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Autore: heliodor    02/12/2021    0 recensioni
Nata con grandi poteri magici, Bryce è stata addestrata fin da bambina per diventare la strega suprema, la più forte della sua generazione. Lo scopo della sua stessa esistenza è guidare l’esercito dell’Alleanza nella guerra contro l’Orda.
Quando Malag il rinnegato esce allo scoperto e attacca Valonde, la vittoria sembra allontanarsi sempre di più e molti iniziano a dubitare delle sue capacità.
Per diventare la guida che tutti si aspettano che sia e vincere la guerra, Bryce dovrà rinunciare all’amore, all’amicizia e a tutto ciò che la vita potrebbe offrirle se smettesse di combattere.
Ma sarà davvero in grado di compiere un sacrificio così grande?
Da oggi con il 100% di Mappa in più!
La trovate in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Momento di gloria

 
“Quindi” stava dicendo Elvana agitando nell’aria il coltello da carne come fosse una spada. “L’ho infilzato alla spalla, gli ho girato attorno e poi l’ho colpito di nuovo sotto il costato, proprio qui.” Indicò un punto tra l’ascella e il seno destro.
Coralena, seduta sulla poltrona imbottita, l’ascoltava con espressione diffidente e disgustata al tempo stesso. “Dubito che tu abbia avuto il tempo di fare un movimento così complicato. Persino io ci riuscirei a fatica.”
“Mi stai dando della bugiarda?”
Coralena scrollò le spalle.
Elvana sgranò gli occhi e girò la testa verso Bryce. “Hai sentito questa qui, principessa? Dice che mi sto inventando tutto.”
Bryce, lo sguardo rivolto fuori dalla finestra, scrollò le spalle. “Non sta mentendo” disse.
“Visto?” fece Elvana.
“Sta solo esagerando come al solito.”
Coralena sospirò e si alzò in piedi. “Scusatemi, ma ho bisogno di tirare qualche dardo a un manichino. Ero passata solo per vedere che non vi mancasse niente. Mio padre vorrebbe parlarti nel suo studio, quando hai tempo.”
“Ci andrò subito” disse Bryce.
Coralena le rivolse un inchino e lasciò la stanza.
“Non sembrava molto felice” disse Elvana.
“Non ha molte ragioni di esserlo.”
“La sua città è ancora in piedi e lei è viva. E tutto per merito tuo, almeno in parte. Potrebbe anche mostrarti un po’ di riconoscenza.”
“Io credo che Coralena si senta derubata da me.”
“E che cosa le avresti sottratto?”
“Il suo momento di gloria” disse Bryce.
Elvana sbuffò. “Che sciocchezza. Se è vero, Coralena è pazza. O demente.”
Bryce scosse la testa. “Vado da Raz Ofra a sentire quello che vuole.”
Elvana le rivolse un gesto vago con la mano. “Vai pure. Ma non so se mi ritroverai al tuo ritorno.”
“Non vuoi venire con me?”
“Me lo stai chiedendo?”
“No” esclamò. “Ero solo sorpresa.”
“Ogni tanto mi piace sorprenderti” rispose Elvana mostrandole un ampio sorriso. “Saluta Raz da parte mia.”
“Gli porgerò i tuoi saluti” disse perplessa.
 
Lo studio di Raz Ofra era dietro una porta di legno massiccio. La sala era ampia e luminosa, con una finestra che affacciava sulla città, una parete occupata da scaffali pieni di libri e quella opposta da una mappa della regione. La scrivania era piccola e non c’era un tavolo, ma tre sedie imbottite.
Raz Ofra la invitò a sedere con un gesto ampio del braccio. “Sono felice che tu sia venuta.”
Bryce annuì e scelse una sedia. “E io sono felice di rivederti. Vedo che ti sei sistemato bene.”
“I privilegi di essere un principe di Arzit.”
“E quello precedente? Che fine ha fatto?”
“Nessuna fine, principessa di Valonde. Il consiglio ha concesso a Kefarin di rientrare nella sua residenza e conservare il titolo e i beni che possedeva.”
“Ha quasi fatto distruggere la città.”
“Tutti possono commettere un errore. Essere principe non ci rende infallibili. Io almeno non lo sono.”
“E nemmeno io” ammise.
“Bene” disse Raz Ofra sedendo dietro la scrivania. “Parliamo di quello che succederà ora.”
Bryce si accigliò.
“So che per te la guerra è finita.”
“Solo per il momento. Il mio ritorno a Valonde per conferire con il re e la regina è solo temporaneo.”
“Mentre sei in viaggio, la guerra potrebbe finire.”
“Non ne sono così convinta.”
“In ogni caso, Erix sembrava intenzionata a tenerti lontana dai campi di battaglia. Penso che farà di tutto per convincere i tuoi genitori che la sua è la scelta più saggia.”
“Te lo ha detto lei?” gli chiese.
Raz Ofra scrollò le spalle. “Ha detto che sei avventata e sciocca e inesperta. Impreparata per la guerra e assolutamente non pronta per un comando.”
Bryce deglutì a fatica. “Sono più o meno le stesse parole che ha usato con me.”
Raz Ofra annuì grave.
“Tu sei d’accordo con lei?”
“No, ma conta poco, penso.”
Bryce si concesse un mezzo sorriso. “E mio padre la penserà come te.”
Raz Ofra sollevò un sopracciglio.
“La sua testardaggine è proverbiale.”
“Non è un tratto comune a tutti i Valonde?”
Stavolta Bryce dovette chinare la testa. “È vero che a volte non ascoltiamo chi è più saggio ed esperto di noi, ma ci prendiamo le nostre responsabilità se ciò porta un danno.”
Raz Ofra annuì grave. “Hai reso un grande servigio a questa città. Hai sacrificato molto per noi.”
“Non l’avrei mai fatto, se non avessi pensato di rendere un grande servigio a Valonde e tutta l’alleanza.”
“Intanto solo Arzit è salva.”
“Lei e tante altre città che potrebbero passare dalla nostra parte, se non ci limitassimo a minacciarle o distruggerle. Questo modo di fare deve cambiare.”
“Lo spero davvero, perché l’alleanza ha bisogno di nuove forze, se è vero che l’arcistregone sta formando nuove armate a occidente e oriente.”
“Sai qualcosa che noi ignoriamo?” gli chiese preoccupata.
“Girano strane voci, principessa. Si parla di una grande armata a oriente, di tradimenti, di una regina folle e di demoni che sono riemersi dalle profondità della terra e che adesso camminano tra di noi.”
“Demoni” disse Bryce incredula. “Gli unici che ho visto avevano le sembianze di uomini e donne all’apparenza ragionevoli, convinti di essere nel giusto anche quando era chiaro che avevano torto.”
“La ragione a volte è la loro arma migliore. Altre volte, bisogna affidarsi al proprio istinto, come hai fatto tu schierandoti dalla nostra parte.”
“Stavo per morire.”
“E invece sei qui a parlare con me di leggende e demoni. Dovremmo trarre un qualche tipo di insegnamento da tutto questo, non trovi?”
 
La palestra era immersa nella penombra. Solo un paio di lampade a olio rischiaravano l’ambiente, che con le mura dalle pietre scure e tagliate in maniera grossolana era opprimente.
Quando vi entrò ebbe la sensazione che quel sarcofago di pietra stesse per chiudersi attorno a lei, soffocandola.
Una figura era al centro, le gambe divaricate e le braccia distese lungo i fianchi. Indossava una tunica verde scuro sotto il mantello arancione decorato con fregi neri e platino. Di fronte a lei, un manichino addobbato con pezzi di armatura e uno scudo la sfidava a una decina di passi di distanza, immobile nella sua stolidità di legno.
Bryce scivolò alle spalle della figura, come se volesse sorprenderla, ansiosa si vederla all’opera.
“Sei qui come spettatrice o come sfidante?” le chiese la figura senza voltarsi.
Bryce fece un ghigno. “Sono solo venuta a parlarti, Coralena.”
“Allora parla, ti ascolto.”
La strega sollevò un braccio di scatto e lo puntò contro il manichino. Dal suo palmo aperto scaturirono due dardi magici che, come punte di freccia, trafissero il manichino all’addome e alla gola, in due dei punti in cui l’armatura non riusciva a coprirli. I colpi sollevarono schegge di legno che volarono in tutte le direzioni.
“Volevo chiederti scusa” disse piazzandosi alla destra della strega.
Coralena socchiuse gli occhi senza smettere di guardare il manichino. “Per cosa?”
“Per averti rubato il tuo momento di gloria.”
La strega ghignò. “Non so di che cosa parli.”
“Lo sai che cosa voglio dire. Era il tuo momento, quello in cui avresti dimostrato a tutti gli arziti che avevi ragione, che non ti eri preparata inutilmente a quella battaglia per tutta la vita.”
“Proprio non riesco a capire.”
“Avresti dimostrato che i valondiani e la loro alleanza erano davvero gli infami che hanno causato tante sofferenze al tuo popolo.”
“Io non devo dimostrate proprio niente, principessa di Valonde. Quello che stai dicendo è la verità che già tutti ad Arziti conoscono e accettano. È storia.”
“Non è vero e tu lo sai. Il consiglio era diviso.”
“La maggioranza era con Kefarin.”
“Perché aveva paura.”
“Di cosa?”
“Di quello che sarebbe accaduto se avessero aperto le porte e accolto l’armata di Erix. Preferivano morire, piuttosto che accettare il fatto che avevate bisogno di noi. E ne avete ancora.”
“Il bisogno lo avete creato voi oppressori” disse Coralena. “Voi agite sempre in questo modo. Vi presentate come amici e alleati, per poi prendervi tutto. Sai come si dice ad Arzit? Diffida dei doni che vengono da Valonde.” Scosse la testa. “È sbagliato e ci costerà tutto quello che abbiamo costruito, mentre per voi sarà solo un piccola ferita che si rimarginerà in poco tempo.”
“Tutte le ferite sono dolorose e richiedono tempo per guarire, a parte quelle che ti uccidono” disse Bryce ripetendo le parole che una volta sua padre le aveva detto.
Coralena lanciò due dardi e colpì il manichino al braccio staccandolo di netto. “Dici che a Valonde qualcuno si dispiacerebbe se domani Arzit venisse rasa al suolo dall’orda a causa della vostra alleanza?”
“Non so rispondere alla tua domanda, ma a tremila dei nostri importava. E lo hanno dimostrato. Erano pronti a difendere la tua città contro i loro stessi confratelli e consorelle.”
“È stato un errore assecondarvi. Dovevamo lanciarvi addosso i dardi magici e mettere fine a questa faccenda. Ora sarà molto più difficile risolverla senza perdite per noi.”
“Preferivi piegarti all’orda del rinnegato?”
“Almeno loro non radono al suolo città e villaggi.”
“Quello è stato un errore.”
“Allora vai a chiedere scusa anche a loro.”
“Lo farei se servisse a qualcosa.”
Coralena ghignò. “Quindi hai voluto salvare Arzit per alleggerire la tua coscienza?”
“No. Perché era giusto farlo.”
“Va bene, ti sei scusata” disse Coralena con tono spazientito. “Ora puoi andare.”
“Un’ultima cosa” disse.
La strega la guardò accigliata.
Bryce distese le braccia e avvicinò i palmi. Nello spazio tra le mani apparve una sfera infuocata che alimentò col suo potere fino a farla diventare grande il doppio di una testa umana.
Coralena fece per dire qualcosa ma la ignorò puntando l’incantesimo contro il manichino. Solo allora liberò la sfera infuocata che volò verso il bersaglio e lo avvolse tra le fiamme.
Un’esplosione risuonò nella sala riverberandosi sulle pareti di pietra. Il manichino venne scagliato all’indietro spezzandosi in due.
Quando le fiamme si estinsero in una nuvola di scintille, erano rimasti solo pezzi di legno e di armatura piegati e anneriti.
Bryce distese le braccia lungo i fianchi.
Coralena la fissava in silenzio, l’espressione tesa, come se fosse pronta a balzarle addosso.
Se lo facesse, si disse, le darei la lezione che merita, anche se dovesse costarci l’alleanza che abbiamo forgiato con così grande fatica.
“Credi di farmi paura, principessa Bryce?” le chiese Coralena.
“Io spero che tu l’abbia” rispose. “Perché quando verranno i rinnegati di Malag a reclamare questa città, non vi basterà avere una buona mira.”
Coralena rispose con un’alzata di spalle e marciò fuori dalla sala.
Bryce sospirò affranta e tornò alla sua stanza. Elvana la stava aspettando davanti alla porta.
“Ci sono novità” disse subito.
“Parla” la esortò.
“È arrivato un esploratore. E non ha portato buone notizie.”

 
  
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