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Autore: Abby_da_Edoras    01/11/2021    6 recensioni
Questa storia è il sequel di My winter storm e riscrive in modo del tutto mio personale le vicende della parte conclusiva della sesta stagione di Vikings. Il legame tra Ivar e Aethelred si sta consolidando, ma i due dovranno affrontare ancora molti ostacoli a causa dei quali rischieranno di perdersi... tutto però finirà bene! Intanto a Kattegat anche Bjorn rischia la sua corona, per i tradimenti e gli intrighi di vecchi rivali e amici non del tutto leali. Entrano in scena nuovi personaggi (uno inventato da me) e ci sarà una nuova coppia molto... passionale e particolare (e non dico altro!).
Grazie a chi mi segue e continuerà a seguire le mie follie! XD
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, produttori e autori della serie TV "Vikings".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bjorn Ironside, Ivar, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L'amore non ha fine '
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Cap. 8: Venomous moon

 

But there’s an infinite silence

(Where do I go now? Nobody wants my heart)

I’m crying out for guidance

(Nobody wants my heart)

 

Venomous moon

I feel my heart freezing over

The world is a tomb

Save me, is there anyone out there

Take me, venomous moon

I’ve been waiting for all my life

I’m ready for you

Save me, is there anyone out there

Take me, venomous moon

Venomous moon…

(“Venomous moon” – The Rasmus & Apocalyptica)

 

Quando Ivar e Aethelred giunsero al villaggio di Lagertha, la donna li accolse con calore, andando loro incontro e abbracciando il giovane Sassone proprio come avrebbe fatto una madre. E, del resto, dopo tutto quello che era accaduto in Wessex e l’orrendo tentativo della Regina Judith di uccidere suo figlio, lei si era sempre sentita una madre per lo sfortunato Principe.

“Stai bene, Lagertha? Il villaggio prospera?” le domandò il giovane, ricambiando l’abbraccio.

“Sì, non abbiamo più avuto problemi da quando le guardie di Kattegat si alternano nella difesa dei confini” rispose lei. “Comunque non temere, c’è sempre molto lavoro da fare, un tetto è crollato dopo una pioggia particolarmente intensa, ci sono molti steccati da sistemare…”

Aethelred rise.

“Va bene, va bene, ho capito, Ivar e io dovremo lavorare se vogliamo guadagnarci il pranzo!” scherzò.

Ivar guardava i due e anche le persone del villaggio che, avendo riconosciuto Aethelred, si stavano avvicinando per salutarlo. Ancora una volta si rese conto di quanto il giovane fosse riuscito a farsi amare dai Vichinghi, sia a Kattegat sia nel villaggio di Lagertha. Aethelred era benvoluto perché era sempre gentile, disponibile e aveva dato il suo contributo per rafforzare le difese del villaggio e aiutare chi ne aveva bisogno. Lui era fin troppo fortunato ad averlo come suo compagno e… e non se lo meritava, perché invece di ringraziare gli dei per il dono che gli avevano concesso si tormentava con il desiderio di nuovi viaggi, razzie e battaglie. Era un ingrato e un insensibile! Si ripromise di smetterla con quelle fantasie e di dedicarsi soltanto a ricambiare l’amore di Aethelred, a renderlo felice come meritava. Un giorno, magari, sarebbero partiti insieme per un viaggio avventuroso, ma non era quello il momento.

Deciso a distrarsi e a dimostrare a Aethelred la sua buona volontà, Ivar si impegnò per aiutare il più possibile per quanto le gambe glielo consentivano, ripulì vialetti, riparò steccati, insomma si diede tanto da fare che la stessa Lagertha rimase esterrefatta.

“Quello è davvero Ivar o è un suo gemello?” domandò a Aethelred. “La tua compagnia deve avergli fatto proprio bene…”

Dopo un’intensa mattinata di lavoro, arrivò finalmente l’ora di pranzo e Ivar e Aethelred scoprirono con sorpresa che anche Hvitserk e Helgi erano appena giunti da Kattegat e si sarebbero uniti a loro.

“Cosa c’è di strano? Bjorn ha incaricato me e Helgi di sovrintendere alla sicurezza del villaggio” spiegò Hvitserk. “Noi veniamo qui ogni due o tre giorni per controllare che tutto vada come deve andare e per organizzare il cambio delle guardie.”

Fu un pranzo allegro e spensierato, al quale parteciparono anche Hali e Asa, i bambini di Bjorn e Torvi che adesso vivevano con la nonna. Lagertha si sentiva molto felice e fortunata e, in certi momenti, le sembrava quasi di essere tornata indietro nel tempo, quando la sua vita era più semplice e serena, insieme al marito Ragnar e ai figli piccoli Bjorn e Gyda, prima che cominciassero le ambizioni, le lotte per il potere e tutto il resto. Proprio per quel motivo la donna aveva scelto di ritirarsi in un semplice villaggio ed era sempre più convinta di aver preso la giusta decisione.

Nel pomeriggio, dopo aver trascorso una giornata piacevole seppur faticosa, Aethelred e gli altri fecero ritorno a Kattegat, felici di essersi tenuti lontani, almeno per un po’, dalle preoccupazioni quotidiane.

Tuttavia, mentre cavalcavano, Hvitserk se ne uscì con una domanda alquanto inopportuna.

“Io e Helgi avevamo pensato di raggiungere Harald e unirci alla sua battaglia in Wessex, partendo con una nostra nave non appena ci saremo organizzati” disse. “Tu cos’hai deciso, Ivar? Verrai anche tu con noi? So che Harald te lo ha chiesto…”

A quelle parole Ivar trasalì, mentre Aethelred si voltò a fissare il compagno con uno sguardo duro e colmo di dolore.

“Harald ti ha chiesto di andare con lui a razziare in Wessex e tu non mi hai detto niente? Perché? Magari perché pensavi di accettare, non è così? Altrimenti me ne avresti parlato” disse, mentre una crescente amarezza gli bruciava dentro.

“No, io… veramente…” per una volta Ivar sembrava non trovare le parole.

“Certo, sì, ho capito” tagliò corto il Sassone, spronando il cavallo e allontanandosi a gran velocità dal gruppetto dei Vichinghi.

Ivar si voltò inviperito verso Hvitserk.

“Si può sapere che cosa ti è preso? C’era proprio bisogno che tu parlassi della spedizione in Wessex davanti a Aethelred? Ma che ti dice la testa?” sibilò.

Hvitserk, però, non si lasciò smontare e ribatté con la stessa ostilità.

“E io come potevo sapere che tu non avevi parlato al tuo compagno di una cosa così importante? Non è certo colpa mia se tu menti a Aethelred, io e Helgi ci diciamo sempre tutto!”

Ivar trasecolò, scrollò il capo incredulo e, senza neanche degnare il fratello di una risposta, spronò il cavallo per cercare di raggiungere Aethelred.

“Che sta succedendo?” domandò Helgi che non aveva capito niente dello psicodramma che si era appena svolto sotto i suoi occhi.

Hvitserk si strinse nelle spalle.

“Niente che ci riguardi, in realtà. È il solito Ivar che non può fare a meno di mentire, ingannare e dissimulare anche con le persone che dice di amare, non puoi mai fidarti di lui” rispose.

“Aethelred ci è rimasto molto male” mormorò Helgi, dispiaciuto.

“Non preoccuparti, Ivar sa anche come farsi perdonare, loro due fanno sempre così” Hvitserk sorrise e avvicinò il cavallo a quello del suo compagno, poi si allungò verso Helgi e lo baciò. “Non sono come noi che ci diciamo sempre tutto!”

Helgi ricambiò dolcemente il bacio e quella fu l’unica risposta necessaria.

Aethelred giunse a Kattegat poco dopo il tramonto e si chiuse subito nella sua stanza, ancora una volta deluso, amareggiato e frustrato. Anche quella, che sarebbe dovuta essere una giornata perfetta, era stata distrutta dalla superficialità e dall’egoismo di Ivar. Possibile che Ivar volesse andare veramente a razziare in Wessex, nel suo Paese, contro la sua gente? Il fatto stesso che non gliene avesse parlato poteva significare una sola cosa, no?

Mentre se ne stava a rimuginare imbronciato e seduto sul suo letto, Ivar arrivò ed entrò nella stanza con veemenza, sbattendo poi la porta dietro di sé.

“Insomma, Aethelred, è possibile che tu, ogni volta che c’è qualcosa che non ti va bene, prendi e te ne vai?” esclamò. “Sei arrabbiato con me, sei offeso perché non ti ho detto che Harald mi aveva chiesto di partecipare alle razzie in Wessex? Bene, adesso sono qui, sfogati, insultami, dimmi in faccia quanto ti ho fatto male… ma non scappare, affrontami!”

Aethelred era allibito davanti a una simile faccia tosta.

“Ah, dovrei anche spiegarti perché mi sono arrabbiato? Tu mi hai mentito, mi hai ingannato per tutti questi giorni e io dovrei essere contento?” sbottò.

“No, non devi essere contento, ma devi prendertela con me invece di nasconderti nella tua stanza” precisò Ivar. “E comunque ci tengo a dire che non ti ho mai mentito, caso mai ti ho nascosto quello che ho provato, ma non ti ho detto bugie. È vero, ho desiderato partire, lo sai che qui mi sento intrappolato, che mi sento inutile e che vorrei riprendere a viaggiare e a combattere, ma non ho partecipato a questa spedizione perché non voglio razziare nel tuo Paese, non voglio farti soffrire. Ne avevamo già parlato e mi sembrava che fosse chiaro e invece basta una frase inopportuna di Hvitserk per rovinare tutto?”

Ivar si era mostrato aggressivo in parte perché si sentiva davvero in colpa, ma anche perché era realmente infuriato con Hvitserk che avrebbe anche potuto farsi i fatti suoi e non intromettersi in qualcosa che non lo riguardava.

“Avresti dovuto parlarmene subito e proprio perché le razzie sarebbero avvenute in Wessex” insisté Aethelred, ma ormai la rabbia era sbollita e il giovane continuava a insistere soltanto per non darla vinta al compagno.

Ivar si sedette accanto a lui.

“Credi davvero che, per quanto possa sentire il bisogno di razziare e conquistare, potrei partire per il Wessex senza di te e, ancora peggio, senza dirti niente?” gli chiese, addolcendo lo sguardo e la voce.

“Io… no… però, ecco…” con Ivar così vicino che gli parlava con tanta tenerezza, Aethelred non riusciva più ad avercela con lui, il sangue gli si scioglieva nelle vene e desiderava soltanto che lo stringesse tra le braccia e fugasse tutte le sue paure. Ivar lesse quel desiderio nei grandi occhi chiari del suo dolce Principe e lo accontentò, abbracciandolo forte e baciandolo a lungo e profondamente. Lo depose sulle lenzuola e si mise sopra di lui, sfilandogli gli abiti. Ogni fibra del suo essere bramava un contatto con lui, lo accarezzò dappertutto, le carezze si fecero sempre più audaci e i baci sempre più intimi. Entrò in lui e quell’amplesso fu liberatorio dopo tanti pensieri dolorosi e angoscianti, i due giovani si fusero l’uno nell’altro fino ad annullarsi totalmente in un’estasi di assoluto piacere.

Nel frattempo, in un’altra parte della dimora regale, Tiago stava disperatamente cercando di convincere Erik a non tornare anche quella notte da Ingrid. Il ragazzo sentiva, sapeva che la donna aspettava solo il momento giusto per colpire indisturbata e non poteva tollerare il pensiero che l’uomo che amava fosse in pericolo.

Erik, però, non aveva la minima intenzione di perdere tempo con lui, ormai si vedeva già proiettato nella capitale come Re dei Norreni e le sciocche paure di Tiago lo innervosivano.

“Adesso mi hai veramente scocciato con questa storia” lo rimbeccò, brusco. “Secondo le tue fosche previsioni, Ingrid avrebbe dovuto accoltellarmi già la notte scorsa e invece ti posso assicurare che ha fatto ben altro, non voglio più sentire le tue bugie. Ma forse… ah, certo, forse è proprio questo il punto. Tu non vuoi che io vada da Ingrid perché sei geloso, come se un qualsiasi schiavo da letto avesse il diritto di essere geloso di una Regina!”

“Non è questo…” cercò di spiegare Tiago, ma risultò ancora meno credibile del solito.

“Invece sì” tagliò corto Erik. “Ma non ho tempo da perdere con te, ormai mi aspetta ben altro. Partirò per Tamdrup con Ingrid e sarò il Re di tutti i Norreni, avrò una moglie bellissima e tutti gli schiavi e le schiave che vorrò. Non ho più bisogno di te, sciocco ragazzino, la mia vita sarà perfetta, tu non mi servi più a niente. Sparisci!”

Se l’avesse squartato con una mannaia gli avrebbe fatto meno male. Tiago, devastato dal dolore e dalla disperazione, non riuscì neanche a rispondere e poté solo restare immobile, impietrito, a guardare Erik che si incamminava verso le stanze di Ingrid.

Erik sapeva benissimo di aver esagerato e di essere stato fin troppo duro con Tiago, che in fondo aveva soltanto manifestato il suo affetto per lui. Ma era proprio questo che lo faceva sentire strano e che, di conseguenza, lo irritava: il ragazzino spagnolo era sempre gentile, dolce e tenero, lo faceva sentire amato e accolto come non gli era mai capitato. Fin dalla prima volta in cui lo aveva preso era rimasto stupito dal modo spontaneo e affettuoso con cui gli si era concesso, dal piacere incredibile che aveva saputo dargli assecondandolo in tutto, benché fosse ingenuo e inesperto. Nella sua vita aveva avuto fin troppe esperienze di sesso, ma nessuna lo aveva fatto sentire così bene… tanto meno quella che aveva avuto con Ingrid. Sì, sapeva anche lui che la donna lo odiava e che lo tollerava solo perché il loro era un compromesso che portava vantaggi ad entrambi, ma non voleva certo trovarsi a rimpiangere i teneri abbracci di Tiago adesso che stava per soddisfare la sua ambizione e diventare addirittura Re dei Norreni. Cosa importava se Ingrid era fredda con lui e faceva sesso come se fosse un dovere da compiere? I matrimoni di convenienza erano quasi sempre così e ciò che contava era che governassero insieme, caso mai il piacere lo avrebbe cercato altrove… Figuriamoci se doveva confondersi le idee per uno schiavetto spagnolo!

Tiago, intanto, era rimasto lì dove Erik lo aveva lasciato, a tremare e a cercare di inghiottire le lacrime. Quando trovò la forza di muoversi si trascinò lentamente verso la sua stanza, si buttò sul letto ancora vestito e si raggomitolò in posizione fetale, sentendosi pesto e dolorante come se Erik lo avesse picchiato. E forse sarebbe stato meglio… Le parole crudeli dell’uomo continuavano a risuonargli nelle orecchie, a rimbombargli in testa. Solo dopo molto tempo, sfinito, Tiago cadde in un torpore oscuro che non lo ristorò affatto.

Si ridestò il mattino seguente sentendo voci, urla, esclamazioni che provenivano da qualche parte della dimora regale. Si tirò su ma, sulle prime, era talmente intontito e confuso da non capire se ciò che sentiva fosse vero o se invece fosse uno dei suoi terribili sogni, in cui Erik veniva colpito a morte da Ingrid. Ma tutto sembrava fin troppo reale: le voci che sentiva erano quelle di Bjorn, Ivar e Aethelred, concitate e preoccupate, mentre le grida erano… erano di Erik, grida strazianti di una rabbia disperata che non trovava sfogo in altro modo. Tiago balzò in piedi con un tuffo al cuore, i suoi peggiori incubi si erano avverati e adesso non gli importava più se Erik lo aveva trattato con cattiveria e cacciato via, aveva dimenticato le parole crudeli che gli aveva rivolto, tutto quello che contava per lui era cercare di salvarlo, se era ancora in tempo. Con il cuore in gola corse verso il luogo dal quale provenivano le voci ed entrò precipitosamente nelle stanze della Regina Ingrid.

Ivar e Aethelred si voltarono subito verso di lui, mentre Bjorn continuava a interrogare la donna.

“Insomma, si può sapere che cos’è successo a Erik?” insisteva, furibondo.

“Io non lo so” ripeteva Ingrid, “ieri sera stava bene e stamani si è svegliato urlando e poi…”

“Non vedo più!” gridava Erik, in preda a un terrore angoscioso, mentre si contorceva per terra. “Non ci vedo, sono cieco, sono diventato cieco!”

Tiago non vide e non sentì nessun altro, per lui in quella stanza c’era solo Erik che stava soffrendo e lui doveva aiutarlo. Si precipitò verso di lui, gli si inginocchiò accanto e cercò di calmarlo.

“Erik, sono io” gli disse, con una voce tranquilla e ferma. In quel momento aveva riacquistato tutto il suo sangue freddo, sapeva che doveva mostrarsi sicuro e determinato perché Erik era già abbastanza sconvolto per conto suo. “Sono qui, mi occuperò io di tutto, non preoccuparti.”

“Tiago?” fece l’uomo, brancolando e voltandosi verso la voce dolce e affettuosa del ragazzo. Gli occhi erano coperti da una patina biancastra. Trovò le braccia di Tiago e gli si aggrappò convulsamente. “Tiago, sei tu? Aiutami, Tiago, sono diventato cieco, aiutami, ti prego!”

Erik sembrava aver completamente dimenticato di aver detto al ragazzo che non gli serviva più, che non aveva più bisogno di lui, che doveva sparire… adesso Tiago era l’unica ancora di salvezza e lui vi si afferrava con tutte le forze. Non l’aveva mai chiamato per nome prima, lo chiamava schiavo o ragazzino, ma adesso dimostrava che il suo nome, in realtà, lo conosceva molto bene!

Anche Tiago, però, aveva dimenticato tutto il male ricevuto e voleva solo fare tutto quello che poteva per aiutare l’uomo che amava. Lo strinse e lo aiutò ad appoggiarsi a lui per alzarsi da terra.

“Certo che ti aiuto, Erik, sono qui per questo” continuò a ripetergli in tono pacato e tenero. “Penserò io a tutto, adesso ti accompagno nella tua stanza e poi troverò un modo per curarti. Non temere, mi occuperò io di te.”

Tutti rimasero allibiti nel vedere che Erik, aiutato da Tiago, riusciva a calmarsi e ad alzarsi in piedi, mentre fino a qualche istante prima sembrava una furia, un invasato.

“Re Bjorn, non preoccuparti, conosco bene le erbe medicinali e tenterò ogni rimedio per guarire Erik, penserò io a tutto” disse il giovane spagnolo, prima di dirigersi lentamente verso la stanza di Erik, sorreggendolo e incoraggiandolo.

“In effetti Tiago è molto bravo con infusi e decotti, spesso ha curato altri servi ammalati” commentò Bjorn, rivolgendosi a Ivar e Aethelred. “Questo, però…”

“Sono certo che Tiago riuscirà ad aiutare Erik” affermò convinto Aethelred. “Se è diventato cieco all’improvviso può essere entrato in contatto con una sostanza velenosa o aver contratto un’infezione, Tiago troverà il rimedio giusto per lui.”

Ivar non disse niente, ma il suo cervello lavorava a pieno regime. Adesso capiva perché Tiago nelle ultime settimane si comportava in modo strano, si era evidentemente legato a Erik e il rapporto non doveva essere stato facile. Se non fosse stato così concentrato sui propri dissidi interiori se ne sarebbe accorto prima e, chissà, forse avrebbe anche potuto aiutarlo. L’improvvisa cecità di Erik, tuttavia, non poteva essere un caso. Lo sguardo di Ivar si posò su Ingrid e notò che la donna guardava Tiago e Erik che si allontanavano con un’espressione a metà tra la rabbia e il trionfo sul volto… e comprese molte cose. Chiaramente Ingrid era responsabile di ciò che era accaduto a Erik, ma chissà se Tiago lo sapeva? Avrebbe dovuto parlare con il ragazzo e accertarsene, ma questa volta era ben deciso a non dire niente a Aethelred. Se Ingrid era tanto pericolosa, allora era meglio che il suo compagno le restasse il più possibile lontano e non fosse coinvolto in quella brutta storia.

Questa volta il silenzio sarebbe servito per proteggere Aethelred piuttosto che se stesso.

Fine capitolo ottavo

 

 

 

   
 
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