Cap. 8: Venomous moon
But there’s an infinite
silence
(Where do I go
now? Nobody wants my heart)
I’m crying out
for guidance
(Nobody wants my
heart)
Venomous moon
I feel my heart
freezing over
The world is a
tomb
Save me, is
there anyone out there
Take me,
venomous moon
I’ve been
waiting for all my life
I’m ready for
you
Save me, is
there anyone out there
Take me,
venomous moon
Venomous moon…
(“Venomous moon” –
The Rasmus & Apocalyptica)
Quando Ivar e Aethelred giunsero al villaggio
di Lagertha, la donna li accolse con calore, andando loro incontro e
abbracciando il giovane Sassone proprio come avrebbe fatto una madre. E, del
resto, dopo tutto quello che era accaduto in Wessex e l’orrendo tentativo della
Regina Judith di uccidere suo figlio, lei si era sempre sentita una madre per
lo sfortunato Principe.
“Stai bene, Lagertha? Il villaggio prospera?”
le domandò il giovane, ricambiando l’abbraccio.
“Sì, non abbiamo più avuto problemi da quando
le guardie di Kattegat si alternano nella difesa dei confini” rispose lei.
“Comunque non temere, c’è sempre molto lavoro da fare, un tetto è crollato dopo
una pioggia particolarmente intensa, ci sono molti steccati da sistemare…”
Aethelred rise.
“Va bene, va bene, ho capito, Ivar e io
dovremo lavorare se vogliamo guadagnarci il pranzo!” scherzò.
Ivar guardava i due e anche le persone del
villaggio che, avendo riconosciuto Aethelred, si stavano avvicinando per
salutarlo. Ancora una volta si rese conto di quanto il giovane fosse riuscito a
farsi amare dai Vichinghi, sia a Kattegat sia nel villaggio di Lagertha.
Aethelred era benvoluto perché era sempre gentile, disponibile e aveva dato il
suo contributo per rafforzare le difese del villaggio e aiutare chi ne aveva
bisogno. Lui era fin troppo fortunato ad averlo come suo compagno e… e non se
lo meritava, perché invece di ringraziare gli dei per il dono che gli avevano
concesso si tormentava con il desiderio di nuovi viaggi, razzie e battaglie.
Era un ingrato e un insensibile! Si ripromise di smetterla con quelle fantasie
e di dedicarsi soltanto a ricambiare l’amore di Aethelred, a renderlo felice
come meritava. Un giorno, magari, sarebbero partiti insieme per un viaggio
avventuroso, ma non era quello il momento.
Deciso a distrarsi e a dimostrare a Aethelred
la sua buona volontà, Ivar si impegnò per aiutare il più possibile per quanto
le gambe glielo consentivano, ripulì vialetti, riparò steccati, insomma si
diede tanto da fare che la stessa Lagertha rimase esterrefatta.
“Quello è davvero Ivar o è un suo gemello?”
domandò a Aethelred. “La tua compagnia deve avergli fatto proprio bene…”
Dopo un’intensa mattinata di lavoro, arrivò
finalmente l’ora di pranzo e Ivar e Aethelred scoprirono con sorpresa che anche
Hvitserk e Helgi erano appena giunti da Kattegat e si sarebbero uniti a loro.
“Cosa c’è di strano? Bjorn ha incaricato me e
Helgi di sovrintendere alla sicurezza del villaggio” spiegò Hvitserk. “Noi
veniamo qui ogni due o tre giorni per controllare che tutto vada come deve
andare e per organizzare il cambio delle guardie.”
Fu un pranzo allegro e spensierato, al quale
parteciparono anche Hali e Asa, i bambini di Bjorn e Torvi che adesso vivevano
con la nonna. Lagertha si sentiva molto felice e fortunata e, in certi momenti,
le sembrava quasi di essere tornata indietro nel tempo, quando la sua vita era
più semplice e serena, insieme al marito Ragnar e ai figli piccoli Bjorn e
Gyda, prima che cominciassero le ambizioni, le lotte per il potere e tutto il
resto. Proprio per quel motivo la donna aveva scelto di ritirarsi in un
semplice villaggio ed era sempre più convinta di aver preso la giusta
decisione.
Nel pomeriggio, dopo aver trascorso una
giornata piacevole seppur faticosa, Aethelred e gli altri fecero ritorno a
Kattegat, felici di essersi tenuti lontani, almeno per un po’, dalle
preoccupazioni quotidiane.
Tuttavia, mentre cavalcavano, Hvitserk se ne
uscì con una domanda alquanto inopportuna.
“Io e Helgi avevamo pensato di raggiungere
Harald e unirci alla sua battaglia in Wessex, partendo con una nostra nave non
appena ci saremo organizzati” disse. “Tu cos’hai deciso, Ivar? Verrai anche tu
con noi? So che Harald te lo ha chiesto…”
A quelle parole Ivar trasalì, mentre
Aethelred si voltò a fissare il compagno con uno sguardo duro e colmo di
dolore.
“Harald ti ha chiesto di andare con lui a
razziare in Wessex e tu non mi hai detto niente? Perché? Magari perché pensavi
di accettare, non è così? Altrimenti me ne avresti parlato” disse, mentre una
crescente amarezza gli bruciava dentro.
“No, io… veramente…” per una volta Ivar
sembrava non trovare le parole.
“Certo, sì, ho capito” tagliò corto il
Sassone, spronando il cavallo e allontanandosi a gran velocità dal gruppetto
dei Vichinghi.
Ivar si voltò inviperito verso Hvitserk.
“Si può sapere che cosa ti è preso? C’era
proprio bisogno che tu parlassi della spedizione in Wessex davanti a Aethelred?
Ma che ti dice la testa?” sibilò.
Hvitserk, però, non si lasciò smontare e
ribatté con la stessa ostilità.
“E io come potevo sapere che tu non avevi
parlato al tuo compagno di una cosa così importante? Non è certo colpa mia se
tu menti a Aethelred, io e Helgi ci
diciamo sempre tutto!”
Ivar trasecolò, scrollò il capo incredulo e,
senza neanche degnare il fratello di una risposta, spronò il cavallo per
cercare di raggiungere Aethelred.
“Che sta succedendo?” domandò Helgi che non
aveva capito niente dello psicodramma
che si era appena svolto sotto i suoi occhi.
Hvitserk si strinse nelle spalle.
“Niente che ci riguardi, in realtà. È il
solito Ivar che non può fare a meno di mentire, ingannare e dissimulare anche
con le persone che dice di amare, non puoi mai fidarti di lui” rispose.
“Aethelred ci è rimasto molto male” mormorò
Helgi, dispiaciuto.
“Non preoccuparti, Ivar sa anche come farsi
perdonare, loro due fanno sempre così” Hvitserk sorrise e avvicinò il cavallo a
quello del suo compagno, poi si allungò verso Helgi e lo baciò. “Non sono come
noi che ci diciamo sempre tutto!”
Helgi ricambiò dolcemente il bacio e quella
fu l’unica risposta necessaria.
Aethelred giunse a Kattegat poco dopo il
tramonto e si chiuse subito nella sua stanza, ancora una volta deluso,
amareggiato e frustrato. Anche quella, che sarebbe dovuta essere una giornata
perfetta, era stata distrutta dalla superficialità e dall’egoismo di Ivar. Possibile
che Ivar volesse andare veramente a razziare in Wessex, nel suo Paese, contro
la sua gente? Il fatto stesso che non gliene avesse parlato poteva significare
una sola cosa, no?
Mentre se ne stava a rimuginare imbronciato e
seduto sul suo letto, Ivar arrivò ed entrò nella stanza con veemenza, sbattendo
poi la porta dietro di sé.
“Insomma, Aethelred, è possibile che tu, ogni
volta che c’è qualcosa che non ti va bene, prendi e te ne vai?” esclamò. “Sei
arrabbiato con me, sei offeso perché non ti ho detto che Harald mi aveva
chiesto di partecipare alle razzie in Wessex? Bene, adesso sono qui, sfogati,
insultami, dimmi in faccia quanto ti ho fatto male… ma non scappare,
affrontami!”
Aethelred era allibito davanti a una simile
faccia tosta.
“Ah, dovrei anche spiegarti perché mi sono
arrabbiato? Tu mi hai mentito, mi hai ingannato per tutti questi giorni e io
dovrei essere contento?” sbottò.
“No, non devi essere contento, ma devi
prendertela con me invece di nasconderti nella tua stanza” precisò Ivar. “E
comunque ci tengo a dire che non ti ho mai mentito, caso mai ti ho nascosto
quello che ho provato, ma non ti ho detto bugie. È vero, ho desiderato partire,
lo sai che qui mi sento intrappolato, che mi sento inutile e che vorrei
riprendere a viaggiare e a combattere, ma non ho partecipato a questa
spedizione perché non voglio razziare nel tuo Paese, non voglio farti soffrire.
Ne avevamo già parlato e mi sembrava che fosse chiaro e invece basta una frase
inopportuna di Hvitserk per rovinare tutto?”
Ivar si era mostrato aggressivo in parte
perché si sentiva davvero in colpa, ma anche perché era realmente infuriato con
Hvitserk che avrebbe anche potuto farsi i fatti suoi e non intromettersi in
qualcosa che non lo riguardava.
“Avresti dovuto parlarmene subito e proprio
perché le razzie sarebbero avvenute in Wessex” insisté Aethelred, ma ormai la
rabbia era sbollita e il giovane continuava a insistere soltanto per non darla
vinta al compagno.
Ivar si sedette accanto a lui.
“Credi davvero che, per quanto possa sentire
il bisogno di razziare e conquistare, potrei partire per il Wessex senza di te
e, ancora peggio, senza dirti niente?” gli chiese, addolcendo lo sguardo e la
voce.
“Io… no… però, ecco…” con Ivar così vicino
che gli parlava con tanta tenerezza, Aethelred non riusciva più ad avercela con
lui, il sangue gli si scioglieva nelle vene e desiderava soltanto che lo
stringesse tra le braccia e fugasse tutte le sue paure. Ivar lesse quel
desiderio nei grandi occhi chiari del suo dolce Principe e lo accontentò,
abbracciandolo forte e baciandolo a lungo e profondamente. Lo depose sulle
lenzuola e si mise sopra di lui, sfilandogli gli abiti. Ogni fibra del suo
essere bramava un contatto con lui, lo accarezzò dappertutto, le carezze si
fecero sempre più audaci e i baci sempre più intimi. Entrò in lui e
quell’amplesso fu liberatorio dopo tanti pensieri dolorosi e angoscianti, i due
giovani si fusero l’uno nell’altro fino ad annullarsi totalmente in un’estasi
di assoluto piacere.
Nel frattempo, in un’altra parte della dimora
regale, Tiago stava disperatamente cercando di convincere Erik a non tornare
anche quella notte da Ingrid. Il ragazzo sentiva, sapeva che la donna aspettava
solo il momento giusto per colpire indisturbata e non poteva tollerare il
pensiero che l’uomo che amava fosse in pericolo.
Erik, però, non aveva la minima intenzione di
perdere tempo con lui, ormai si vedeva già proiettato nella capitale come Re
dei Norreni e le sciocche paure di Tiago lo innervosivano.
“Adesso mi hai veramente scocciato con questa
storia” lo rimbeccò, brusco. “Secondo le tue fosche previsioni, Ingrid avrebbe
dovuto accoltellarmi già la notte scorsa e invece ti posso assicurare che ha
fatto ben altro, non voglio più sentire le tue bugie. Ma forse… ah, certo,
forse è proprio questo il punto. Tu non vuoi che io vada da Ingrid perché sei geloso, come se un qualsiasi schiavo da letto avesse il diritto di
essere geloso di una Regina!”
“Non è questo…” cercò di spiegare Tiago, ma
risultò ancora meno credibile del solito.
“Invece sì” tagliò corto Erik. “Ma non ho
tempo da perdere con te, ormai mi aspetta ben altro. Partirò per Tamdrup con
Ingrid e sarò il Re di tutti i Norreni, avrò una moglie bellissima e tutti gli
schiavi e le schiave che vorrò. Non ho più bisogno di te, sciocco ragazzino, la
mia vita sarà perfetta, tu non mi servi più a niente. Sparisci!”
Se l’avesse squartato con una mannaia gli
avrebbe fatto meno male. Tiago, devastato dal dolore e dalla disperazione, non
riuscì neanche a rispondere e poté solo restare immobile, impietrito, a
guardare Erik che si incamminava verso le stanze di Ingrid.
Erik sapeva benissimo di aver esagerato e di
essere stato fin troppo duro con Tiago, che in fondo aveva soltanto manifestato
il suo affetto per lui. Ma era proprio questo che lo faceva sentire strano e
che, di conseguenza, lo irritava: il ragazzino spagnolo era sempre gentile,
dolce e tenero, lo faceva sentire amato e accolto come non gli era mai
capitato. Fin dalla prima volta in cui lo aveva preso era rimasto stupito dal
modo spontaneo e affettuoso con cui gli si era concesso, dal piacere incredibile
che aveva saputo dargli assecondandolo in tutto, benché fosse ingenuo e
inesperto. Nella sua vita aveva avuto fin troppe esperienze di sesso, ma
nessuna lo aveva fatto sentire così bene… tanto meno quella che aveva avuto con
Ingrid. Sì, sapeva anche lui che la donna lo odiava e che lo tollerava solo
perché il loro era un compromesso che portava vantaggi ad entrambi, ma non
voleva certo trovarsi a rimpiangere i teneri abbracci di Tiago adesso che stava
per soddisfare la sua ambizione e diventare addirittura Re dei Norreni. Cosa
importava se Ingrid era fredda con lui e faceva sesso come se fosse un dovere
da compiere? I matrimoni di convenienza erano quasi sempre così e ciò che
contava era che governassero insieme, caso mai il piacere lo avrebbe cercato altrove…
Figuriamoci se doveva confondersi le idee per uno schiavetto spagnolo!
Tiago, intanto, era rimasto lì dove Erik lo
aveva lasciato, a tremare e a cercare di inghiottire le lacrime. Quando trovò
la forza di muoversi si trascinò lentamente verso la sua stanza, si buttò sul
letto ancora vestito e si raggomitolò in posizione fetale, sentendosi pesto e
dolorante come se Erik lo avesse picchiato. E forse sarebbe stato meglio… Le
parole crudeli dell’uomo continuavano a risuonargli nelle orecchie, a rimbombargli
in testa. Solo dopo molto tempo, sfinito, Tiago cadde in un torpore oscuro che
non lo ristorò affatto.
Si ridestò il mattino seguente sentendo voci,
urla, esclamazioni che provenivano da qualche parte della dimora regale. Si
tirò su ma, sulle prime, era talmente intontito e confuso da non capire se ciò
che sentiva fosse vero o se invece fosse uno dei suoi terribili sogni, in cui
Erik veniva colpito a morte da Ingrid. Ma tutto sembrava fin troppo reale: le
voci che sentiva erano quelle di Bjorn, Ivar e Aethelred, concitate e preoccupate,
mentre le grida erano… erano di Erik, grida strazianti di una rabbia disperata
che non trovava sfogo in altro modo. Tiago balzò in piedi con un tuffo al
cuore, i suoi peggiori incubi si erano avverati e adesso non gli importava più
se Erik lo aveva trattato con cattiveria e cacciato via, aveva dimenticato le
parole crudeli che gli aveva rivolto, tutto quello che contava per lui era
cercare di salvarlo, se era ancora in tempo. Con il cuore in gola corse verso
il luogo dal quale provenivano le voci ed entrò precipitosamente nelle stanze della
Regina Ingrid.
Ivar e Aethelred si voltarono subito verso di
lui, mentre Bjorn continuava a interrogare la donna.
“Insomma, si può sapere che cos’è successo a
Erik?” insisteva, furibondo.
“Io non lo so” ripeteva Ingrid, “ieri sera
stava bene e stamani si è svegliato urlando e poi…”
“Non vedo più!” gridava Erik, in preda a un
terrore angoscioso, mentre si contorceva per terra. “Non ci vedo, sono cieco,
sono diventato cieco!”
Tiago non vide e non sentì nessun altro, per
lui in quella stanza c’era solo Erik che stava soffrendo e lui doveva aiutarlo.
Si precipitò verso di lui, gli si inginocchiò accanto e cercò di calmarlo.
“Erik, sono io” gli disse, con una voce
tranquilla e ferma. In quel momento aveva riacquistato tutto il suo sangue
freddo, sapeva che doveva mostrarsi sicuro e determinato perché Erik era già
abbastanza sconvolto per conto suo. “Sono qui, mi occuperò io di tutto, non
preoccuparti.”
“Tiago?” fece l’uomo, brancolando e voltandosi
verso la voce dolce e affettuosa del ragazzo. Gli occhi erano coperti da una
patina biancastra. Trovò le braccia di Tiago e gli si aggrappò convulsamente. “Tiago,
sei tu? Aiutami, Tiago, sono diventato cieco, aiutami, ti prego!”
Erik sembrava aver completamente dimenticato
di aver detto al ragazzo che non gli serviva più, che non aveva più bisogno di
lui, che doveva sparire… adesso Tiago era l’unica ancora di salvezza e lui vi
si afferrava con tutte le forze. Non l’aveva mai chiamato per nome prima, lo
chiamava schiavo o ragazzino, ma adesso dimostrava che il
suo nome, in realtà, lo conosceva molto bene!
Anche Tiago, però, aveva dimenticato tutto il
male ricevuto e voleva solo fare tutto quello che poteva per aiutare l’uomo che
amava. Lo strinse e lo aiutò ad appoggiarsi a lui per alzarsi da terra.
“Certo che ti aiuto, Erik, sono qui per
questo” continuò a ripetergli in tono pacato e tenero. “Penserò io a tutto,
adesso ti accompagno nella tua stanza e poi troverò un modo per curarti. Non
temere, mi occuperò io di te.”
Tutti rimasero allibiti nel vedere che Erik,
aiutato da Tiago, riusciva a calmarsi e ad alzarsi in piedi, mentre fino a
qualche istante prima sembrava una furia, un invasato.
“Re Bjorn, non preoccuparti, conosco bene le
erbe medicinali e tenterò ogni rimedio per guarire Erik, penserò io a tutto”
disse il giovane spagnolo, prima di dirigersi lentamente verso la stanza di
Erik, sorreggendolo e incoraggiandolo.
“In effetti Tiago è molto bravo con infusi e
decotti, spesso ha curato altri servi ammalati” commentò Bjorn, rivolgendosi a
Ivar e Aethelred. “Questo, però…”
“Sono certo che Tiago riuscirà ad aiutare
Erik” affermò convinto Aethelred. “Se è diventato cieco all’improvviso può
essere entrato in contatto con una sostanza velenosa o aver contratto un’infezione,
Tiago troverà il rimedio giusto per lui.”
Ivar non disse niente, ma il suo cervello
lavorava a pieno regime. Adesso capiva perché Tiago nelle ultime settimane si
comportava in modo strano, si era evidentemente legato a Erik e il rapporto non
doveva essere stato facile. Se non fosse stato così concentrato sui propri
dissidi interiori se ne sarebbe accorto prima e, chissà, forse avrebbe anche
potuto aiutarlo. L’improvvisa cecità di Erik, tuttavia, non poteva essere un
caso. Lo sguardo di Ivar si posò su Ingrid e notò che la donna guardava Tiago e
Erik che si allontanavano con un’espressione a metà tra la rabbia e il trionfo
sul volto… e comprese molte cose. Chiaramente Ingrid era responsabile di ciò
che era accaduto a Erik, ma chissà se Tiago lo sapeva? Avrebbe dovuto parlare
con il ragazzo e accertarsene, ma questa volta era ben deciso a non dire niente
a Aethelred. Se Ingrid era tanto pericolosa, allora era meglio che il suo
compagno le restasse il più possibile lontano e non fosse coinvolto in quella
brutta storia.
Questa volta il silenzio sarebbe servito per
proteggere Aethelred piuttosto che se stesso.
Fine capitolo ottavo