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Autore: robyzn7d    21/11/2021    5 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
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STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XXII  
Nel silenzio della notte. 
O quasi. 
 
 
 
 
 
 
 
Avvolta nell’oscurità, Nami stava iniziando a recuperare le sue facoltà mentali e, quando riaprì gli occhi, dopo un lasso di tempo che era impossibilitata a conoscere, si ritrovò a fissare il cielo stellato che faceva da sfondo alla polena della Sunny, il luogo preferito del capitano. 
L’illuminazione era appropriata a quella situazione, non dava fastidio agli occhi e si approcciava perfettamente a quel profumo che sentiva sotto al suo naso. 
Era notte, ma non sembrava ancora indirizzata verso l’alba e, senza pensare troppo alla cosa, al come fosse finita lì sul ponte e il perché, la cartografa risollevò di scatto la testa, poggiata sopra una spalla dura, tossendo piano, come per non voler fare troppo rumore. La coperta che aveva addosso le scivolò appena giù dal corpo e qualche strano ricordo iniziò a ritornarle in mente, soprattutto quando vide che quella non era la sua unica fonte di calore, e che non era per il freddo quel brivido che la stava attraversando da testa a piedi. Un brivido amplificato poiché resasi conto che due braccia forti la tenevano stretta in vita, generato da quel risveglio improvviso e dalla sensazione di una presenza accanto a lei. Una presenza che, non solo il suo inconscio aveva riconosciuto dal profumo ancora prima di vederla, ma dal fatto che la stava osservando da lungo tempo, probabilmente anche mentre dormiva, e che, nonostante tutto, rimaneva immobile. 
Voleva chiamarlo, dire il suo nome, chiedere spiegazioni mentre la testa le si riempiva piano dei ricordi della serata, ma la sua bocca era così impastata da non riuscire ad emettere nessun suono. 
“Continua a dormire…” 
Quelle parole sembravano un rimprovero, e provenivano da quelle labbra che erano spaventosamente troppo vicine alle sue. 
Diede un’occhiata svelta alla situazione, all’ambiente, all’atmosfera. Il verde, sotto il suo prosperoso e leggiadro corpo, era seduto come suo solito sul ponte della Sunny, con la schiena poggiata alla balaustra, ma le braccia, che solitamente posizionava dietro alla testa per farsi da cuscino, stavolta cingevano lei, che, a quanto pare, si era completamente assopita su di lui. 
“Non riesco a ricordare granché…”
Ancora un po’ in imbarazzo, era riuscita finalmente a pronunciare qualche parola, dopo vari tentativi, liberando la bocca e potendo dar fiato alla sua indispensabile voce, seppur priva della solita tonalità aggressiva e della sua alta gradazione. La testa era pesante e il respiro poco moderato, ma nonostante queste problematiche non aveva mosso un dito per separarsi da quel bellissimo calore, seppur si rendesse conto di non stare mantenendo i suoi buoni e necessari propositi. E nemmeno quelli di Zoro. 
Ma come erano finiti così? 
Iniziava ad aver paura dei suoi stessi ricordi che prendevano posto nella testa. Dentro c’erano baci irruenti, carezze inaspettate, sensazioni spaventose che la inebriavano, e quella vicinanza con lui di certo non l’aiutava, seppur di staccarsene non ne voleva sapere. Era successo senz’altro qualcosa d’importante che doveva riuscire a ricordare meglio. 
Lo vide girare la pupilla altrove, scocciato come sempre di recente, e nonostante il buio, capace di nascondere le sue emozioni, e nonostante la sua solita riluttanza nel trovarsi in situazioni simili, era sicura di scorgerci un leggero imbarazzo sulle sue gote maschili, anche se, e Nami non aveva bisogno di essere completamente lucida per capirlo, la presa che aveva con le braccia su di lei, rimaneva ben salda e sicura. 
 
Quando posò la pupilla nuovamente su di lei, Zoro guardava intensamente Nami che lo fissava a sua volta, in uno sguardo estremamente teso, più che rilassato, forse leggermente preoccupato, duro anche, ma soprattutto protettivo.  
Era certo che si trovava in quella situazione per colpa di Franky, e anche per un capriccio della rossa, naturalmente, ma quello che si domandava, e che Nami non poteva certo immaginare, era se quella situazione fosse anche un po’ colpa sua, dopotutto. 
Se lui era lì, a farle da materasso, da cuscino, da coperta, da spalla, completamente alla sua mercé, era perché lo aveva voluto anche lui o si faceva davvero manipolare come un babbeo? 
Non ebbe risposta immediata e si rassegnò a sé stesso e alle richieste lunatiche della sua compagna. Lui, comunque, aveva preso una decisione che avrebbe mantenuto, ma che non comportava necessariamente smettere di starle accanto, in fin dei conti.
“Continua a dormire, Nami” 
Sapeva che era assonata, lo poteva scorgere da quel suo sguardo perennemente confuso e stanco. E fu sollevato quando la sentì poggiare nuovamente la testa rossa sulla sua spalla e stringerlo in una presa delicata sui bordi dello yukata nero all’altezza del petto. 
Sospirò rilassato, chiudendo il suo di occhio, ma senza però dormire veramente – perennemente in guardia. 
La serata per lui non era finita, aveva ancora un bel da fare per proteggere ciò che aveva di più caro al mondo: i suoi compagni.  
 
 
 

Sanji non aveva messo la sveglia presto come al suo solito quella mattina, ma nessuno probabilmente si sarebbe reso conto di tale mancanza, dal momento che tutta la ciurma doveva affrontare i postumi della serata passata insieme in paese. Infatti, nonostante ciò, fu comunque il primo a trovarsi in cucina, sospirando allegro e soddisfatto della sua, rivelatasi accurata, previsione. 
Approdato dietro ai suoi amati fornelli, aveva avuto la brillante idea di preparare direttamente pranzo e colazione insieme, cucinando tutto il cibo che avevano a disposizione, poiché tanto avrebbe fatto rifornimento quello stesso giorno. 
Un sorriso strano però il suo, se gli altri avessero potuto vederlo si sarebbero potuti preoccupare. Sorrideva, felice di tagliuzzare mandarini, arance, limoni, tutti aromi che ricordavano Nami, e preparare il caffè per la dolcissima mora. Ma quando poi aveva preso ad occuparsi del cibo dei ragazzi, il suo sorriso riusciva a mutare energicamente. Niente di strano, in realtà, se non fosse che non era un'espressione arrabbiata, quanto rassegnata. 
Quella mattina c’era qualcosa di diverso nel cuoco; che stava forse iniziando ad affrontare una verità che non poteva più evitare? 
Con i preparativi avviati, i primi profumi iniziarono a spandersi su tutta la Sunny, richiamando uno alla volta, ognuno con i suoi tempi, tutti i componenti che l’abitavano. 
 
 
 

Non si sarebbe aspettata di passare un’intera nottata da sola con lui. Ciò nonostante, a dispetto di tutte le paure, aveva come la sensazione di essere stata audace, sciolta nel suo prendere in mano la situazione, essendosi pure divertita. 
Nami sapeva di essersi sentita felice per un certo momento, almeno, più felice di prima. Sentiva che Zoro, nonostante tutto, stava davvero facendo progressi e forse, prima di unirsi a lei, non sarebbe poi passato così tanto tempo come aveva creduto. 
Si svegliò con le membra martoriate e con quel forte pensiero che pulsava nella testa.
Il sole in quel momento era alto e filtrava da sotto la porta insieme a d’un gradevole odore di cibo. 
Aspetta, la porta? Ma sono in camera mia? E come e quando ci sono arrivata? 
In un gesto involontario si passò una mano sul volto arrossato - Nami non avrebbe saputo dire se per l’imbarazzo per certe immagini che le stavano obnubilavano la mente o per i postumi dell’ubriachezza molesta della sera passata - stropicciandosi gli occhi gonfi. Si alzò lentamente col busto, esausta, ancora oscillando, seppur seduta. 
Rimase piegata in due sul letto ancora per qualche secondo, stordita e senza sapere perché si sentisse così agitata a partire proprio da un male che saliva dallo stomaco. Aveva come una brutta sensazione di aver detto qualcosa che non avrebbe dovuto dire. Allungò il braccio per cercare di raggiungere qualsiasi cosa assomigliasse a un bicchiere d’acqua, talmente iniziava a sentirsi disidratata, ma riuscendo però a toccare solo l’aria. 
Poi, una porta bruscamente spalancata l’aveva distratta dalla sua azione, oltre che farle venire un mal di testa ancora più acuto. 
“Ah, sei sveglia!” 
Rin si era fiondata come un animale senza controllo nella stanza, per recuperare la preziosa sua spada dimenticata sul tavolo. “Colazione, colazione, colazione” gridava entusiasta, dal momento che non riusciva più a trattenere un evidente stomaco brontolante. 
“Rin!” l’ammonì severamente la madre con i denti a squalino “dacci subito un taglio!” 
“Ok” s’imbronciò per due secondi la piccola per poi tornare a sorridere di tutta fretta. Ma la rossa riuscì ad afferrarle il braccio prima di vederla scomparire dalla porta. “Sai per caso come sono finita in questa stanza?” 
La rossa junior ancorò saldamente la Wado al suo fianco nella cintura dei pantaloni, guardando poi la mamma con un sopracciglio alzato. “Ti ha riportata Brook quasi all’alba. Non ricordi niente?” 
 
Nami si alzò goffamente cercando di afferrare il primo cambio che le capitava a tiro e raggiungere la cucina, e, sbadigliando sonoramente, uscì dalla stanza con uno strano umore infastidito addosso. 
Vi trovò i suoi compagni tutti già riuniti - lei a quanto pare era stata l’ultima a svegliarsi - intenti in una discussione poco amichevole che lei aveva interrotto con la sola presenza, dal momento che la sala si era ammutolita all’improvviso. 
“Che diavolo vi prende?” 
La sua voce seccata risuonò nella cucina, silenziando ogni rumore. Allungò subito il braccio per togliere la sedia da sotto al tavolo e sedersi, per usare lo stesso per reggersi la testa dolorante. Nel sedersi, non aveva comunque perso la sua compostezza, accavallando le gambe involontariamente in maniera sensuale, mentre si concentrava nel mettere a fuoco tutte le persone presenti in quella stanza. 
La rossa scoprì Zoro guardarla in modo criptico, terribilmente agitato. Ebbe un sussulto impossibile da non notare, quando quello scambio di sguardi la riportò all’improvviso nuovamente di molte ore addietro con la mente.  
 
 
Le loro labbra unite ancora una volta. Divoratrici di sensazioni. Ma non in strada, non in paese, questo era un’altro ricordo, nuovo, mai visto prima. Loro erano su quel ponte in cui si era svegliata tra le braccia di Zoro, in quella notte tentatrice, affamati uno dell’altra; scomposti, ubriachi, con i corpi ancora caldi, e con lo sguardo colpevole, come chi a parole dice qualcosa ma a fatti ne fa un’altra. 
Due corpi irrequieti, ma pieni di un’amore che aveva bisogno di essere consumato, si strofinavano senza osare troppo, con una volontà di ferro, quella di Zoro, e un senso di colpa verso sé stessa, quello di Nami. 
La stessa che in quel momento si aggrappava a quelle spalle grandi rovesciando la testa di lato lasciandogli campo libero sul suo collo candido, in cui i canini di quell’altro, in un momento di totale debolezza, si fiondarono a violarle per la prima volta la pelle del corpo, in quel modo violento, lasciandogli sopra un segno violaceo. Come era stato inebriante sentire quelle labbra di lui sulla sua pelle, così tanto efficaci che il dolore per la violenza di quell’agguato era passato in secondo piano. 
 
 

Involontariamente Nami si portò la mano proprio in quel punto sulla sua pelle, rivivendo quel momento nello stesso modo di come lo stava ricordando. Le doleva leggermente, ma non le preoccupava affatto questo dettaglio in particolare, quanto le interessava aver visto come la stessa passione che aveva lei, che ormai condizionava le sue emozioni, poteva accecare anche Zoro. 
Lo notò guardarla con insistenza, e forse aveva capito anche lui cosa esattamente stesse ricordando, visto dove si era portata la mano. Era diventato ancora più agitato. E Nami adesso ne aveva intuito il motivo principale di quel suo stato. 
 
Aveva un presentimento, Nami, sentiva che quella giornata aveva di che peggiorare, soprattutto, quando era diventato chiaro che Zoro aveva deciso di punto in bianco di ignorarla volontariamente, guardando altrove. 
Che fosse imbarazzato per quel livido? O per ciò che avevano fatto la notte? Che si sentisse in colpa? 
Il silenzio comunque in sala era rimasto, e Nami era certa che non centrasse affatto il suo livido, d’altronde nessuno poteva realmente farci caso tranne lui. Lasciato perdere Zoro, aveva osservato tutti uno per uno, a partire da Usop, che mangiava la sua zuppa guardando solo il piatto; e poi il piccolo Chopper, distratto con un libro, in cui ci nascondeva dietro la faccia; e Robin, che sorseggiava il caffè, mentre tagliuzzava qualcosa nel piatto di Rin con tutte quelle sue mani; Rufy, con davanti agli occhi una montagna di cibo che lo teneva occupato; Franky e Brook, che si tiravano continue gomitate, con le delle facce colpevoli sui loro volti; e infine Sanji, che la guardava in modo strano, con aria forse fintamente serena, il che non era da lui, e solo quando tutti si calmarono dopo la scenetta sconcia, le servì la colazione barra pranzo davanti agli occhi. 
Era come se tutti avessero fatto un tacito accordo, di non parlare assolutamente della serata e delle sue conseguenze. Ma poi, quali conseguenze, se non provare un devastante mal di testa? Per Nami era come se tutti fossero coscienti di quell’accordo tranne lei, esclusa per qualche stupida ragione dal contratto. 
Quella mattina tutto stava andando nella direzione sbagliata. Dal giramento di testa, alla nudità servita per pranzo, ai suoi capelli lunghi che non riuscivano ad essere ordinati che facevano da contorno di un aspetto poco riposato. E, come se non bastasse, aveva perso il sacchetto coi denari vinti la sera prima, non riuscendo a ricordare dove lo aveva riposto; perduto metà dei ricordi della serata di cui sentiva certe emozioni che non riusciva a catalogare come sogno o verità, che le rendevano difficile ragionare; e, tanto per aggiungere la beffa al danno, i compagni si comportavano in quel modo bizzarro che non riusciva a decifrare. 
Stringeva i pugni stizzita, nervosa com’era, e pessimista anche, seppur non quanto Usop o Robin, aveva già compreso che la sua giornata sarebbe stata una lunghissima giornata, e se è vero che quelli non avrebbero parlato ci avrebbe pensato lei a far sputare la verità ad ognuno!
 
 
 
Dal momento che Franky aveva occupato il suo letto, sdraiato accanto a Robin, che di conseguenza dormiva con Rin tra le braccia, Nami era ritornata rapida sul ponte, in quel buio pesto ma magico, con la testa che vorticava in quella sensazione tra sogno e realtà, sotto un cielo di stelle luminose in una cornice estremamente scura, seguendo la bellezza di quella condivisa solitudine e la sagoma distesa a terra, in quel modo che avrebbe detto “da selvaggio” ma anche estremamente eccitante, di Zoro. 
‘Col cavolo che dormo sola’, aveva pensato la rossa mentre ferma sulle scale lo guardava. Doveva ammettere che lui aveva il suo fascino. A guardarlo in penombra, seppur con quel suo fare rozzo e scomposto, non riusciva a pensare ad altro. Ma certo era che lui si compiaceva già abbastanza di sé stesso da solo, non c’era bisogno che lei alimentasse il suo ego. 
Nella testa di Nami, quella sera, scomparirono già per la seconda volta tutti i limiti che si era autoimposta, tutto quel ‘non devo toccarlo’ andò a farsi benedire da qualche parte lontano da lei. 
Avvicinandosi di soppiatto, si sedette a cavalcioni rapida sulle sue gambe incrociate, gettandogli le braccia al collo e trascinandogli il volto sopra il suo. 
“Nami!” la rimproverò severo, “non stavi andando in camera a riposare?” 
Grugniva Zoro, grugniva come un animale selvatico che perdeva la testa quando si imbatteva in qualcosa di sconosciuto cui era incapace di controllare. 
Nami annuì, mordendogli l’orecchio destro e toccandogli l’altro con le dita, facendo tintinnare i tre orecchini che rimbombavano in eco in quel silenzio notturno. “Si, sono andata fino in camera, in effetti” gli respirò addosso, alzando la testa improvvisamente su di lui e fermando quell’amorevole viso tra le mani, guardandolo attentamente. “Sei così bello stasera!” 
“Sei ancora ubriaca, vedo.” Le fermò i polsi, ricambiando il suo sguardo serio. “Ne abbiamo già parlato!” 
“Ma come…fai il geloso, e poi non ti prendi nemmeno quello per cui hai lottato?” 
“Quel ragazzino? Non era certo una battaglia quella…” 
Sghignazzò orgoglioso, convinto di sé stesso come al suo solito. Le abbassò le braccia sui fianchi, senza però smettere di tenerla buona, mentre sosteneva il suo sguardo. 
Zoro vide affiorare sul volto di Nami un sorriso traditore, rendendo le sue labbra ancora più invitanti. 
“Pompato spadaccino! Vorrà dire che cercherò un avversario più adatto, la prossima volta!” 
Nami sentì il corpo sotto si sé indurirsi e la voce che arrivò subito dopo alle sue orecchie, inasprirsi. “Smettila di giocare con me!” 
“Oh” esclamò sorpresa quando quelle due forti mani lasciarono i suoi piccoli polsi immediatamente per correre sulla sua schiena e stringerla in una reazione involontaria, minacciato da qualcosa che nemmeno esisteva.
 “Che intenzioni hai?” Per la rossa era troppo facile farlo smuovere. Lui non si rendeva minimamente conto, ma era un allocco, poiché bastava una frase, due parole di troppo, e la sua gelosia prendeva il sopravvento. 
L’aveva trovata, quindi, la chiave per farlo scattare in quel tipo di situazione. Sinora le aveva trovate tutte le sue chiavi, tutte tranne che quella, poiché non aveva certamente mai creduto che potesse provare questo forte sentimento nei suoi riguardi. Contro di lui, per manipolarlo, aveva sempre usato l’onore, il criticarlo per non sapere mantenere le promesse, mettere Sanji su un piedistallo, e ora quella, la gelosia per lei. 
Bingo. 
Nami quella sera aveva fatto bingo.  
 
 
 

Zoro avrebbe dovuto prestare più attenzione ai compagni, al cibo, agli odori, ai suoi allenamenti da riprendere con effetto immediato, eppure, ogni suo singolo pensiero, in quel momento, era orientato verso quell’ultima figura entrata nella cucina, che gli aveva appena fatto perdere un’accidenti con quella scollatura sbandierata ai quattro venti, evento che aveva cancellato in pochi secondi l’aspetto devastato dagli effetti della sbornia stampato sulla faccia, lasciando in bella vista quel livido sul collo che lui le aveva stampato involontariamente nel momento in cui pensava di non riuscire a trattenersi più. 
E l’altro pensiero era fossilizzato sul fatto che da lì a poco ci sarebbe stata senz’altro una catastrofe a causa di quel cuoco della malora, che nel frattempo cercava di lisciarsela per bene.  
Non poteva farne a meno, era stato esplosivo per lui lasciarsi un po’ andare quella sera, e, per ora, poteva anche saziarsi così. Per ora. 
Mentre aspettava l’apocalisse scatenarsi, anche la sua mente venne invasa da ricordi e pensieri su alcuni eventi accaduti in quella notte, uno tra questi era estremamente importante per lui: quando aveva fatto un passo indietro. 
 
 
Era tornato per lei, per accertarsi che stesse bene e che riuscisse a camminare, accantonando l’orgoglio da parte per una sola serata. E, nonostante fosse convinto che quella sua sicura e decisa uscita di scena era stata appropriata, poi si era subito pentito, resosi conto che non poteva certo lasciare Nami così indietro da sola, in preda ai deliri dell’alcol, barcollante ed emotivamente provata. 
E sebbene fosse ben consapevole che lei ne sapesse una più del diavolo, e che probabilmente sarebbe comunque riuscita a tornare alla nave lo stesso senza il suo aiuto, si disse che il suo cuore non avrebbe sopportato una simile noncuranza, seppur lui interveniva solo in casi seri di pericolo. 
“Forza, ti aiuto ad arrivare alla Sunny”
“E chi ti ha chiesto niente…” 
“Ma sentila…” 
 
 
 
 
 

In fondo, i festeggiamenti dopo il tramonto erano stati divertenti, soprattutto trovandosi al largo per tanti giorni senza toccare mai la terra di un'isola così accogliente. 
C’era il profumo dell’estate che se ne andava, di un’atmosfera che si preparava rapida all’inverno, saltando l’autunno. Il sole, non caldo, era già alto, risplendendo sull'acqua bluastra rendendola così invitante, seppur fosse sicuramente ghiacciata. 
Cercò di non perdersi d’animo, Nami, pensando a come avrebbe potuto sfogarsi sui suoi compagni, in qualche modo.
Ma, mentre ci rifletteva sù, uscita dalla cucina per prendere un po’ d’aria fresca e pensare a come far parlare la ciurma, affacciandosi sul parapetto che dava sul ponte principale, la sua giornata peggiorò ancora di più. 
“CHE DIAVOLO È SUCCESSO QUA?” 
I compagni continuarono nel loro stato di mutismo assoluto, rimanendo ancora immobili sul posto attorno al tavolo in cucina, mentre sudavano freddo.
 
 
 
 
“Hai sentito cosa ha detto Sanji stasera?”
La sentì ridacchiare, distraendolo dalla concentrazione che aveva mentre le sfiorava le spalle con le dita, in un gesto quasi impercettibile. 
“Ne dice tante di sciocchezze quello.”
Non rispose subito Nami, annusandogli la tempia, strofinandole la sua contro. Ormai ci stava così bene sopra di lui, sotto il cielo a fare da testimone a quegli scambi di strane effusioni, che se Franky non le avesse occupato il letto non avrebbe vissuto. 
Le loro labbra incollate una sull’altra in un baleno, poiché anche sentire il nome del cuoco in un momento delicato come quello, lo faceva ingelosire indirettamente, riappropriandosi di quelli che considerava adesso i suoi luoghi sicuri. Le labbra di Nami erano sempre così morbide, e sapevano di buono, proprio come lo ricordava, anche se poi non è che fosse passato poi molto dal bacio al porto, mentre si lasciavano alle spalle il paese. 
“Secondo te, come è successo, tra noi, senza l’improvvisata di Rin?” 
Vederla sorridere così felice, lo contagiò, provocando un sorriso divertito anche in quel viso quasi sempre imbronciato, regalando a sua volta un’espressione vagamente curiosa alla rossa, che si divertiva a sua volta. Sentiva qualcosa di forte solleticarle lo stomaco e anche il cervello. Che cosa le stava succedendo? 
“Mi avrai ricattato senz’altro.” 
“Ah! Vuoi dire che ti dispiace?” 
“Voglio dire, che una sera hai approfittato del mio essere alticcio per diventare la donna del miglior spadaccino del mondo!” 
“Ma sei serio?” 
“Quindi, che ha detto quel cretino?” 
“Che io ho scelto te quando potevo avere lui.”  
 
 
 
 
Zoro aveva aperto l’occhio a causa di movimenti sospetti nella zona adiacente alla nave, la mano svelta era scivolata sull’elsa delle spade lasciando per un attimo la schiena della compagna che, di reazione nel sonno, mosse appena la testa; ritornando a rilassarsi però in fretta quando vide comparire una testa bionda, un cappello di paglia e un afro, sul ponte, che facevano ritorno dalla festa. 
Scapestrati e su di giri, i tre stavano urlando e cantando canzoncine idiote che intonava Brook, con Usop caricato sulla sua spalla che mimava le parole esausto e applaudiva a singhiozzo, mentre gli altri inventavano dei testi sconclusionati. 
Masticando improperi contro di loro, lo spadaccino grugnì indemoniato.
“E fatela finita!” Gettò immediato un occhio sulla compagna che per fortuna non si era risvegliata. 
“Eccolo, nemmeno arrivati che testa d’alga rompe già” bofonchiò spegnendo la sigaretta e gettandola via dal ponte. “Non ti sai proprio divertire!” 
“Stai zitto, non sai di che parli, idiota!” 
Il capitano aveva superato Sanji, raggiungendo euforico lo spadaccino, seppur sembrasse crollare da un momento all’altro. “Ohi, Zoro! Ho visto un uomo che ti somigliava” 
“Ah sì?” 
“Non trovava la strada per tornare a casa!ehehe” 
Dietro alla testa dello spadaccino si formò una goccia d’acqua, che diventarono due quando il capitano esclamò “ma c’è Nami lì con te” e diventarono tre, quando un po’ più indietro il cuoco implose con un
 “COSAAA?”  
 
 
 
Ad un certo punto si percepiva un'aria malinconica tra loro. Per quanto l'alcol traboccasse ancora nei loro corpi, e la musica da violino del paese era cessata da tempo. 
Ancora una volta così, dopo aver respinto la reciproca eccitazione e voglia di unirsi in un unico amore.
Quella notte, mentre Zoro aveva cercato il più possibile di stare lontano fisicamente da Nami per l’ennesima volta, convinto di poterle fare del male a causa delle sue emozioni che la rendevano instabile ai suoi occhi di samurai abituato ad essere sempre controllato, quindi ad un altro tipo di educazione che gli rendeva difficile capire le altre, e una Nami che invece si allontanava mentalmente per l’ennesima volta da lui, poiché impossibilitata ad accettare di essere esclusa da quella mente e dal quel cuore, poiché lei nata sotto l’idea di amore e condivisione familiare, non riuscendo a capire il perché del precludere l’amato dai propri pensieri, i due riuscirono comunque a fare progressi più maturi.
“Zoro?”
“…”
“Ecco…ormai l’ho capito sai…, anche se ne vuoi stare fuori, tu ormai sei dentro di me comunque.” 
La rossa aveva aperto leggermente la bocca per parlare, per qualcosa che sentiva da molto tempo ma che non riusciva mai a prendere una forma né sotto sembianza di parola né di sentimento. 
Quella cosa che aveva appena detto sconvolse Zoro. Lo stupore nei suoi occhi era chiaro, solo un cieco avrebbe potuto non notarlo e questo le impedì di parlare ancora. 
Non sapeva se far finta di niente, se continuare a guardarlo, se spiegarlo o se dare merito che fosse la stanchezza e l’alcol a giocarle brutti scherzi. 
Ormai la ragazza riusciva a interpretare bene commenti severi del compagno nei loro battibecchi, mentre non si era mai del tutto abituata ai suoi silenzi, che avevano iniziato ad essere sempre più frequenti da quando si erano ritrovati dopo i due anni di lontananza. 
Era sempre stato così tra loro: dialoghi mascherati da diversi significati, quando espliciti, irruenti, quando muti, solidali.
Ma adesso? 
Lei aveva sentito l’urgenza di dire qualcosa in più, di coprire quel silenzio con una verità che stupiva anche lei.
Lo spadaccino si voltò, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi, grattandosi la nuca a disagio, in quel dettaglio che lo riguardava e che lei conosceva così bene. 
Si sentiva fuori posto se si trattasse di esternare a parole qualcosa che non sentiva il bisogno di dire. Lui che era un guerriero, un samurai, uno spadaccino. Ripensò alla frase di Rin, quella di Mihawk, sull’allenare il suo cuore. . .Era davvero così debole da non poter affrontare ciò che provava per Nami?
Quello che sentiva per lei era così primitivo, in un certo senso, ma anche talmente importante da renderlo una persona che migliorava costantemente, che imparava a scendere a compromessi, dalla quale aveva imparato che spesso l’apparenza inganna e che, soprattutto, lo aveva riportato ad essere più sereno con le amicizie femminili, di cui lei, dopo tanti anni, era stata la prima amica dopo Kuina, e che adesso aveva quel potere di riuscire a spaventarlo anche più di ogni avversario che avesse mai affrontato, perché non era allenato per questo, non sapeva come difendersi da questo.  
 
 
 
Quando gli altri erano ritornati alla Sunny, lui aveva una Nami profondamente addormentata poggiata contro il petto, la testa sulla spalla e le gambe sopra le sue nascoste dalla coperta che quella mattina Robin gli aveva dato per asciugarsi.  
Per il cuoco era una bellissima visione, assopita, indifesa, così piccola e delicata se paragonata a quel corpo invece ingombrante del compagno che ne inquinava la vista col suo solo essere. Soprattutto, quando notò, su quel collo scoperto, una chiazza violacea informe, che bastò per incendiarlo. 
“Bastardo!”  
Zoro aveva perso il conto di quanti insulti, squittii, imprecazioni gli aveva già sentito esternare, facendolo innervosire più del dovuto. 
Brook ridacchiava e Rufy si toccava la pancia piena, con le sopracciglia alzate e l’espressione curiosa, dal momento che era la seconda volta in cui lo trovava in situazioni “strane” con Nami. 
“Volete piantarla e andarvene da qua?”
Gracchiò, leggermente imbarazzato ma più che altro nervoso per via del cuoco, che sapeva punzecchiarlo al punto giusto e che non aveva intenzione di sopportare in quella fase da cavalier pedante…
“Certo, così puoi rimanere solo con Nami a farle chissà che cosa, dico bene?” 
“EEEEH?”
“Cosa le hai fatto? Guarda che lo so che non era in sé!” 
Furioso per tali insinuazioni, affatto originali tra l’altro, Zoro scattò in piedi lasciando Nami avvolta nella coperta, tra le braccia di un sorpreso Brook. 
“A parte che non sono affari tuoi, ma Nami non è semplicemente potuta rientrare in camera perché Franky si è addormentato lì!” 
“Cosaaa? Franky dorme in camera con Robin??? AAAAAAAA ma che diavolo sta succedendo su questa nave? FRANKYYYY!!! Maledetto cyborg maniaco approfittatore vieni fuori!!!”  
 
 
 
 

Il ponte della Sunny era letteralmente distrutto: con il prato stracciato, falciato e bruciato; con la balaustra del secondo piano sfondata; la vela praticamente scomparsa.  
Nami lo aveva intuito che quella giornata sarebbe stata un buco nero nella sua vita, e non avrebbe potuto sicuramente migliorare, soprattutto quando vide la sua sdraio disintegrata. 
Rientrò in cucina, trovando i protagonisti di quella scenetta intenti a fare finta di niente, mentre però sudavano freddo allo stesso modo di prima. 
“Tranquilli” decretò convincente, “per il mio bene non ho nessuna intenzione di prendermela a male…” 
Vide gli occhi di Rufy sgranarsi e un sorriso comparire sul suo volto “ah, no?”
“No”rispose decisa e calma, avvicinandosi però in modo troppo sospetto a quelle che sarebbero state le sue vittime. 
Rufy, Zoro, Sanji e Franky finirono a terra tutti allo stesso modo, mandati k.o da quello che aveva appena ribattezzato ‘pugno killer post sbornia’. 
“Ripeto: non lo voglio proprio sapere cosa diavolo vi passa per la testa ultimamente…perché sicuramente se ve lo chiedessi, me ne pentirei amaramente! Non mi frega nulla delle vostre stupide questioni da maschi frustrati…rimettete tutto a posto e aggiustate ogni diavolo di danno che avete fatto…e con i vostri soldi per giunta… mi sono spiegata?” 
“SI” risposero svelti i quattro ancora schiacciati a terra. 
Il cyborg era un eccezione quella volta, mai preso di mira in quel modo dalla rossa come di solito capitava a quei tre.
“Allora è così che vi fa sentire ogni volta…” puntualizzò, pieno di senso di colpa. 
 
 
Franky si era presentato sul ponte, visto che aveva sentito chiaro e tondo il cuoco chiamarlo e insultarlo. 
“Che diavolo vuoi, Sanji?” 
“Chi ti ha dato il diritto di dormire in camera delle donne?” 
“È per questo che mi hai svegliato???” 
Zoro aveva sguainato la spada già da prima, d’altronde era l’unico modo che conosceva che lo aiutava a scaricarsi. 
“Brook porta dentro Nami!” 
“Ma Sanji che succede? 
Aveva chiesto un Rufy confuso, mentre si grattava la testa. 
Vide il biondo voltarsi e indicare lo spadaccino “hai visto quel segno sul collo di Nami? È stato lui a farle del male”
“Zoro?” lo guardò furioso. “Hai fatto del male a Nami?” 
Non sentendo risposta, ma solo vedendo come lo spadaccino inghiottiva un magone bloccato in gola, il capitano scattò rapido infuriato, preparando un pugno e colpendo lo spadaccino dritto nello stomaco, scaraventandolo sulla sdraio della cartografa che venne distrutta in un colpo solo. 
“Ho un capitano deficiente!” Aveva brontolato mentre veniva sbalzato sulla plastica. 
Franky aveva risposto con un raggio laser verso il cuoco, incendiando però parte del prato, dal momento che Sanji, per schivare l’attacco, aveva saltato verso l’alto, ma era talmente brillo, che perse la stabilità in volo, arrampicatosi così alla vela, tirandola giù con tutta la sua forza mentre precipitava a terra. 
“Suuu ragazzi ma siete dei bam umh bambini…che stateeee Uhhg facendo” il povero cecchino era stato abbandonato alticcio sul pavimento a coprirsi la testa ogni volta che vedeva qualcuno venire scaraventato da qualche parte. 
“Stai facendo tutto questo caos per gelosia” aveva ribattuto il robot nervoso di essere stato svegliato. “Mi sono solo appisolato per proteggere Rin”  
“Che scusa patetica” 
“Rufy maledetto…smettila di farti rifilare cretinate dal sopracciglione…non vedi che è solo invidioso”
“Ripetilo” 
“Ma insomma” il ragazzo di gomma finì sul cornicione del secondo piano lanciato da Zoro. “Chi dei due ha ragione?” 
“Stanno minando l’equilibrio della ciurma questi due egoisti ingrati” 
Aveva ribattuto il cuoco, con lo sguardo accecato da quella immagine che gli si proponeva nella testa di quel segno violaceo sul collo della navigatrice. “E solo un selvaggio come te profanerebbe quella pelle diafana, maledetto” 
“Devi smetterla di intrometterti, hai capito?” 
“Zoro hai fatto o non hai fatto del male a Nami?”
“NO! IDIOTA!”
“Ma come hai fatto a non vedere quel livido, stupido capitano inconcludente! Devi proteggere la tua navigatrice da individui come lui” 
Rufy girava la testa tra Sanji e Zoro, confuso.  
“Adesso bastaaaa” Franky aveva preso la rincorsa gettandosi a capofitto sopra Sanji che, cadendo a terra aveva anche coinvolto Rufy e Zoro, finendo tutti spiaccicati sui resti del prato, che era stato stracciato anche con le mani nell’intento di rallentare la scivolata.  
 
Il capitano aveva iniziato a ridersela allegramente, con la schiena sul pavimento in legno e lo sguardo al cielo. “Ci voleva un po’ di esercizio!” 
Anche Zoro si lasciò cadere di spalle alla ringhiera, stressato, ma anche legato alle parole del capitano in modo profondo, concordando con lui. “Zoro che fa del male a Nami che assurdità”, continuava a ridere a crepapelle cappello di paglia “lo sapete, vero, che domani ci ucciderà lei?” concluse, facendo scivolare il cappello sullo stomaco e addormentandosi lì, seduta stante.
“I miei laser si stavano arrugginendo, in effetti” anche Franky era a terra a pancia in giù, mentre singhiozzava come un idiota. 
“Andate al diavolo” 
Decretò Sanji, girandosi su un fianco, esausto per quella serata lunghissima e addormentandosi di conseguenza accanto ad Usop già svenuto.  
 
 
 
 
 
 
“Nami” 
“Umh”
“È lo stesso” 
“Zoro”
“È lo stesso per me”  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice__________________________
Ok. Linea temporale che si capisce, facile da ricostruire, oppure per niente? 
Ho scritto questo capitolo in pochissimo tempo, avendo voglia di sperimentare questa ispirazione di una sera. 
L’ho caricato in fretta (continuo a commettere gli stessi errori, eheheh) per regalarlo ai lettori appassionati che seguono RIN e la commentano entusiasti, ma anche a chi legge ed è preso da questa storia a cui tengo. 
Mi fa piacere leggere recensioni in cui mi fate sapere che amate le stesse scene che amo io, sebbene sia perfettamente consapevole che di strada da fare ne abbia ancora tantissima e che potrei scrivere molto, molto meglio di così. Invece, come al mio solito, mi faccio assorbire completamente dalla trama senza prendermi il dovuto tempo per apportare migliorie di composizione del testo. Come avrete letto anche all’inizio.  
Quindi, si, magari non è perfetta, non è scritta benissimo, ma magari anche con tutti i suoi difetti si riesce a prenderla per quella che è, analizzando le sue piccole parti che la caratterizzano. Non siamo tutti scrittori eccelsi, dopotutto. E questo non deve privare i tentativi che insegnano a migliorare. Ed è così, dunque, spero di riuscire a trasmettere a chiunque di voi che segue la storia, anche solo dei piccoli pezzetti di gioia che possano far sognare, emozionare e quando intristire (positivamente, ovvio). 
 
L’idea di lasciare una storia incompleta troppo a lungo, o pubblicare troppo tardi, non mi fa impazzire, perché essendo sempre stata dalla parte del lettore, so bene cosa significa aspettare. E aspettare tempi infiniti, seppur leciti, spesso fa decadere l’attenzione. In Rin cerco di giocare con i dettagli, perciò se aspetto tanto a pubblicare certe sfumature si perdono e si dimenticano; perciò, che faccio questa scelta di pubblicare rapida e correggere pian piano, in secondo luogo, gli errori di cui mi accorgo. 
Mi piacerebbe tanto sapere da chi segue Rin, se questa ff così semplice, e con tanti difetti migliorabili (soprattutto nei primi capitoli), stia comunque appassionando, anche se lo fa in modo mediocre, e se in qualche modo riesce ad interessare, nonostante, davvero, certi elementi non siano affatto nuovi. 
Io ci provo ragazz* car*, faccio ciò che posso per tirare fuori qualcosa che valga la pena leggere, ma come succede a tanti, un giorno sono entusiasta e il giorno seguente affatto, e mi prende la voglia di chiuderla al più presto possibile per non dover più convivere con questi dubbi. Sono certa che molti tra di voi avete vissuto queste sensazioni. 
Chiudo questa precisazione (pietà), sperando davvero, con tutto il cuore, di riuscire, si, di non violentare troppo i personaggi originali ma, soprattutto, a trasmettervi emozioni ZoNamiste forti e di casa. 
Vi abbraccio. 
 
 

 
   
 
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