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Autore: robyzn7d    05/11/2021    5 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
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STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XX
Confessioni  
 

 
 
 
“D’accordo, io prendo lei.” 
I cappello di paglia restanti a bordo della Sunny erano riuniti per un incontro segreto prima di sbarcare sulla nuova isola e perdersi tra le vie del paese, coscienti del fatto che un grosso problema si fosse intromesso a dividere ancora una volta i due futuri genitori di Rin, protagonisti di quello strambo idillio, sconvolgendo velatamente l’atmosfera della nave. 
“Sono i più bravi a fare finta di niente”, aveva detto Usop massaggiandosi il mento, “e ovviamente poi tocca a noi raccogliere i pezzi”. 
Pensando a quale strategia mettere in atto per tentare una riconciliazione, i cinque rimasti si davano man forte per dividersi i compiti e le ramanzine da fare ad entrambi. 
Il cuoco, naturalmente, non si era lasciato sfuggire l’ennesima occasione per intromettersi in quella “surreale” (per lui) relazione, proponendosi immediato nel parlare con la sua bella compagna dai capelli ramati. 
“Non se ne parla!” 
Aveva sbottato ancora Usop, guardandolo male. “Figurarsi se i tuoi principi sono onesti.” 
Sanji aveva addosso tanti sguardi contrariati, riuniti attorno al tavolo della sala da pranzo, e stava maledicendo il cecchino che voleva togliergli un’occasione unica, sia di passare tempo prezioso con Nami, che tentare ancora una volta la strada del farle cambiare idea sullo stare con “l’idiota dalla testa verde”. 
Grugniva infastidito guardando il compagno, che invece non si faceva affatto incantare.
“Non vi fidate di me?” 
“Non in questo caso.” 
Stavolta fu il cyborg a rispondere con tono deciso, incrociando le braccia al petto e supportando il suo amico cecchino sedutogli di fianco. “Ma se proprio vuoi aiutare, perché non prendi lui?” il suo timbro di voce aveva velocemente mutato, diventando leggermente impregnato di ironia. 
Sul volto del biondo comparve una strana espressione a metà tra l’essere disgustato ed essere gelato da quella trappola che lo aveva preso in contropiede riuscendo a zittirlo. 
“Allora, chi parla con chi?” 
Brook aveva esteso la domanda a tutti i compagni, mettendo una certa fretta. Ma il problema è che nessuno sembrava convinto di fare una scelta tra la navigatrice e lo spadaccino, nessuno dei due rappresentava una scappatoia facile. 
“Posso prendere Chopper?” Aveva esordito un Usop tremante alla sola idea di dover sgridare Zoro sui suoi comportamenti o riprendere Nami sulle sue emozioni. “Sarebbe una chiacchierata molto più facile.” 
La mano di Nico Robin comparve sulle spalle del cecchino in una pacca sentita, complice di aver probabilmente avuto lo stesso pensiero, “mi spiace, ma Chopper non è compreso.” 
Lasciandosi andare ad un sonoro sbuffo, accompagnato da qualche tentennamento nella voce, il cecchino poi si decise “d’accordo, prendo lei. Mi rifiuto di parlare con Zoro di sentimenti.” 
“Parlo io con lui.” 
Una voce arrivata direttamente dalla porta, aveva costretto i cinque a voltarsi nello stesso momento, scoprendo una piccola testa rossa che faceva capolinea nella sala. “Se necessario, ho qualcosa da dirgli.” 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nami, più rilassata e fresca, con il suo corpo che beneficiava degli effetti di quel bagno terapeutico, sentendo, oltre la pelle rinvigorita, una migliore presa su sé stessa, si stava lasciando trasportare dalle vie del paese adornate di manifesti che avvertivano della festa pubblica che ci sarebbe stata quella sera, pronta a farsi piacevolmente guidare dagli odori delle cibarie che si mischiavano ai profumi dolci di essenze di ogni genere in vendita ai marcati che stavano man mano condizionando l’aria intorno imbrogliandola, rendendola quasi serena. 
Mentre comprava il giornale, si rendeva conto che non riusciva a concentrarsi appieno su quella nuova avventura, poiché nonostante facesse di tutto per essere normale, di nuovo lei, la sua testa era altrove. E ci provava a ignorare i pensieri, ignorare il suo corpo, il suo cuore, ma le bastava un attimo, e si distraeva nuovamente dalla realtà. 
Faceva male. Faceva male quel pensiero fisso nella testa. 
Con la stessa velocità di quel proiettile che l’aveva colpita qualche settimana fa, la mente cambiava direzione, perdendo di vista il paese e ciò che aveva da offrirle, per concentrarsi a tempo pieno su quell’idiota suo compagno.
Lei era stata - in un certo senso - preoccupata per lui, per il suo orgoglio, per il suo stile di vita, per le sue regole…e come poteva non accorgersi, quell’uomo impossibile, di questa sua inusuale generosità? Ma non la conosceva almeno un po’? 
Lei che per una volta voleva solo essere altruista e gentile e allo tesso tempo amabile e libera di amarlo. 
Invece lui, con quella faccia strafottente e all’apparenza indifferente, era sembrato quasi arrabbiato, anzi no, contrariato. 
Non che fosse inusuale che Zoro fosse infastidito per qualcosa, ma c’era una nota diversa nel tono e nel modo in cui aveva affrontato la conversazione: era sembrato come arreso…addirittura, triste.
Ma Nami proprio non lo capiva, convinta di avergli dato ciò che voleva. 
“Signorina, lo vuole o no il giornale?” 
Ferma a riflettere per l’ennesima volta sulle sue confusionarie azioni, ma soprattutto quelle del verde, si era dimenticata di essere entrata nel negozio per un acquisto importante.
“C-come?” Strabuzzò gli occhi, ritornando nel mondo reale.
“Il giornale…allora, lo compra?” 
“S-si.” Allungò una moneta al commerciante, prendendo tra le mani quella carta ruvida dall’odore d’inchiostro fresco, aprendolo immediatamente e fiondandosi dentro a quelle pagine, bramosa di avere il prima possibile delle distrazioni; soprattutto certe immagini e relative sensazioni che le si palesavano puntualmente in testa, dal tocco di quella mano calda su di lei, allo sguardo serafico, ai loro corpi che si strusciavano uno sull’altro. 
“Grazie.” 
Con la testa ancora immersa nelle pagine del quotidiano, che aperte la coprivano del tutto, sentì troppo tardi che sotto al piede mancava il pavimento, dimenticandosi degli scalini dell’entrata. Fu rapida a rendersene conto, cercando di rimediare al fattaccio ed evitare una caduta, mantenendo, si, l’equilibrio rimanendo in piedi, ma andando comunque a sbattere su qualcosa di duro, perdendo ogni senso di realtà per una manciata di secondi. 
“Umh?”
Qualunque cosa fosse aveva appena  emesso un suono. Nami, frastornata e con il giornale ancora spiaccicato sulla faccia, aveva iniziato a realizzare su chi fosse inciampata dal quel suo forte profumo arrivatole nei polmoni come una droga, prima ancora di vederlo in faccia. Alzò la testa incredula, spiegazzando il quotidiano nella mano con violenza.
“Nami?” 
Aveva sbottato prima lui, riconoscendola. 
Poggiata ancora al suo torace con una sola mano, ci mise un tempo che sembrava infinito a togliersi da sopra, talmente non si aspettava un simile incontro già di prima mattina.
“E tu che diavolo fai qua?” 
Dopo tutti gli sforzi che aveva fatto per calmare i suoi bollenti spiriti, per allontanarlo fisicamente da lei, ora era lì, in piedi, statuario come sempre, con il sakè in mano. 
Lo stava ancora toccando, con le mani immerse nel sul petto che la riportarono immediatamente alla sera prima. 
Ora ne era sicura. Aveva perso la testa. 
Si guardarono negli occhi per un manciata di secondi, finché non fu lui a distogliere lo sguardo, ancora con quella sua ultima espressione triste fissa in volto. Con in più un crescente nervosismo, che la rossa non poteva capire, perché non si rendeva conto che era circondata da continui occhi indiscreti che l’assalivano per la leggerezza dei suoi vestiti nuovi. 
“Si può sapere perché sei così distratta?” 
Chiese, spostandosi appena da lei, così che la presa su di lui cadde definitivamente. 
Si riprese. Non seppe come, ma si riprese, Nami. 
“E tu perché stai già bevendo di prima mattina?” 
“Non sono affari tuoi.” 
“Nè sei dipendente!” 
“Ti sbagli!” la guardò nuovamente nelle iridi nere, “c’è fermezza in questo corpo. Se voglio so resistere a qualsiasi cosa.” 
“Ah, questo è sicuro.” 
L’allusione di lei era così palese tanto quanto la stupidità di Zoro di non coglierla. 
Quei baci. Dove erano finiti quei baci? 
Lo spadaccino infilò la mano nella tasca e prese il foglietto che ci aveva gettato qualche momento prima. Senza nemmeno liberarlo dallo stropicciamento, lo mise sulla mano di lei. “Toh”, la guardò confusa, mentre lo apriva, “fifona.” 
“Perché l’hai tenuto nella tasca?” gli chiese non appena capito cosa fosse. “Non c’era bisogno di portarlo appresso.” 
Lo vide grugnire scorbutico. “Tu!” la indicò, “mi vuoi far diventare matto? È questo il tuo obiettivo?” 
“E perché mai vorrei questo?” 
“Perché sei fatta così! Gli uomini sono le tue vittime!” 
“Ah si?” Gettò il foglietto nella spazzatura fuori dal negozio, incrociando le braccia. “Erano semplici istruzioni, Zoro. E come dimostra il fatto che Rin non è con te, avevo ragione a lasciarle scritte.” 
“Volevi mettermi alla prova come padre?”
“Certamente! E sei terribile!” 
“Ma se nemmeno tu l’hai portata con te! Tu sei la madre! È tuo compi…” 
Ma lo sguardo nero dell’amica fermò il suo fare arrogante all’istante. “Che c’è?”
“Zoro…” vide le sue mani avvicinarsi al suo collo, presagio di qualcosa di temibile. “SEI SERIO? È FIGLIA MIA QUANTO TUA! NON CI SONO COMPITI CHE IO DEVO FARE PIÙ DI TE.” 
“D’ac…acc…d’accordo..ho c-apito…sof-foco.” 
La navigatrice lasciò quella presa su di lui risparmiandolo, non poteva più toccarlo, nemmeno per picchiarlo, perché questo si rivoltava poi contro di lei e, sentendolo tossire, approfittò per allontanarlo, spostandosi sulla strada, pronta ad andarsene, sotto lo sguardo attonito dei commercianti e cittadini, sconvolti dal fatto che una ragazza tanto bella quanto mingherlina, potesse strattonare con quella violenza un uomo grande e grosso come quello, armato di spade per giunta. 
Ripresosi dal colpo, e dopo aver poggiato la bottiglia sulle sue labbra, la scrutò per bene. Era incredibile che entrambi, lei e lui, avessero vissuto dei momenti tanto surreali come quei baci, quelle carezze particolari, quei contatti strambi, e adesso erano lì, in un’amalgama di enigmatici complessi. 
“Perché diavolo devi essere sempre così violenta?” 
Quelle mani su di lui non funzionavano più come prima. Non lo minacciavano allo stesso modo. Era stata quasi gentile non soffocandolo esageratamente. 
Che succede Nami? 
“Almeno ora l’hai capito, voglio sperare.” 
Aveva le braccia sotto al seno, accentuandolo sotto ai suoi occhi, mentre teneva il giornale stretto in una mano. 
Era stravolta. Non era riuscita ad andare fino in fondo con lui. Avrebbe dovuto prenderne molte di più di botte per quello che le aveva detto. Invece era lì, in piedi, davanti a lei, già ripreso dal suo agguato non riuscito. Aveva fatto tutto il possibile per accentature la sua voce e mantenere il solito tono duro. 
Il ragazzo dalla testa verde continuò a osservarla, divorando la bevanda che aveva tra le mani - scacciando via probabilmente un pensiero “sporco”. 
“Smettila di essere così spaventata. L’ho capito sai, che pensi di non riuscire a proteggerla.” 
“E tu smettila di essere così distante. È anche tua figlia dopotutto!” 
Parliamo di Rin o di noi stessi?
Un uomo su un carretto a ruote passò proprio in mezzo a loro, dividendoli per qualche secondo, intento nel distribuire i volantini della festa che ci sarebbe stata quella sera. Uno di questi venne afferrato da Zoro stesso, ancora ignaro dell’evento. “Cosa sarebbe?” 
“Ma come, sono affissi ovunque in paese! Poi sono io quella distratta!” 
“Si beve gratis” sorrise euforico. 
“È Solo questo che ci leggi?” Sbuffò quella, sconsolata. “Fai come ti pare! Basta che non fai casino e che non ti perdi chissà dove!” 
“Io so badare benissimo a me stesso!” 
“Certo…senti, io devo andare a fare cose mie, sei capace di trovare la strada per la Sunny?” 
“Tks…ma se sono appena arrivato!” Continuò a tracannare finendo la bottiglia. “La vedi quella locanda? È lì che sono diretto.” 
La rossa sospirò rassegnata guardandolo di sbieco. 
Lui però aveva tutt’altra espressione sul volto, quasi raccapricciante, talmente non vedeva l’ora di scolarsi le sue amatissime bevande. 
“Di un po’” Nami lo indicò con fare arrogante e altamente scocciato, “il codice severo di uno spadaccino non dovrebbe proibirti anche di bere così tanto?” 
Lo vide scuotere la bottiglia ormai vuota al pari del suo viso, scoprendo di aver finito tutto il contenuto, così la gettò nella spazzatura, raggiungendo poi lei sulla strada. 
“Guarda che non è l’alcol che controlla me, sono io che controllo lui.”
 

 
“Sparisci di qua, prima che ti torco il collo!” 
“Non darmi ordini!” 
 
Nami gli voltò le spalle, decisa ad imboccare nuovamente la strada di prima per ritornare in quel posto meraviglioso in cui farsi ancora coccolare. Lui le aveva nuovamente distrutto i nervi e si sentiva così sporca per l’ennesima volta e per via dei pensieri che aveva avuto quando gli era caduta addosso.
“Dove staresti andando così di fretta?” 
Domanda a bruciapelo che certamente non si sarebbe mai aspettata. Da quando a Zoro fregava dei suoi posti consolatori, o dei suoi meri vizi e interessi?
Era così arrabbiata che le uscirono solo parole spontanee, “lontana da te!” 
La guardò svoltare l’angolo della stradina con una espressione totalmente interdetta sul volto, per poi ritornare concentrato e riprendere la sua meta. 
Chi la capisce è un santo. 
 
A testa alta, senza perdere di vista l’entrata di quella taverna con l’insegna luminosa che si poteva scorgere da lontano, Zoro tormentava l’elsa della spada con il pollice, quasi con la mente altrove. 
Perché era così repentina nell’umore, lei? 
Non riusciva a capire nessuna delle sue azioni ormai, le sembrano solo atti di fifoneria gratuita. E poi aveva pure il coraggio di incolpare lui di essere distante. Oppure di preoccuparsi per lui, come se si potesse ficcare nei guai. Era lei quella che ci finiva sempre, nei pasticci, mica lui. 
Lui che sapeva badare benissimo a sé stesso. E l’unico motivo per cui non aveva preso Rin con se quella mattina è che non ci aveva proprio pensato…era troppo sottosopra per occuparsi di una bambina, senza contare che nella sua testa pensava solo al voler andare a bere. E poi, era disabituato per cui un pensiero del genere potesse attraversarlo. 
Dopo combattimenti, ferite, allenamenti duri, anche lui meritava il suo angolo di pace e rilassamento senza pregiudizio, e quello era l’unico modo che aveva per rilassare i muscoli e liberare la mente - oltre la meditazione, naturalmente. 
Arrivato davanti a quel posto tanto agonizzato, valicò la porta a saloon, spingendola con entrambe le mani, lasciandosi la luce del giorno alle spalle e ritrovandosi in un posto scarsamente illuminato. 
Sorrise e si lasciò andare a sé stesso. 
 
 
 
 
 
Nami non aveva più nessuna intenzione di rientrare sulla Sunny ormai, e dopo aver comperato e speso l’occhio della testa in svariati negozi, litigando per lo sconto fino all’esaurimento dei commercianti, si riconcentrò sul suo obiettivo: un altro bagno ristoratore. 
Anche se le dispiaceva non aver aspettato Robin per andare insieme in quel luogo meraviglioso dove era stata a farsi coccolare, era convinta che l’amica l’avrebbe capita se solo avesse saputo quello che stava passando. 
La decisione così divenne più facile del previsto.
Decisa della sua scelta, corse via dalle strade prima di essere vista proprio da un Sanji capitato improvvisamente sulla strada opposta, che vedeva avanzare in lontananza e, senza dar troppo peso nel controllare con chi fosse e dove stesse andando, se la svignò bisognosa di tregua, osservando con attenzione tutto ciò che aveva da offrirle il paese per aiutarla a risolvere il suo prurito. 
 
 
 
 
“Non è possibile che io debba passare tutta la mia mattinata libera a cercare quell’idiota anziché fare la corte a delle bellissime donne…” sbuffò, rigettando via il fumo della sigaretta e ficcando entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni. “Che strazio.” 
“È per una buona causa!”, lo riprese la bambina che camminava tra lui e la mora, contenta per lo più di poter starsene in giro senza rischiare di essere riconosciuta da nessuno. 
“Ma quale buona causa…quella testa d’alga non si accorgerà mai di che fortuna ha tre le mani. Ed io devo pure stare a guardare, anzi, convincerlo? Ho dei compagni fuori di testa”, ispirò il fumo e lo rigettò ancora una volta fuori, “…se si aspettano che davvero faccia una cosa del genere!” 
Continuò a fumare fino a finire la cicca, gettandola poi a terra e schiacciandola con il piede. “Certo che ci parlo con lui, a suon di calci sulle palle!” 
“Sanji-Kun!” Lo riprese pacatamente l’archeologa. 
“Scusami mia adorata e celestiale Robin-chaaaaaaaan…non volevo essere scortese davanti a te!” 
“Io mi riferivo alla bambina...” 
“Una bambina che è nata in qualche modo, non ti pare?”, lo stuzzicò la rossa junior. “Quindi papà si è accorto di quella fortuna alla fine.” 
“SMETTILA DI RICORDARMELO!” 
“Ma basta guardarla in faccia per ricordarlo…” fece notare la mora, sospirando divertita. 
“Guardate” la piccola indicò una taverna con un insegna grande e luminosa. “Laggiù.” 
 
 
 
 
 
 
“Scusi, sa se per caso questa ragazza si trova qua?”
Usop stava mostrando l’avviso di taglia di Nami all’uomo dietro al bancone del centro di bellezza che continuava a guardare il manifesto con le gote arrossate. 
“Mi spiace non posso rivelare queste informazioni.” 
“La prego!” insistette il cecchino. “Vede…é nostra sorella e dobbiamo parlarle subito!” Usop indicò sé stesso e Brook, il quale cercava di camuffarsi il più possibile per non mostrare il suo vero aspetto. 
L’uomo, con un codino dietro alla cute spelacchiata, di bassa statura e con una testa piuttosto grande rispetto al corpo minuto, che stava in alto grazie a uno sgabello che arrivava fino al bancone di una stanza piena d’incensi, continuava ad arrossire e sognare davanti a quel manifesto, confermando al cecchino che Nami l’aveva vista eccome. 
“Alta più o meno così, capelli lunghi…bella ragazza?” non avendo riscontro, dal momento che quello continuava ad ignorarlo, decise di metterlo alla prova, “seno piccolo.” 
A quelle parole l’uomo scattò in piedi, “e quello sarebbe un seno piccolo?” 
“AH, TI HO BECCATO BRUTTO PERVERTITO!” 
L’uomo si gelò all’istante, per poi imbronciarsi biascicando un ‘maledetto nasuto’; restituito loro il manifesto di taglia, si concentrò nell’accendere poi una nuova stecca d’incenso in sostituzione di quella ormai consumata. 
“E va bene, si la ragazza si trova qui. Sta facendo il bagno nella stanza numero tre. Comunque non credo che tu possa essere suo fratello…” lo indicò. “In ogni caso, se volete entrare dovete farlo come clienti.” 
I due pirati si scambiarono un’occhiata complice e poi annuirono. 
“Non mi dispiacerebbe un po’ di relax”, ammise lo scheletro. “E poi…diventa più intrigante parlare con Nami mentre fa il bagno." 
Usop prese il suo sacchetto dei soldi dalla tasca, iniziando a contare qualche spicciolo. "Va bene, accettiamo. Quanto é?" 
Il commesso consegnò ad Usop una specie di ricevuta in cui c’era scritto il prezzo del soggiorno, insieme ai pass per entrare, con tanto di asciugamani puliti e ciabatte nuove. “Queste poi dovrete restituirle!” 
“COSÌ TANTO PER UN BAGNO?”
Perse la ragione il cecchino, pensando che poi gli sarebbe rimasto poco per comprare le sue cose personali. “Mi pare assurdo che Nami abbia speso tutti questi soldi!” 
“Ah, per lei è tutto gratis!” Disse quello con lo sguardo annebbiato, ricordando come la rossa si era sporta sul bancone mostrando l’abbondante scollatura, dicendo lui di essere al verde e che avrebbe voluto tanto ripulirsi. 
‘Ma guarda questo allocco!’ pensò il cecchino, portandosi una mano a colpirsi duro la fronte, totalmente provo di insulti e parole. Lo indicò, giudicandolo male col pensiero e provando la tattica del senso di colpa da incutere solo con lo sguardo. 
“Facci almeno lo sconto! Non siamo ricchi!” 
“Scordatevelo!” ritornò alla cruda realtà quello, per nulla affascinato dai due uomini che aveva davanti agli occhi, allungando la mano verso il ragazzo dal naso lungo aspettando l’equivalente in denaro del prezzo pieno. 
 
“Sai Brook” 
I due stavano salendo le scale che conducevano agli spogliatoi maschili, “mi pentirò di questo ma, a volte, penso che se avessi due tette anche io, sarebbe più facile anche per me qualche volta…” 
Lo scheletro, in un nano secondo, ebbe in mente l’immagine di Usop con un seno prosperoso e si batté violentemente la testa al muro. 
“Ti prego…non dirlo mai più.” 
 
 
 
 
 
“Te lo ripeto, cosa diamine ci fai al mio tavolo?” 
Il verde aveva già scolato tre bottiglie all’arrivo di Sanji nella taverna, grugnendo come un cane randagio minacciato, già da quando lo aveva intravisto varcare la soglia. 
“Te l’ho già detto, sono qua per Nami-san, non certo per te!” 
Con il suo fare elegante allungò la mano sulla sedia tirandola fuori da sotto il tavolo per sedersi, scoprendo poi che qualcosa la teneva bloccata da sotto. Vide sul volto di Zoro un ghigno dispettoso, capendo che era il suo piede a bloccarla. 
“Ma quanto sei immaturo, muschio idiota!” 
“Sparisci da qui!”
“Solo tu puoi preferire un locale del genere, scarsamente illuminato, volgare e squallido. Ma cosa potrebbe offrire a Nami, uno come te?” 
“Mi stai dando sui nervi, se vuoi stare qua devi bere e chiudere quella fogna.” 
I due si guardarono a mo’ di sfida. Zoro sapeva perfettamente che il cuoco non reggeva l’alcol, e Sanji sapeva che quando lo spadaccino s’impuntava, faceva sul serio e non ci sarebbe stato modo per fermarlo.
Il cuoco tirò con forza la sedia dal tavolo sedendosi con il suo fare serio ed elegante. Si sbottonò le maniche della camicia, alzandole sulle sue braccia esili ma forti, con tutta calma, facendo ruotare l’occhio del verde al soffitto, scocciato dalla sua presenza e dalla scena che stava mettendo in risalto. 
“Beviamo allora!” 
Lo spadaccino non impiegò molto ad alzare la mano in aria per farsi portare altre bottiglie dall’oste. 
 
“Se vinco io” iniziò il biondo, “togli le tue luride zampe da Nami per sempre.” 
Batté sul tavolo il bicchiere vuotato con forza. Vide Zoro finire il suo secondo, poggiandolo sul tavolo con altrettanta forza, mentre grugniva contrariato.
“Lei non é in gioco.” 
“Hai paura di perdere?” 
“Mai” 
“Hai accettato, allora?”
“Sei un bastardo!”, riempì il secondo bicchiere, “d’accordo” aveva il volto illuminato da una pericolosa luce, e con un nuovo ghigno divertito, gettò il suo amo. “quando questa sfida inutile finirà, tu dovrai smettere per sempre di fare il cascamorto.” 
“Bastardo!” Prese il secondo bicchiere mandandolo giù. “Non hai usato il ‘se’!” 
“Niente se! Vincerò.” 
Buttò giù il secondo anche lui. 
 
 
 
 
 
 
“Puoi ripetere? Non credo di essere sicuro di aver capito…”
Il cecchino e lo scheletro erano seduti all’interno della sauna della stanza tre, da cui conversavano con la rossa, la stessa la quale aveva concesso loro il permesso di restare, a patto che sarebbero rimasti lì anche a costo di bruciare finché lei non sarebbe uscita dalla vasca con tanto di asciugamano addosso. 
Sentirono Nami emettere uno strano verso, mentre non potevano sapere che aveva il volto rosso dalla vergogna. 
“Non fatemi urlare!”, batté una mano nella schiuma immergendosi poi fino al volto.
“Fammi capire…questo che fai è il terzo bagno da quando sei arrivata in paese, perché ogni volta che esci di qui ti senti sporca?” 
Il cecchino cercava di fare i conti, mettendo insieme tutti i pezzi di quel discorso confusionario. “Ma sporca per cosa?”
“Uffa…non farmelo ripetere Usop!” 
Continuava ad immergersi nell’acqua della vasca fino a profondarci completamente, per risalire in superficie due secondi dopo completamente fradicia e piena di schiuma fino alla testa. 
“Ma non capisco! Che diavolo significa che ti senti sporca per colpa di Zoro?” 
“Yohohoho, ti ha lanciato addosso qualcosa?” 
Anche lo scheletro, con indosso un fazzoletto bianco a coprire le “parti intime”, si stava sciogliendo all’alto calore della stanza, per lui era pur sempre migliore dell’acqua. 
“Forse le ha rovesciato addosso dell’alcol…” si voltò verso il cecchino, respirando piano per non consumarsi, “ah, che piacevole sensazione…non mi sarei aspettato questo relax di prima mattina.” 
“Non penso che Nami sia riferita a qualcosa del genere.” Lo rispose a bassa voce il compagno, per urlare dopo. “Insomma, vuoi essere più chiara?” 
La sentirono sospirare infastidita. 
“Non faccio altro che pensare a lui, va bene? Ora non fatemi più domande!” 
I due, seduti con le gambe allungate e la braccia stese ai lati del corpo, sospirarono confusi, non capendo quale fosse il problema reale tra i due. 
“Avrà esagerato Zoro con quei baci? Forse le ha sbavato addosso…”
“Potrebbe essere”
Il cecchino stava riflettendo ma il calore della stanza lo stava rincitrullendo lentamente, perdendo piano piano i sensi e soprattutto l’obbiettivo primario di quella missione segretissima. 
“MA COSA STATE DICENDO?” 
La rossa era uscita dall’acqua e, avvolta dall’asciugamano bianco, si era palesata alla loro porta, aprendola del tutto. 
“Fatemi spazio!” 
“Sto forse sognando?” 
Lo scheletro la vide sedersi davanti a loro, ammaliato e convinto di stare immaginandola.
“No, é Nami, in una visione o in un sogno non avrebbe quel volto così nero” gli rispose il cecchino, accentuando maggiormente l’ira della rossa che non solo era bordeaux per le sue confessioni che loro nemmeno riuscivano a capire, ma anche per il calore di quella stanza infernale. 
“Non dovrei nemmeno dirvi queste cose, non so davvero perché parlo con voi…” iniziò lei, sciogliendo il pugno che aveva già preparato. 
“Beh veramente siamo venuti noi a parlare con te…ma poi questo rilassamento ha preso il sopravvento.”
“Parlare con me? E per quale motivo?” 
L’affermazione di Usop aveva certamente catturato il suo interesse. 
“Di te e Zoro. Dopo ieri sera siamo tutti preoccupati.” 
Usop teneva gli occhi chiusi, totalmente leggero e in pace con sé stesso. Stava pensando che per una volta poteva vivere solo gli aspetti piacevoli di un’isola senza mostri o battaglie sanguinolente. 
“Bè” sospirò lei, “non c’è bisogno che vi preoccupiate. E poi semmai dovreste parlare con lui, non con me.” 
“Da lui è andato Sanji.” 
“Ora si che mi sento molto meglio!” 
“Sta tranquilla e rilassati…”
Ma se solo il cecchino avesse aperto gli occhi la visione sarebbe stata tutt’altro che rilassante, visto le vene che pulsavano sulle tempie della rossa, pronta a trovare qualcuno su cui sfogarsi, visto che non poteva farlo col protagonista dei suoi pensieri. 
“Nami cara” intervenne allora Brook, “é andata così? Zoro ti ha sbavato addosso?” 
Bastò un secondo per i due di finire al tappeto in quel pavimento bollente. 
“Sono una scema a confidarmi con voi!” aveva detto riprendendo posto e tenendo ben stretta l’asciugamano con la mano sinistra. “Ma come fate a non capire? Siete uomini no? Non provate niente quando vi piace qualcuno? Ebbene succede anche alle donne di provare certe cose…e…io…” 
Ad Usop si azionò finalmente il cervello, riprendendo posto pure lui e guardando Nami con una strana espressione sorpresa. “Ti senti sporca perché pensi a Zoro in modo sconcio?” quasi che urlò sorpreso di quell’ammissione, con la bocca che toccava il pavimento. “Sei una pervertita anche tu!” 
Brook quasi pianse per l’invidia. “Spadaccino fortunato.” 
“Ma quale pervertita!” Si alzò in piedi lei tirandogli un altro pugno sulla nuca. “È una cosa normale…penso…” guardò il pavimento imbarazzata. “D’altronde provo qualcosa per lui…”
Usop scattò in piedi felicissimo di quell’ammissione. “Ma allora diglielo!” Esultava con le stelline agli occhi gesticolando compulsivamente. “Fammi capire, stai qua a consumarti la pelle per reprimere questo desiderio carnale? Ma vai da lui e consuma lui!” 
“Non ti facevo così sconcio…” gli disse Brook. “Yohohohoho…desiderio carnale, vorrei provarlo anche io, ma non ho la pelle…” 
“Beh ma loro devono farlo, hanno la responsabilità della nascita di Rin! E come tu sai, per far nascere un bambino…”
“Piantatela! Rin non c’entra niente.” 
“Ma allora perché sei qua da sola?” 
Nami continuava a guardare il pavimento con un broncio imbarazzato sul viso, e la gamba tremante che non riusciva a frenare da quel movimento compulsivo. 
“Non ci credo…” dalla bocca dello scheletro uscì un tono più che sorpreso…”Zoro-san, non ha voluto vedere le tue mutandine?” 
“COSA?” Si alzò ancora una volta in piedi il cecchino. “Lo so che é uno difficile, ma questo…”
“Ma che idiota” dissero entrambi all’unisono. 
Nami sbuffò. 
“Lui e quelle sue dannate e ipocrite regole.” 
“Il problema è più grave di quanto pensassi…” ammise il naso lungo, incrociando le braccia al petto. “Servirà un miracolo.” 
 
 
 
 
 
Sul tavolo le bottiglie erano passate da tre a dieci. Dei bicchieri, due erano spaccati e altri due ancora integri. Il tavolo circondato del pubblico che aumentava ad ogni giro. 
“Le hai fatto qualcosa”
“Perché non te ne vai?” 
Giro undicesimo. 
“Le hai messo le mani addosso, non è vero? 
“Non impicciarti!” 
Giro dodicesimo. 
“Lo so che è così…” si riempì il bicchiere da solo. “Per quale motivo avreste litigato? Appena l’hai vista fragile hai approfittato di lei…sei un selvaggio.” 
“NON SAI NEMMENO DI COSA STAI PARLANDO”
“AMMETTILO!” 
“MA COSA DOVREI AMMETTERE!” 
Altri due bicchieri che sbattevano sul tavolo in un eco che si era ampliato in tutta la sala. 
Giro tredicesimo. 
Sanji sospirò forte, prendendosi un attimo per sé, cercando di calmare i suoi nervi caldi, pronti a scoppiare, per poi continuare a provocarlo. 
“Che te la sei presa!” Lo indicò, allentando la cravatta dal collo. “Tu” la tolse del tutto, facendola scivolare sul tavolo. “Hai preso quel fiore e l’hai deturpato!” 
“MA QUALE FIORE?” 
Giro quattordicesimo. 
“L’HAI PRESA!” 
“GUARDA CHE IO E LEI STIAMO INSIEME.” 
Giro quindicesimo. 
“Se stai insieme a qualcuno ci stai insieme cretino testa d’alga! Ignorarsi non è stare insieme!” 
“Non stiamo insieme adesso!” 
Giro sedicesimo. 
“Non state insieme e basta!” 
“MA TU COSA VUOI DA ME?” 
Giro diciassettesimo. 
“Che non le fai del male con il tuo stupido orgoglio!” 
“Non le ho fatto niente!” 
“BUGIARDO!” 
“TI AFFETTO!” 
Giro diciottesimo. 
“Dimmi la verità…” stava iniziando a singhiozzare alticcio, mentre riempiva l’ennesimo bicchiere con la vista appannata, buttando la sostanza alcolica più fuori che dentro. “Ci sei andato a letto?” 
Stringeva quel bicchiere con tutta la forza che aveva, rompendolo in due con ancora la sostanza al suo interno. 
“Non vedevi l’ora, non è così? Non aspettavi altro che vederla cadere tra le tue braccia…” 
Allungò la mano in alto, segno che indicava l’oste di aver bisogno di un altro bicchiere, in un ordine che venne immediatamente soddisfatto. 
Ormai metà taverna gli aveva circondati; facendo il tifo prima a uno poi all’altro a seconda di come apparivano dopo ogni giro. 
Lo sguardo di Zoro era oltre l’essere infastidito. Altrettanto alticcio, dal momento che aveva iniziato a bere molto prima del cuoco, continuava a guardarlo in malo modo, odiando ogni sua provocazione e parola.
“Non sono come te.” 
Aveva lasciato il bicchiere, finendo direttamente la bottiglia. “Non penso alle donne tutto il mio tempo.” Alzò il braccio in aria, segno per l’oste che c’era bisogno di rifornimento. “E questo valeva per due giri, sono in vantaggio.” 
Giro diciannovesimo e ventesimo. 
“Cosa vuol dire che non sei come me?” Grugnì furibondo il cuoco sporgendosi al tavolo verso lui. “Non importa che non corri dietro a gentil sesso, ma con Nami, sei esattamente come me. Solo che non lo esterni, tieni tutto dentro!” 
“Balle!” 
“Ah, vuoi dire che non ti senti esplodere quanto ti sfiora o ti tocca? Vuoi davvero dire che non senti niente quando la guardi?” 
“Questa conversazione mi ha stufato! Dovevi bere e stare zitto!” 
Giro ventunesimo. 
 
 
 
 
 
 “Adesso piantatela!” 
Nami uscì dalla sauna, totalmente accaldata, stare là dentro l’aveva fatta stare ancora peggio. “Se questa conversazione esce di qua vi massacro. Chiaro?” 
Riprese posto al bordo della vasca, immergendoci solamente i piedi dentro per trovare sollievo da quel caldo innaturale. Si strinse nell’asciugamano pensierosa. 
“Mi chiedo” sospirò, ormai il peggio l’aveva vuotato, “se questo prurito che sento necessità di vivere, sia legato al fatto che lo ami, o se sia solo fisico…come si capisce?” 
Usop, ugualmente uscito dalla sauna, con asciugamano avvolto alla vita, l’aveva raggiunta, sedendosi dall’altro lato della vasca.
“Non lo so Nami.” La guardò più serio con altrettanta sincerità. “L’unico modo per saperlo é viverlo.” 
“Chissà quanto dovrò aspettare allora…” 
Il cecchino si mise una mano sul mento riflettendo sulle dinamiche. Poi ripensò a quando gli aveva beccati sul ponte, e al desidero impellente che aveva letto nello sguardo dell’amico. A tutte quelle volte che si era rifiutato di vederla nuda. 
“Nami, io non penso che lui non voglia te…l’ho visto con i miei occhi come ti guarda…é solo che è un uomo estremamente rispettoso, non farebbe mai qualcosa che possa ferirti.” 
“Lo so di per certo che mi vuole!” 
Lo stupì lei, furba, anticipando il suo discorso. Dialogo che fece uscir fuori dalla sauna anche Brook, che gli raggiunse entrambi velocemente saltellando leggiadro come nel suo stile.
“L’ho sentito eccome, sai?” 
Nami si stava rotolando un ciuffo ribelle tra le dita, perdendo improvvisamente tutta la vergogna provata nei giorni passati, e confidandosi ingenua e maliziosa allo stesso tempo. 
“Da cosa?” Chiese stupidamente Usop, scorgendo poi un sorriso che non prometteva niente di buono sul volto di Nami. 
“Dal suo corpo, no?”
“Aaaaaaaaah” urlarono sconvolti i due, con le bocche che cadevano sul pavimento. 
“Vi sciocca così tanto?” chiese con fare innocente nell’espressione. “L’ho sentito su di me. Dite che non è una cosa normale?” 
I due s’inchinarono in segno di ringraziamento. “Se succede anche a Zoro, allora siamo tutti normali.” 
“Idioti!” 
 
 
 
 
 
 
“ESTERNALO UNA BUONA VOLTA.” 
Con foga, Sanji aveva spaccato in due il tavolo, gettando a terra tutti i bicchieri che si spaccarono a loro volta in altri pezzettini. 
“ADESSO BASTA!” 
Zoro era schizzato in piedi, estraendo la spada e gettandosi a capofitto sull’amico biondo, il quale non perse tempo a difendersi, parandosi con un altro calcio che rimase fermo a mezz’aria. I due, presi da impeti di rabbia alquanto differenti, si sfogarono uno contro l’altro, iniziando una rissa che avrebbe poi convolto le persone della taverna, che iniziarono a loro volta a scontrarsi con altri. 
“Come al solito non sai affrontare una discussione senza usare la violenza.” 
“MA SENTI CHI PARLA!” 
 
Calci e fendenti, rabbia e insulti, alcol e lotta. 
Sanji, in fin dei conti, lo sapeva bene che non c’era altro modo per aiutare “quel cretino orgoglioso” a sbollire un po’. E Zoro lo sapeva che “quello scemo biondo” non sarebbe stato in grado né di rispettare una promessa e né di sostenere una sfida alcolica. 
Non poteva negare però che quel combattimento lo stava aiutando a gettare via tutto lo stress che aveva accumulato in quei giorni pieni di pressione emotiva. 
 
La rissa si era fatta così dirompente, in cui gli ospiti della taverna, impazziti, spronati dai due pirati, stavano rompendosi addosso le sedie, i tavoli, le bottiglie, rotolando come ossessi sul pavimento, finendo per portare tutto quel casino all’esterno. 
Resosi conto della situazione, Sanji ebbe un attimo di tremito, parando un altro attacco di Zoro e cercando di avere la sua attenzione. “Rin e Robin sono fuori.” 
Ma quello non lo ascoltò del tutto, gettandosi sopra di lui e spalancando le porte ormai rotte della taverna rotolando insieme all’esterno anche loro. 
 
Appena fuori capirono entrambi del macello che avevano scatenato, vedendo la rissa prorogata per tutta la strada. Robin che, parata dinnanzi a Rin, provava a gestire più persone insieme, allontanandole una dall’altra, vide immediatamente i suoi due compagni, percependo in loro la causa di tutto quel trambusto. Non che quelle altre persone eran forti per lei, ma sicuramente era uno scenario imprevedibile. 
La bambina era però intervenuta, corsa in soccorso della zia, sfoderando la spada in posizione di difesa da chiunque avesse provato a colpirle o avesse lanciato loro qualcosa. 
Delle bottiglie infatti volavano ovunque, con tanto di parti in legno del mobilio ormai andato in pezzi e anche gli stessi uomini. Un tavolo intero sarebbe finito senz’altro nella posizione delle due donne pirata, se non fosse che Sanji lo fece in due con un calcio; o due bottiglie sarebbero finite loro in testa se non fosse per Zoro che le ruppe con le spade, formando la loro corsa e parandosi davanti alla bambina. E quattro uomini volanti stavano per precipitare sulle teste dei due pirati abbondantemente alticci e dalla vista e i sensi alterati, se non fosse stato per Robin e Rin, che con due attacchi ponderati, gli avevano sbattuti via lontano. 
 
“Ma che diavolo avete combinato?” 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Nami” 
Il cecchino, che si stava guardando intorno per vedere se nella stanza c’era anche una doccia, sorrise a una navigatrice abbattuta, richiamando la sua attenzione. 
La vide alzare il capo e guardarlo, bramosa di sapere qualcosa in più che potesse servirle a stare meglio. 
“Ci hai pensato che per uno come lui non dev’essere facile accettare di avere delle debolezze?” 
“Io sarei una debolezza?” 
Sospirò agitata e offesa, con il respiro bloccato in gola, e il caldo divamparle nuovamente su per il corpo. 
“No”, la interruppe svelto, “non tu, ma l’idea di perdere il controllo su qualcosa di così irrazionale per lui. Ci hai pensato che non si aspettasse di provare qualcosa di così, deduco, intenso che non fosse un combattimento? 
Lui, così poderoso, dotato di un notevole autocontrollo, magari si sente spiazzato…da sé stesso…” 
Sciolse le braccia dal petto. “Ma questa è solo un’idea, magari sto farneticando…” 
“No” Nami lo fermò con la voce, in un tono quasi sorpreso. “Non hai detto stupidaggini…” 
Era davvero incuriosita di quelle parole, ma ancora di più, iniziava a pensare di quanto forse lei avesse esagerato quella sera fuori dall’infermeria.
“Certo è che se lui parlasse sarebbe tutto più facile.” 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Più voi uomini cercate di aggiustare qualcosa e più la rompete…” 
Aveva detto Nico Robin, guardando sconsolata i due seduti a terra: il primo preso dai conati di vomito, sporco e pieno di tagli, con un rivolo di sangue che scendeva da un lato della bocca; il secondo, in silenzio, con la vista annebbiata, la testa scoppiettante, sporco, con la maglia strappata e dei brutti lividi sull’addome. 
 
“Ma chi lo ripaga tutto questo?” 
Sentirono l’oste all’esterno, con le lacrime agli occhi, mentre vedeva quegli uomini ubriachi alzarsi malridotti e andare via. 
Sanji alzò una mano in aria, leggermente imbarazzato, “la rimborsiamo, promesso…”
Robin, che in ogni situazione manteneva la sua parvenza posata, s’incamminò verso l’uomo disperato.  
“Vengo con lei a fare una stima dei danni.” 
Decretò quindi, superando entrambi gli amici colpevoli, seguendo l’uomo all’interno. 
 
“Non vi si può lasciare soli un secondo...” 
Rin era davanti ai due, con le braccia ai fianchi, piegata un po’ in avanti con fare minaccioso. “Tu! Dovevi soltanto parlaci!” 
Vide il biondo alzare leggermente il capo e guardarla confuso. “Nami Swaan?” 
“Ma quale Nami e Nami!” 
Gli tirò uno scappellotto che lo fece del tutto vomitare sul terriccio. 
“Ma guarda…come sei ridotto.” 
Sentirono entrambi lo spadaccino ridere di fianco, mentre cercava di alzarsi ma senza alcun successo. 
“Ora hai finito di fare il cascamorto!” continuò a sghignazzare, mentre ricadeva a terra supino. 
“Un momento!” Si riprese veloce il cuoco, ripulendosi la bocca con il polso. “La nostra sfida non é finita.” 
“È finita! Ho vinto io!” 
“Ma sei hai tirato fuori le spade!” 
“Ero in vantaggio e tu stai vomitando!” 
“Chiunque direbbe che non è valida a questo punto!” 
“Che cosa hai detto?” 
 
 
“Ma che è successo qua?” 
Un ragazzo con le sembianze di una palla tonda - ma familiari- comparve davanti a loro, confuso e sazio.
“C’è stato un combattimento e me lo sono perso?” 
 
 
 
 
 
 
Nami, Usop e Brook, stavano perseguendo la via del ritorno, fintanto che la rossa decise di passare per la strada di quella taverna per controllare se il verde fosse ancora seduto lì a tracannare.  
“Voglio solo dare un’occhiata prima che possa combinare un guaio”. 
“Sei sicura? Non è che poi ti viene voglia di…” ma il cecchino fu costretto a fermarsi con gli occhi sgranati, e non per l‘ira funesta di Nami che fermata sul posto aveva i denti a squalino pronta ad assalire l’amico a causa del fatto che non voleva certo essere presa in giro per i suoi ormoni in subbuglio, ma per la vista che gli si era palesata di fronte. 
“Oh no…cosa dicevi sul non combinare un guaio?” 
La navigatrice fu costretta ad accantonare l’idea di assalire Usop, per voltarsi, e quando riconobbe le figure a terra, quelle in piedi e un locale distrutto le cui fondamenta erano sparse per la strada, ebbe quasi un infarto.
 
 
“TU” afferrò il capitano per il bavero e iniziò a scuoterlo energicamente. “COSA MI AVEVI PROMESSO QUESTA MATTINA?” 
“N-on sono sta aa to io” provò a difendersi il moro, che con tutta quella movenza riprese la sua solita forma fisica. 
“Cosa significa che non sei stato tu?” 
La rossa si fermò, sentendo attorno un silenzio fin troppo inquietante. Vide i due a terra supini, e altri uomini che ancora cercavano di alzarsi e andare via zoppicando. Vide Robin uscire con il suo sacchetto dei denari in mano. Vide soprattutto bottiglie di alcolici sparse in terra…
Quando sentì da alcuni uomini intorno le parole “duello” e “sfida alcolica”, capì. Lasciò immediata Rufy dalla sua presa - quello che stava vedendo era peggiore persino di quello che aveva pensato -  per avvicinarsi svelta alla sua bambina. “Tu stai bene?” si premurò, controllandola sul viso e sul corpo, cercando nuovi tagli o ferite. “Non sei stata coinvolta, vero?”
“Sto bene- sto bene!” 
Tenendola vicina a sé, diede un’occhiata severa ai due che, anche se supini a terra, erano come pronti a ricevere la punizione che meritavano. Una punizione che però non arrivò. Nami stessa sapeva che non poteva picchiarne solo uno, sarebbe stato un atteggiamento forse malvisto, che avrebbe sollevato domande. Anche se avrebbe voluto alzare le mani su di loro, non poteva toccare Zoro, non poteva proprio caderci.
“Quale stupida scommessa avete fatto?”
Mentre lo spadaccino rimase quasi impassibile, senza muovere un muscolo, Sanji ebbe un attimo di tentennamento, motivo per cui la rossa capì di essere stata probabilmente lei il centro di quella, che immaginava essere, una stupidaggine. 
“Non voglio sapere. No, davvero, non lo voglio sapere.” 
I due sentirono qualcosa che per loro era sconvolgente. Nami se ne tirava fuori?
E perché non gli stava ancora picchiando?
La sentirono invece fare dietro front e andare via. 
 
 
 
 
 
“Sei ancora in te stupido spadaccino?” 
“Qui di stupido ci sei solo tu.” 
Zoro, che era ancora rimasto sdraiato a terra, in quel momento riuscì a mettersi seduto con molta difficoltà. “In effetti mi sento meglio.” 
“Potrei dirti che mi fa piacere ma non è così.” 
Anche Sanji era nuovamente seduto, mentre cercava di tirar fuori le sigarette dalla giacca, dal momento che, rimasti lì fuori da soli, non poteva aiutarlo nessuno. 
“È ancora sconvolta…Nami. Lo leggo nei suoi occhi quando la guardo.”
Stava cercando di accendere il fiammifero sotto alla suola della scarpa ma non riusciva proprio ad arrivarci. Il verde, d’altro canto, stava provando a mettersi in piedi, ma con la stessa velocità ricadde a terra. Arreso, chiuse l’occhio, se necessario a riprendersi avrebbe dormito persino lì. 
“Lo so anch’io, cosa credi!” 
“Perché non le parli, invece?” 
“Se dicessi le mie cose a Nami le userebbe contro di me…e comunque, non l’ho toccata” gli uscì con voce flebile, mentre tossiva e portava una mano sull’addome. 
“Meglio così” senza demordere, cercava ancora di accendere la sigaretta l’altro, sperando che lo aiutasse con quella orribile e veloce sensazione da sbornia e il saporaccio che sentiva avere in bocca.
“Allora?” 
Sbuffava Sanji in attesa di sapere qualcosa in più. 
“Non so niente sulle scelte fatte dallo Zoro del futuro…ma io, io non perdo mai il controllo di me stesso.” 
 
“Sei un idiota come sempre. Adesso cosa hai appena fatto secondo te?”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice__________________________________
Pensavo di riuscire a caricare questo capitolo prima del tempo, e invece è stato più complicato del previsto. Ho continuato a rivederlo, modificarlo e quant’altro…ma c’è qualcosa che non mi ha convinta. È vero, solitamente il mio punto forte sono i papiri introspettivi…e stavolta avevo paura del troppo dialogo a copione…che mi risulta più difficile da gestire. Volevo inserire un po’ di quella comicità che stava scomparendo, e la leggerezza impressa in quei bellissimi personaggi del sensei Oda senza tradire troppo la storia o il suo tono. 
Ha funzionato? Non ne ho idea. 
Questo potrete dirmelo voi, oppure il tempo. 
So bene che stavolta non spuntano fuori emozioni forti, ed è più un capitolo di transizione, ma è necessario al continuo. 
Come avrete capito non ho immaginato i nostri due begnamini esperti di sesso, e in realtà è così che gli immagino, ingenui, con poca conoscenza sulla materia. E voi, invece? 
 
Grazie a tutti che mi sostenete. 
Vi abbraccio. 
 
 
 
 
   
 
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