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Autore: fiphina    05/12/2021    1 recensioni
"Capisco" proseguì lo sconosciuto "So bene come ci si sente ad essere sottomessi. Quando sei temuto per i tuoi talenti"
"Lo sai davvero?" sussurrò in risposta il ragazzo, sollevando entrambe le sopracciglia, lasciando trasparire una finissima punta di sarcasmo in quella finta domanda.
"Si, lo so. Ed infatti... penso proprio che in te c'è esattamente ciò che cerco per i nostri ranghi, Severus"
Le sopracciglia del giovane serpeverde scattarono nuovamente, ma verso il basso insieme alle palpebre: stavolta le parole che udì suscitarono in lui un punto sospettoso nei riguardi del suo misterioso interlocutore, spingendolo a spostare lo sguardo nella sua direzione.
"Non capisco... di quali ranghi parli? Chi sei tu?"
Lo sconosciuto si voltò lentamente alla sua sinistra, mostrando a Severus il volto pallido e visibilmente intaccato nascosto sotto il cappuccio nero del mantello; lo fissò per diversi secondi, prima di dargli finalmente una risposta.
"Tu sai chi"
Severus non lo sapeva ancora, ma la decisione che prese quella sera avrebbe scatenato una serie di orribili conseguenze; non sapeva ancora di aver commesso il peggior errore della sua vita.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Il bambino dai folti capelli neri assai più del carbone se ne stava appollaiato sui mattoncini impolverati del davanzale della finestra: con la mano destra si sosteneva il piccolo mento, mentre fissava ed aspettava che l'ennesima nuvoletta di vapore generato dal proprio respiro sul vetro si scomparisse, prima di soffiarci nuovamente sopra.

Il suo sguardo basso e silenzioso catturò improvvisamente una rotonda e solitaria gocciolina d'acqua che tentennava a scendere dal bordo superiore della piccola finestra: la strada era spianata, eppure lei restava lì.

Il piccolo si staccò momentaneamente da dov'era appoggiato, inchiodò le iridi profonde quanto l'oscura capigliatura sul proprio obiettivo ed aggrottò leggermente la fronte, racchiudendo le sottili dita diafane all'interno dei palmi delle piccole mani; diverse volte era accaduto che ci riuscisse involontariamente a causa delle emozioni che si ripercuotevano su ciò che lo circondava, stavolta invece decise di provarci di sua spontanea volontà: cominciò con un nulla, ma man mano che i secondi aumentavano iniziò lentamente ad avvertire un lieve brivido attraversargli l'intero esile corpo.

Poteva trattarsi soltanto di una semplice sensazione dettata dalla sua testa, eppure il risultato raccontava tutto il contrario: la goccia d'acqua, suo malgrado, invece di scivolare si dissolse completamente dopo essere stata oggetto di un leggero tremore.

Il bambino deglutì, tirandosi di qualche centimetro indietro con la schiena e sbattendo più volte le palpebre che scivolavano sugli occhi velati da più strati di delusione: non era stato di certo quello il suo intento iniziale, voleva solo che la goccia rotolasse.

Allora perché era sparita? Cosa aveva fatto lui di male?

Ciononostante, l'iniziale rammarico per quanto accaduto alla gocciolina venne presto sostituito da un piccolo lampo di soddisfazione per essere riuscito a fare qualcosa di particolare, qualcosa di straordinario.

Soddisfazione che, però, avrebbe tenuto per sé... anche perché... chi avrebbe avuto tempo di gioire insieme a lui?

Con un veloce battito di palpebre spostò per un momento lo sguardo serio verso la porta di legno scuro chiusa della sua minuscola e logora stanza, oltre cui poteva ancora udire le strilla provenire dalla cucina o dal salotto dove un uomo ed una donna stavano discutendo animatamente da ore incalcolabili; urla che, oltre a provocargli terribili mal di testa, erano interrotte spesso da rumori sordi di oggetti che andavano puntualmente in frantumi.

Non avrebbe avuto l'attenzione né di Tobias né di Eileen.

Da suo padre... c'era da figurarsi, nemmeno lo guardava in faccia... ma neppure sua madre... non riusciva a ricordarsi di un minuscolo gesto d'affetto, sempre se ci fosse stato, probabilmente perché da neonato era ancora troppo piccolo ma adesso aveva compiuto da poco tempo sei anni e non era più così piccolo da non poter avere memoria a sufficienza.

Un abbraccio, un bacio, una bella parola, il semplice fatto che lui esistesse in quel mondo tanto grande ed a lui ancora sconosciuto, tutte queste cose quasi non avevano significato per il piccolo Severus; non c'entrava la sua giovanissima età, semplicemente non le aveva mai provate.

Le ragioni per cui era successo, anzi, niente di quello che desiderava, era successo facevano parte delle coincidenze della vita? Oppure era lui a non essere di interesse per nessuno? Era così in tutte le famiglie? O lui era l'unico?

Tutte domande senza risposta, ma di certo c'era qualcosa che non andava se ne soffriva terribilmente.

Se ciò fosse stato normale, allora avrebbe dovuto star bene.

Benché fosse solo un bambino di sei anni, era molto acuto ed intelligente: aveva compreso in anticipo di doversi arrangiare, di dover colmare quei momenti vuoti con qualcosa e forse un modo lo aveva trovato da tempo e di cui stava usufruendo in quel preciso istante: l'unica cosa di cui forse poteva essere grato alla madre, l'unica cosa di cui aveva frammenti di memoria fino a veri e propri ricordi.

Una cosa.

Una sola cosa.

La magia... come lei l'aveva definita.

Proprio l'oggetto principale dei litigi tra i suoi genitori.

Suo padre era un uomo estremamente complicato, non mostrava apprezzamento per niente e nessuno, tantomeno la magia; anzi, la detestava letteralmente.

Ma non sua madre, sua madre era diversa sotto tutti gli aspetti.

Eileen era un donna estremamente fiera, motivo per cui Severus si era, era, perché aveva ormai smesso di domandarselo per non avvertire l'ennesimo inutile peso vuoto addosso, chiesto se tutto ciò che gli era stato raccontato fosse per lui o più che altro occasioni per lei per ravvivare l'orgoglio e ridarle quella forza che pareva perdere giorno per giorno: ricordava altrettanto bene la foga e quella luce che illuminava il volto pallido e magro della madre quando ne parlava, altrimenti era abituato a vedere rabbia, frustrazione e tristezza nei suoi occhi profondi quanto il senso di angoscia che puntualmente sfogava in attacchi di depressione.

Solo una volta aveva provato ad avvicinarlesi con le migliori intenzioni: nella sua testa si era programmato come fare e cosa dirle nel frattempo che la raggiungeva, guardandola gli era venuto spontaneo chiederle mentalmente perché si facesse sottomettere in quella maniera, ma al bambino, con sua sorpresa, parve di sbattere letteralmente contro una porta blindata invisibile che lo spingeva via, come se Eileen avesse posto delle potenti barriere tra la sua mente ed il mondo esterno che la circondava.

Quasi non ne facesse parte.

Gli era stato descritto un mondo totalmente differente da quello che vivevano quotidianamente ed a dirla tutta Severus stesso doveva ammettere di aver avvertito uno strano formicolio all'interno dello stomaco ogni volta che ascoltava quelle storie, quasi per lui fossero orme sicure da seguire, vista l'esistenza della possibilità di aver preso da suo padre.

Il bambino fece nuovamente scattare gli occhi color pece sulla porta quando udì un ennesimo tonfo sordo seguito da un'imprecazione di sua madre.

"Non sei altro che uno sciocco babbano, come tutti gli altri!"

Babbano... ecco come venivano denominati coloro che non avevano innati poteri magici, sempre secondo la spiegazione della giovane donna.

"Ti proibisco di usare termini di quel genere in mia presenza, capito? Tu e i tuoi schifosi simili non fate altro che portare problemi su problemi" ribatté imperterrito l'uomo, spuntando ogni singola parola come fosse veleno "Siete solo dei luridi mostri! Non so ancora perché vi tengo a casa a te e lui! È colpa tua se anche lui diventerà un mostro, un giorno! Siete dei mostri! Dei mostri!" Severus non lo aveva visto, ma era certo che con quel lui a cui aveva appena dato del mostro, il padre avesse indicato la stanza in cui si trovava; oltretutto doveva essere arrabbiato molto più delle volte precedenti perché la porta si spalancò di colpo subito dopo, facendo inevitabilmente sobbalzare il bambino alla vista del padre che entrò bruscamente, tanto più quando vide il suo sguardo minaccioso puntare nella sua direzione "Cos'hai da guardare, moccioso? Vattene, immediatamente!" con i brividi che gli percorrevano l'esile schiena il piccolo Severus non se lo fece ripetere due volte: si allontanò in fretta dalla finestra della sua cameretta, quasi non sentendo il pavimento sotto i piedi, e corse verso il piccolo salotto, fermandosi accanto alla porta d'ingresso con la mano destra appoggiata contro l'anta ed il petto che si muoveva irregolarmente: ogni volta era così... sollevò il viso pallido per guardare un'ultima volta la porta che era stata nuovamente chiusa di botto, dopodiché cercò con lo sguardo la madre e la vide appoggiata di schiena contro il taglio del tavolo a sostenersi con le mani ed un'espressione cupa dipinta sul volto identico al suo, in quel momento seminascosto dalle ciocche nere dei capelli.

Man mano che l'agitazione scemava, il piccolo si accorse dello stato pietoso in cui versava il salotto e parte della cucina, sebbene fosse ormai abituato a quegli scandali distruttivi; però c'era una domanda che non smetteva di tormentarlo: se proprio odiava suo padre, perché la madre non utilizzava la magia per difendersi? Possedeva capacità che lui non aveva, allora perché si limitava ad urlare come qualsiasi altro babbano? Se sapeva che sarebbe andata così, perché aveva sposato quell'uomo?

Era stanco di vivere in quel modo.

Il bambino non riusciva ad avere nessuna risposta che voleva.

Però forse poteva darsele.

Ma come?

Possedeva a sua volta capacità innate, per sua enorme fortuna, e l'unica soluzione era fare da sé: avrebbe imparato a padroneggiare la magia grazie ai libri della madre e si sarebbe esercitato in solitaria, come ormai faceva ogni cosa.

Non sapeva leggere? Avrebbe imparato anche quello.

I suoi vispi occhi color pece scattarono in direzione della scala portava al piano di sopra, precisamente alla camera da letto dei genitori, mentre la sua mente già focalizzava l'immagine di un cassonetto nascosto sotto il letto.

Avrebbe raggiunto a tutti i costi il suo primo obiettivo.

 

   
 
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