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Autore: Lisbeth Salander    14/10/2021    6 recensioni
Raccolta di momenti, frammenti della storia d'amore tra Victoire Weasley e Teddy Lupin.
[Questa storia partecipa al Writober di fanwriter.it]
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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Day 14: Divergenti
Prompt (lista pumpINK): Discussione

 
Divergenti
 
«Sono la tua costante anche quando discutiamo?».
«Direi nonostante le discussioni».
«Perché, poi, alla fine noi discutiamo sempre per cose che non sono importanti».
«Be’, non esattamente. Qualche volta discutiamo perché sei matta».
«Ad esempio?».
«Lo sai benissimo, Vic».
«Dopo tutto questo tempo ancora non me lo hai perdonato?».
«Assolutamente no».


5 maggio 2021
Diagon Alley

«Vic, io spero che tu non stia dicendo sul serio».
Teddy la guarda con il volto severo e preoccupato, gettando la pergamena sul tavolo e Victoire pensa che vorrebbe affatturarlo.
«Non credevo che sarebbe stata questa la tua reazione».
Tutto l’entusiasmo di Victoire è stato spazzato via dal sopracciglio eternamente alzato di Teddy, dalle espressioni incredule, pregne di contrarietà.
«Non…non credevi che sarebbe stata questa la mia reazione? Ma ti rendi conto?».
«Mi rendo conto del fatto che mi hanno fatto una proposta di lavoro incredibile e tu stai dando di matto».
«Pensi che io sia un idiota?».
Victoire boccheggia, perché, no, non era preparata a questo scontro, perché pensava che Teddy quella proposta l’avrebbe amata esattamente come l’ha amata lei, perché era fermamente convinta del fatto che ne avrebbe visto tutte le meravigliose sfaccettature.
«Mi hanno chiesto di andare a fare la corrispondente in Brasile, Teddy. È una cosa…».
«È una cosa pericolosa, Vic! C’è una guerra magica in Brasile, pensi che non lo sappia?».
Lui la guarda severo, preoccupato, duro. Lo conosce da una vita ma quell’espressione non gliel’ha mai vista.
«È il mio lavoro, Teddy. Tu stesso mi hai detto che sei in contatto per una supplenza a Castelobruxo».
«Io vado in una scuola, Vic, e la nostra storia…».
«La nostra storia ci dice che nella nostra scuola, in quello che doveva essere il luogo più sicuro di tutta la Gran Bretagna c’è stata la Battaglia più sanguinosa degli ultimi cento anni, Teddy».
Lui non ribatte, scuote la testa senza mai incrociare il suo sguardo.
«Non ho intenzione di lasciarti andare lì».
«Tu non hai il potere di lasciarmi fare proprio niente!», esclama irritata, sbigottita.
Lui sembra tornare in sé per un momento, perché sul volto fa capolino l’espressione da Teddy, quella che la frega da una vita ma che non può fregarla adesso, perché adesso è della sua vita professionale, è di lei che fa qualcosa che abbia un senso che si parla. 
«Scusami, non volevo dire questo… è pericoloso, Vic», dice lui avvicinandosi piano.
«Lo so, ma voglio farlo. Voglio partire, voglio scoprire il mondo, voglio raccontare qualcosa», ribatte Victoire posandogli un bacio sulla guancia, nella speranza di placare quella discussione.
«Non puoi raccontare da qui?».
«Non è la stessa cosa».
«E io?».
«Tu cosa?».
«Che ne sarà di me?».
«Vado per tre settimane, poi tornerò qui».
«E se non dovessi tornare? Se ti succedesse qualcosa, Vic?».
Victoire trema perché talmente sopraffatta dalla felicità per quell’occasione non ha pensato alle possibili obiezioni di Teddy.
«Non mi succederà niente, Teddy. Sono seria e non sarò sola. Ci sarà anche Lee e…».
«Non si vive sui ‘Non succederà niente’».
«Quindi, per te non dovrei partire e basta?», sbotta lei.
«No, per me non dovresti partire».
«Io non ho mai detto nulla, Teddy, assolutamente nulla, quando sei stato tu a partire, a prolungare i tuoi viaggi e…».
«Non stavo andando in un posto dove rischiavo di essere ammazzato, Vic».
«Mi hai incoraggiata tu a fare questo lavoro…».
«Non ti ho incoraggiata a fare la corrispondente di guerra! Ti ho incoraggiata a fare qualcosa che ti piacesse e che ti facesse stare bene…».
«Ora mi fa stare bene questo!», urla Victoire, talmente arrabbiata che in un moto di magia involontaria infrange tutti i vetri.
Teddy la guarda ferito, mentre con due colpi di bacchetta cerca di ricomporre ogni cosa.
«Dove stai andando?», le chiede notando che sta indossando il mantello.
«Ho bisogno di stare da sola. Devo chiarirmi le idee e non ce la faccio più a discutere».
«Possiamo fare meglio di così».
«Non voglio più parlare con te».
Victoire esce sbattendo la porta, nervosa e arrabbiata, precipitandosi giù per le scale, con il timore di aver appena visto frantumarsi qualcosa che non sarà più possibile aggiustare.


   
 
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