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Autore: Voglioungufo    23/10/2021    3 recensioni
Superhero!AU | NaruSasu | ShiSaku | ObiRin
Sasuke è il supereroe Mille Falchi che garantisce giustizia alla città di Konoha ed è innamorato di Naruto, il suo migliore amico. Peccato che Naruto sia innamorato di Mille Falchi senza sapere chi sia in realtà.
Per Sasuke si presenta il grande dilemma: fare finta di nulla o rivelargli la propria identità segreta?
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Buon SasuNaru day!
Per l’occasione rispolvero questa fic, sperando che un nuovo capitolo vi faccia piacere. Oltre a questo dovrebbero mancarne due, quindi vediamo se riesco a finirla in tempi brevi.
Un piccolo riassunto: Sasuke si trova ad avere strani poteri a seguito di sperimentazioni sul suo corpo per creare dei superumani. Ancora bambino riesce a scappare insieme al fratello, in coma, e viene ospitato da una coppia (Sakura e Shisui) che lo nasconde, in modo di dargli una vita normale. L’amicizia con Naruto lo spinge a usare i suoi poteri per fare qualcosa di buono e diventa il supereroe Mille Falchi, nei panni del quale inizia una relazione con Naruto. Le cose però peggiorano quando un uomo con dei poteri compare in città distruggendo ogni cosa. Sasuke lo riconosce subito, è uno dei bambini vittimi della sua stessa sperimentazione che vuole vendicarsi…
 
 
 
 
 
 
 
VI
 
 
 
 
 
“Ehi”.
Sasuke sussultò, quasi perdendo la presa sulla mela che stava sgranocchiando, e si voltò con gli occhi sgranati. Non sapeva perché fosse così sorpreso che Naruto lo avesse trovato, dopo tutti quei giorni passati a ignorarlo era ovvio che l’amico venisse a cercarlo. 
Sasuke aveva smesso di parlargli senza una spiegazione, non si sedeva più vicino al suo banco e cercava di evitare ogni interazione. Era evidente dal modo in cui Naruto lo stava guardando in quel momento che fosse ferito dal suo atteggiamento. 
“Ehi” ricambiò mordendosi le labbra, mentre parti contrastanti in lui lottavano tra loro. Doveva cacciarlo, ma gli era mancato così tanto che non riusciva a farlo. 
Erano a scuola, durante la pausa pranzo, anche se lui al momento non si trovava in mensa. Da quando aveva iniziato a ignorare Naruto passava la pausa in un’aula vuota di arte, a guardare fuori dalla finestra e meditare  cupo sui recenti sviluppi. 
Il suo piano di continuare a vegliare nella città senza farsi beccare da Sakura e Shisui stava funzionando, soprattutto perché i due adulti non sembravano dargli attenzione. Era evidente che qualcosa li impensieriva e sapeva che quella cosa era Obito. Qualche giorno prima una delle fabbriche dell’Uchiha Corp era esplosa. Questo dimostrava che l’incidente del parco Susanoo non era un caso isolato, Obito stava portando avanti una vendetta sistematica.
Sasuke doveva proteggere Naruto e non sapeva come altro fare se non tenerlo a distanza
Ignoralo. Fai credere al mondo che non siamo più amici. Così nessuno lo userà contro di te.Questo era stato il suo manta negli ultimi giorni.
In quel momento capì però che Naruto non stava apprezzando la sua scelta, tutt’altro. I suoi occhi azzurri erano feriti, trasparenti come al solito nei propri sentimenti, erano una pugnalata al cuore. 
“Quindi è qui che ti nascondi” rinfacciò.
Sasuke accusò il colpo. “Non mi sto nascondendo”.
Naruto sbuffò e senza chiedere il permesso si sedette al suo fianco. “Mi stai ignorando, non osare negarlo” lo precedette. Fece una pausa, in cui si guardò le mani esitante. “Ho… fatto qualcosa di sbagliato?”
Sasuke era certo che il cuore non potesse fargli più male di così, era come se qualcuno si divertisse a usarlo come puntaspilli. 
“Voglio solo restare solo”.
Era ovvio che Naruto non gli credesse. Del resto voleva sempre restare solo, ma la presenza di Naruto non gli aveva mai dato fastidio. Se ora era così significava che qualcosa era cambiato. 
Ma non posso spiegarti.
Fortunatamente, come un deus ex machina, la campanella che avvertiva la fine della pausa lo salvò dal doversi spiegare. Ignorando lo sguardo deluso dell’amico si alzò. 
“Sasuke, devo parlarti” disse con impeto, alzandosi a propria volta. 
Non si voltò a guardarlo, aveva paura di incontrare il suo sguardo e vedere quegli occhi blu che lo facevano sempre tremare. Doveva ricordarsi che quella decisione, per quanto dolorosa, era fatta per proteggerlo da Obito. Se anche lui era nella sua agenda di vendetta contro l’Uchiha Corps, allora il modo migliore per approcciarlo era prendere in ostaggio Naruto – o peggio, non voleva nemmeno pensarci. 
Al suo silenzio l’amico riprese a parlare. 
“È una cosa importante, ci ho pensato in questi giorni… E tu, be’, sembri aver già deciso di non voler più essere mio amico, quindi tanto vale che te lo dica”.
Quel preambolo non gli piaceva per nulla, cominciò a sentire l’ansia strisciare lungo la sua schiena. 
“La campanella è suonata” fece presente. 
“Te lo dico mentre andiamo in classe”.
“Io… Io vado a casa adesso” mentì. “Ho una visita medica, ho già la giustificazione”.
Era una mezza verità: non aveva nessuna visita, ma aveva sempre con sé delle giustificazioni con la firma falsificata di Sakura per uscire prima per fare i suoi giri da Mille Falchi. Non avrebbe mai pensato che gli sarebbero state utili per scappare da Naruto. 
A quella rivelazione seguì un silenzio abbastanza lungo da farlo azzardare a lanciare un’occhiata alle proprie spalle. Naruto lo stava guardando con l’espressione più triste che gli avesse mai visto, gli occhi quasi liquidi dalla delusione, e quando si accorse si essere fissato distolse lo sguardo. Naruto non aveva mai esitato nel guardarlo dritto negli occhi, quel gesto ferì Sasuke. 
L’ho già deluso così tanto?
È necessario.
“È importante” disse. “Ho bisogno di parlatene, io… non posso nasconderlo e starmene zitto. Devo dirtelo, capisci?”
Sasuke cominciò a temere che avesse scoperto la sua identità segreta.
“Io devo andare” disse, non pronto ad affrontare le conseguenze. 
“Ma possiamo parlarne? Dopo scuola e quando tu hai finito la tua visita? Ci troviamo al bar all’angolo con la sedicesima…”
Quel bar faceva i tramezzini al tonno e pomodoro più buoni della città, Sasuke non aveva mai rifiutato prima e Naruto lo sapeva. Strinse la cinghia sul proprio zaino.
“Naruto…”
“Per favore, devo davvero parlarti. Dopo potrai ignorarmi, anzi…” Fece una risata triste. “È probabile che vorrai farlo”.
Ora era decisamente curioso e masochista si ritrovò a volerlo sapere. Forse, qualsiasi cosa fosse, avrebbe potuto usarla come scusa per troncare i rapporto tra loro, così che nessuno pensasse più che Naruto fosse importante che lui, che Obito non lo pensasse lasciandolo fuori da tutta quella faccenda. 
Deglutì. “Va bene, ci vediamo alle cinque?”
Voleva comunque avere del tempo per fare un giro di perlustrazione nelle vesti di Mille Falchi e poi farsi una doccia prima di vederlo. 
Probabilmente quello sarebbe stato il loro ultimo incontro. 
Con quel pensiero amaro si voltò ancora una volta e questa volta riuscì a uscire dalla stanza senza che Naruto lo fermasse, anche se sentiva il suo sguardo bucargli la nuca. Chissà cosa voleva dirgli di così urgente e che rischiava di mettere a rischio la loro amicizia. 
Andò in segreteria, dove con una faccia assolutamente vuota mostrò il permesso di uscita alla donna al banco. Quella non gli chiese nemmeno di aspettare che arrivasse la tutrice a prenderlo, si limitò a segnare la cosa e dargli l’arrivederci. Meglio così visto che Sakura non sarebbe mai arrivata. 
 Le strade di Konoha erano trafficate come sempre e i suoi abitanti come al solito erano talmente immersi nei propri affari che non badarono all’adolescente che si infilò in un vicolo stretto e nascosto. Dietro a una montagna di immondizia che lo nascondeva dalla strada principale, Sasuke poté indossare il suo costume ed entrare nei panni del supereroe. 
Essendo giorno, comunque, non si ritrovò ad avere molto da fare. Riuscì a sventare qualche shippo, che gli fece guadagnare applausi e molte foto che subito circolarono nell’internet – male, così Sakura e Shisui avrebbero scoperto che aveva saltato scuola e continuava a compiere le sue imprese. 
Tornò a casa nell’orario in cui sarebbe terminata le lezioni, nel caso i suoi tutori fossero lì ad aspettarlo, ma tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che non era così. La casa era vuota e questo lo fece rilassare visibilmente, ormai per lui era impossibile stare nella stessa stanza con i due adulti senza litigare. Non ci mise molto a farsi la doccia, per l’appuntamento con Naruto mancava ancora molto tempo. Perciò decise di andare a salutare suo fratello, ultimamente non era stato molto al suo capezzale. Anche se Itachi non poteva rispondergli trovava comunque confortante stargli vicino, a parlargli sconclusionato senza temere una risposta. 
Forse avrebbe potuto raccontargli di quello che stava capitando. 
Forse se Itachi fosse stato sveglio avrebbe potuto dargli una risposta. 
Con un sospiro stanco entrò nella stanza. Lanciò appena un’occhiata ai macchinari che occupavano lo spazio e che permettevano a Itachi di vivere, rinchiuse la porta dietro di sé concentrato solo sul volto impassibile e pallido del fratello. 
Perciò non si accorse dell’altra presenza nella stanza finché non parlò.
“Ciao, cuginetto”.
 
 
**
 
Naruto fece roteare la matita tra le dita, poi la infilò sotto il naso tenuta con il labbro superiore contratto. I suoi occhi si muovevano frenetici per tutta la stanza, completamente estraneo a quello che il professore stava spiegando, la sua voce era solo un suono indefinito nello sfondo. Si fermò quando lo sguardo cadde sul banco libero accanto a lui, il banco che sarebbe stato di Sasuke ma che da giorni restava vuoto. 
Era doloroso. 
Aveva atteso il ritorno in classe di Sasuke con un’impazienza tale che gli sembrava di sgusciare via dalla propria pelle per raggiungerlo, ma quando era effettivamente tornato era stato con lui solo un giorno, per poi sparire per la restante settimana. Lo ignorava come non ci fosse, come facevano tutti gli altri. Ma il fatto che fosse Sasuke a farlo lo rendeva un pugno nello stomaco troppo doloroso da sopportare. 
Perché, Sasuke, perché?
In realtà il perché lo sospettava. Sasuke aveva iniziato a comportarsi in modo strano da quando era tornato a scuola ed era una successo una cosa in particolare: avevano dormito insieme.
Anche se l’intenzione iniziale era stata innocente, Naruto non poteva negare che avesse portato delle conseguenza. Ora non riusciva più a guardare Sasuke senza provare una stretta al petto, una strana euforia che si trasformava in disperazione all’idea di non poterlo toccare, di non essere nemmeno visto dall’altro. Conosceva quella sensazione… non aveva mai pensato di provarla per il suo migliore amico. Quando aveva iniziato a innamorarsi di lui? Non lo sapeva, ma la notte insieme aveva reso chiari i suoi sentimenti in un modo imbarazzante. Anche nell’interazione successiva con Mille Falchi, quell’ultimo bacio… aveva sperato che quelle fossero le labbra di Sasuke. Si era quasi illuso di sentire il suo odore, che quelli fossero i tocchi delle sue mani. Si sentiva un po’ in colpa nei confronti dell’eroe, ma non poteva farci niente; era quasi sollevato che non si fosse più presentato. 
Ma c’era comunque un problema.
Sasuke era intelligente, se n’era sicuramente accorto e doveva essere quello il motivo per cui aveva iniziato a ignorarlo. Lo aveva capito, ne era rimasto disgustato e adesso non voleva vederlo per non incoraggiare quei sentimenti, era chiaro. A questo punto tanto valeva dichiararsi e ammettere come stavano le cose. Naruto non era mai stati bravo a tenersi le cose dentro, soprattutto i suoi sentimenti, aveva bisogno di dirglielo. Era come se una grossa ciambella si fosse incastrata in gola.
“Uzumaki!”
Sussultò, facendo cadere a terra la matita. Tornò a focalizzarsi sulla classe, tutti lo stavano fissando e il professore aveva il gessetto puntato verso di lui, dietro di lui la lavagna era piena di grafici incomprensibili.
“Risolvi tu il problema, visto che questa lezione sembra superflua per te”.
Merda.
Rosso in faccia si alzò, non avendo nemmeno idea dell’argomento e fin troppo consapevole degli sguardi di scherno dei suoi compagni. Non c’era nemmeno Sasuke a suggerirgli.
Quel pensiero gli fece precipitare il cuore nello stomaco. Come avrebbe fatto ad andare avanti senza di lui?
 
 
**
 
Sasuke trattenne il fiato alla voce sconosciuta, consumata come se le corde vocali fossero state bruciate, ma capì subito chi fosse. Solo una persona poteva chiamarlo così.
Con il cuore bloccato in gola si voltò lentamente, trovando sulla sedia a dondolo — la stessa che usava Sakura per vegliare il ragazzo in coma — lo stesso Obito.
Il primo istinto di Sasuke fu quello di intromettersi fra l’uomo e suo fratello.
Indossava un cappotto nero sbrindellato, pieno di toppe e punti scuciti, lungo fino a metà polpaccio, totalmente fuori luogo rispetto al clima mite di quella primavera. Le scarpe sbucavano con la suola che quasi si staccava, il nero graffiati e rovinato. Sembrava un barbone, un disperato. Ma i lineamenti del viso erano eleganti come quelli degli Uchiha, zigomi alti, occhi grandi, un naso dritto e sopracciglia ben disegnate. 
Poi però inclinò il viso, mostrandogli non solo il profilo ma anche l’altro lato del volto. Era sfigurati da cicatrici orribili, che misero i brividi a Sasuke. L’occhio destro era rosso, come pieno di sangue.
Una risata fredda e triste uscì dalle sue labbra quando lo vide proteggere Itachi.
“Che cosa fai?”
“Non ti permetterò di fargli del male” proclamò.
Il lato pulito del suo viso si contrasse in confusione, il lato sfigurato rimase impassibile e morto.
“Non voglio fargli del male. È il mio cuginetto…”
“Vuoi eliminare ogni cosa della Corps”.
L’unico occhio espressivo si illuminò come se fosse un bambino felice di vedere il proprio duro lavoro riconosciuto.
“Sì, sì, esatto!”
“Quindi anche noi”.
La sua espressione felice si congelò. “No, no! Perché anche voi?”
Deglutì, sentiva la tensione salire a ogni battito del cuore di Itachi trasmesso dalla macchina che lo teneva in vita. Da un momento all’altro potevano arrivare Sakura e Shisui, doveva allontanarlo da lì prima ferisse una delle sue persone preziose.
“Perché siamo un loro prodotto” disse, deciso a farlo parlare così da distrarlo e riuscire a far scambiare entrambi con qualcosa fuori dalla casa.
Obito si alzò dalla sedia, guardandolo allibito. Il gesto lo mise ancor più in allarme, ma l’uomo non fece nulla e si limitò a fissarlo.
“No, voi siete come me, siete loro vittime. Siete innocenti, non devo farvi del male…”
“È le persone al Parco Susanoo?” replicò duro, ricordando la notizia. “Loro non erano innocenti?!”
L’occhio nero divenne torbido, come se stesse pensando qualcosa di profondo è odioso.
“Si stavano divertendo su un parco costruito con soldi sporchi di sangue, sangue di bambini!”
Poteva percepire la rabbia e l’odio di Obito, un’energia malata scorreva nel suo corpo e lui poteva percepirla. Non poté fare a meno di chiedersi se fosse un effetto degli esperimenti, se riconoscesse il potere fuori controllo dell’altro.
“Loro non sapevano nulla, non meritavano di sparire così” disse sentendo la frustrazione di non essere riusciti a salvarli bloccargli la gola. Doveva fermare Obito prima che qualcosa del genere succedesse ancora. “La Corps è cambiata, Madara è morto…”
“La sua eredità vive ancora” borbottò lugubre.
“Adesso producono ventilatori” insistette. “Non ha più nulla a che fare con quello che ci hanno fatto. Vendicarsi è inutile”.
Ci aveva pensato, a lungo. Forse lo avrebbe anche fatto se non avesse incontrato Naruto, la rabbia per quello che gli avevano fatto e tolto era troppo. Li avrebbe uccisi tutti. Ma Naruto… Naruto credeva sempre nella cosa giusta, faceva sempre la cosa giusta anche se gli si ritorceva contro.
Sasuke voleva avere il suo stesso coraggio di fare la cosa giusta. E la cosa giusta era fermare Obito.
Fece quindi uno scatto in avanti, l’energia si agitò per tutto il suo corpo rumorosa come al solito e nella sua mente focalizzò l’immagine del cestino dei rifiuti nella via. Era l’unica cosa che gli veniva in mente con cui scambiarsi. Afferrò Obito.
O almeno ci provò, perché le cose non andarono come aveva previsto. Non afferrò Obito, gli passò attraverso e poi si ritrovò solo nella strada, al posto del bidone. Alcuni passanti sussultarono nel vedere dal nulla, allarmati dal rumore, ma Sasuke non ci aveva fatto caso. Perché non aveva toccato Obito? Come aveva fatto ad attraversarlo, come fosse solo un fantasma? C’entravano i suoi poteri? Anche sforzandosi, Sasuke non ricordava che genere di esperimenti avessero fatto su di lui, quale fosse stato il risultato, non ricordava i poteri del cugino.
Si voltò verso la casa e raggelò nel vedere che la porta era aperta, Sakura o Shisui erano entrati in casa e rischiavano di essere feriti. Doveva tornare indietro.
Si scambiò ancora una volta con il bidone, ritornando così nella camera dov’era un attimo prima. Obito non si era mosso e lo fissava meditabondo.
“Giusto, dimenticavo che ti eri dato all’eroismo”.
Non era sorpreso, aveva già tenuto in conto che conoscesse la sua identità segreta. La cosa davvero pericolosa era che i suoi poteri sembravano non avere effetto su di lui. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma Obito lo precedette.
“Credi davvero che la Corps abbia chiuso con le ricerche?” Indicò Itachi, le macchine a cui era collegato. “Guarda, ci stanno ancora studiando!”
Era l’ultima cosa che si aspettava di sentire. Tutto il suo discorso sul fare la cosa giusta svanì dalla sua mente, guardò il fratello senza capire.
“Cosa stai dicendo?”
“Possibile che tu non te ne sia davvero accorto? La Corps vi sta ancora controllando”.
“Siamo scappati dalla Corps!” lo contraddisse con una strana inquietudine. Gli tornarono in mente tutti gli esami che aveva fatto con Sakura per la sua salute…
“Voi non siete mai scappati. Non siamo mai scappati”.
“Che cosa stai dicendo?!”
“Va bene, basta così”. 
Sasuke sussultò nel sentire la terza voce, il cuore gli era precipitato nello stomaco. Si voltò, trovando Shisui sull’uscio della porta. Indossava abiti abbastanza eleganti, da lavoro, soprattutto reggeva con le braccia tese una pistola, puntata direttamente su Obito, i suoi occhi erano acuti e decisi, impassibili.
“Obito, non muoverti. Sasuke, dietro di me”.
E Sasuke lo avrebbe fatto, perché si fidava di Shisui, ma la risata fredda di Obito lo immobilizzò.
“Sei proprio come lui, vero? Ti piace dare ordini agli altri”.
Shisui non rispose, i suoi occhi erano illeggibili, la canna della pistola era così lucidata da brillare. Sasuke deglutì.
“Lui chi?”
Obito sorrise, folle.
“Suo padre, Uchiha Madara”.
 
 
 
   
 
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