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Autore: Eevaa    08/09/2021    5 recensioni
«E sai cosa? Non vedo l'ora di visitare Roma, Venezia e Firenze» trillò lei, con aria sognante.
«Non eri già stata a Roma con la tua famiglia, da piccola?»
«La Roma Babbana» specificò Hermione, con una certa ovvietà. «Non hai idea della Comunità Magica del Vaticano. Affascinante, dai tempi degli antichi romani fino al romanticismo. Ma prima vorrei fare un salto a Recanati a visitare la casa di Leopardi. Tu lo sapevi che era un Magonò? Harry!?»
Ma Harry non la stava più ascoltando dallo sproloquio sul Vaticano, troppo distratto da una figura conosciuta a pochi metri di distanza.

• Quando Harry aveva ricevuto l'invito ufficiale al banchetto di inaugurazione del nuovo impianto collaborativo tra il ministero italiano e quello britannico, non ne era rimasto affatto stupito. Non avrebbe potuto affatto immaginare che, proprio lì, avrebbe assistito all'apparizione di un fantasma di una persona praticamente morta dodici anni prima. •
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Vari personaggi | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Agrifoglio e Biancospino - La Serie'
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Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.


- AGRIFOGLIO e BIANCOSPINO -


Capitolo 2
Il Fabbricante di Ponte Vecchio



 

La parola che meglio avrebbe potuto descrivere quel viaggio in Italia, a parere di Harry, era frenesia.
Hermione l'aveva trascinato in lungo e in largo affamata di cultura, di arte, di storia. In cinque giorni avevano viaggiato come trottole tra una città e l'altra senza sosta.
Dalle magnifiche ville sul Lago di Como erano passati a Milano, il Duomo, il Cenacolo, le Colonne di San Lorenzo, vari musei e la magnifica tradizione di un aperitivo sui Navigli.
Dopo due giorni si erano spostati a Venezia e i suoi canali, la Basilica di San Marco, Palazzo Ducale, altri numerosi musei e un meraviglioso scorcio della Comunità Magica raggiungibile direttamente dal Canal Grande.
Antichità e architettura di grande gusto, senza contare le prelibatezze rustiche assaggiate di passaggio nella giovane Bologna. A Recanati avevano scoperto che la teoria che Leopardi fosse un Magonò fosse inconfutabile. E la sua Silvia, ovviamente, era una Strega morta di Vaiolo di Drago, non la figlia di un cocchiere deceduta per tisi polmonare.
Harry aveva dovuto allargarsi i pantaloni quando, una volta giunti a Firenze, erano stati accolti con una bistecca – chiamata Fiorenzina, Fiorentona o qualcosa di simile – da chissà quanti grammi.
Sempre a Firenze avevano girato in lungo e in largo tra Uffizi, la meravigliosa Cattedrale di Santa Maria, le gallerie d'arte, la casa di Dante Alighieri e la meravigliosa Comunità Magica dietro Ponte Vecchio. Quest'ultima era senza dubbio la più affascinante, colma di magia antica, ninnoli incantati e artefatti magici assolutamente straordinari. C'era di tutto, se solo si sapeva guardare bene.
Una vera fortuna che la loro guida - una strega grigia sulla sessantina di nome Evelina - avesse dato loro consigli preziosi su come accedere ai vari negozi magici dietro le bancarelle.
Erano ben protetti da incantesimi di disillusione straordinari ma, una volta attraversati, tutta la magia di Firenze emergeva nel suo completo splendore.

Non si erano fermati un secondo, Hermione sembrava non esaurire le energie neanche dopo ore e ore di camminata. Cosa che, nelle sue condizioni, era più che ammirevole ma a tratti poco sano.
«Harry, non farla stancare troppo, ti prego» l'aveva supplicato Ron la sera prima, via camino.
«A dire il vero quello stanco sono io!» gli aveva risposto. «Non mi fa fare neanche una pausa!»
Hermione li aveva redarguiti entrambi per essere troppo pesanti, che non era malata, che non era stanca e che avrebbero dovuto smetterla di preoccuparsi.
«Sicuro di non essere tu quello gravido?» aveva infine concluso lei, dopo le perpetue lamentele di Harry.
Nessun altro ancora lo sapeva, ma Hermione aveva scoperto da poche settimane di essere incinta. Nonostante fosse nel primo trimestre della gravidanza, però, era più in forma che mai e non aveva mai sofferto di nausee.
La sera successiva sarebbero partiti per Roma per concludere la loro vacanza e Harry già temeva per quanto diavolo avrebbero dovuto camminare. Un viaggio bellissimo e ricco di cultura, ovvio, ma non di certo rilassante.



Il giorno dopo Hermione manifestò il desiderio di andare a fare compere allo shop Babbano degli Uffizi, giusto per poter portare a casa qualche pensierino caratteristico – e noioso, a parere di Harry.
«Mh, io invece vorrei prendere un aggeggio che avevo visto a Ponte Vecchio, prima di partire per Roma» disse lui, piuttosto riluttante a tornare a fare la fila al museo.
«Perfetto, allora ci ritroviamo al punto di Smaterializzazione tra un'ora, ok? Non perderti, Harry».
«Ok, mamma» la prese in giro e lei sbuffò divertita.
Harry attese sorridente di vederla sparire in un vicolo insieme a Evelina, poi divenne immediatamente più serio. Senza indugiare si infilò una mano nella tasca dei jeans e ne tirò fuori un foglietto spiegazzato con una scritta in bella grafia.
Tre passi dietro il quadro nel negozio di vecchie scarpe, Ponte Vecchio, Firenze.
Harry si rabbuiò ancora di più, intrappolato in una fitta trama di indecisione. Poi, con un grosso sospiro, si rimise il biglietto in tasca e si incamminò.
A passi svelti raggiunse le viuzze diroccate nei pressi di Ponte Vecchio e le vecchie vetrine. Si guardò intorno di soppiatto alla ricerca di ciò che stava cercando e, finalmente, scorse un uomo baffuto che sistemava un antico paio di mocassini in pelle marrone. Sessantacinque Euro e novanta centesimi.
Salutò il venditore e si guardò nuovamente intorno: c'era un vecchio dipinto accanto al registratore di cassa. Attese che il signore baffuto tornasse nel magazzino e, dopo un secondo di esitazione, si lanciò verso il muro e lo attraversò.
Uno, due, tre passi, poi si ritrovò di fronte alla vetrina di un nuovo negozio sul fondo di un cunicolo.
Il Fabbricante di Ponte Vecchio.
Harry sbarrò gli occhi: conosceva eccome quel marchio! Con estrema titubanza si avvicinò all'ingresso e, dopo aver preso un profondo respiro, aprì la nodosa porta in legno ridipinto di verde e il campanello suonò delicato.

L'atmosfera dentro il negozio era meno cupa di quanto si aspettasse da fuori. L'arredamento antico ma non polveroso, elegante, con luci calde e soffuse e fiammelle dorate pendenti dal soffitto, tra le quali volava una falena annoiata. Un piacevole profumo di incenso al gelsomino attraversò i sensi di Harry, insieme al forte odore di legno lavorato.
Tra gli scaffali espositori centinaia e centinaia di lunghe scatolette dai colori tenui, sapientemente catalogate per anno, tipologia e dimensione sotto le categorie incise in italiano sopra ogni scaffale.
Il pavimento era in legno scuro e lucido, le pareti di un verde bottiglia nascoste dietro gli scaffali.
«Solo un momento!»
Una voce proveniente da quello che doveva essere il retro della bottega lo fece trasalire. Conosceva quel timbro, ma non la lingua appena pronunciata. Italiano, probabilmente, oramai Harry aveva assimilato la fonetica elegante della lingua di quel paese.
Trattenne il fiato per pochi secondi, giusto il tempo di udire passi svelti provenire da dietro una porta ad anta a ribaltina. Quando si aprì, cigolò.
«Eccomi, come posso aiu... Potter».
Draco Malfoy, con in mano tre scatole grigio perla, si immobilizzò sul posto e non tradì un'espressione di sorpresa.
«Malfoy» lo salutò Harry, con una voce meno sfacciata di quello che avrebbe voluto. La verità era che la sorpresa fosse più che condivisa, nonostante sapesse di poterlo trovare lì.

Indossava una camicia carta da zucchero e un gilet damascato di un blu scuro, coordinato con i pantaloni. La cravatta anch'essa scura era annodata con cura e i capelli pettinati di lato in un ordine quasi innaturale.
Gli occhi grigi gli restituirono uno sguardo interrogativo, quasi non si aspettasse affatto di vederlo lì. Eppure l'indirizzo gliel'aveva scritto e consegnato con le sue stesse mani.
«Alla fine sei venuto davvero» asserì, con tono calmo. «Senza scorta» aggiunse.
Harry alzò gli occhi al cielo e ridacchiò. Davvero aveva sospettato che il motivo che l'avesse spinto a chiedergli cosa facesse fosse una semplice indagine ministeriale?
«Oramai dovresti saperlo che sono curioso» disse Harry.
«O uno stalker?» controbatté Draco, divertito. Con gesti distratti fece levitare le tre scatoline in direzione degli scaffali, facendole incastrare tra le altre in un allineamento maniacale.
«E così lavori in un negozio di bacchette...» sospirò Harry, camminando lento tra i vari scaffali. «Queste vanno molto di moda in Inghilterra, ultimamente. Chi è il proprietario?» domandò poi, seguito lentamente da Draco nella contemplazione del negozio. Negli ultimi anni quel marchio di bacchette era giunto fino in Gran Bretagna e aveva preso piede almeno quanto quelle di Gregorovich e Olivander, tant'è che Olivander stesso ne rivendeva dei modelli direttamente nel suo negozio. Molti dicevano che la qualità era altissima e avevano una risposta pressoché infallibile per gli incantesimi difensivi. Teddy ne aveva una, in legno di Cipresso e corde di Cuore di Drago.
«Secondo te ero all'evento più importante d'Italia perché sono un commesso? Dov'è finita la tua perspicacia, Potter?»
Harry si voltò di scatto, come se qualcosa lo avesse punto sui fianchi.
«Sei il Fabbricante di Ponte Vecchio?» chiese, la bocca spalancata in un'espressione decisamente poco furba. Effettivamente non ci aveva pensato.
Draco incrociò le braccia.
«Sei sorpreso?»
Harry si guardò nuovamente intorno, quasi spaesato. Gli pareva incredibile che Draco fosse fuggito dall'Inghilterra per diventare un fabbricante di bacchette, una professione anche piuttosto complessa e antica. Dove aveva studiato? Da chi era stato istruito? Come aveva fatto ad aprire un proprio negozio e perché proprio a Firenze?
«L'ultima volta che ci siamo visti non avevi una grande opinione delle bacchette» constatò Harry, memore degli stralci dell'ultima conversazione che avevano avuto dopo la Guerra.
Draco si immobilizzò e lo fissò in silenzio, l'espressione beffarda gli morì in volto e un vago rossore si fece largo tra il pallore lunare della sua pelle.
E Harry capì di avere perfettamente centrato il punto.

Beh, ha funzionato bene. Ironico, vero? Ho provato decine di bacchette, alcune anche dei miei migliori amici. Nessuna mi è stata così fedele e affine come la tua”.

Il ricordo di quella conversazione riecheggiò, forte e cristallino come se fosse avvenuta il giorno prima. Erano passati dodici anni.
Era per caso a causa di quella conversazione che Draco era stato spinto a perseguire quella professione?
«Malfoy?» lo richiamò, dopo un minuto di asfissiante e denso silenzio.
Draco voltò i tacchi e camminò fino alla grande scrivania al centro della stanza. Si appoggiò al legno scuro con entrambe le mani e rimase immobile ancora un poco. Poi, non appena Harry provò ad avvicinarsi, parlò.
«Sono diversi anni che faccio questo lavoro, Potter. E ancora non sono riuscito a scoprire il perché la mia bacchetta ti sia stata tanto fedele».
Harry sussultò. Era la ricerca di senso, dunque, quella che l'aveva portato a studiare l'arte delle bacchette. Per trovare una spiegazione razionale a quell'affinità.
L'unica teoria che conosceva recitava che la lealtà di una bacchetta si guadagna sottraendola al mago possessore, ma la lealtà di una bacchetta è differente che l'affinità.
Evidentemente, quindi, c'era qualche altra spiegazione. Le loro bacchette avevano nuclei e legni differenti.
«Ed è per questo che sono qui, giusto? Per questo mi hai liquidato con un biglietto e un indirizzo al posto di dirmi semplicemente che lavoro facessi» realizzò Harry. A che pro farlo giungere fin lì, se non perché avesse in mente qualcosa di particolare per la sua ricerca?
Draco si voltò verso di lui e sogghignò per un istante. «Se non altro sai fare il tuo lavoro» confermò. Era stato il suo piano fin dal loro calice in riva al lago.

Harry alzò un sopracciglio. «Quindi alla fine concordi con me. Il fatto che la tua bacchetta mi sia affine è ironico».
«È insensato. Ridicolo» sbottò Malfoy, frustrato. Poi si diresse verso uno scaffale con passi nervosi, e ne estrasse una scatola nera opaca. La aprì con mani tremanti e gli porse la bacchetta al proprio interno. Harry la prese e la osservò.
Era di legno marrone scuro con venature nere, di dieci pollici e abbastanza flessibile. Già di primo tocco non la sentiva particolarmente adatta a sé.
«Trasfigura questo fermacarte in un calice» ordinò Draco, dopo aver posizionato un antico fermacarte al centro della scrivania.
Harry lo guardò storto e tentò di comprendere il senso di quella richiesta, ma probabilmente tutto faceva parte della ricerca per la quale era stato invitato lì.
Puntò la bacchetta verso il fermacarte e pronunciò l'incantesimo. Si ripiegò concavo su se stesso e diede vita a uno dei calici meno ergonomici e più antiestetici che Harry avesse mai visto. Parecchio disgustoso per gli occhi di un designer.
«Pessimo tentativo, vero? Non ti ricordavo così scarso in Trasfigurazione» asserì Malfoy, piatto.
«Si tratta di una bacchetta poco adatta» si giustificò Harry, un poco scocciato per la brutta figura.
«Sì? Prova con questa, allora» propose Draco e, senza esitazione, prese una bacchetta dalla scrivania e gliela cacciò in mano.
Harry la osservò e sorrise sghembo.
«Questa è la tua. La riconosco».
L'avrebbe riconosciuta tra mille. Aveva ucciso Voldemort con quella bacchetta, gli era stata fedele, affine, alleata. E, ora che la teneva tra le dita di una mano, ne sentiva di nuovo il potere. La lealtà.
Draco strinse le labbra e attese con impazienza la trasfigurazione che, come pronosticabile, andò a buon fine.
Un bel calice dorato apparve al posto del fermacarte, brillante come se fosse appena stato lucidato a nuovo.
«Proprio come la ricordavo» commentò Harry, compiaciuto.

Malfoy strinse ancora di più le labbra, oramai bianche e pallide. Trasalì e gli strappò la bacchetta dalle mani, quasi furibondo.
«Vedi, Potter... ciò che cambia dalla prima che hai utilizzato e la mia sono le zigrinature decorative. Dieci pollici, biancospino e crine di unicorno. Lo stesso unicorno, per giunta» spiegò, confrontando ambedue le bacchette con precisione.
«Ma come... cosa...» balbettò Harry, stupito all'inverosimile.
Draco le sollevò entrambe e le contemplò minuziosamente, quasi affascinato.
«Invece la tua bacchetta si compone di agrifoglio. Agrifoglio e biancospino sono due piante agli antipodi. Non c'è nulla che le unisca. Esattamente come non c'è assolutamente nulla che unisca noi. E infatti così dovrebbe essere, hai dimostrato con la prima bacchetta di non essere affine alle componenti. Così come io...» si interruppe e ricercò tra gli scaffali una nuova scatola. «Ah, eccola qui» esclamò, estraendo una bacchetta in legno più chiaro. «Uguale alla tua: agrifoglio e piuma di fenice, undici pollici e molto flessibile. Ovviamente non è la stessa fenice che compone la tua ma, beh...» fece spallucce e puntò la bacchetta in direzione del calice, formulando l'incantesimo inversivo della Trasfigurazione.
Nulla accadde, se non un cambio di colore importante che ricordava tanto quello del fermacarte. Era un incantesimo piuttosto semplice, eppure era evidente che le componenti di quella bacchetta non gli permettessero di utilizzarla.
Harry rimase interdetto e silenzioso, capendo perfettamente dove Malfoy stesse andando a parare.
«Sarei curioso di capire cosa avverrebbe con la tua» domandò infine Draco, in un chiaro invito che Harry, chissà come, accettò senza alcuna remora.
Estrasse la propria bacchetta dalla tasca e gliela porse. Chissà come, con estrema fiducia.
Non appena Malfoy la prese, sbarrò gli occhi grigi. La puntò verso il calice e in mezzo secondo tornò delle fattezze originali. Un fermacarte antico e perfettamente funzionale.

Fermacarte che, dopo qualche secondo, venne scagliato e infranto a terra dallo stesso Malfoy, in preda a una evidente crisi di nervi. Che fosse completamente pazzo?
Harry non capiva per quale motivo la stesse facendo tanto tragica, si limitò a guardarlo con espressione vuota.
«Ridicolo. È ridicolo» sibilò Draco, fronteggiandolo poi a brutto muso. «Non c'è una spiegazione alchemica che conti! Non la trovo, non riesco a capacitarmene! Io e te siamo esattamente come il biancospino e l'agrifoglio. Abbiamo due passati diversi, abbiamo lottato per fazioni diverse, ci siamo scontrati dalla prima volta che ci siamo visti. Siamo nati sotto ascendenti diversi, non solo abbiamo due segni zodiacali differenti! Anche nelle caratteristiche fisiche siamo all'opposto. L'unica cosa che ci teneva uniti era la capacità di volo ma, beh, avevamo due stili opposti. Niente, nulla!» sbottò.
Harry continuava, però, a non comprendere il motivo di tanto fermento. Probabilmente non accettava che nel suo lavoro esistessero delle eccezioni inspiegabili? Era davvero così maniacale? Forse era un pazzo squilibrato sul serio.
«Voldemort ed io avevamo la stessa bacchetta. E, fidati, eravamo diametralmente opposti» fece spallucce.
Draco, sebbene fossero trascorsi dodici anni dalla Guerra, parve rabbrividire alla pronuncia di quel nome.
«Tu e... lui... lui ti aveva segnato, eri un pezzo della sua anima, no? Questo basta come spiegazione. Ti assicuro che la mia anima è intera e di certo non riporrei nulla in te» sbuffò.
Harry sogghignò divertito. Oramai era anche piuttosto curioso.
«Non può accadere che si senta affine la bacchetta di un rivale?»
Malfoy iniziò ad allineare le scatole di bacchette con precisione maniacale. Si spostò da uno scaffale all'altro alla ricerca di mensole poco ordinate, quasi questo gli portasse anche ordine mentale. Non era tranquillo, nonostante tentasse di celare i suoi scatti nervosi dietro una consueta espressione aristocratica e strafottente.
«Non ci sono spiegazioni logiche a riguardo. L'unica teoria è che tra i due possessori ci sia una certa... affinità». Draco pronunciò l'ultima parola come se fosse la più atroce tra le bestemmie ai quattro fondatori.
E la curiosità di Harry si intensificò.
«Affinità?»
«L'amicizia, ad esempio. O la parentela, anche se questo non sempre vale: la bacchetta di mia madre mi è leale, ma non mi è per niente affine. Ma più di tutte...» Malfoy si interruppe e si immobilizzò. Una mano sopra uno scaffale, la testa china al pavimento alla ricerca delle parole più adeguate. Harry lo sentì deglutire e capì che fosse in imbarazzo. «Si tratta di una vecchia leggenda, ma... si dice che due anime gemelle possano utilizzare l'uno la bacchetta dell'altro anche se esse possiedono caratteristiche strutturali completamente differenti».

Harry spalancò la bocca, ma non riuscì a emettere suono. A questo non aveva assolutamente pensato. Non conosceva a sufficienza lo studio delle bacchette per poterlo sapere, ma aveva qualcosa di incredibile.
Non riconducibile alla loro situazione, probabilmente, ma comunque piuttosto incredibile.
«Insomma, bisogna condividere qualcosa di forte» continuò Draco, per tirare le redini di quel discorso prima che galoppasse verso orizzonti poco consoni alla loro situazione. «La bacchetta della Granger ha componenti diversissime dalle tue, non funzionerebbe quasi per niente, ma qualcosa riesci a farci. Perché la bacchetta ti è leale, e perché condividete affetto, un passato. Cosa condividiamo, noi?» domandò infine, arrendevole.
Finalmente cessò di mettere in ordine il negozio e fronteggiò Harry faccia a faccia. Indossava due occhi grigi taglienti e la mascella contratta di frustrazione per una ricerca di senso andata per il verso sbagliato.
«Sono convinto di averti odiato, per un periodo. L'odio è un sentimento forte» ammise quindi Harry.
L'aveva odiato di sicuro. Al terzo anno più di sempre, probabilmente, con tutta la questione legata a Fierobecco. Poi aveva odiato suo padre talmente tanto che tutto l'odio era ricaduto anche su Draco. Non aveva saputo cogliere le sue difficoltà fino a che non aveva visto - tramite le intrusioni mentali di Voldemort - il triste destino che gli era stato riservato. Lì aveva smesso di odiarlo e aveva avuto solo pena per lui.
Però sì, l'aveva odiato, inutile nasconderlo. Malfoy non ne parve neanche troppo turbato, probabilmente il risentimento era reciproco, eppure non sembrava ancora convinto.
«Hai odiato anche i Ghermidori che ti hanno catturato. Eppure la loro bacchetta non ti era affine, o sbaglio?»

Harry comprese la frustrazione di Malfoy, così come i suoi discorsi. Per anni aveva navigato alla ricerca di una spiegazione logica a ciò che era accaduto e niente, neanche un indizio aveva restituito una risposta razionale. Probabilmente era divenuta quasi un ossessione per lui, e ciò rendeva tutto anche un tantino inquietante.
Eppure Harry continuava a trovare ironico che Draco non fosse disposto ad accettare che le cose potessero semplicemente non avere un senso. O magari un senso ce l'avevano, nascosto da qualche parte, ma non erano mai stati disposti a trovarlo.
Cosa condividevano, quindi? Un passato burrascoso, una rivalità, l'odio. E se ci fosse stato di più?
Era strano anche solo pensarlo, per Harry, ma era curioso. Qualcosa lo aveva portato fin lì, qualcosa lo aveva spinto a parlare con Draco la sera del banchetto a Villa Carlotta, e sempre qualcosa l'aveva costretto a recarsi al maniero dopo la Guerra per restituirgli la bacchetta.
E quel qualcosa non era l'odio, non era la rivalità. Forse avrebbero potuto comprenderlo se si fossero dati una possibilità di conoscersi davvero, al posto di portare avanti le dinamiche di quando erano ragazzini.
Del resto Harry aveva sempre reputato Draco Malfoy una persona interessante, qualunque cosa volesse dire “interessante”.
«Sappiamo cosa ci divide. Non sappiamo cosa ci lega» concluse Harry, quasi beffardo.
Per Draco fu quasi uno schiaffo in piena faccia.
«Niente ci lega, Potter. Nulla lega il biancospino e l'agrifoglio» sibilò, lapidario. Livido in volto, fu piuttosto evidente che da parte sua non ci fosse alcuna intenzione di continuare quella ricerca durata dodici anni.
Harry avrebbe voluto ribattere qualcosa, ma si rese conto di avere esaurito gli argomenti. Non ci sarebbe stato niente che avrebbe potuto dirgli per convincerlo a rasserenarsi, ad accettare quella situazione per ciò che era. Accettare che qualcosa probabilmente li legava e li rendeva affini nonostante tutto. Forse neanche Harry era disposto a scoprire cosa fosse, non quando di fronte si trovava un muro di ghiaccio gocciolante di ossessioni e manie.
Rimasero in silenzio e si scrutarono nella penombra delle fiammelle appese al soffitto. Non avevano più niente da dirsi.
L'orologio a pendolo parlò per loro e sancì che era giunta l'ora di tornare alle proprie vite.
«Grazie per la visita, sto chiudendo» concluse Draco. Non c'era più veleno nelle sue parole, solo rassegnazione.
«Beh... allora addio, Malfoy».
«Addio».
Quando Harry uscì dal portone verde del negozio il campanello risuonò acuto, una sorta di sveglia che lo costrinse a tornare a passi svelti alla realtà.
Non si guardò indietro.


 

 

Roma in una notte d'estate, Roma la città eterna.
Il vociare in centro, i filobus in ritardo, le piazze, le fontane. Non c'era magia che la rendesse più magica di quanto non fosse.
L'odore di resina dei pini, i lampioni sfarfallanti vicino al Colosseo. La grande cupola in lontananza, gli scavi, la nostalgia di una storia antica mai vissuta sulla propria pelle.
Harry si perse con lo sguardo tra le rovine del Foro, Hermione sembrava danzare. Occhi affascinati, nasi all'insù.
Non gli aveva raccontato niente dell'incontro di quel pomeriggio. Forse per auto-convincersi che non fosse mai successo, forse perché era difficile da accettare. Perché mai continuare a interrogarsi su qualcosa di cui non aveva potere, né possibilità di scelta?
Harry sospirò e si domandò come mai quella sera la luna sembrava brillare così forte. Forse era Roma, forse perché nel suo petto il cuore continuava a battere a ritmo forsennato.

Si dice che due anime gemelle possano utilizzare l'uno la bacchetta dell'altro anche se esse possiedono caratteristiche strutturali completamente differenti”.

Harry scosse il capo. Quella cosa era decisamente improbabile.
Per dodici anni non aveva più pensato di poter rivedere Draco Malfoy. Eppure erano bastati due brevi incontri ed era come se il tempo si fosse riavvolto e l'avesse costretto a riguardare un vecchio film con occhi nuovi, occhi diversi, occhi adulti. Occhi che avevano saputo scorgere sfumature differenti, dettagli ai quali non aveva mai fatto caso.
Ma era inutile pensarci, era inutile continuare a interrogarsi.
Il destino era già stato preconfezionato.
La storia del Fabbricante di Ponte Vecchio sarebbe rimasta segreta, celata, segregata in un angolo della sua mente.
O, almeno, così Harry pensava.




 
Continua...

Riferimenti:
-Nella saga viene spesso fatto riferimento alla lealtà di una bacchetta, che si ottiene quando uccidi il possessore, quando lo disarmi o quando ti viene donata da lui. Però mi è venuto ragionevolmente da domandarmi come possa un mago utilizzare senza alcun problema tali bacchette se queste non possiedono caratteristiche compatibili. 
Del resto come Olivander ci ha spoegato "è la bacchetta a scegliere il mago". Le bacchette uguali a quelle di Lily e James, infatti, sono incompatibili con Harry, e questo dovrebbe valere anche se a Harry fossero state donate dagli stessi Lily e James. Gli sarebbero state leali, ma non avrebbero fatto grandi magie. 
Da qui mi è venuta la teoria dell'affetto, della condivisione, delle anime gemelle. È una teoria inventata, che si basa però su concetti canonici. 


ANGOLO DI EEVAA:
Ehilà, gente magica!
Finalmente avete scoperto cosa diavolo ci faccia Draco in Italia. Alcuni di voi hanno azzeccato e hanno trovato gli indizi (il titolo della storia, l'immagine nella copertina, il fatto che Draco stesse chiacchierando con gli Olivander...), altri invece sono andati fuori strada ma sono state tutte teorie molto interessanti e verosimili. Deliziosa la teoria del wedding planner: Draco is the new Enzo Miccio xD
Non ci sono troppi misteri in questo capitolo, credo che sia tutto spiegato e al momento siamo a un punto fermo ma... beh, dal finale si evince che ci sarà dell'altro. Malfoy si rifarà vivo? Harry troverà un perché dell'affinità delle loro bacchette che non sia la storia delle anime gemelle? 
Che sorprese ci riserverà questa vacanza in Italia? Spero davvero che la cosa possa incuriosirvi.
Grazie di cuore a tuttx per avermi riaccolta nel fandom!
Un abbraccio,

Eevaa



 
  
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