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Autore: Signorina Granger    06/01/2022    2 recensioni
Dopo la sconfitta di Voldemort, Minerva McGranitt è diventata Preside di Hogwarts illudendosi di gestire la scuola e di portare avanti la sua carriera in modo normale. Non aveva fatto i conti, tuttavia, con il corpo docenti del tutto atipico che si sarebbe ritrovata a gestire e con le peripezie che quel gruppo di maghi le avrebbero causato.
[Piccolo Spin-off di "Phoenix Feather Camp" sui professori della storia, con la partecipazione di qualche personaggio canon]
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Demelza Robins, Horace Lumacorno, Maghi fanfiction interattive, Minerva McGranitt, Sibilla Cooman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of weird campers'
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III. La gita (Parte II)  


 
“È da tantissimo tempo che non torno al Castello, sono davvero felice di andarci! Voi l’avete visto?”
In quella grigia mattinata Margot si era svegliata ancor più di buonumore del solito, entusiasta all’idea di trovarsi nella città dove era nata e che più amava al mondo e di avere la possibilità di visitare nuovamente il Castello di Edimburgo dopo diversi anni.
Lei, i colleghi e i ragazzi stavano facendo colazione occupando i tavoli rettangolari della sala e quasi tutti sembravano impegnati ad esaminare con circospezione i contenuti dei loro piatti. Demelza, sedutale accanto, scosse distrattamente la testa prima di addentare uno scone(1) alla marmellata di fragole:
“No, mai. Riuscirai davvero a finire tutta quella roba?”
L’insegnante di Volo indirizzò un’occhiata perplessa al piatto abnorme dell’amica, guardandola sorridere divertita mentre di fronte a loro Beau e Phil discutevano a proposito dell’identità misteriosa di un cibo che non erano riusciti ad identificare.
“Margi, che cos’è questo? Forse prima di ordinare la Full Scottish Breakfast avrei dovuto chiedere a te…”
Beau indicò un pezzo di carne dal colore sospetto e la strega, addentando un pezzo di pane carico di uova fritte, attese di aver trangugiato il boccone prima di rispondere allegra:
“Quello è il black pudding(2). Non piace molto nemmeno a me, infatti ho ordinato la versione più contenuta…”
“Quel cumulo di roba infinito sarebbe la versione contenuta?!”
Demelza ringraziò di essersi accontentata degli scones e strabuzzò gli occhi mentre osservava il piatto carico di uova, fette di pomodoro, pane e salsicce dell’amica, che però fece spallucce mentre Beau, deglutendo, domandava che cosa fosse il “black pudding”.
“Se te lo dico ti passa l’appetito, mangia le uova. Voi scozzesi avete la peggior alimentazione della storia.”
Phil parlò lanciando un’occhiata schifata al black pudding e portandosi al contempo la tazza di tè nero alle labbra mentre Beau spingeva con cura il pezzo di carne verso il bordo del piatto e Margot, stanca dei commenti sarcastici del collega londinese, scoccava un’occhiata torva nella sua direzione:
“Punto primo, da dove pensi che venga il tuo cognome, MacMillan? Punto secondo, mi sembra che tu gli scones li stia gradendo.”
Solo allora Demelza – che fino a quel momento era stata impegnata a tenere un occhio sul tavolo e l’altro a controllare che il figlio non cadesse dalla sedia per la terza volta a causa del suo eccessivo dondolio – si accorse che buona parte degli scones erano spariti. La strega spalancò le labbra inorridita e indicò l’alzata per dolci dando a Phil dell’ingordo, affrettandosi a prendere tutti i pochi dolcetti rimasti per metterli in salvo dallo stomaco senza fondo del giovane collega.
“Comunque no, non ho mai visto il Castello, non vedo l’ora! Tu ci sei stato?”
Ritrovando rapidamente il suo consueto sorriso gentile – un paio di studentesse si esibirono in una successione di cinguettii che portarono Blodwel a simulare un conato di vomito sulla sua tazza – Beau si rivolse a Phil, che annuì distrattamente mentre si spolverava le briciole degli scones di dosso:
“Sì, un paio di volte con la mia famiglia quando ero piccolo… l’ultima volta convinsi Radcliff, che aveva quattro anni, che se si fosse comportato male delle guardie lo avrebbero infilato nelle segrete, magari potremmo usarlo come deterrente per far comportare bene anche i ragazzi. Che c’è?! Va bene, era soltanto un’idea, barbosi moralisti.”

 
*

 
“Questa tizia con quel colletto dall’aria scomodissima chi è?!”
“Mary Stuart.”
“Come fai a sapere sempre tutto?!”
“C’è scritto sulla targhetta sotto al quadro, geni.”
 
Sospirando, Lilian indicò la targhetta di ottone posta sotto al quadro di Mary Stuart mentre Malai e Shou, fino ad allora impegnati a scrutare curiosi il dipinto, annuivano stringendosi le cinghie degli zaini. Tallulah, che stava masticando un chewing gum, si posizionò accanto a Malai scrutando il viso pallidissimo della donna ritratta prima di parlare con tono vago:
“Non era lei quella che è stata fatta ammazzare da sua cugina?”
“Uccisa da sua cugina? Che brutta fine. Doveva essere peggio di Lilianator quando ai arrabbia.”
Shou indicò la cugina, che non esitò ad assestargli una manata sul retro del collo mentre Margot, dopo aver raccomandato ad Hiro, Marley, Bel e Priscilla di non avvicinarsi troppo alle teche che contenevano i gioielli della corona – Marley parve piuttosto delusa di non potersi provare la corona – si avvicinava allegra ai ragazzi.
 
“Ohh, avete visto Mary Stuart? È stata l’unica Regina di Scozia.”
“Perché sua cugina l’ha fatta fuori, Prof?”
“Perché Elisabetta aveva paura che le soffiasse il trono, per farla breve.”
 
“Di sopra c’è il Mons Meg, un cannone d’assedio gigantesco! Andiamo a vederlo?”
Beau, che aveva appena finito di leggere la guida, sorrise allegro mentre Blodwel, un chupa chips alla vaniglia tra i denti, girovagava per l’ampia sala tenendo le mani in tasca e facendo vagare distrattamente lo sguardo attorno a sé. Annoiata, la Tassorosso si voltò verso Lance – che non aveva smesso di fare foto da quando erano entrati –  chiedendogli dove fosse la sala del trono e se, secondo lui, ci si poteva sedere sopra per farsi una foto.
“Sarebbe forte dare ordini a destra e a sinistra.”
“Andiamo a cercarlo. Bel, vieni, andiamo a cecare il trono!”
“Uhhh, vengo anche io!”
Marley prese Bel sottobraccio e corse dietro agli amici mentre Malai, dopo aver appreso dell’esistenza di un cannone d’assedio gigante, guardava Beau con gli pcchi luccicanti e in piena estasi:
“Cannone gignate? Andiamo! Vieni Ugola di Buddha.”
“Ma a me non interessa il cannone gigante, andiamo a cercare una sedia per sederci?”
Shou, stanco di camminare e stare in piedi, sospirò mentre l’amico invece lo trascinava verso Beaumont e verso le scale, saltellando entusiasta. Demelza scrutò il figlio esasperata, domandando in un sussurro a Beau perché avesse fatto quella domanda. Phil, sbadigliando, asserì che avrebbe controllato che i Tassorosso non distruggessero il castello restando senza sorveglianza.
“Questo cannone gigante dove sta?”
Mentre raggiungevano le scale di pietra Demelza volse lo sguardo su Margot, che sorridendo allegra la informò che il Mons Meg si trovava all’ultimo piano. Shou sbuffò, Demelza trattenne un’imprecazione a causa della vicinanza dei ragazzi e Malai, invece, si voltò mentre saltava due gradini alla volta e proponendo allegro di fare una gara di velocità, sospirando deluso quando tutti gli rifilarono un secco rifiuto.
 

 
*

 
“Papino, la zia oggi andava in un castello, lo sai?”
Freya, distesa sul tappeto del salotto, volse la testa per poter guardare il padre, seduto sul divano alle sue spalle, mentre portava a termine la sua ultima opera d’arte.
“Sì, me l’ha detto.”
Håkon annuì, parlando senza alzare gli occhi scuri dal suo libro – sua madre Winnie, che aveva speso buona parte della sua vita nella sua libreria, aveva quasi pianto di gioia nel scorgere il figlio che per anni aveva cercato invano di coinvolgere nella lettura con un libro in mano – di Astronomia mentre Freya, puntellandosi il pennarello rosa sul mento, domandava assorta:
“Tu l’hai mai visto un castello?!”
“A parte Hogwarts no, non credo.”
“Anche io volevo vedere il castello, potevamo andare con la zia!”
“La prossima volta le chiediamo di portare anche noi due, va bene?”
Anche se poco convinta Freya annuì, riprendendo la sua opera d’arte. Pochi minuti dopo la bambina si alzò e andò tutta fiera dal padre per mostrargli il foglio dove facevano capolino un castello rosa sbilenco e un paio di persone sorridenti ma sproporzionate.
“Ho finito, guarda! Lo do alla zia quando torna.”
“Che cos’è piccolina?”
“Questo è il castello, questa è la zia Margi…”
“E perché ha la corona?”
Håkon avrebbe voluto chiedere come mai l’avesse fatta così alta, ma cercò di non ridere e di restare profondamente serio mentre Freya indicava il tizio dalle braccia troppo corte che aveva disegnato accanto a Margot:
“Perché ha sposato il principe!”
“Quindi la zia va al castello e automaticamente si sposa un principe?”
Freya sospirò, chiedendo al padre come mai ancora non sapesse quelle cose dopo tutti i film delle principesse che gli aveva fatto vedere. Håkon annuì, scusandosi e riconoscendo la sua gravissima mancanza prima di indicare una sorta di strambo animale con un corno rosa:
“E questo cos’è?”
“È l’unicorno!”
“E perché la zia ha anche un unicorno?!”
“Papino, le principesse hanno SEMPRE un unicorno! Nonna, Papino non si ricorda le cose!”
 
Sbuffando, Freya si riprese il disegno e si diresse in cucina pestando rumorosamente i piedi sul pavimento, lasciando il padre piuttosto di stucco. Quella sera Håkon chiamò l’amica e le domandò se per caso non si fosse trovata un principe, ma Margot, amareggiata, rispose che purtroppo si era imbattuta solo in quell’”orco di MacMillan”.
 
“Spiacente Freya, nessun principe per la zia, ma sono sicuro che il disegno le piacerà.”
Håkon sedette a tavola accanto alla figlia e le sorrise con affetto, accarezzandole dolcemente la testa mentre la bambina, allungando il piatto verso nonna Winnie per ricevere la sua porzione di lasagne, faceva spallucce:
“Meglio, così non va via e resta amica nostra. Per me tanto nonna, ho fame.”

 
*

 
“Dopo la visita al castello e tre ore nel National Museum of Scotland con tutti questi ragazzini quasi invidio la fine della Regina decapitata…”
“Non dire così, si stanno comportando abbastanza bene dopotutto. Sapevi che il Museo Reale Vittoriano è allestito nel palazzo adiacente?!”
Beau, sprofondato nella lettura della sua guida, indicò sorridente l’immagine dell’edificio accanto rispetto all’enorme museo di cinque piani che stavano visitando. Phil alla sola idea di dover passare altre due ore chiuso in un museo con dei ragazzini impallidì, sibilando che per affrontare quella visita avrebbe avuto bisogno di un giro turistico delle distillerie di whisky per le quali Edimburgo era famosa.
“Va bene, hai ragione, per oggi sarebbe troppo, ce li possiamo portare domani dopo i sotterranei di Edimburgo.”
“Sarebbe una vera disgrazia se perdessimo accidentalmente un paio di ragazzi laggiù… Oh, eccole finalmente. Dove eravate finite voi due?”
Phil e Beau si fermarono nell’enorme atrio dove si erano dati appuntamento con gli studenti e il più giovane rivolse un’occhiata stranita alle due colleghe quando vide Margot e Demelza raggiungerli sorridenti, rilassate e fin troppo riposate per due insegnanti in gita.
Alla caffetteria.”
“Vi siete piantate a bere caffè fino ad ora?!”
“Certo che no, abbiamo anche mangiato altri scones. E siamo andate al Bookshop!”
Demelza sorrise mentre Margot, annuendo soddisfatta, sollevava la sua borsetta per mostrare a Beau la sua sfilza infinita di acquisti inutili, tra cui diversi segnalibri, matite, una calamita e una tazza.
“Non ho trovato nulla per Håk Bello… Beh, si farà andare bene questo segnalibro.”
“Ma Håkon detesta leggere.”
Allora la calamita, che uomo difficile! Tieni Beau, questo è per te.”
Margot allungò sorridendo un segnalibro a Beau, che sorrise di rimando e la ringraziò mentre l’ex Tassorosso, voltandosi verso Phil, informava stizzita il collega che a lui non aveva preso nulla.
“Come farò a dormire stanotte con questo pensiero a darmi il tormento… Per oggi abbiamo finito?”
“Sì, non ci resta che tornare e prepararci psicologicamente alla cena di merda che ci aspetta.”
Una quindicina di minuti dopo, uscendo dal Museo, Demelza si ricordò di non aver preso niente ad Elliott. Maledicendosi mentalmente la strega si avvicinò di soppiatto al figlio, certa che Malai avesse speso capitali in stronzate, e quando lo sentì dire orgoglioso a Shou di “aver preso un set di tazzine da caffè per lui e per il padre” si affrettò ad informarlo che quel regalo sarebbe stato da parte di tutti e due.
“Ma’, allora devi darmi metà dei soldi!”
“Ti ho dato la vita e ancora avanzi richieste? Figlio ingrato.”

 
*

 
Hogwarts
 
 
Fatto ritorno nel suo ufficio, Minerva si accasciò sulla sedia dall’alto schienale imbottito sistemata dietro la sua scrivania grata della pace e del silenzio appena ritrovati: aveva sperato che l’assenza di quasi tutti gli studenti – e anche di alcuni insegnanti – avrebbe reso il soggiorno nella sua amata Hogwarts più piacevole, ma naturalmente non aveva fatto i conti con Theobald Watrous che, alleatosi con Pix, aveva prima Confuso i gufi postini generando il caos nella Sala Grande a colazione, e infine aveva reso inagibile la Torre di Sibilla grazie all’ausilio di una decina di Caccabombe, costringendo la collega a lasciare il suo solito antro.
Trovarle un’altra sistemazione non era stato difficile grazie alla vastità del castello, ma l’insegnante di Divinazione si era terribilmente offesa e, dopo aver inveito a lungo contro il collega che naturalmente aveva fatto finta di nulla, aveva perseguitato Minerva per metà del pomeriggio, continuando a ricordarle i cattivi presagi che aveva scorto nei fondi di tè e tutte le catastrofi che si sarebbero abbattute sul castello se non avesse licenziato Watrous al più presto.
Bisognava tener conto che, dopo tutte le tragedie avvenute agli insegnanti di Difesa contro le Arti Oscure anni addietro, trovare qualcuno disposto ad accettare la cattedra era diventato tutto fuorché semplice, e anche se le creava un mare di problemi Minerva non era intenzionata a liberarsi di Theobald.
 
Quando sentì bussare energicamente alla porta la Preside si affrettò a raddrizzarsi gli occhiali sul naso e a rimettersi seduta ben dritta sulla sedia, schiarendosi la voce prima di invitare il suo ospite ad entrare:
“Avanti.”
Theobald non se lo fece ripetere e subito aprì la pesante porta di legno, sorridendo calorosamente alla Preside prima di entrare nella stanza e raggiungere la sua scrivania:
“Buonasera cara Minerva!”
“Buonasera Theobald… Ha pensato a ciò che le ho detto sulla Professoressa Cooman?”
“Intende il fatto che i “presagi” sui fondi di tè siano stupidaggini? Ma certo!”
“No Theobald… anche, sì, ma mi riferisco al fatto che essendo Sibilla molto… suscettibile, forse sarebbe meglio spostare la sua attenzione altrove.”
“Ma Minerva, Hogwarts al momento è particolarmente sprovvista di vittime, su cui mai dovrei concentrare i miei sforzi?!”
 
Theobald sospirò, parlando come se avesse a che fare con il più grande ed insormontabile dei problemi. Minerva, più seria che mai, gli fece notare che forse sarebbe stato il caso di non concentrare i propri sforzi su nessuno. Eppure il collega le sorrise, divertito, gli occhi azzurri luccicanti e il viso tondo leggermente arrossato mentre le assicurava che fosse “una donna davvero divertente, cara Minerva”.
Minerva era sicura di una cosa: mai, in tutta la sua vita, le si era dato della donna divertente.

 
*

 
“È stata la giornata più lunga della mia vita!”
Demelza aprì la porta del bagno – permettendo ad una cortina di vapore di diffondersi nella stanza che condivideva con Margot – sistemandosi l’asciugamano che si era avvolta attorno alla testa a mo’ di turbante per poi gettarsi drammaticamente sul suo letto. Margot, seduta con un libro in mano dopo aver parlato al telefono con Håkon, aggrottò le sopracciglia mentre si voltava verso l’amica:
“L’hai detto anche ieri.”
“E lo dirò finchè non saremo a casa. Sai qual è la cosa peggiore?”
“No, quale? Il black pudding? Ohhh, forse l’Haggis(3) che hai rischiato di mangiare per sbaglio?”
Demelza deglutì, scosse la testa e fece cenno all’amica di non pronunciare quella parola mentre serrava gli occhi con insistenza, cercando di rimuovere quella sgradevolissima immagine dalla sua mente.
“No, no, che schifo, no! Cioè, anche, ma non mi riferivo a quello. No, la cosa peggiore è che mentre io sono qui a sorbirmi tutti quegli adolescenti durante quelle che sarebbero le mie ferie, quel maledetto di Elliott è a casa da solo a farsi la bella vita! Chissà quanto si starà rilassando alla faccia mia!”
 
Demelza, il ricordo di suo figlio che cercava di arrampicarsi sul Mons Meg facendole rizzare i capelli sullq nuca ancora perfettamente impresso e l’immagine del marito in panciolle a godersi la solitudine e la calma, sprofondò amareggiata nei cuscini incrociando le braccia al petto. Margot non poteva affermare di comprendere appieno lo stato d’animo dell’amica non essendo sposata e non avendo figli, ma aprì il cassetto del comò e le offrì comunque uno dei cioccolatini di scorta che aveva portato con sé “in casi di emergenza”.
“Tieni Elza, tirati su. Ti prometto che durante le prossime vacanze andremo un weekend alla spa e lasceremo i tuoi ometti a casa da soli.”
“Tremo all’idea di cosa troverei al mio ritorno, ma accetto molto volentieri. Che si arrangino.”
“Brava. Ah, Håk bello ti saluta. Mi ha chiesto se al castello ho trovato un principe, ma con la fortuna che ho io al massimo mi sarei potuta imbattere nel fantasma decapitato di Mary Stuart.”
 
 
 
 
 
 
 
 
1: tipici dolcetti scozzesi farciti con burro, miele o marmellata
2: sanguinaccio insaccato
3: insaccato tradizionale scozzese realizzato con interiora di pecora
 
 
 
   
 
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