Cap. 11: Dark side
I'm in a cave of man-made misery
Digging a grave for myself and my enemies
Of all the dark things that keep me wasted
You're the sweetest I've ever tasted
Put your middle fingers up
Take a shot, throw it up and don't stop
I'm, I'm, I'm living that life on the dark side
Just another night in my pitch black paradise
Don't wanna cry so I gotta get paralyzed
Don't waste your prayers, they can't save us
Lifestyles of the sick and dangerous
Put your middle fingers up
Take a shot, throw it up and don't stop
I'm, I'm, I'm living that life on the dark side…
(“Dark side” – Blind Channel)
Tiago era da solo nella piana in cui si era
svolta la grande battaglia tra Norreni e Rus’ e dove aveva visto Ingrid
compiere i suoi rituali oscuri. Aveva scelto di andarci di mattina, in un
momento in cui il sole brillava, sperando che in questo modo l’energia
dell’Universo sarebbe stata più forte e potente e l’oscurità non avrebbe potuto
sopraffarlo, tuttavia era terrorizzato e doveva fare violenza a se stesso per
muovere un passo dopo l’altro e portarsi verso il luogo in cui la strega faceva
i suoi incantesimi. Respirò a fondo, fece un ultimo passo e si fermò proprio
nel punto incriminato, chiudendo gli
occhi e cercando di concentrarsi a fondo per poter visualizzare il sortilego
compiuto da Ingrid contro Erik.
Nonostante fosse pieno giorno, Tiago si sentì
sprofondare nel buio, un vento gelido e maligno gli si insinuava sotto i
vestiti e gli artigliava il cuore come una morsa. Il ragazzo annaspò,
sconvolto, la tentazione era quella di fuggire il più lontano possibile ma
cercò di resistere, non poteva cedere, non poteva, doveva sapere per ridare la
vista a Erik. Tentò di escludere ogni altro pensiero e sensazione fisica per
accrescere la concentrazione e, finalmente, iniziò a visualizzare qualcosa…
solo che non era Ingrid mentre faceva l’incantesimo per accecare Erik, era sì
Ingrid, ma la Ingrid che aveva visto quella prima notte, discinta, con il volto
e il corpo dipinti di bianco e nero. La vide evocare gli spiriti dei morti e,
cosa ancora più agghiacciante, in quello stato di alterazione mentale Tiago
vide anche gli spiriti da lei evocati: scheletri ghignanti rivestiti solo di
qualche brandello di veste, uomini orrendamente feriti che esponevano le loro
mutilazioni, figure ammantate di nero che danzavano attorno alla strega… e
un’atmosfera permeata di un odio terribile, di una rabbia incontenibile e
incontrollata, di un folle desiderio di uccidere, massacrare, schiacciare.
Tanta violenza fu troppo per il giovane spagnolo che, con un urlo disperato,
corse alla cieca fuori dal luogo maledetto e, quando fu sicuro di essere
abbastanza lontano, si gettò sull’erba ansimando e cercando di riprendersi.
Solo dopo un tempo che gli parve infinito
Tiago riuscì a rialzare la testa, sforzandosi di respirare normalmente per
calmare il cuore che gli pulsava impazzito e gli faceva scoppiare le tempie, un
filo di sangue gli usciva dal naso e il ragazzo si sentiva pesto e dolorante
come se fosse stato preso a bastonate.
“È orribile, è spaventoso, non credevo che…
non ho la forza, io non sono come Inés” mormorò tra sé, angosciato anche solo
all’idea di doversi recare ancora una volta in quel posto e tentare ancora di
visualizzare Ingrid. “Ma… ma Erik conta su di me. Se non lo faccio io, nessuno
lo aiuterà e lui resterà cieco per sempre. Non posso permetterlo, non posso!”
Affondò le mani nel terreno, riempiendole di
terra ed erba. La terra, l’aria, l’acqua, il fuoco, la forza della natura
attorno a lui. Certo, quello era un luogo che aveva visto morire tanta gente,
il terrore e l’odio di chi aveva combattuto aleggiava ancora ed era da quello
che Ingrid traeva la sua forza, ma per Tiago era l’opposto, lui attingeva alle
energie buone, luminose, positive della natura e cercava di riempirsi di esse
il più possibile prima di tornare di nuovo nella zona dei rituali e tentare ancora
di visualizzare Ingrid e il suo sortilegio contro Erik. Tremante e indebolito,
ma determinato a farcela, Tiago si alzò in piedi, si asciugò il sangue con la
manica della camicia e si diresse ancora una volta verso il campo di battaglia.
Questa volta, quando giunse nel luogo in cui aveva visto Ingrid, si mise in
ginocchio e di nuovo affondò le mani nel terreno, in profondità, per toccare la
terra e sentire l’energia della natura invece dell’orrore che vi si era
sovrapposto. Ancora una volta l’oscurità lo sommerse, il gelo sembrò volergli
fermare il cuore, ma Tiago si oppose, le unghie conficcate nella terra… e
questa volta le visioni spaventose si allontanarono, restarono sullo sfondo. Il
ragazzo vide Ingrid che prendeva un pezzo di corteccia d’albero e che,
pronunciando strane frasi, si incideva le mani con un coltello per bagnarne la
corteccia, vi aggiungeva semi schiacciati e altri strani intrugli e poi vi
conficcava dei chiodi, dicendo qualcosa come Questo chiodo nell’occhio di… ma non riuscì in alcun modo a
visualizzare dove la donna avesse collocato il manufatto maledetto. Si sforzò
ancora, ma fu tutto inutile, alla fine ebbe un capogiro e dovette allontanarsi
di nuovo dalla zona dei rituali, lasciandosi cadere a terra con la testa che
gli scoppiava e il sangue che, ancora una volta, gli usciva dal naso.
Era chiaro che non avrebbe potuto fare tutto
in quel primo giorno, tuttavia era abbastanza soddisfatto: aveva superato la
paura e l’angoscia che provava nel confrontarsi con le forze dell’oscurità ed
era perfino riuscito a vedere che tipo di incantesimo avesse fatto Ingrid e
come fosse fatto l’oggetto. Ora doveva riposarsi per essere più lucido e forte
e, il giorno successivo, avrebbe sicuramente visualizzato anche l’ubicazione
dell’oggetto che aveva maledetto Erik, lo avrebbe distrutto e l’uomo sarebbe
tornato a vedere.
Lentamente e stancamente riprese la strada
verso la dimora regale, contento di poter dare qualche buona notizia a Erik che
lo attendeva.
Non sapeva, però, che Ingrid aveva visto
tutto. La strega era andata nel bosco a raccogliere bacche e funghi velenosi
per i suoi sortilegi e aveva notato Tiago, così lo aveva seguito e, ovviamente,
aveva capito subito cosa aveva compiuto il ragazzo.
“Non sapevo che anche quel ragazzino spagnolo
avesse dei poteri” mormorò tra sé, “chissà fino a che punto è riuscito a capire
cosa ho fatto. Comunque sia, se continuerà così troverà l’oggetto che ho
maledetto e potrà ridare la vista a quel mostro di Erik, non posso
permetterglielo!”
Ingrid, tuttavia, non era veramente malvagia
e non voleva fare del male a Tiago. Se avesse voluto stare sul sicuro avrebbe
potuto ucciderlo, ma sapeva che il ragazzo era stato uno schiavo proprio come
lei, forse non aveva vissuto le esperienze terribili che le erano toccate e i
Lothbrok lo avevano sempre trattato bene, tuttavia era stato strappato alla sua
terra ancora bambino e portato in un mondo sconosciuto, dove doveva obbedire a
qualsiasi ordine. No, lei non avrebbe mai fatto veramente del male a uno che
era stato schiavo come lei! Poteva, però, cercare di indebolirlo in qualche
modo, magari riuscire a fargli bere una pozione che lo avrebbe fatto stare male
per qualche giorno… e magari a quel punto gli sarebbe passata la voglia di
aiutare Erik. Che poi, possibile che proprio non capisse che quell’uomo era un bastardo,
che aveva maltrattato, violentato e anche ucciso degli schiavi come loro?
Eppure aveva trattato male anche lui, lo aveva fatto essere il suo schiavo da
letto e lo aveva umiliato e mortificato e adesso, solo perché faceva il gentile
e l’indifeso per farsi aiutare, Tiago si lasciava incantare da lui? Piccolo
sciocco ingenuo, ci avrebbe pensato lei ad aprirgli gli occhi. Che paradosso:
aveva accecato Erik per renderlo dipendente da tutti, fragile e inutile e ora
doveva invece aprire gli occhi a
Tiago per fargli comprendere chi fosse davvero il mostro di cui si era…
innamorato? Era forse possibile amare uno come Erik? Che schifo! Lei aveva
dovuto fare una violenza incredibile su se stessa anche solo per sopportare di
passarci una notte e ci era riuscita soltanto perché già pianificava ciò che
gli avrebbe fatto e quel ragazzino… lo voleva davvero, lo amava, provava piacere a stare con lui? Le sembrava una
follia…
E in Wessex cosa stava accadendo? Ivar,
Aethelred e i loro uomini erano sbarcati sulla costa e avevano iniziato ad
addentrarsi nelle foreste a cavallo, sperando di imbattersi in Harald e i suoi
che non potevano essere molto lontani. Cavalcando lentamente e guardandosi
intorno, avevano scorto più di una volta le rovine di villaggi incendiati,
ormai deserti, uno spettacolo desolante. Chissà se si trattava delle case dei
Sassoni attaccate dai Vichinghi di Harald o di quelle dei coloni Norreni
distrutte per rappresaglia da Re Alfred?
“Non era certo questo che Alfred e io avevamo
progettato quando lui stipulò l’accordo con i Vichinghi e concesse loro le
terre della Northumbria” sospirò Aethelred, tristemente. “Sarebbe dovuto essere
un luogo di pace e di solidarietà, un luogo dove chiunque potesse sentirsi ben
accetto e costruirsi una casa e una famiglia, a prescindere da quale religione
professasse. E invece… Vorrei poter dare la colpa a Harald, sarebbe facile
prendersela solo con lui per aver dato inizio a tutto con le sue razzie, ma una
rappresaglia contro i coloni Norreni… no, non la concepisco, non è così che
ragioniamo noi.”
Ivar era rattristato nel vedere Aethelred
così depresso e sperava di incontrarsi presto con Harald e i suoi uomini per
capirci di più. Invece, all’improvviso, dal folto della foresta sbucarono delle
truppe di soldati Sassoni che, senza tanti complimenti, assalirono i Vichinghi.
Colti alla sprovvista, i Norreni non si lasciarono comunque intimidire.
Hvitserk e Helgi guidarono i cavalli contro i Sassoni, uccidendo tutti quelli
che riuscivano a colpire, mentre i guerrieri e le shieldmaiden tirarono fuori scudi, spade e asce e si gettarono
nella mischia. Un gruppo di guerrieri faceva scudo a Ivar che era sceso da
cavallo e non poteva combattere, non sarebbe riuscito a reggere uno scontro
dovendosi aggrappare alla stampella. Tuttavia il giovane Vichingo si occupava
della strategia e dava ordini ai guerrieri.
“Muro di scudi! Adesso attenti, alla vostra sinistra
c’è un altro drappello di soldati!” urlava, dando indicazioni ai suoi compagni.
Anche Aethelred era sceso da cavallo e si era messo al fianco di Ivar: non
avrebbe mai voluto colpire per primo un Sassone, uno della sua gente, ma lo
avrebbe fatto se fosse stato indispensabile per proteggere Ivar.
“Arcieri, tirate!” ordinò Ivar, ma anche i
Sassoni avevano degli arcieri e, a quanto sembrava, erano più abili di quelli
Norreni. Molti Vichinghi finirono trapassati dalle frecce prima ancora di
riuscire a raggiungere l’esercito nemico. Una freccia uccise il cavallo di
Hvitserk e il giovane rotolò giù, subito pronto però a rimettersi in piedi e ad
affrontare faccia a faccia i suoi avversari con spada e ascia.
Lo scontro era molto violento e lo stesso
Aethelred, pur con riluttanza, si trovò a colpire alcuni dei soldati Sassoni
che erano riusciti ad avere la meglio sul gruppo messo a protezione di Ivar e
che lo avrebbero raggiunto, se non ci avesse pensato lui. Uccidere dei
compatrioti fu brutto, ma ancora più agghiacciante per lui fu sentire l’ordine
perentorio dato dal comandante delle truppe, un uomo a cavallo.
“Uccidete Ivar, uccidete Ivar! Dovete colpire
Ivar! Uccidetelo!” urlava ai suoi.
Aethelred rimase sconvolto. Perché l’ordine
era quello di eliminare proprio Ivar? Lui non poteva nemmeno difendersi! Certo,
la sua importanza come stratega era fondamentale, ma non giustificava questo
accanimento. E poi non era mica stato lui a iniziare le razzie contro le coste
del Wessex, perché quindi un tale odio viscerale contro Ivar? Era assurdo,
tutto in Wessex stava diventando sempre più assurdo. Era stato Alfred a
ordinare la morte di Ivar? E perché avrebbe dovuto farlo, visto che era stato
Harald ad attaccare il Wessex per primo e che non sapeva nemmeno se Ivar
avrebbe o meno partecipato alla spedizione?
La cosa si faceva sempre più intricata e la
preoccupazione di Aethelred aumentava, insieme alla rabbia per la vigliaccheria
di quel comandante che mandava i suoi uomini a uccidere un giovane disarmato e
intanto lui non si muoveva dal suo cavallo e non rischiava il combattimento.
Aethelred cominciò a sentirsi meno in colpa quando doveva colpire a morte un
Sassone per difendere la vita di Ivar e, nel frattempo, era sempre più convinto
che qualcosa non andasse, che non fosse Alfred a prendere le decisioni più
importanti, benché fosse lui il Re.
I Sassoni sembravano poter avere la meglio
sui Vichinghi, quando giunse un aiuto insperato: i guerrieri e le shieldmaiden guidati da Harald irruppero
da destra contro l’esercito Sassone e, pur non essendo rimasti in molti, fecero
la differenza: l’effetto sorpresa disorientò i soldati del Wessex e diede nuovo
animo ai Norreni, che raddoppiarono i loro sforzi e travolsero i nemici.
Hvitserk, poi, scagliò la sua ascia contro quel comandante che non la smetteva
di urlare che dovevano eliminare Ivar e lo uccise… dopo di che le truppe
Sassoni furono allo sbando.
“Ritirata, ritirata!” gridarono quelli che
riuscirono a sottrarsi al massacro da parte dei Vichinghi.
Aethelred, però, non era soddisfatto di
quella vittoria, aveva troppi interrogativi e dubbi ed era intenzionato a
saperne di più. Mentre i Sassoni rimasti si ritiravano precipitosamente, si
slanciò verso un soldato che era in fin di vita, lo afferrò per le spalle e lo
scosse.
“Chi vi ha dato l’ordine di uccidere Ivar
Lothbrok? Chi è stato? È un ordine del vostro Re?” gli chiese con foga.
“È stata… è stata la Regina…” mormorò il
soldato. “Ha detto lei di eliminare il demonio pagano… se il demonio morirà… i
Vichinghi ci lasceranno… in pace…”
“Quindi Re Alfred non ha ordinato di uccidere
Ivar? E nemmeno di incendiare i villaggi dei coloni Vichinghi? Rispondimi!”
gridò ancora Aethelred, ma il soldato era già morto e non poteva più dire
niente.
Mentre Hvitserk e Helgi festeggiavano con
Harald e gli altri per la vittoria insperata, Ivar si avvicinò lentamente a
Aethelred che aveva deposto a terra il soldato morto e scrutava verso il bosco
con espressione truce. Mille sentimenti contrastanti si agitavano in lui, ma
forse era la rabbia a prevalere su tutti.
“Cosa c’è, Aethelred?” gli domandò,
mettendosi a sedere accanto a lui.
Il giovane Sassone scosse il capo.
“Temo che le cose siano più gravi di quanto
pensassimo” mormorò, pieno di collera e di dolore. “Credo che mio fratello
Alfred si stia facendo condizionare dalla Regina Elsewith, sua moglie, proprio
come prima si lasciava fin troppo guidare da mia madre. Avevo conosciuto
Elsewith e non mi sembrava una persona malvagia, ma a quanto pare i mesi
trascorsi con mia madre l’hanno cambiata… È stata lei, non Alfred, a mandare
queste truppe per ucciderti, pensa che sia tu il demonio e che, se muori tu, i pagani dovranno arrendersi e
andarsene. Lei non vuole la pace, non vuole che Sassoni e Vichinghi vivano
insieme e collaborino… come mia madre, vuole solo distruggere i pagani. E mio
fratello, a quanto pare, non riesce ad opporsi a lei.”
Ivar non sapeva cosa rispondergli e
comprendeva quanto fosse dura per lui sapere che suo fratello era manipolato
dalla moglie e che il loro sogno di una nazione in cui popoli diversi potessero
vivere uniti si stava sgretolando. Inoltre indovinava anche che quella
situazione riportasse in lui ricordi terribili, i ricordi di tutte le
cattiverie che sua madre aveva fatto a lui…
In silenzio, Ivar si limitò a stringere a sé
Aethelred e giurò che avrebbe fatto di tutto per risolvere quella situazione,
il suo compagno aveva già sofferto abbastanza e, se c’era un’altra che voleva
prendere il posto di Judith… beh, stavolta ci avrebbe pensato lui!
Fine capitolo undicesimo