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Autore: Nazuhi    27/09/2021    3 recensioni
L'acqua ormai gli arrivava al polpaccio. Quanto tempo era passato? Un'ora, due? Forse meno. Decisamente meno. Saliva troppo in fretta, schiantandosi contro le sbarre della prigione e sciabordando sulla roccia umida della caverna. Piccoli mulinelli rabbiosi che gli cingevano le gambe come tentacoli di mostri marini.
***
Raccolta di 13 OS il cui filo conduttore sono gli arcani maggiori dei tarocchi. Le storie sono ambientate prima e dopo la Guerra delle 12 Case, e ciascuna vede come protagonista un Gold Saint e il suo rapporto con la morte in senso lato.
[Lievi accenni Milo/Camus e Dohko/Shion]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gold Saints
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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0: Il Matto – Dialogo con la follia

 

Si porta una mano alla bocca e l'odore della morte si fa più forte. Abbassa gli occhi e l'unico colore che vede è il cremisi. Non ricorda cos'ha fatto, perché ha le mani sporche di sangue?

Si guarda intorno, ma non riconosce dov'è e la poca luce delle stelle non aiuta. È tutto così familiare che un senso di nausea lo pervade, eppure non riesce a dare un nome a quel luogo. Non riesce a ricordare. La sua mente è una tela bianca in attesa di essere dipinta. In attesa che i suoi ricordi sboccino come macchie di vernice.

Ma non arrivano e il bianco rimane.

Un rantolo attira la sua attenzione.

Strizza gli occhi nelle tenebre, avanza di qualche passo, a tentoni, e inciampa. Il dolore al ginocchio sopprime qualsiasi altro senso e per un lungo attimo rimane carponi su se stesso, i denti digrignati, l'articolazione pulsante.

Di nuovo il rantolo, questa volta più vicino, simile al fischio di un mantice.

Allunga una mano e sfiora qualcosa di viscido e caldo, come un lembo di stoffa zuppo di acqua melmosa. Lo afferra e si rende conto che si tratta di un arto, forse una gamba. Un nodo alla gola gli sopprime il fiato, mentre tasta alla cieca in direzione del viso. Se è una persona, forse ha bisogno di aiuto.

Una lama bianca taglia le nuvole sopra di lui e illumina la tunica scura del Gran Sacerdote, il volto esangue solcato da profonde rughe e i lunghi capelli di neve. Nel mezzo del petto, il blu dell'abito ha assunto tonalità più scure; tutt'intorno una pozza cremisi macchia la pietra bianca.

«Sa…ga…»

Saga afferra la mano dell'uomo e la stringe tra le sue.

«Non parlate, vi prego» mormora, «siete ferito, non dovete sforzarvi. Al Grande Tempio vi salveranno, ma voi dovete resistere. Vi scongiuro.»

Il Gran Sacerdote stringe appena le dita intorno alla sua mano, il suo volto assume un'espressione triste. Mormora qualcosa che Saga non comprende, poi la sua forza si fa sempre più debole finché anche il respiro ansimante non cessa. Gli occhi vitrei fissano il cielo nero della notte senza vedere più nulla.

Saga lascia andare la sua mano e si alza, gli occhi sgranati non riescono a spostarsi dal corpo senza vita del Gran Sacerdote. Perché gli viene da vomitare? Perché ha il desiderio di strapparsi la pelle di dosso?

L'abbiamo ucciso.

Saga sussulta, si volta, ma non c'è nessuno. Eppure ha udito una voce, ne è certo, gli risuonava in testa come se…

Come se fosse parte di sé.

«No no no no no» mormora. «È tutto sbagliato! Io non…» Si porta le mani ancora macchiate alla testa, affonda le unghie nella cute. «Cosa ho fatto? Cosa ho fatto?»

Ci siamo intrufolati qui apposta per coglierlo alle spalle. L'Altura delle Stelle è un luogo vietato anche per noi.

«Bugiardo! Questa non…»

La voce gli muore in gola, nel momento in cui si guarda intorno e realizza che si trova davvero sull'Altura delle Stelle. Che forse quella piccola voce che gli risuona in testa da quando ha rinchiuso Kanon a Capo Sounion ha ragione.

L'hai ucciso. Abbiamo fatto ciò che dovevamo. Noi dovevamo essere il nuovo Gran Sacerdote, era un nostro diritto! Non Aiolos, ma noi!

«No!» urla. La sua voce si perde nelle tenebre. «No, tu sei pazzo! Sei un folle! Non era un nostro diritto!»

Non siamo forse adorati al pari di un dio? Non siamo forse più intelligenti e forti di Aiolos? Non siamo forse i migliori tra i Santi d'oro?

Sprazzi di ricordi sbocciano sulla tela bianca della sua mente: il volto sorpreso di Shion, la sua mano tesa verso di lui in un gesto accogliente. Un'altra mano che stringe la daga sacra celata dietro la schiena, il rumore delle ossa spezzate e della carne dilaniata nel momento in cui affonda. E il sangue che gli cola sul braccio, viscido e caldo, mentre il silenzio è squarciato da una risata folle.

«Oh Atena, perdonami» mormora Saga, gli occhi fissi sulle proprie colpe; lacrime calde stillano dai suoi occhi. «Perdonatemi tutti. Non volevo, io non volevo, lo giuro...»

Bugiardo! Lo abbiamo sempre desiderato, la sua morte, la morte di Atena, il mondo nelle nostre mani. È un nostro diritto, noi siamo Dio, siamo Giustizia! Shion era uno stupido e ha meritato la morte!

Saga scuote il capo, le dita che affondano nel cuoio capelluto e strappano capelli.

«Non è vero, non è vero! Io non ti conosco, tu non sei me, io non sono…» Si morde il labbro. «Fuori dalla mia testa, fuori!»

Una risata violenta risuona nelle orecchie, gli occhi si asciugano da tutte le lacrime che ha versato. Un sorriso ebbro gli distorce il volto, le dita abbandonano la sua testa. Di nuovo quella risata, ma questa volta non è più confinata nella sua mente.

Serra i pugni e si rialza in piedi, raccoglie la daga dal pavimento e la cela di nuovo dietro la schiena.

Non puoi farlo, non puoi macchiarti anche del suo sangue. Fermati, finché sei in tempo! Torna sui tuoi passi.

Invece può, e niente, nemmeno quella stupida e debole voce che gli risuona in testa, potrà fermarlo. Ha ucciso il Gran Sacerdote, adesso è il turno di uccidere Atena.

«Il mondo, ormai, appartiene a me.»

  
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