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Autore: OrnyWinchester    08/11/2021    3 recensioni
La visita di re Leodegrance e di sua figlia, la principessa Ginevra, permette a re Artù di ricongiungersi con i luoghi del suo passato, dove lo attenderà un incontro con il destino.
Questo racconto è tratto dal mio libro “Ricordi della Tavola Rotonda Vol. 1”, una rivisitazione della leggenda arturiana con l’aggiunta di nuove storie originali, che hanno come protagonisti il giovane re Artù, Merlino e i cavalieri della Tavola Rotonda.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Merlino condusse il re, la principessa Ginevra e i cavalieri che li accompagnavano verso un bosco isolato, difficilmente raggiungibile per chi non ne conosceva la precisa localizzazione.
“Questo bosco è noto tra i maghi per essere una fonte incontaminata di magia. Di certo, principessa Ginevra, ne avrete letto su qualche libro redatto da uno di noi. E’ raro che la gente comune si avventuri in questi luoghi. Come potete vedere, infatti, sono ben nascosti all’occhio umano e senza alcuni espedienti magici è difficile avvicinarsi al posto in questione.”
“Grazie, Merlino, per aver realizzato il mio desiderio di visitare questo luogo fatato. Fin dalla prima volta che ne ho letto, ho sognato di vederlo.” lo ringraziò Ginevra, a cui Merlino rispose con un cenno del capo.
L’accesso alla foresta era interdetto da una specie di parete rocciosa e a tutti sembrò sin da subito impossibile procedere oltre.
Tuttavia, Merlino si avvicinò alle rocce con fare disinvolto e pronunciò un incantesimo.
Ostendo magnam viam.”
Di colpo quel blocco apparentemente saldo iniziò a scricchiolare, come se stesse per sbriciolarsi, e alcuni piccoli pezzi di roccia si staccarono, cadendo giù. Il suolo fu percorso da diverse vibrazioni prima che fosse udibile un rumore ben distinto, con il quale la parete scivolò da un lato come sospinta da un turbine di vento, mostrando un varco.
“Vi avevo già detto che è proibitivo arrivare al bosco senza l’aiuto delle arti magiche. Ma sono qui per questo. Sarà meglio lasciare i cavalli e procedere a piedi.” consigliò il mago.
Il varco che si era aperto dinanzi a loro era in realtà più una sorta di porta che un tunnel profondo e, il tempo di effettuare pochi passi, si ritrovarono subito di fronte ad una radura incantata.
Ogni albero, tutti i cespugli brillavano di luce dorata e perfino l’acqua fresca che scorreva dai ruscelli aveva assunto il colore dell’oro. I fiori emanavano un profumo molto intenso e tutta l’aria ne era pervasa. Inoltre qualunque cosa sembrava avere un suo spazio, un ordine naturale prestabilito che non fosse dipeso dalla mano dell’uomo.
“Quello in cui ci troviamo è uno dei luoghi magici più sacri. Non sarebbe consigliabile condurre qui chi non ha poteri magici, ma confido che i presenti rispetteranno la solennità del posto e non danneggeranno nulla.” chiarì cautamente Merlino. “Le luci che vedete sono prodotte dalle fate, dalle ninfe e dagli spiriti che abitano questo posto. Le ninfe degli alberi, le Driadi, permettono a questa flora di crescere forte e rigogliosa; Chloris, invece, è la ninfa che si occupa di rendere i fiori che vediamo dinanzi a noi così belli e profumati.” illustrò il mago, mentre si addentravano nel bosco, indicando le cose che si mostravano davanti a loro.
“Le Naiadi si prendono cura delle acque dolci che bagnano queste terre, attingendo al potere dell’acqua per guarire chi ne ha bisogno; talvolta si radunano qui anche le ninfe marine, le Nereidi, data la vicinanza con il mare. Sono queste ninfe ad aver generato gli spiriti acquatici, le Ondine, che sono le fate più numerose che abitano le acque e che, se abbiamo fortuna, si mostreranno a noi.” continuò a spiegare Merlino, mentre tutti gli altri lo ascoltavano in rigoroso silenzio e cercavano di non alterare la quiete del posto.
Le argomentazioni del mago sulle fate e sugli spiriti che dimoravano in quella foresta coinvolsero tutti e ora l’uno ora l’altro ebbero la possibilità di vederne qualcuno; la principessa Ginevra ebbe perfino l’onore beneaugurante di ricevere in dono un omaggio floreale, inviato tramite alcuni spiritelli proprio dalla ninfa Chloris.
Quando la visita fu sul punto di volgere al termine, d’un tratto una creatura, che li osservava da dietro un frassino, si rivelò a loro.
“Chi siete? E come mai siete sbucata fuori così, all’improvviso?” chiese Artù, in tono pacato.
“Sono una ninfa che abita questi boschi da tempo immemore e sono stata incaricata di consegnarvi un messaggio quando vi sareste presentati al mio cospetto.”
Mentre Artù fece per parlare, Merlino lo fermò, prendendo la parola per primo.
“Vi chiediamo scusa se in qualche modo abbiamo disturbato la vostra dimora, non era nostra intenzione. Andremo via immediatamente e non vi recheremo più alcun fastidio.”
“Non si tratta di questo, grande mago. Il mio messaggio non è per tutti voi, ma per il re. Avvicinatevi Artù Pendragon, affinché io possa riferirvi quello che per voi è stato profetizzato.”
Nonostante il discorso criptico, Artù si fece avanti senza esitare e raggiunse la ninfa.
“Datemi il vostro messaggio, gentile creatura; sono ansioso di conoscere il suo contenuto.”
“Le vostre azioni, Artù Pendragon, si sono rivelate gloriose e giuste. Vi siete dimostrato degno di guidare il più nobile esercito della storia e di governare sul regno di Albione, una terra di pace, uguaglianza e prosperità, che molti in futuro cercheranno di emulare. Avete accolto nel vostro reame chi utilizza le arti magiche a fin di bene e, allo stesso modo, avete condannato chi le disonora con azioni spregevoli. Per questo motivo una ricompensa vi attende in questa culla della magia; avanzate e soltanto un’ultima prova vi dividerà dal vostro premio. Se la supererete, avrete dimostrato ancora una volta di non aver deluso le aspettative che sono state riposte su di voi, nobile re. Il dono che vi spetta vi sarà di grande aiuto nell’intento di mantenere l’armonia nelle terre di Albione, usatelo con saggezza.” sentenziò solennemente la ninfa e poi svanì all’improvviso.
Artù, che aveva ascoltato il messaggio con grande attenzione, riorganizzò i propri pensieri e valutò con cautela il da farsi. Gli balenò subito in mente che potesse trattarsi di una sfida pericolosa, tanto più che c’erano in gioco anche delle forze magiche. Tuttavia, le parole della ninfa erano state di elogio per la sua persona e per il suo regno, non di condanna. Pertanto, convenne che la cosa più sensata da fare era accettare con coraggio quello che ne sarebbe seguito. Così, comunicò al gruppo la propria intenzione di proseguire per affrontare la prova che gli era stata appena annunciata. I cavalieri al suo seguito manifestarono la volontà di accompagnare il re per fornire il loro aiuto in caso di bisogno, così come Merlino e la principessa Ginevra.
“Ringrazio tutti voi per la vostra lealtà e il vostro supporto. Sebbene non conosciamo la pericolosità di questa missione, intendo rispettare la decisione di ognuno di voi e, per questo motivo, non vi impedirò di seguirmi, se è ciò che desiderate fermamente.” “Vi chiedo solo una cosa in cambio. Lasciate che sia io e io soltanto ad affrontare la prova e non intervenite in alcun modo, poiché il messaggio che la creatura attendeva di riferirci era rivolto solo a me. Avete potuto udire le sue parole e sono io a dover dare prova di poter guidare il regno di Camelot. Perciò vi condurrò con me soltanto a questa condizione.”
Ognuno dei presenti accettò il volere di Artù e, rifocillatisi per qualche istante, proseguirono verso la parte più interna della foresta magica. I cavalieri, dopo una prima idea di procedere con le spade sguainate, decisero di evitare l’uso delle armi per non profanare la sacralità del luogo; Merlino conferì con loro e si ripropose di utilizzare la magia, soltanto qualora si fosse concretizzato un pericolo per le loro vite; la principessa Ginevra, che dal canto suo non possedeva arti magiche né particolari attitudini in battaglia, si limitò a racchiudere in una coda i lunghi capelli biondi e a legarli con un nastro colorato che ornava le sue vesti per avere una maggiore capacità visiva.
Procedevano spediti, parlottando di tanto in tanto, quando si trovarono in un punto della foresta in cui la vegetazione era talmente fitta che soltanto pochi raggi del sole penetravano qua e là, lasciando ampie zone nell’ombra. Fu a quel punto che un verso animalesco attirò la loro attenzione. Un orso bruno, inconsueto per statura e per stazza, si diresse verso Artù, che con prontezza estrasse la spada, ordinando agli altri di farsi indietro. L’animale, sebbene a prima vista incutesse timore, sembrava nascondere una mitezza nei comportamenti che non passò inosservata. Sfoderò gli artigli dalle zampe e fece diversi tentativi di colpire Artù; tuttavia, era come se qualcosa lo frenasse. Artù cercò di parare indietro l’animale con la spada, ma, pur non colpendolo, ad ogni sferzata l’orso reagiva con maggiore aggressività. La scena era dominata da una tensione crescente che si manifestava dall’apprensione dei presenti per la sorte di Artù e, altresì, dal duello che questi stava ingaggiando con l’animale. Era evidente come quest’ultimo rispondesse alle mosse del re con una sorta di movimento a specchio: esso reagiva agli assalti di Artù in modo perfettamente identico. In realtà, i gesti non sembravano corrispondere affatto alle intenzioni dell’orso. L’espressione del muso e la curiosità che lasciava trasparire da ogni suo sguardo non avevano niente a che vedere con la durezza di una bestia feroce che vuole annientare la sua preda. Piuttosto i suoi grandi occhi neri esprimevano interesse verso gli atteggiamenti e le reazioni del giovane re. Dopo diversi minuti in cui né il plantigrado né il cavaliere avevano assestato alcun colpo, come se prendessero tempo a studiare l’uno i comportamenti dell’altro, Artù comprese la vera essenza della prova e lasciò cadere a terra la spada.
“Cosa fate, sire? In questo modo quell’orso vi ucciderà in men che non si dica!” urlò sir Lionel in direzione del re, estraendo la sua spada e porgendogliela. “Prendete la mia spada per combattere.”
Artù rifiutò l’arma del cavaliere e disse:
“Metti via quella spada, Lionel. Non ne ho bisogno; in realtà non c’è alcun bisogno di combattere. Se quell’orso avesse voluto davvero farmi del male, avrebbe potuto ferirmi in qualunque momento. I suoi tentativi di colpirmi non sono mai stati troppo convinti. Se non vuole fare del male a me, non vedo perché dovrei essere io a farne a lui.”
Sir Lionel ripose la spada nel fodero e chiese ad Artù:
“Quali sono i vostri propositi, sire? Come intendete procedere? Se vi sbagliate, vi ucciderà.”
“Stai a vedere se mi sbaglio!” esclamò sicuro.
Il re, quindi, si avvicinò pian piano all’orso, che ringhiava e si era posizionato come se fosse sul punto di attaccare. Dopo aver stabilito una sorta di contatto visivo con l’animale, si fece più vicino fino ad arrivare ad accarezzargli una zampa. Quando tutto il gruppo ormai temeva il peggio e Merlino si apprestava ad usare un qualche incantesimo per salvare la vita ad Artù, sebbene fiducioso nelle sue azioni, l’orso perse ogni accenno di ostilità nei confronti del re e si mise a sedere. Artù, così, poté accarezzargli il muso e la morbida pelliccia del dorso. Anche il plantigrado cercò di accarezzarlo e di giocare con lui, spettinandogli la chioma bionda. Questa scena accadde sotto gli occhi increduli dei cavalieri e della principessa Ginevra, a cui Merlino con grande sollievo spiegò:
“Il mondo magico è fatto così: le cose spesso sono diverse da come sembrano in apparenza. Soltanto se analizziamo tutti gli aspetti di quello che ci circonda, possiamo realmente dire di aver compreso il senso delle cose. Per giunta quell’orso non si comporta propriamente come un essere magico, ma ricalca più o meno lo spirito giocoso degli esemplari della sua razza: non attaccano nessuno se non si sentono in pericolo.”
“E un orso come è finito qui? Vi è stato condotto con la magia?” lo interruppe Ginevra.
“No, tutto quello che dimora qui è magico, quindi anche quell’animale deve esserlo; il suo scopo in questo luogo era quello di esaminare il comportamento di Artù. Tuttavia, l’animo buono del re è stato capace di riconoscere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Credo che la prova si basasse su questo.”
Improvvisamente l’orso bruno scomparve davanti ai loro occhi e si udì di nuovo la voce della ninfa che aveva trasmesso il messaggio ad Artù.
“Artù Pendragon, ancora una volta vi siete dimostrato degno. Le vostre azioni sono state nobili al pari del vostro cuore. Avete dato prova di saper riconoscere il bene dal male e di comprendere i veri pericoli che possono scalfire l’animo umano. Avanzate e ricevete la ricompensa che avete meritato. Nelle vostre mani potrà fare grandi cose. Si trova lì ormai da molto tempo e aspetta che il suo legittimo possessore la raccolga. La troverete sotto i fiori del giglio bianco, che rappresentano la purezza del vostro cuore. Ora e in futuro il vostro lignaggio e quello delle persone a voi leali troveranno in questo fiore la forza e il coraggio per le grandi prove che li attenderanno. Ricevete, dunque, quello che vi spetta.”
La voce della ninfa scomparve in un eco e Artù si avvicinò alla pianta del giglio che gli era stata indicata. Scostò i fiori e alla sua vista si mostrò una spada incantata e brillante, incastonata in una roccia. Alla base della roccia Artù trovò un’ulteriore riprova che lodava la sua grandezza e quanto era destinato a fare. In una targa del colore del bronzo e dall’apparenza millenaria erano incise queste parole: “Artù, re una volta e re in futuro”.
Merlino, che gli si era avvicinato, lo esortò ad estrarre la spada.
“Artù, tutti questi segni che oggi avete trovato lungo il cammino elogiano il vostro operato e vi riconoscono una magnificenza nel cuore e nelle gesta che nessun re potrà mai eguagliare. Guardate, è il vostro destino.” disse, richiamando l’attenzione sulla targa. “Estraete la spada!”
“E’ saldamente fissata nella roccia. Cosa ti fa pensare che io ci riesca? Le mie azioni, per quanto grandi possano apparire ai più, sono comunque prive di qualunque magia. Prendere quella spada, invece, mi sembra impossibile senza il suo utilizzo.”
“Suvvia, sire, la spada è stata donata a voi e pertanto siete l’unico in grado di estrarla. Poi, se è la magia che cercate, ricordatevi dove ci troviamo e che potete trovarla tutta intorno a noi. Coraggio!”
“Va bene.”
Artù fece un lungo respiro, si avvicinò alla roccia e allungò la mano sinistra sull’elsa della spada. Fu colto da un istante di esitazione, ma scacciò immediatamente ogni turbamento lo affliggesse e, confidando in coloro i quali erano sempre stati al suo seguito per aiutarlo a costruire il regno che tutti sognavano, provò a tirare. Avendo bene impresse le parole di lode con cui erano stati celebrati i suoi valori e le sue imprese, riuscì ad estrarre la spada, che, puntando verso l’alto, inondò di luce ogni cosa nel compiacimento generale dei compagni di viaggio del re.
“Questa spada sarà una mia fedele compagna d’ora in poi e testimonierà la lealtà che voi tutti mi avete mostrato qui oggi. Non c’è gioia più grande per un re che vedere la stima impressa sui volti delle persone che gli stanno a cuore. Vi ringrazio per aver condiviso con me un momento così importante.” concluse Artù commosso.
Ginevra e i cavalieri si avvicinarono ad Artù per congratularsi con lui e per ribadire la loro piena fiducia nelle sue azioni. Il suo eroismo fu in qualche modo celebrato anche dalle creature magiche del bosco, che mostrarono al re la loro vicinanza e il loro apprezzamento mediante simbolici giochi di luci che si accendevano e si spegnevano qua e là in un tripudio di colori. Tra l’emozione di tutti, Merlino prese la parola:
“Tutti noi dobbiamo dimostrare di essere un valido aiuto per il mondo che state costruendo, sire; dobbiamo darvi prova ogni giorno della nostra lealtà e farvi da supporto per le questioni più difficoltose che si presenteranno. Avremo bisogno gli uni degli altri per superare gli ostacoli che troveremo davanti a noi e nulla ci fa più piacere che condividere con voi la strada che avete intrapreso. Il cammino sarà lungo e difficile, ma potrete contare su ognuno di noi, che si tratti dei vostri cavalieri, dei vostri affetti o di un vecchio mago che vi ha visto nascere. Ora sarà meglio riprendere il nostro viaggio perché la storia di Camelot è soltanto all’inizio ed è ancora tutta da scrivere.”
   
 
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