosi più tempo, dandole modo di godersi meglio quella caduta verso l’esplosione del cieco e sospirato gaudio. Era bello potersi finalmente specchiare in quei grandi occhi furenti, ammirare il volto del saiyan arrossarsi di passione e la sua bocca virile avventarsi famelica su di lei. Il primo amplesso era stato diverso: ora c'era meno tormento, oppure lui stava controllandosi bene ergendo una barriera di orgoglio altissima per nascondere il suo lato debole, quello umano. Che lei sapeva lui possedesse.
Bulma comunque sorrise. Credeva di avere addomesticato il mostro.

«Sorridi?», a lui non sfuggì, fermò le spinte. Era molto sudato. 
«Perché sto bene, mi sento al sicuro. –  tra le braccia del Principe dei saiyan, aveva risposto priva di esitazione; prima di allungare una mano e toccargli il centro del petto che riprendeva fiato – Sta battendo veloce, come il mio, e non vuole farmi del male... Hai un cuore, Vegeta, anche tu.» Lo spiazzò. Perché quelle parole? Non riusciva a odiarla né a mentirle. Un cuore, lui? Sì, probabilmente, e doveva essere anche molto puro. Senza, addio super saiyan. Ma non uguale a Kakaroth, no, gli avrebbe fatto schifo somigliare a lui: il suo era un cuore di essenza certamente malvagia, come si addiceva al Principe dei saiyan. «Ti sbagli. È diverso da quel che pensi. Il mio cuore... –
traboccava di calma, esorcizzato dal proprio astio, davanti a lei, così umano – No. Non ho riguardo di nessuno. Non ce l’ho nemmeno per te. Non ti illudere. Sarò sempre me stesso. È Kakaroth il mio obiettivo.» recitò uno spergiuro al quale avrebbe immolato in futuro le sue scelte. Riprese a muoversi svelto sopra di lei, più svelto, deciso, più energico ed acuto. Ficcante. 
Tranne una incapacità totale nel baciare e compiere qualsivoglia gesto di affetto, oltre ad avere l’abilità di un sociopatico ad esporre e gestire i propri sentimenti; l’amore, il sesso come lui preferiva definirlo, Vegeta sapeva farlo benissimo. 
Bulma vibrò. Lui confuse i propri ansiti con quelli della terrestre dopo qualche altra ennesima spinta. 
Nessuno dei due ancora una volta aveva pensato ai preservativi o ad un modo altro per evitare una gravidanza. Erano troppo distratti dal comprendersi a vicenda, dal dimostrare le loro ragioni, dal trovare nell'altro certezze che mancavano a entrambi e dal meravigliarsi nel vedere come riuscivano in quel modo a corrispondersi. 

 

«Continui a sorridere.» La scienziata guardava soddisfatta il soffitto sopra di sé. «Ti dà fastidio? Be', sono contenta – spiegò –  Sei stato... Ti sei controllato» non ho sentito alcuna presenza del mostro. Pensò, e si girò verso di lui, fissandolo con gli occhi cobalto immenso. Sembrava un sogno potergli stare accanto, nuda, sul divano di casa, stretta a lui. Fuori il mondo poteva anche finere.
Vegeta però non mancò di scansarla, recuperando distanza tra loro. Seduto, guardò i vestiti suoi e quelli della terrestre lanciati ovunque. Aveva la pelle piena di graffi, l'odore di lei dappertutto. E lei era pregna del suo. Doveva starle lontano. Invece, aveva combinato un casino e gli era anche piaciuto. Gli piaceva.
«Sei stata solo fortunata.» obiettò.
«Lo sono quando sto con te. Dormi con me stanotte?» Bulma era pronta a raccogliere i doni della vittoria, quella battaglia l'aveva vinta lei.
«Toglitelo dalla testa, non pensarci neanche.» no, non doveva proprio pensarci, valeva lo stesso per lui.
«Dai, resta ancora, per un momento, te ne andrai dopo.»
Il momento di rimanere c'era già stato, aveva già ceduto alla preghiera, all'incastro. Permettergli di durare troppo a lungo rischiava di farlo abituare.  «Me ne vado adesso.» Bulma lo vide alzarsi risoluto, raccogliere gli abiti. Il suo reggiseno era finito sopra i jeans di Vegeta, lui prese entrambi. «Questo è tuo.» glielo porse col viso privo di imbarazzo. «Grazie.» lei lo afferrò ma non se lo allacciò: voleva che non smettesse di ammirarla e che se ne andasse via col rimorso di non essere rimasto.
«Penso dovresti sbrigarti ad andare a dormire – Vegeta invece riprese il discorso – ti ricordo che ti sono rimaste altre settantadue ore, e io non ho molta pazienza. Voglio la mia gravity room.»
Ok. 
Nessuno e nemmeno lui aveva il diritto di darle ordini. Soprattutto rovinarle il momento delle coccole che, col saiyan, probabilmente non sarebbe mai arrivato.
«Non si preoccupi, Signore, avrà ciò che desidera, come vede oltre ad essere bella da svenire sono una donna di parola, non ho bisogno del suo inutile promemoria.»
«Da svenire? Mpf, semmai “svenuta”. Fatichi a muoverti. Spero questo non rallenti l’andamento del lavoro rendendoti la debole donna che non mantiene la parola data.»

Bulma non ebbe modo di replicare. Vegeta sparì, prendendo le scale che portavano al piano superiore. 

Pensandoci, avrebbero potuto "fare la strada insieme", le loro camere da letto erano adiacenti.
Ma perché dare al saiyan altra soddisfazione?
Era assolutamente vero che non riusciva a muoversi. 

«Sola, di nuovo... »

Zitta! Avete parlato, avete fatto l'amore ed avete ancora parlato. Neanche te lo aspettavi di arrivare a questo punto.

Lentamente, la felicità diventò una fila di denti bianchi e perfetti a comporre un altro grande sorriso.


Stiamo insieme.

Sì, io e Vegeta stiamo insieme.

 

 

~ ~ ~


Sempre a West City.

 


«Lei è un incapace.»
«Non le permetto di parlarmi così, ero quasi riuscito ad impadronirmi della Capsule Corporation!»
«E cosa vuole che ne facciamo dei soldi del dott. Brief e della sua antiquata tecnologia? Non si rende conto di avere messo a rischio l’intero progetto?!»
«Ho fatto il mio dovere, lo faccio da vent'anni, è grazie a me se lei ha avuto i pezzi migliori per i suoi esperimenti, e stavo per mettere le mani su un altro pezzo, uno molto prezioso.»
«Ma le è sfuggito.»
«Però ho informazioni che-»
«Le distrugga.»
«Come? Non le interessa-»
«Ho detto di distruggerle e non mi riferisco solo ad un mucchio di cartacce inutili, parlo dei testimoni, quelli che l’hanno smascherata. Lei si è lasciato dietro una lunga scia di indizi, non mi stupirebbe se qualcuno prima o poi venisse a bussare alla sua porta, il punto è che dopo si arriverebbe a me.»
«Le assicuro che non succederà!»
«Non è nella posizione per rassicurare nessuno. Tra i vari errori che ha compiuto, ha fatto scappare la figlia del dott. Brief. Non sembra, ma è più abile di suo padre. Non la voglio tra i piedi.»
Fra i due interlocutori, l’accusato piombò nel silenzio prima di riprendere parola: «E... dopo che avrò ucciso i testimoni?»
«Sarà radiato dall’operazione, diventerà una cellula morta.» 
«Ma... Che ne sarà dell’attacco?»
«Non sarà più informato a riguardo. Cellula morta, come le ho detto.»
«No, aspetti, lei non può farmi questo!»
«Sì che posso. Devo ricordarle chi sono?»
«No, so chi è lei.»
«Perfetto. Le darò tempo per sistemare le cose, dottore. Avrà un'unica chance, non saranno ammessi altri fallimenti.»
Lo schermo si spense interrompendo la comunicazione. Il dottore scaraventò il pc a terra e fece fare la stessa fine al resto degli oggetti posti sopra la scrivania. «Maledetto», poi, aprì un cassetto dal quale recuperò una valigetta. Aprì anche quella, era piena di lame per interventi chirurgici. Ne prese una. Se la rigirò fra le dita. La lama rifletté un paio di folli occhi grigi.
Dal pavimento, il dottore recuperò un giornale. Era una rivista, la mise sul tavolo e la sfogliò quasi strappando via le pagine prima di fermarsi su una che ritraeva la foto di una ragazza. Accanto all'immagine c’era un articolo su di lei. 
«Stavolta mi prederò i tuoi occhi.»
La punta della lama trapassò la carta conficcandosi nel legno della scrivania. Con un altro scatto impazzito, il dottore la estrasse lasciando un foro oblungo precisamente tra gli incisivi della ragazza, a cui ora era stato strappato il sorriso.
«E pagherai per aver mandato in fumo i miei piani. Pagherete tutti, con la vostra vita.»

 

 

~ ~ ~

 

 

Due giorni dopo. 

 

 

Il dott. Brief aveva sistemato delle enormi casse da stereo su un carrello di metallo. Lo stava spingendo verso il corridoio costruito appositamente per collegare i laboratori con la nuova ala della Capsule Corporation. 
Il carrello traballava, era troppo piccolo in confronto a ciò che trasportava. Arrivato, Brief trovò l’ingresso aperto. In alto la scritta gravity room. Entrò.
La ruota sinistra del carrello cigolava; e in un’area chiusa di trecentosessanta metri quadri quel lamento metallico rimbombava fastidiosamente.
Qualcuno venne attirato dal rumore: «Papà, cosa sono quelle? E non saresti dovuto venire qui con un simile carrello, righerai tutto il pavimento!»
«Ho pensato che in un posto così grande debba almeno esserci della musica, tesoro. A Vegeta non piace ascoltare la musica?», quando aveva costruito l’astronave per Goku, al dott. Brief  era stato impedito di installare lo stereo. Da allora, lo aveva conservato, migliorato e adesso pensava fosse arrivato il momento di provarne le potenti casse.
«Papà...», «Dove pensi potremmo metterle?», «Papà, ascoltami! Non sono necessarie, ho già sistemato lo stereo, anche se dubito a Vegeta interessi.»
«Sul serio? E dov’è?»
«Non lo vedi perché è all’interno delle pareti che rivestono la gravity room, si può accendere e spegnere con un comando vocale.»
«Ah. E il computer che gestisce la gravità, hai rimosso anche quello?»
«Ho cambiato la collocazione: per sicurezza, la gravità potrà essere impostata dall’esterno e anche questa variata o spenta con un semplice comando vocale.»
«Veramente?! Hai fatto un eccellente lavoro figliola, complimenti!»
Altroché, era stata insuperabile. Si sarebbe data delle pacche di incoraggiamento sulle spalle, ma da sola serebbe stato idiota.
«Mi pare sia tutto pronto. Che ne pensi di chiamare Vegeta e di mostrargliela?», suggerì suo padre.
«Stavo per andarci. Prima vorrei verificare il funzionamento della barriera di assorbimento dell’energia. Con questa saremo protetti anche noi.» 
«Bene. Finisco io se vuoi. Nel frattempo, va’ da lui, riceverà una bella notizia. L’ho visto poco fa allenarsi fuori in giardino, sicuramente non se l'aspetta.»
«D’accordo, dagli un’occhiata tu, ma fa' attenzione.»
Bulma passò il pc portatile al padre, era collegato con alcuni cavi a delle prese sulla parete della gravity room.  
«Torno tra poco.»

La scienziata si diresse verso il giardino come le aveva suggerito il papà. Era emozionata, aveva finito l'opera un giorno prima rispetto al tempo previsto per completarla. 
Uscì dalla porta di emergenza in cima alle scale, l'aveva fatta sistemare rendendola più leggera e alla sua portata. 
Fuori, il cielo limpido le brillava sopra la testa confondendosi celeste con i suoi capelli.
Non vide subito Vegeta, per arrivare da lui doveva fare mezzo giro intorno alla Capsule Corp. Il saiyan aveva scelto un posto appartato dove meditare durante l’attesa.
Andrà tutto bene, non c'è  bisogno di agitarsi.
Da quella sera d'amore in salotto, lui non le aveva più fatto visita. Sicuramente, voleva lasciarle tempo per lavorare. Si erano però scambiati un paio di occhiate incontrandosi nell’appartamento. Era un buon segno. Tuttavia, non sarebbe stata la solita Bulma se non avesse avuto dubbi di fronte ad ogni cambiamento in arrivo, perché di quello si trattava: proprio ora che Vegeta iniziava ad aprirsi a lei, la scienziata temeva di perderlo; la gravity room non avrebbe giovato in suo favore. Si sarebbe di nuovo ammazzato di esercizi, chiudendosi lì tutto il giorno. 
Ci sono dei cyborg da sistemare, non dimeticarlo.
Continuò a camminare, l’erba doveva essere stata da poco innaffiata, minuscole gocce d’acqua luccicavano alla luce del sole. Ma tra i fili verdi, Bulma vide qualcosa scintillare di più. Si chinò. Non credette ai suoi occhi. Raccolse l’oggetto. Era sporco, ma era come lo ricordava: della sua misura, con diamanti grossi quanto denti da latte e uno zaffiro al centro. 


Continua...

Note: bentrovati e bentornati, Standby era stata lasciata troppo a riposo a causa dell'altra long che ho iniziato, Chiedete e vi sarà dato. Ottenete e vi sarà tolto - clicca/leggisempre su questi due e piena di disegni. Sono felice di tornare a scrivere e di dirvi che arriveremo a 20 forse 21 capitoli e poi la storia terminerà. Non siete contenti? io direi finalmente, dal 2011.
Vi rinrazio prima di tutto per aver aspettato. Io sono stata via, dovevo riprendermi dopo una grossa perdita. Grazie per il vostro supporto e conforto, siete stati tutti molto cari e vicini.
Ora, trattiamo questo capitolo: volevo ci fosse un salto tra Bulma e Vegeta, il dialogo e lo scambio che hanno avuto spero lo abbiano dimostrato. Ma comunque, lui continua a porre dei limiti. È giusto. Poi farà anche dei passi indietro, che credete, ch ora sia tutto rosa e fiori? Giammai! 
E infatti, torna qualcuno e qualcosa. 
Ditemi, se vi va, mi farà molto piacere leggere cosa ne pensate e rispondervi.
Vi abbraccio tutti, che non mi mollate o che iniziate a seguirmi. 
Un bacio.

Per i curiosi vi linko altre storie che se siete fan di Vegeta e Bulma vi farà piacere leggere:


LA MORTE È INSOPPORTABILE PER CHI NON DEVE VIVERE.
Cell è già un brutto ricordo. Ma Kakaroth è morto. Vegeta torna alla Capsule Corporation inutile e sconfitto. 
Titolo e brano di accompagnamento dei CCCP.
Buona lettura.

Transustanziazione. Se non, amare.
Fresco di battaglia contro l'inferno tinto di rosa, Vegeta torna sulla Terra. Dove dovrà affrontare Bulma e soprattutto se stesso. 
Per cuori teneri e putridi come il mio. 
Attenzione: c'è un alto tasso di zuccheri che incontrerete nel leggerla.

Aporetico EgoTismo
Una OS? No, un pugno allo stomaco. Dal Principe dei Saiyan aspettatevelo, non sarà piacevole.

GLI ALIENI... NON ESISTONO.
Più la nascondi, più la verità torna a galla. Come un cadavere.
Il piccolo Trunks scoprirà qualcosa che il suo papà non potrà più nascondere. 
Dal testo:"Si misero entrambi a ridere, brillavano gli occhi a tutti e due. Di fantasia, di ludico e puerile. 
Ma quando il vento cessò, abbassando le polveri, e i toni della terra si rivelarono essere più chiari e diversi rispetto a ciò che malamente inumavano; poco lontano da loro e dal cratere camuffato di verde spoglio, un misero dettaglio – qualcosa di forma strana, quindi aliena come aveva detto Trunks – apparì."


 

   
 
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