Angoli nascosti
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Capitolo 01
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Nella sua
testa continuava a rimbombare il suono ad intermittenza del battito cardiaco
accelerato provocato da quel macchinario infernale posto di lato a lei.
Bulma se ne stava sdraiata in una lettiga
in quella stanza con fuori inciso “Sala Travaglio” con le contrazioni
che arrivavano ogni cinque minuti circa e nel frattempo per monitorare le condizioni
vitali del bambino che da lì a poco avrebbe partorito, l’avevano attaccata ad
una macchina rumorosa.
Appena
sarebbe potuta tornare nel suo laboratorio sicuramente si sarebbe prodigata per
inventare qualcosa di altrettanto efficace senza che spaccasse i timpani alle
povere puerpere.
Forse il
volume era stato impostato nella modalità “alto” perché risultava
alquanto fastidioso invece che il suono più bello del mondo a cui era abituata
ogni volta che si recava dal suo medico per la visita mensile di accertamento e
Bulma oltre a non vedere l’ora di avere tra le sue
braccia quel bambino, desiderava staccarsi quegli elettrodi dal suo ventre.
La gravidanza
era andata piuttosto bene, l’azzurra non aveva mai saputo che cosa significassero
le nausee mattutine, anzi, se non l’avesse insospettita quel ritardo di due
settimane scoperto per puro caso guardando il calendario un giorno come un
altro in laboratorio, non avrebbe forse mai saputo di essere incinta.
Anche la
pancia non era mai stata pronunciata, se non per gli ultimi due mesi che era
lievitata a vista d’occhio, ma questa non le impediva di certo i movimenti,
anche se non poteva più infilarsi sotto i macchinari come era solita a fare, ma
delegare il padre anziano a farlo per lei.
E
soprattutto non veniva mai vista di buon occhio da quest’ultimo quando saliva
in cima ad una scala altissima.
“Se non
pensi alla tua salute, pensa almeno a quella del bambino” Continuava a ripeterle
l’anziano.
“So quello
che faccio!” Lo rimbeccava lei con grande disappunto del genitore.
Una
contrazione che arrivò all’improvviso la fece urlare dal dolore, era più forte
delle precedenti, e Bulma ebbe la macabra sensazione
che qualcuno le avesse appena spezzato l’osso del bacino.
L’ostetrica
incaricata di seguire il suo travaglio che se ne stava tranquilla e beata
dietro quel tavolino con la sua bella settimana enigmistica tra le mani, non si
scompose minimamente alle urla della donna, anzi sbuffò seccata.
Ogni tanto soffiava
perché non riusciva a trovare la soluzione all’enigma e quei lamenti sommessi
non l’aiutavano, specie se arrivavano quando c’era quasi scoperto la soluzione.
Bulma notava che ogni tanto sbirciava la
pagina posta alla fine del libretto dove poteva benissimo trovare la risposta
ad ogni suo problema.
“Patetica”
Aveva sussurrato a mezze labbra mentre un’altra contrazione arrivava e le costringeva
a stringere gli occhi e a mordersi la lingua.
Questa volta
non aveva espresso il suo dolore fonicamente perché tanto non sarebbe servito a
niente, anzi, avrebbe solo indispettito di più quell’arpia nella stanza accanto,
e perché se per caso o per sbaglio, da quella porta fosse entrato Vegeta e l’avesse
vista urlare e contorcersi dal male, sicuramente l’avrebbe ripresa sul fatto
che non fosse degna di portare in grembo la sua progenie.
Ma il
principe dei saiyan non le avrebbe mai e poi mai
fatto tale dono, visto che nel momento in cui gli aveva dato la bella notizia,
Vegeta stava salendo a bordo della nuova navicella spaziale commissionata a suo
padre e, per quanto ne potesse sapere, non si era ancora degnato di fare
ritorno, e chissà quando sarebbe capitato.
L’aveva
liquidata con un semplice “Ah!” di sorpresa senza nemmeno guardarla per
poi chiudere quel portellone e partire a razzo scomparendo dalla sua vista.
Aspettava un
bambino.
Il suo
bambino.
E lui l’aveva
lasciata da sola.
Ma da Vegeta
non si sarebbe potuto aspettare niente di diverso.
Non perché l’ annuncio della sua gravidanza lo avesse sconvolto a tal
punto da scappare lontano, ma era proprio per proteggerlo che doveva andare a
ricoprirsi d’oro e superare anche il
livello di Kakaroth.
E quello era
un motivo più che valido per andarsene e raggiungere il suo obiettivo nel minor
tempo possibile senza che lei potesse proferire anche solo una parola di
disappunto.
Un’altra
contrazione…più ravvicinata rispetto all’altra e la voglia di spingere.
Bulma trattenne il respiro ed espirò
appena il dolore l’aveva lasciata stare per un altro minuto.
Cazzo se
faceva male!
Si maledì mentalmente per non aver ancora chiamato sua madre per
starle accanto in quel momento e portarle un cambio d’abiti e la borsa che aveva
preparato con cura per lei e che conteneva tutte le cose del bambino, e che ora
faceva la guardia al suo letto in camera, perché lei se la sarebbe cavata da sola,
pensò quando aveva varcato la soglia del pronto soccorso sorreggendosi alla parete
in preda alla terza contrazione e con le gambe bagnate dal liquido amniotico.
Non sarebbe
stata né la prima e né l’ultima a dare alla luce un bambino in completa
solitudine e soprattutto senza nessun preavviso, in quanto Bulma
aveva appena raggiunto le trentotto settimane e il medico che l’aveva in cura
le aveva detto che non avrebbe partorito prima della quarantesima, era più
chiusa del caveau di una banca, ma il medico non aveva fatto i conti con gli
imprevisti, eppure doveva conoscerli visto la sua grande esperienza.
*
“Fammi dare
un’occhiata” Finalmente l’ostetrica aveva alzato il suo culone grasso da quella
sedia e si era degnata di andarla a visitare.
Le abbassò
il pannolone e la sua espressione di terrore innervosì ancora di più Bulma che per comodità aveva divaricato le gambe.
“Che c’è?”
Chiese tremando.
“E non mi
chiami?” Sbraitò la dottoressa “…sta uscendo la testa!”
“Non volevo
disturbarla…” Si fermò perché un’altra contrazione era arrivata e sentiva il
bisogno irrefrenabile di spingere “…mi sembrava troppo impegnata con i suoi
enigmi.” Mormorò dopo che il dolore era passato.
L’ostetrica
la guardò di sottecchi “Stavo facendo il mio lavoro, sono abituata a vedere donne
urlare per il dolore causato dalle contrazioni…ma non mi è mai capitato nessuno
che soffrisse in silenzio e che non mi chiamasse se sentiva la testa
fuoriuscire, soprattutto senza l’epidurale.”
“Dice così perché
non mi conosce!” Con la fronte che stillava di sudore e il fiato corto, Bulma diede un’ultima forte spinta che le permise di dare
alla luce il suo bellissimo bambino.
L’ostetrica
lo avvolse su un lenzuolino bianco e gli praticò le manovre di disostruzioni
delle vie aeree.
Bulma pensò che dopo quella sera sarebbe
stata pagata il doppio per il lavoro che non spettava a lei, per quanto la
riguardava, poteva benissimo metterlo sul suo conto, quella dottoressa, di cui
non ricordava nemmeno il nome, le aveva appena messo tra le braccia la creatura
più bella che si potesse desiderare.
Piangeva a
dirotto, ma appena la madre le accarezzò dolcemente una gota con un dito e gli
baciò la fronte, smise di farlo e si addormentò tra il suo seno gonfio e
dolorante.
“E’ un bel
maschietto, sano e forte” Si complimentò quella donna dopo essere andata a
chiamare il ginecologo di guardia e il pediatra per le dovute visite.
*
Bulma guardò fuori dalla finestra.
Era buio,
totalmente buio.
Vide solo
una scia rossa oltrepassare il cielo e un boato poco dopo.
“Che cos’era?”
Si chiese.
Un
meteorite? Un asteroide? Alieni che invadevano il pianeta? Oppure lui?
Beh! Tra le
quattro opzioni era la più improbabile.
Quante
possibilità c’erano che Vegeta facesse ritorno il giorno della nascita del loro
bambino?
Poche, o per
meglio dire: nessuna.
Poco dopo
entrarono della sua stanza un paio di medici a prendersi cura di lei e di suo
figlio e Bulma chiese la cortesia di poter chiamare
almeno sua madre per darle la bella notizia e farsi portare quella borsa con
tutto il necessario per darsi una ripulita.
Quando prese
il telefono dalla borsa notò che il genitore l’aveva chiamata una ventina di
volte circa, non si arrabbiò perché l’aveva cercata, anzi, non lo fece affatto,
si limitò a sorridere perché ora capiva perfettamente il suo punto di vista ed
improvvisamente i rimproveri precedenti assumevano la sfumatura di consigli
amorevoli.
Ora anche
lei era una mamma e sentiva il bisogno di proteggere quel fagottino con tutta sé
stessa.
“BULMA!”
Cinguettò la donna nervosa rispondendo al primo squillo “…si può sapere dove
sei? E’ l’una di notte!”
“Mamma…”
Prese coraggio cercando le parole più adatte “…c’è qualcuno che dovreste
conoscere.”
*
Sua madre e
suo padre se ne erano andati dall’ospedale alle prime luci dell’alba, dopo aver
sbrigato gli ultimi convenevoli e firmato varie scartoffie per conto della
figlia che ora stava riposando beatamente tenendo tra le braccia il suo primo
figlio che al momento non aveva ancora un nome.
Bulma aveva chiesto ai genitori se per
caso Vegeta avesse fatto ritorno, ma loro risposero di no, che non l’avevano
ancora visto e che quello che aveva sentito la scorsa notte era solo un
meteorite che si era schiantato al ridosso della montagna.
Lei ci aveva
creduto, però sarebbe stato bello sapere del suo ritorno in quella particolare
notte…peccato!
Ora il
dilemma era dare un nome al nascituro.
Bulma ci aveva pensato e ripensato, ma
non riuscì a trovare qualcosa di adatto.
Chiuse gli
occhi per la troppa stanchezza.
“Trunks” Le sussurrò una voce all’orecchio
che le fece sbarrare gli occhi oltre che a farla rabbrividire.
Ma quando Bulma si guardò attorno non vi vide nessuno, se non la
finestra aperta e l’aria fresca di novembre che entrava e le tende che
svolazzavano.
*
Continua
*
Nda: Ciao a
tutti! Chi non muore si rivede…lo so, vi avevo promesso che sarei tornata a settembre,
ma un piccolo contrattempo, ovvero la stesura completa della long sul fandom di
Miraculous mi ha assorbito completamente, però vi
annuncio che quella è quasi del tutto terminata, quindi posso dedicarmi a
questa con pubblicazione settimanale.
Piccole
precisazioni…questa storia è una cucitura di mie long vecchie, e per vecchie
intendo scritte più di dieci anni fa e pubblicate con un account non più
attivo, cercherò di ripercorrere le varie tappe della saga dei cyborg, ovvero
quello che Toryhama non ha raccontato, da qui il
titolo “Angoli
nascosti”, ho voluto iniziare con la nascita di Trunks, ma dal
prossimo capitolo si ritornerà indietro nel tempo, più precisamente subito dopo
Namecc.
Io ringrazio
fin da subito chi vorrà seguire questa storia e chi vorrà lasciarmi un segno
del suo passaggio.
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Erika