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Autore: Mnemosine__    12/12/2021    1 recensioni
"Peter, tu credi a Babbo Natale?"
Peter spalancò gli occhi, alzando lo sguardo dai compiti di matematica su cui era chino da ore e trovandosi davanti nientemeno che la piccola Morgan Stark.
"Cosa?" chiese Spider-man, sperando di aver frainteso la domanda.
"Tu ci credi a Babbo Natale?" chiese la bambina per la seconda volta, guardandolo negli occhi.
Peter si guardò intorno, cercando una via d'uscita. O qualcuno che fosse in grado di gestire una domanda del genere al suo posto.
[Raccolta collegata a "Di ritorni e attacchi di panico"]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Famiglia'
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25 Dicembre 2023


Peter si bloccò sulla porta d’ingresso, con il pugno alzato mentre era in procinto di bussare. Si guardò intorno, inalando l’aria fredda di dicembre e stringendo i pacchetti impilati l’uno sull’altro con il braccio sinistro. Si era già fatto buio, lì sul lago e una brezza fredda soffiava verso di loro.
“Tesoro, non bussi?” chiese May. Sua zia era alle sue spalle, le braccia occupate da quello che a prima vista poteva essere un dolce, ma che probabilmente era uno dei tanti malriusciti esperimenti in cucina della donna. May lo guardò, in attesa, mentre lui fissava l’aria calda che usciva dalle sue labbra in forma di vapore con estrema attenzione. “Ho qualcosa in faccia?” chiese lei, quando lui non rispose.
Peter sussultò. “No, io – non… ecco.” Si voltò di scatto e bussò sulla porta di legno. Pochi secondi dopo, Pepper Stark fece capolino dall’interno della casa, rivolgendogli un sorriso smagliante.

“Peter, May! Venite, starete morendo di freddo.” Li accolse aprendo del tutto il portone e facendogli segno di entrare.
“In effetti fa freddo, sì.” Rispose sua zia superandolo ed entrando in casa Stark. Peter guardò le due donne salutarsi e, mentre Pepper si faceva passare la torta e May si liberava dal cappotto, Spider-man si ritrovò bloccato all’entrata. Cosa ci faceva lui, lì?
“Peter, tesoro, ti prenderai un malanno se non entri.” Sentì la voce di Pepper rivolgersi a lui.
“Mhm. Si… scusate.” Peter strinse con entrambe le braccia i pacchetti che aveva portato con sé, per poi pulirsi i piedi impacciatamente sullo zerbino ed entrare in casa.

Subito, si accorse del calore presente all’interno della villetta. Porse i pacchetti a Pepper, cercando di sorridere “Signora Potts… Stark, questi sono per voi.”
La donna gli sorrise, scuotendo la testa, come se si fosse ormai stancata di quella situazione ogni volta che si incontravano. “Peter, quante volte ti ho detto di chiamarmi solamente Pepper?”
“Uhg. Abbastanza. Giusto. Scusi. Scusami.” Peter aprì e chiuse un paio di volte la bocca, in cerca di qualcos’altro da dire. Di solito gli veniva facile parlare, come mai in quel momento riusciva solamente a balbettare?
Pepper annuì, soddisfatta e, insieme a May prese i pacchetti che il ragazzo aveva tra le braccia e si incamminò verso il soggiorno, per poterli posare sotto l’albero insieme a tutti gli altri, ricordandogli di togliersi la giacca e raggiungerle per la cena.

Peter si tolse il cappello e la sciarpa, cercando poi di armeggiare con la zip del giaccone. Alzò la testa di scatto, quando il suo senso di ragno scattò come un campanello di allarme, pronto a qualsiasi pericolo, pochi secondi prima di essere investito da una piccola Stark in miniatura.
“Petey!” Peter fece appena in tempo a piegare le ginocchia e aprire le braccia, per fermare il salto della bambina. Distese le gambe e si alzò in piedi, cercando di abbracciare Morgan Stark in modo da non farla cadere.
“Ciao, Morgan.” Salutò il ragazzo, quando la piccola gli sorrise. “Buon Natale.”
“Finalmente sei arrivato. Qui ci sono tutti i vecchi. Mi annoio.” Disse la mora mettendo le mani attorno al collo di Peter per tenersi in equilibrio.

“Vecchio a chi?” Con la coda dell’occhio Peter vide Tony Stark farsi strada verso di loro. Socchiuse gli occhi per un paio di secondi, cercando di distogliere lo sguardo dal braccio di metallo. Erano trascorsi mesi dallo schiocco, mesi che Peter e zia May avevano passato in uno degli ospedali di proprietà Stark: Tony era stato ricoverato d’urgenza dal dottor Banner ed Hellen Cho e Pepper aveva stabilito che la famiglia sarebbe dovuta rimanere nei paraggi, nel caso Tony avesse ripreso conoscenza. Così Peter si era ritrovato a vivere quei primi mesi insieme ad Happy, Roody, zia May e le signore Stark, in un appartamento nella stessa struttura dell’ospedale in cui Tony era stato ricoverato.
Fu durante quei primi mesi che a Peter era venuta un’idea, un aiuto per quando Tony si fosse svegliato. In poco tempo aveva iniziato a lavorare a quel progetto, arrivando a chiedere una mano anche al signor Barnes e alla principessa Shuri per portarlo a termine nel migliore dei modi.

Quando Tony si era risvegliato dal coma, ormai era Ottobre passato ed il regalo di Peter era pronto. Si era fatto aiutare da Morgan per decidere che colori applicare e la bambina aveva optato, com’era giusto che fosse, per il classico rosso-oro di Ironman.
“Tu, papà. Sei vecchio.” Disse la più piccola rivolta a Tony. Peter sorrise al proprio mentore. “Buon Natale, Tony.”
“Buon Natale, ragazzo.” Tony Stark gli sorrise a sua volta, alternando lo sguardo tra i due giovani che aveva davanti.
“Maguna.” La riprese Tony, aprendo le braccia e facendo cenno a Peter di passargliela. “Potevi almeno aspettare che Peter si togliesse la giacca, prima di placcarlo.” Cercò di sorridere per reprimere una smorfia di dolore, mentre si sistemava Morgan sul fianco buono.

“Ma papà, è Petey!” protestò la bambina, mentre Peter si sfilava il giaccone e lo riponeva insieme a tutti gli altri nell’armadio dell’ingresso. Morgan si dimenò, cercando di sgusciare via dalla presa del padre, che la rimise con i piedi per terra cercando di non piegare il busto. Tony si fece scivolare Morgan lungo il fianco e poi verso la gamba, mentre lei si teneva ben stretta ai vestiti del padre per non scivolare.
“Sta… stai bene?” chiese Peter, vedendo Tony in difficoltà.
“Sono solo un po’ ammaccato.” Minimizzò il signor Stark quando Morgan tirò Peter per il bordo del maglione, cercando di attirare la sua attenzione. “Forza, Pete, ho fame!” si lamentò la bambina. “E non ha cucinato papà.” Garantì, correndo verso la sala da pranzo.
“Sono stato bandito dalla cucina per tre giorni interi.” Si lamentò Iron Man, facendo un passo verso Peter e passandogli un braccio sopra le spalle. Peter si premurò di sostenerlo, quando lo sentì tremare.

“Tony…” provò a dire il più giovane, stringendolo con un braccio e sostenendone il peso. Sapeva che, da quando si era svegliato, Tony aveva avuto difficoltà di movimento e, sebbene la fisioterapia, il tutore della gamba destra e gli esercizi stessero funzionando più che bene, ci sarebbe voluto un po’ di tempo per riuscire a tornare in forma. E il dottor Banner, conoscendo l’animo iperattivo di Tony, aveva stabilito un periodo di completo riposo per le vacanze di Natale.
“Giuro che andrò subito a sedermi e non mi alzerò per l’intera serata.” Lo bloccò il signor Stark. “Non potevo certo accoglierti sulla sedia a rotelle, mi avresti scambiato per Capitan Vecchiaia.”
Peter sorrise, mentre accompagnava Tony verso il soggiorno addobbato per l’occasione. Aiutò il mentore a camminare fino al tavolo splendidamente apparecchiato, dove tutti li stavano aspettando, fino alla sedia.
“Grazie, ragazzo.” Si premurò di dire Tony, scombinando i capelli di Peter con il braccio sano, quando si fu seduto. Peter scosse la testa, in evidente imbarazzo e velocemente raggiunse Morgan e zia May dall’altro lato del tavolo, superando Pepper, Happy e Rhody. 

Passò la cena osservando Tony e la propria famiglia ridere e scherzare, portando a galla ricordi di natali passati e idee per quelli futuri. Con la coda dell’occhio osservò zia May parlare perfettamente a suo agio con Pepper, mentre Morgan gli raccontava del suo ultimo giorno di scuola.
Socchiuse gli occhi, reprimendo un respiro tremolante, quando fu il turno del dolce che May aveva preparato per quella sera. Masticava in silenzio, guardando il resto dei commensali fare versi di approvazione per quella strana torta mal riuscita, mentre May rispondeva che sapeva benissimo che le stavano facendo complimenti solo per non ferirla.

Guardava, stupito, quelle persone che si comportavano come se avessero sempre partecipato a cene di quel tipo. Era come se fossero abituati alla sua presenza e a quella di May. Sorridevano, cercando di farlo partecipare alle conversazioni e alle risate. E Peter sorrideva a sua volta, cercando di reprimere il panico cercando di non pensare al prima.
Prima, i natali li passava con zia May e zio Ben. Loro tre, che cenavano con i piatti cucinati da May e passavano la serata a chiacchierare davanti all’albero. Per lui quello era il Natale in famiglia. Loro tre, l’albero, e la cucina di May.
E ora, ora Ben non c’era più. Peter e May erano a casa dei coniugi Stark per passare quello che Tony aveva chiamato “Natale in famiglia”. Peter strinse i pugni sotto al tavolo. Guardò Tony ed Happy, notando quanto si fossero accentuate le rughe sul loro viso, quanto fossero spuntati capelli bianchi qui e là. Cinque anni. A volte si dimenticava come tra loro ci fossero cinque lunghi anni che, però, per lui, erano stati solo una manciata di secondi.
Tony aveva passato cinque natali coltivando il suo ricordo, raccontando a Morgan di lui, tenendolo vivo. Per Morgan, Peter e May facevano parte della famiglia. Per Morgan, anche se solo nelle storie raccontate da Tony, Peter c’era sempre stato.

“Petey.” Peter alzò lo sguardo per incontrare quello di Morgan. La bambina lo guardava, preoccupata, mentre stringeva tra le mani un pacchetto rosso e blu. Si voltò, quando la mano di May gli toccò la spalla. “Tesoro, stai bene?” chiese sua zia.
“Ti eri incantato.” Spiegò Happy, seguendo lo sguardo confuso di Peter.
“Io…- sto bene. Scusate.” Balbettò, deglutendo. Cercò di respirare profondamente, ignorando lo sguardo preoccupato di Tony.
“Morgan, perché non dai a Pete il tuo regalo?” chiese Pepper, sorridendo alla figlia, quando Morgan saltellò sul posto, stringendo tra le braccia il pacchetto.
“Mi hai fatto un regalo?” chiese Peter con un filo di voce mentre, con mani tremanti, prese il dono che la bambina gli stava porgendo.
“Aprilo.” Lo incitò lei, con gli occhi luccicanti.

Peter annuì e strappò lentamente la carta, scoprendo piano piano quello che doveva essere una cornice per fotografie.
Peter boccheggiò, sfiorandone il bordo con le dita. “Morgan…”
“Non lo giri?” chiese la piccola, dondolandosi sui propri piedi.
Peter annuì, prendendo la cornice tra le dita e voltandola, per vedere cosa ci fosse all’interno. Ci mise qualche secondo di troppo, per ricordare come respirare. Fissò il disegno con le sette figurine tutte insieme, una vicina all’altra, e sentì gli occhi pizzicare. Prese una pesante boccata d’aria con la bocca, cercando di espirare con il naso.

“Questo sei tu. Sei vestito da Spider-man.” Indicò Morgan, toccando con un dito la figura sulla sinistra. “Poi ci sono io.” Disse spostando la sua attenzione sulla sagoma di fianco a Spider-man, mostrandogli le mani che si toccavano. “Ti tengo per mano perché sei il mio fratellone.” Spiegò.
“Questi sono mamma e papà, che si tengono per mano anche loro.” Disse Morgan indicando Iron Man e la sua compagna, vicino alle sagome di Morgan e Peter. “E poi zio Rhody.” Fu il turno di War Machine, vicino a Pepper. “E zio Happy e zia May.” Finì, indicando le altre due figurine che si tenevano per mano, vicino a Spider-man. “Siamo tutti insieme.”

Peter chiuse gli occhi, cercando di regolarizzare il respiro e reprimere l’ondata di panico. Era un ritratto di famiglia. La famiglia di Morgan. La sua. Scosse la testa, notando la piccola scritta sul bordo del foglio: “La mia famiglia.”

“Petey?” lo chiamò la piccola, quando lui non rispose né alzò lo sguardo. Peter sentì una lacrima traditrice minacciare di scivolare sulla propria guancia.
“Ragazzino?” Happy si era alzato dalla sedia, probabilmente, visto lo stridere del legno sul parquet.
“Non posso.” Si lasciò sfuggire dalle labbra, quando una seconda lacrima riuscì a scivolare fuori dal proprio occhio e cadere sul vetro della cornice. “Non ce la faccio.” Disse alzando lo sguardo.
Morgan lo guardava preoccupata, così come tutti gli altri. Happy fece un passo esitante verso di lui.
Peter scosse la testa e appoggiò il regalo di Morgan sul tavolo. “Mi dispiace.” Sussurrò, le lacrime ormai gli rigavano le guance. Guardò Tony, terrorizzato, prima di correre velocemente verso la porta e scappare nella neve.   
§
 
Per fortuna aveva messo il costume. Probabilmente, se non l’avesse fatto, ora starebbe rischiando di morire assiderato.
“Forse staresti meglio all’interno della casa, Peter.” Gli consigliò la voce di Karen, dall’interno della maschera.
Peter scosse la testa. “Non credo sia una buona idea.” Si sistemò meglio sul tetto sul camino su cui si era arrampicato. “Probabilmente mi odiano.”
Peter incrociò le braccia, cercando di darsi conforto da solo. Sì, forse aveva dato leggermente di matto, quella sera. Ma, a conti fatti, si complimentava con se stesso per aver resistito così a lungo prima di crollare. Tornare dopo cinque anni era stato un incubo: la sua casa, la casa di zio Ben, non c’era più, o meglio, era diventata la casa di qualcun altro. A scuola metà dei propri compagni avevano finito il liceo e stavano frequentando il college. Lui stesso avrebbe dovuto frequentare il college, in quel momento. Invece era ancora all’ultimo anno di liceo.
Era tornato nel bel mezzo di una battaglia e si era trovato davanti il proprio mentore, più vecchio di quanto ricordasse, che aveva rischiato la vita per salvarlo. Per salvarli tutti. Tony aveva sposato Pepper, aveva una figlia. Si era trasferito fuori città, lontano dai riflettori.
Quando, dopo la battaglia contro Thanos, Pepper li aveva invitati a rimanere con loro per sorvegliare Tony, Peter aveva conosciuto Morgan. Era stato accolto da una bambina che non conosceva, ma che lo guardava con così tanto affetto e sapeva tutto di lui, che lo chiamava fratello. Pepper, che prima del blip aveva incontrato solo un paio di volte, lo guardava con amore, gli dava carezze affettuose.
Erano stati mesi difficili, quelli dopo lo schiocco di Tony. Mesi in cui Peter aveva vissuto con la famiglia di Tony, che lo trattava come se fosse sempre stato lì, come se ne avesse sempre fatto parte. Aveva addirittura una camera tutta sua lì, nella casa sul lago.

Sapeva che erano passati anni. Lo sapeva. Ma, nella sua testa, nel suo corpo, erano trascorsi pochi mesi dal viaggio su Titano. Solo pochi mesi.
Ora, lì sul camino, Peter cercava di regolarizzare il respiro e riordinare i propri pensieri.
“Pete.” Peter sobbalzò, quando sentì la voce di Tony provenire dall’auricolare nella maschera. “Peter Parker a rapporto.”
“Io – non…” disse con voce rauca al signor Stark “Sto bene qui.”
“Scendi, Pete. C’è una finestra sotto di te.” Come un invito ad entrare, sotto di lui sentì la finestra venire aperta. “Non posso salire io, lassù.” Gridò Tony dalla sua stanza. “Cioè, potrei, ma sarebbe l’ultima cosa che farò in vita perché credo che potrei facilmente cadere di sotto.”
Peter sospirò, scivolando giù dal camino e, con l’aiuto di una ragnatela, dondolando sul tetto fino ad entrare dalla finestra aperta. Mise i piedi a terra e si rese conto di essere nella sua camera. La stanza che Tony e Pepper avevano preparato per lui. “Credo sia arrivato il momento di parlare.” Disse Tony girando la maniglia per chiudere i battenti.
Peter si sfilò la maschera, rigirandosela tra le dita.
“Mi dispiace.” sospirò, senza girarsi, guardandosi i piedi. Si voltò verso il proprio mentore, quando lui gli posò una mano sulla spalla, la mano sana, senza però guardarlo negli occhi.
“Non hai niente di cui scusarti, ragazzo.” Disse Tony, allungando il braccio di ferro verso il bordo del letto per aiutarsi a rimanere in equilibrio. Con una smorfia, Tony fece un paio di passi e si sedette sul materasso.
“No, io ho fatto un casino – di sotto… Morgan…” Peter si morse un labbro, sentendo di nuovo gli occhi pizzicare.
“Alt.” Tony alzò la mano metallica facendo segno di fermarsi. “Morgan sta bene, Pete. Le dispiace solo che tu sia triste.”

Tony sospirò, passandosi la mano buona sul viso. “A tutti dispiace. E tutti vorremmo aiutarti. È a questo che serve la famiglia.”
Peter si rese conto con orrore di avere la vista appannata, e si trovò a parlare senza quasi rendersene conto. “Io non faccio parte della vostra famiglia.” gracchiò infine, stringendo la maschera e specchiandosi negli occhi di Spider-man.

Il peso di quell’affermazione gli rimbombò nel petto, in un’eco bloccata che non riusciva a propagarsi. Vide Tony sgranare impercettibilmente gli occhi, in un moto di addolorata comprensione che gli oscurò il volto. Abbassò la mano e vi poggiò il mento, coprendosi la bocca e chinando il capo.
Rimase in ascolto, insolitamente silenzioso, con uno sguardo distante che gli richiamò quello che aveva avuto su Titano, pochi istanti prima che lui gli scomparisse davanti – era lo stesso, lo riconobbe, perché sapeva che quei cinque anni pesavano sulle spalle di entrambi con un senso di colpa complementare, di chi ha perso e di chi è venuto a mancare.

“E… e invece è come se ne facessi parte, e tutto questo… non ha senso, non riesco a capire come sia…” risucchiò un respiro, troncando quel flusso di parole. “Adesso vorrei solo…”
Peter provò di nuovo a riprendere il filo del discorso, facendo sobbalzare le mani in grembo a tirarsi fuori a forza le parole. Chiuse brevemente gli occhi, quasi potesse rimescolare le carte in tavola per riaprirli su una partita nuova, non una già iniziata e lasciata a metà in cui era stato gettato a forza.
“… tornare indietro.” esalò infine.

Espresse quel desiderio infantile guardando il cielo notturno fuori dalla vetrata, come se le stesse stelle e l’immensità dello spazio che si erano dimostrati così ostili verso di loro potessero esaudirlo in un guizzo di compassione. Il resto della frase gli pendeva dalle labbra, tentatore, e gli si incuneò sotto la lingua premendo per fuoriuscire.
Peter sigillò la bocca e spostò lo sguardo in basso, per poi cedere e schiuderla appena:
“Ma non posso. Non posso perché… perché non posso fare come se non fosse successo nulla se niente è come prima.” sbottò, odiando il tremito nella sua voce nel trasporre in suoni stentati quel concetto opprimente.

Solo allora sembrò ergersi nella sua mente in tutta la sua imponenza, e il suo cervello fece una piroetta su se stesso, colto dalle vertigini.
Cinque anni.
Cercò di figurarseli come qualcosa di materiale, da poter contare come dei pezzi di lego, ma sentì solo un trillo infastidito del senso di ragno. Presero la forma di un ammasso di lego immenso e spaventoso, piegato e deformato sotto il suo stesso, mastodontico peso; un ammasso contorto di pezzi dentati e lamine aguzze che si divertivano a ferirlo ogni volta che cercava di ordinarne i componenti. Lui era ora un sassolino sul punto di sbriciolarsi, ora un pezzettino in più, superfluo, che non trovava posto nel progetto di quella costruzione infernale.
Fu scosso da un brivido, e Tony lo percepì, stringendo impercettibilmente la mascella.

“Pete.” cominciò poi, bloccandosi subito per tirare un respiro e sfregarsi la tempia. “So come ci si sente ad essere… tagliati fuori.” proferì poi, guardandolo lateralmente, ad osservare la sua reazione.
Peter deglutì e basta, non fidandosi abbastanza della propria voce per replicare in modo spigliato. Sapeva che le lacrime nei propri occhi che minacciavano di scendere ogni secondo in modo sempre più inevitabile erano inequivocabili, ma cercò in tutti i modi di trattenerle, sentendole aggrapparsi strenuamente alle ciglia per non scivolare via. Strinse le labbra fin quasi a farsi male per celare la smorfia istintiva e tremolante che gli deformò il viso.

“Anche adesso…” Tony esitò di nuovo. “A volte non riesco a credere che tu sia… realmente qui.” Proseguì con suo profondo sconcerto, e un ulteriore strato liquido si unì a quello che già gli annacquava gli occhi. “Mi sento un folle. Guardo Morgan, Pepper, te, e mi convinco che mi risveglierò in ospedale in preda a un delirio per carenza d’ossigeno.”
Le piaghe sul suo volto sembrarono farsi più profonde, e la ciocca di capelli quasi bianchi sulla tempia era più evidente che mai nella luce soffusa della luce accesa vicino alla scrivania.

“Ci hai riportati tutti indietro.” gli ricordò Peter, ignorando la propria gola strozzata nel gettar fuori quelle parole. Tony Stark aveva salvato gli scomparsi. Li aveva riportati in vita, li aveva fatti apparire come se non fosse mai successo niente.
Peter tremò leggermente. I blippati, come venivano chiamati dai giornalisti, erano stati catapultati in un mondo che conoscevano ma era anche profondamente cambiato: molti avevano perso la casa, la famiglia, gli amici. Erano intrappolati nel ricordo di una vita interrotta, per loro, solo per pochi secondi quando, invece, per gli altri erano passati anni.
Quelli che arano rimasti durante quei cinque anni avevano creato nuovi equilibri, chi in un modo chi in un altro, per superare la perdita delle persone care; e, adesso, quegli equilibri erano stati di nuovo scardinati.
Peter sapeva che Tony aveva sentito profondamente la sua mancanza e che quegli anni lo avevano cambiato, avevano cambiato l’affetto che provava verso di lui.
Ma, per Peter, gli anni che Tony aveva passato a piangere un fantasma, non c’erano mai stati.
  
Tony sobbalzò, guardandolo con tristezza. Peter si chiese se non avesse detto qualcosa di sbagliato.
“Signor Stark – Tony… non volevo far preoccupare nessuno. Sto bene, davvero.” mentì per spezzare il silenzio, con una tagliola che gli azzannava il cuore.
Tony abbassò gli occhi, cercando di reprimere una smorfia muovendo la bocca.
“Peter – Dopo che sei scomparso.” Morto. Dopo che sei morto.
Disse Tony, spostando lo sguardo per la stanza. Il modellino di Iron Man brillava sulla libreria vicino a quello dell’Iron Spider. Peter distolse gli occhi dalla propria riproduzione: lui ci era morto, nell’Iron Spider.
“Hai lasciato un vuoto.” appoggiò la mano metallica sul letto, per riuscire ad alzarsi.
Peter scattò verso di lui senza pensarci due volte, porgendogli il proprio braccio come aiuto.
“Uno di quei vuoti tremendamente fastidiosi, tra l’altro.” Spiegò Tony appoggiandosi al più giovane. “Ho dovuto riempirlo con il tuo ricordo – e Morgan è estremamente curiosa e sa ottenere quello che vuole… vuole sempre sapere di te… quindi ero obbligato a raccontarle di Spider-man.”
 
Peter lo guardò, gli occhi coperti da un velo di lacrime, incitandolo ad andare avanti. “Tu dici di non far parte della famiglia, Peter. Ma questo non è vero.” Disse Tony, con uno sguardo sicuro che non ammetteva repliche, molto simile a quello che usava quando, prima, lo sgridava in laboratorio. Lo aveva già visto, quello sguardo, dopo l’esplosione di uno degli spara-ragnatela potenziati che aveva provato a costruire con Tony.
“Rhody e Happy sono i miei fratelli, May ormai è una sorella.” Continuò l’uomo.
Peter socchiuse gli occhi, non riuscendo più a trattenere le lacrime.
 
Tony mise entrambe le mani sulle spalle di Peter, per poterlo guardare negli occhi. “Guardami, Pete.”
Peter alzò lo sguardo, trovandosi a fissare un viso su cui era stampata la classica determinazione firmata Tony Stark. Tony strinse le spalle di Peter, per mantenersi in equilibrio.
“Tu sei mio figlio, che ti piaccia o no. E sei il fratello di Maguna. Fai parte della famiglia, ragazzino.”
Peter boccheggiò, scuotendo la testa e cercando di regolarizzare il respiro.
Tony addolcì lo sguardo. “Ne facevi parte già da prima, solo che non volevo ammetterlo a me stesso e cercavo di tenerti lontano.” Disse indicando con un cenno della testa la fotografia che aveva appeso sopra la scrivania, uno dei tanti scatti che avevano fatto il giorno del diploma dello stage alle Stark Industries perché, come aveva detto Tony allora: “Potrebbe servire per l’università  anche se faresti il culo a tutti anche senza, sei straordinariamente brillante.”
 
“Signor Stark…” Peter si bloccò, sentendo la propria voce tremolare. Non era sicuro di riuscire a mettere in fila delle parole di senso compiuto, in quel momento.
Un turbinio di emozioni avevano preso il sopravvento: panico e amarezza, i cinque anni che li separavano si ergevano tra di loro come un muro infinito e spesso; ma, anche, calore e sicurezza. Tony Stark c’era sempre stato, con i suoi consigli e la sua guida, fin dall’inizio.
Forse, se ci pensava, quello che Tony stava dicendo era vero. Forse anche prima sentiva o credeva di considerare Tony come parte della famiglia. Questo, però, era prima di Thanos. Prima di tornare.
 
“… Ora è – è diverso. Ha – hai una famiglia vera, una figlia vera… e io…”
Peter non si sorprese quando le lacrime iniziarono a scendere sulle proprie guance, ma cercò di nasconderle passandosi velocemente la maschera sul viso. Il contatto con la stoffa ruvida contro la propria pelle gli diede fastidio, ma era stato un modo per fermare le lacrime per qualche secondo.
Vide Tony guardarlo con un’espressione spezzata, interdetta. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, scuotendo la testa. “Pete… ehi, non – è questo che pensi?”  
Peter non rispose, ma tirò su con il naso. Si sfiorò gli occhi rossi con un pugno, asciugando un’altra lacrima sleale.
“Ragazzo, tu sei la mia famiglia. Sei mio figlio. Amo immensamente te e la piccola scalmanata al piano di sotto.” Scandì, lentamente, con voce quasi supplicante. “Su questo non si discute.”
Tony chiuse gli occhi per qualche secondo, per poi riaprirli e inchiodarli in quelli di Peter. “Chiaro?”
Tony strinse le spalle del più giovane per qualche secondo, prima di circondargli il petto con le braccia e stringerlo a sé.
Peter non rispose, inizialmente, rimanendo immobile. “Ah e, Peter, non osare mai più dire mi dispiace e poi sparire. Ne va della mia sanità mentale. E fisica. Potrei avere un altro infarto e rimetterci le penne.” Aggiunse Tony, accarezzando la schiena di Peter, cercando di aiutarlo a calmarsi.
Sentì Peter sobbalzare un paio di volte, tra le sue braccia, e cercare di nascondere una leggera risata con un mugolio. “Niente infarti.”
“A posto?” chiese Tony dopo un po’, quando il respiro di Peter si fu regolarizzato, facendo presa sul ragazzo per riuscire a fare un passo indietro e guardarlo negli occhi.
Peter aveva gli occhi ancora rossi e gonfi, quando Tony gli guardò il viso; ma non c’era più traccia di lacrime o la maschera di puro panico che aveva mantenuto da quando era entrato in casa.
Peter annuì in silenzio. “Mi dispiace.” Disse, mordendosi le labbra.
“Dovremmo abolire quella parola. Niente scuse da parte tua. Mai più. Non voglio più sentirti dire ‘mi dispiace’.” Disse Tony, cercando di sorridere. “Potrei comprare qualche ditta di dizionari e farla cancellare.” Disse tra sé e sé, cercando di non sorridere vittorioso quando vide gli occhi di Peter brillare divertiti dalla sua idea.
“Ora, che ne dici di mettere quell’orrendo pigiama che tu e Maguna avete comprato e scendere insieme a me, così che nessun altro si preoccupi, in questa casa?”
 
 Buona domenica a tutti! Come avevo preannunciato questa raccolta si ricollega all'altra storia "Di ritorni e attacchi di panico" ma, non riesco a capire perchè, non riesco a creare la serie per questa due storie... ogni volta che provo a salvare le modifiche si incasina tutto. Boh. Proverò di nuovo tra qualche giorno. Comunque fate finta che le drabble in questa storia si dipanino nell'universo di quell'altra in cui Tony è sopravvissuto al blip. 
Questo è il natale immediatamente successivo alla battaglia contro Thanos, quindi Peter deve fare i conti con tutti i cambiamenti nei rapporti con il signor Stark che sono avvenuti durante i suoi cinque anni di assenza: Tony ha pianto un fantasma, Morgan è cresciuta con l'idea di un fratello maggiore e ora lo ha lì in carne ed ossa. Di conseguenza mi sembra normale che ad un certo punto Peter possa dare di matto.
Prometto che i prossimi capitoletti saranno molto più sereni e leggeri :)

 
   
 
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