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Autore: striscia_04    24/01/2022    2 recensioni
"Questa storia partecipa alla Challenge delle Parole Quasi Intraducibili (FairyPiece version) organizzata dal forum FairyPiece – Fanfiction & Images."
Questa storia è una raccolta di momenti Kinabra.
In ogni capitolo verrà presentato un aspetto diverso del loro rapporto e dell'amore che lega indissolubilmente questi due personaggi.
Capitolo 1: Ming-gat
Capitolo 2: Besa
Capitolo 3: Yuyin
Capitolo 4: Won
Capitolo 5: Engentar
Capitolo 6: Retrouvailles
Capitolo 7: Viraha
Capitolo 8: Saudade
Capitolo 9: Ishin-denshin
Capitolo 10: Nankurunaisa
(La lista dei capitoli potrebbe subire un aggiornamento, se troverò altre parole da aggiungere).
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cobra, Kinana
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Besa: promessa inviolabile, tener fede ad un giuramento mortale.

Sollevò la testa ispirando profondamente, mentre spostava lo sguardo dalla miriade di piatti riversi nel lavandino della mini-cucina sommersi dall’acqua insaponata.
Portatasi una mano alla fronte si scostò con il polso una ciocca di capelli, che le era scivolata davanti al volto e le premeva su un occhio provocandogli un fastidioso prurito.
Rimessi a posto i capelli al lato della faccia immerse le mani nel lavandino e afferrò la spugna, lasciata a galleggiare sul pelo dell’acqua. Strinse un piatto sollevandolo oltre il bordo e ci strofinò contro l’utensile di gomma in modo da eliminare le incrostature di cibo e le briciole, che erano rimaste incollate alla superficie liscia.
Sorrise pensando che proprio quel pomeriggio, qualche ora prima, si era tenuta la festa di compleanno della piccola Asuka e poiché Alzack e Bisca non avevano molti soldi e non sapevano dove celebrarla, il Master Macao aveva deciso di tenerla lì alla sede della gilda.
Inizialmente i genitori della bambina erano stati riluttanti ad accettare: i loro compagni erano sempre molto indaffarati a svolgere missioni per pagare i creditori e per riuscire a mantenersi, inoltre in quel periodo gli incarichi scarseggiavano.
I due maghi non volevano che per colpa della festa i loro familiari si ritrovassero anche questo mese a non riuscire a pagare l’affitto del loro appartamento o addirittura senza nulla da mettere sotto i denti.
Ma alla fine, vedendo tutto l’impegno che i loro amici avevano impiegato per addobbare a festa il modesto edificio, per comprare i cibi e le bevande, per cucinare la torta e per fare un regalo degno di questo nome alla loro figlioletta; si erano rassegnati e la cerimonia si era tenuta a Fairy Tail.
Per l’occasione erano stati invitati anche gli amichetti e i compagni di scuola della piccola e i maghi avevano messo tutto l’impegno possibile per mostrarsi al meglio di fronte agli ospiti e per non far sfigurare i neo genitori: Macao e Wakaba si erano pure trattenuti dal fare commenti indecenti sulle belle madri dei bambini, tutti si erano vestiti con i loro abiti migliori e avevano adottato un comportamento da veri gentiluomini, che però era risultato tutt’altro che naturale, oltre che imbarazzante e fuori luogo.
Perfino Romeo aveva preso parte ai festeggiamenti, mettendo da parte solo per quel giorno la sua tristezza ed impegnandosi per far divertire la sua sorellina e tutti i suoi amichetti con migliaia di forme e immagini create dalle fiamme arcobaleno. Ma anche in quel giorno di festa sul suo volto non si era scorta la minima ombra di un sorriso.
Da anni nessuno lo vedeva più ridere e scherzare, era sempre serio e immusonito, distaccato dal resto del mondo e dalla gilda. Sempre fermo al porto con lo sguardo fisso verso il mare, gli occhi abbassati e spenti, le sopracciglia incurvate e la bocca ormai diventata un perenne solco rivolto all’ingiù. A volte passava ore seduto su un tavolo senza nulla da fare e senza aprire bocca, poi si alzava e sconsolato si recava alla spiaggia… la sua faccia da anni non era altro che una maschera di frustrazione e dolore e lei sapeva che tutto questo era dovuto a ciò che era successo ai loro amici.
Ricordava bene quando sette anni prima lo aveva accompagnato al porto insieme a tutti i loro amici a salutare gli esaminandi diretti a Tenro e di come entrambi avessero gioito e salutato Natsu e gli altri, ignari che quella sarebbe stata l’ultima volta che li avrebbero visti.
Quella nave non aveva mai fatto ritorno così come nessuno dei suoi passeggeri.
Anche lei, soprattutto i primi tempi soleva fermarsi al porto e guardare lo sconfinato pelago nella remota speranza di scorgere qualcosa giungere dall’orizzonte. Ma si era ormai rassegnata, sette anni erano passati e benché nel suo cuore vivesse ancora una misera speranza non riusciva più a fermarsi a riva: le faceva troppo male illudersi, anche solo per un istante, che sarebbero tornati, che sarebbe stato tutto come prima, che sette anni di angoscia e vergogna sarebbero scomparsi nel nulla quando i suoi amici avessero rimesso piede nella sede. Le faceva troppo male risvegliarsi da quel sogno e accettare la dura realtà; quindi, era meglio smetterla fin da subito invece di continuare a ferirsi da sola.
Sapeva che i suoi compagni non sarebbero tornati.
Sapeva che era inutile continuare ad ingannarsi come stavano facendo tutti quelli rimasti ad aspettarli, ma non riusciva a smettere di farlo, non riusciva ad accettare di non rivederli più, di non poterli più guardare sorridere o urlare o cantare o semplicemente fare a pugni, come era loro solito fare quando tornavano da una missione.
Non gli sembrava giusto che persone così buone, allegre, altruiste e gentili spirassero in quel modo. Non era giusto che i suoi amici, persone che purtroppo non aveva potuto conoscere fino in fondo, ma con cui era certa di aver stretto un solido legame sparissero per sempre senza lasciare traccia. Avevano tutta la vita davanti!
Lei era entrata nella gilda da pochi mesi quando il gruppo di candidati partì verso l’isola Tenro per sostenere l’esame di classe S, ma già allora tutti loro le erano entrati nel cuore e alla loro scomparsa avevano lasciato un buco nel suo animo e lei aveva pianto assieme ai superstiti fiumi di lacrime.
Non osava nemmeno immaginare cosa stessero provando gli altri maghi rimasti alla gilda e soprattutto cosa avessero provato nello scoprire, che gli individui con cui erano cresciuti fossero morti affogati in mezzo al mare. Per loro doveva essere stato uno shock immenso scoprire che i loro familiari, coloro che avevano amato e rispettato, che tutt’ora definivano il fiore all’occhiello di Fairy Tail non avrebbero mai fatto ritorno.
Comprendeva bene la sofferenza di Romeo, poiché lei stessa stava ancora combattendo contro il proprio dolore e il proprio smarrimento e per questo non riusciva a rimproverarlo quando nei momenti di frustrazione si accaniva contro il padre insultandolo in tutti i modi possibili, ne trovava mai il coraggio di raggiungerlo al porto e consolargli il pianto: cosa avrebbe potuto dirgli per alleviare il suo dolore? Come poteva sperare di farlo stare meglio se lei stessa si trovava ancora in quella condizione di non accettazione e sconforto? E poi c’era quell’altra questione alla quale prima doveva trovare rimedio e che ormai da anni l’assillava…
Scosse la testa ridestandosi da quel fiume di ricordi e sensazioni. Abbassò il capo tornando a concentrarsi sul suo lavoro: afferrò un altro piatto e lo lavò sotto l’acqua corrente eliminando con la spugna gli ultimi resti di sporco, poi passò ad un altro e via al successivo fin quando tutte le stoviglie non furono disposte in due colonne al lato del lavandino.
Prese lo straccio che teneva attaccato al manico del mobile e li asciugò uno ad uno, rimettendoli nella credenza.
Sbuffò e i lati della bocca si sollevarono in un genuino sorriso, mentre rimirava il suo lavoro portato a compimento: erano anni che non le capitavano così tanti piatti da lavare o persone da servire. Da anni era abituata a preparare il pranzo ad un massimo di dieci-undici individui e doveva ammettere che gli era mancata tutta quell’attività.
Non era mai stato stancante lavorare come cameriera in quel locale, anzi era gratificante e divertente poter servire i suoi amici, provava un incommensurabile piacere nel rendersi utile e poi adorava cucinare.
Anche se da quando Mirajane se n’era andata anche quell’attività aveva assunto un che di frustrante, era orribile dover entrare nella cucina sul retro per preparare i pasti e non vedere da nessuna parte la giovane donna sorridergli pronta ad aiutarla in ogni mansione. Ma si era dovuta accontentare e farsi forza, perché il resto degli uomini lì dentro sapevano a mala pena prepararsi un panino e più volte le avevano fatto notare che senza di lei o Laki sarebbero morti di fame.
Era felice di sapere quanto la sua presenza fosse indispensabile per loro, le riempiva il cuore di gioia sapere che dopo essere stata sola al mondo, per la maggior parte della sua vita intrappolata nel corpo di una viscida e disgustosa serpe ci fossero persone pronte ad amarla e a dargli una casa.
E tutto questo era solo merito del Master Makarov che l’aveva trovata ed era riuscito a sciogliere la maledizione permettendole di riacquistare le sue sembianze originali.
Il volto sorridente e spensierato di quel vecchio baffuto era stata la prima cosa che ricordava di aver visto, quando si era risvegliata nell’infermeria della gilda.
Le aveva fatto coraggio poggiandole una mano sulla spalla e le aveva chiesto di dirle come era diventata un serpente, ma lei non ne aveva la più pallida idea. Non ricordava nulla della sua vita precedente, solo il suo nome e il volto maligno di un uomo, oltre che la tremenda sensazione che aveva provato quando quell’individuo le aveva lanciato contro un raggio violaceo.
Rabbrividì al solo ricordo di come si fosse sentita in quel momento: era stato come se il suo corpicino venisse schiacciato in una pressa e si allungasse spezzando nel processo le ossa e le fibre muscolari, come se la testa le venisse spiaccicata sotto un macigno, mentre le braccia si attaccavano al resto del corpo sparendo e le gambe si ritirassero contraendo tutti i muscoli del suo corpo fino ad unificarsi in una lunga e disgustosa coda. Ma la parte peggiore era stato avvertire la lingua allungarsi e restringersi, mentre le sue corde vocali vibravano sotto il peso delle sue urla che ad ogni secondo assomigliavano sempre di più ad un fischio.
Era stata l’esperienza peggiore della sua vita e benché ne conservasse solo emozioni e sensazioni, solo il pensiero di essere stata un serpente la tormentava e la spaventava allo stesso tempo. Era ironico pensare che fin da piccola avesse sempre avuto timore di quegli animali e di come fosse finita per diventare una di loro.
Neanche adesso quella paura si era attenuata, anzi temeva la sola vista di una di quelle piccole creature striscianti, sia perché le ricordavano il suo passato, sia perché il Master le aveva riferito di stare il più lontana possibile dal veleno.
Makarov non si era soffermato a spiegarle i dettagli, ma dal modo in cui aveva incurvato le cespugliose sopracciglia arrivando a farsi comparire tre lunghe rughe sulla fronte, da come il suo labbro superiore si fosse arricciato all’indietro e dallo sguardo carico di preoccupazione che le aveva lanciato; aveva compreso che tutto ciò era legato alla maledizione e che la vicinanza con le tossine poteva avere qualche effetto collaterale sul suo corpo.
Solo il pensiero di rivivere quell’esperienza orribile le faceva tremare le budella: non voleva rischiare di tornare un animale privo di qualunque tipo di ragione e soprattutto non voleva smettere di parlare!
Per anni era certa di aver potuto emettere solo un flebile sibilo e se fosse stata in grado di parlare forse qualcuno prima del vecchio si sarebbe accorto di chi era veramente e l’avrebbe aiutata; questo era il suo più grande rammarico.
Finito di spolverarlo superò il bancone del bar diretta verso la bacheca delle missioni e afferrato lo spolverino si mise a scuotere le lunghe piume marroni contro i fogli degli incarichi.
“Ehi Kinana, non c’è bisogno che tu pulisca anche le richieste di lavoro.” le disse Nab sorridendole divertito.
“Lo so. E’ che ci sono talmente abituata che lo faccio senza accorgermene.” rispose lei, bloccando il braccio a mezz’aria per rivolgere un sorriso imbarazzato al suo compagno.
“Sei veramente una ragazza d’oro, magari al mondo ci fossero tante persone che come te si prodigano e faticano per aiutare gli altri.”
“Ma no, io non faccio nulla di che. Siete voi i maghi che vanno a lavorare e permettono alla gilda di rimanere aperta. Io al massimo posso solo spazzare, pulire e cucinare.”
“E ti sembra poco?!” esclamò una voce alle loro spalle facendoli sussultare.
Voltandosi i due si ritrovarono davanti Max, Kinana corrugò le sopracciglia aprendo leggermente la bocca alla vista dell’espressione imbufalita dipinta sul volto del mago della sabbia.
Quest’ultimo le ammiccò un saluto, poi spostò la testa verso l’altro uomo e gli lanciò un’occhiata glaciale, che scomparve sostituita da un sorriso genuino quando i suoi occhi si posizionarono nuovamente sulla figura sinuosa e attraente della cameriera.
“Tu fatichi quanto noi, se non ci fossi tu a prepararci da mangiare o a pulire tutto, questo posto sarebbe da un pezzo una discarica. Anche se non sai usare la magia sei rimasta qui con noi e soprattutto ti dai da fare a differenza di qualcuno di mia conoscenza!” esordì Max fissando di traverso Nab, che in tutta risposta strinse i denti e corrugò le sopracciglia andando ad abbassare le palpebre superiori, mentre i suoi occhi diventavano due piccole fessure.
“Se hai qualcosa da dirmi parla chiaramente!” tuonò il moro alzandosi dalla sedia e avvicinandosi minacciosamente verso l’altro uomo.
Ora che erano uno di fronte all’altro Kinana deglutì notando quanto Nab fosse non solo più muscoloso e massiccio di Max, ma anche più alto. Era vero che il mago della sabbia in quei sette anni era migliorato molto, ma la violetta temeva che la rabbia spingesse Nab a scatenarsi e l’ultima cosa che voleva vedere erano due dei suoi amici litigare.
“Dai ragazzi cercate di calmarvi…” provò ad intervenire, ma nessuno dei due le diede retta.
“Non vai mai a lavorare! Tutti qui dentro si spaccano la schiena dalla mattina alla sera, assaliti da tutti quei bastardi dei creditori al punto che Alzack e Bisca si vergognavano addirittura di farci celebrare la festa qui. Perfino Kinana che non sa usare la magia, non solo ha deciso di rimanere, ma ci mantiene tutti te compreso. Solo che mentre noi lavoriamo al punto da farci sanguinare le mani, tu te ne stai tutto il giorno lì a non fare nulla!”
“Non mi sembra che la cosa ti abbia mai dato fastidio prima di adesso, si può sapere qual è il vero motivo per cui ce l’hai con me?” chiese il corvino sollevando un sopracciglio, mentre la sua faccia era ancora una smorfia sospesa tra rabbia e stupore.
“Solo perché ti ho fatto il grande onore di non fartelo notare prima non significa che possa passarci sempre sopra! Anzi il mio non lamentarmi, così come quello degli altri avrebbe dovuto accrescere il tuo senso di responsabilità e farti comprendere che le cose non sono più come sette anni fa! Non c’è più una situazione tale per cui puoi anche non andare a lavorare! Ti rendi conto o no che siamo sul lastrico?! Che se non paghiamo tutto dovremmo dire addio anche a questo mulino e che non avremmo più una sede fisica?!”
“Certo che me ne rendo conto! Ma come credi che possa mantenere la gilda con queste cavolo di richieste da due soldi?”
“Credi che a me piaccia vedere come ci siamo ridotti? Ma stringo i denti e fatico, sopporto anche il lavoro più umiliante se mi permette di sopravvivere e soprattutto non mi lamento, come te, dalla mattina alla sera!”
“Ma se non fai altro che rimuginare da quando hai dovuto chiudere il tuo negozio?! Sono passati cinque anni e ancora ci assili con il tuo dramma, quando tutti noi abbiamo dovuto fare dei sacrifici!”
“Per me non è stato affatto facile rinunciare alla mia attività, ma l’ho fatto perché la gilda è più importante! Tu, invece, di sacrificare il tuo ego o la tua pigrizia non ci hai neanche pensato. E così, oltre alla gilda, dobbiamo mantenere anche un lavativo!”
“Lavativo a chi?! Ti ricordo che anche io ho speso tutti i miei soldi per permettere la perlustrazione in mare e che anche io mi sono ritrovato sul lastrico e comunque continuo a lottare per tirare avanti!”
“Mi chiedo proprio da dove tu li prenda i soldi, visto che stai tutto il giorno lì a sedere?”
“Nello stesso modo in cui li guadagni tu!”, “Ma per favore?! Se non fosse per noi altri che manteniamo la baracca saresti per strada a fare il barbone!”
“Se non ti piace avermi trai piedi perché non te ne vai?! Così magari te ne torni a gestire il tuo cavolo di negozio di souvenir!”
“Se qui c’è uno che dovrebbe andarsene quello sei tu! Che direbbero il Master e gli altri vedendoti poltrire tutto il giorno, ora che la gilda rischia di essere chiusa?!”
“Pensi di essere migliore di me?! Se davvero fossi stato un mago tanto abile le ultime edizioni del Palio le avremmo vinte, invece tre anni fa ti sei fatto battere al primo turno!”
“Ora non si sta parlando del Palio, ma di lavoro. Se non hai voglia di sgobbare allora levati dalle scatole, qui a Fairy Tail non abbiamo bisogno di uno come te!” gli urlò il mago dai capelli color arenaria.
Nab strabuzzò gli occhi, mentre le palpebre si dilatavano e la bocca si spalancava leggermente: non poteva credere che Max arrivasse a dirgli certe cose.
Digrignò i denti arricciando le labbra, mentre le sopracciglia gli diventavano due curve e al centro della fronte gli si formava una vena varicosa.
Afferrò il bavero della giacca del compagno e lo sollevò leggermente da terra, mentre tirava indietro il braccio libero. Di contro Max spostò le mani aperte ai lati del busto e Kinana vide formarglisi intorno al corpo un sottile strato di sabbia.
“Ragazzi, no!” urlò raggiungendo Nab e afferrandolo per il braccio libero, ma l’attacco era già iniziato e fini per trovarcisi nel mezzo anche lei.
Venne spinta indietro da una gomitata del più grande e perse l’equilibrio cadendo in terra, mentre gli altri due fecero partire i rispettivi attacchi: Nab cercò di colpire Max con un pugno imbrigliando lo spirito di un orso, ma Max si difese bloccando il pugno diretto verso la sua faccia con un muro di sabbia.
Stava per consumarsi il secondo attacco quando una voce urlò: “Fatela finita voi due!”, entrambi si paralizzarono con i bracci sospesi a mezz’aria e spostarono lo sguardo verso il centro della sala.
Qui stava in piedi Macao con i pugni contratti, la bocca spalancata in una smorfia, le sopracciglia stese a formare due linee oblique e gli occhi di fuoco fissi sui due litiganti.
A quella vista entrambi mollarono la presa e abbassarono la testa: “Cosa cavolo vi è saltato in mente?!” tuonò il Master di quarta generazione avvicinandosi ai due: “Non solo vi permettete tali insulti, ma coinvolgete nelle vostre risse anche chi non centra nulla.” disse indicando Kinana, che era ancora seduta a terra e si massaggiava il didietro.
“Ah… m-mi dispiace Kinana, ti assicuro che non era mia intenzione.” disse Nab guardando sconsolato la violetta prima di porgergli una mano per aiutarla ad alzarsi, che lei accettò volentieri.
“Non dovreste litigare.” disse semplicemente la barista esibendo un’espressione abbattuta, prima di superare i due e tornare dietro al bancone.
“Ha ragione!” tuonò Macao con le braccia incrociate e la furia dipinta in volto: a differenza della donna non sembrava per nulla convinto a far morire lì la questione.
“So benissimo che è dura per tutti…” esordì mentre abbassava lo sguardo e faceva ricadere gli arti sui fianchi: “Se proprio dovete dare la colpa a qualcuno datela a me! Ma per favore non continuate a logorarvi a questo modo, proprio ora che la situazione è dura dobbiamo rimanere uniti.”
“Hai ragione, Master.” disse Max guardando sconfortato il suo vecchio amico, per poi voltarsi verso Nab: “Mi dispiace. Non penso veramente quello che ho detto. Ero arrabbiato per motivi miei e me la sono presa con te.” disse porgendo la mano in segno di scusa al moro.
“Non fa niente, scusami tu se ho perso le staffe e ho cercato di colpirti. Non avevi tutti i torti a dire che sono un lavativo… ma prometto che domani andrò a lavorare!” rispose solenne l’energumeno sollevando la testa e il pugno, facendo scoppiare gli altri due in una fragorosa risata.
Kinana sorrise dietro il bancone alla vista dei tre ridenti e sereni, non poteva negare che il colpo di Nab le avesse fatto male, ma non gliene voleva per quello perché capiva che era solo arrabbiato e che le parole di Max lo avevano ferito in un nervo scoperto.
Era certa che la sua non fosse pigrizia perché quando Alzack e Bisca si erano assentati per qualche mese per badare ad Asuka a letto con la febbre lui era stato il primo ad andare al lavoro e non aveva fiatato, ignorando pure i commenti ironici degli altri e aveva continuato a lavorare fino a mettere su una discreta sommetta, era solo grazie a quel denaro e agli sforzi di tutti che il soffitto del mulino o gilda non era crollato durante la tempesta di qualche mese prima.
Quindi l’atteggiamento di Nab si poteva interpretare in tutti i modi tranne che con la pigrizia, lei credeva che si comportasse a quel modo solo per un senso di nostalgia, come una vecchia abitudine che lo legasse al passato e che apprezzava rianimare ogni tanto. Lo capiva bene, anche lei se si fosse trovata nella sua stessa situazione avrebbe fatto altrettanto.
Chissà come dev’essere stato bello crescere qui dentro? Magari fosse toccata anche a me questa fortuna.”
Non lo aveva mai ammesso di fronte a nessuno, ma aveva sempre invidiato gente come Elsa o Mira che in quel luogo c’erano entrate fin da piccole. Gli aveva sempre fatto uno strano effetto immaginarsi bambina, non più un serpente e circondata da tutti quei volti amici. A volte provava anche un po' di invidia nei confronti di Laki e di tutti gli altri e non poteva non sentirsi stringere un nodo allo stomaco al pensiero che di ventisette anni di vita ne ricordasse solo sette, e che quei sette fossero tutto furche felici.
Avrebbe pagato qualunque somma pur di conoscere qualcosa di più sul suo passato, su chi era stata da giovane, se aveva avuto persone che l’amavano.
Una era certa che ci fosse stata.
Non ricordava niente del periodo della sua metamorfosi se non quel suo fantomatico amico, che le aveva fatto un giuramento eterno.
Le aveva promesso che se un giorno si fossero separati lui sarebbe venuto a prenderla cavalcando una stella cadente. E tutto questo solo perché desiderava ardentemente sentire la sua voce.
Quando lo aveva riferito a Mira e Wakaba le erano parsi scettici e ora che era più matura di sette anni, lei stessa era diventata restia a credere ancora a quella strana storiella.
Ora che aveva visto quanto il destino potesse essere doloroso e ingiusto, ora che non era più un’ingenua ragazzina che credeva nelle favole, poteva dire di aver abbandonato per molto tempo quel desiderio.
Ma non era colpa sua!
Lei era stata veramente troppo impegnata ad aiutare i suoi amici alla gilda, ad affrontare il lutto, a lavorare e a mantenersi, che semplicemente la sua promessa era caduta in secondo piano.
Non l’aveva mai dimenticata! Solo che in quei sette anni aveva dovuto concentrarsi su obbiettivi più concreti e vicini.
Ma nel corso degli anni quella che per lei era una certezza si era tramutata in un qualcosa di imprecisato e forse ingannevole: non sapeva se questo suo amico esistesse veramente, se non fosse solo frutto della sua mente instabile a causa dei problemi di amnesia o di un qualche effetto illusorio derivante dalla maledizione. Non era certa che la sua testa non si fosse inventata tutta quell’assurda storia solo per colmare la solitudine e l’assenza di ricordi della vita da serpente.
E se anche il suo amico fosse esistito non era sicura che dopo sette anni la stesse ancora cercando, forse si era rassegnato, forse aveva compreso che cercare un serpente solo per udirne la voce era un’impresa impossibile. Forse anche quell’assurdo desiderio messo in bocca a quell’uomo era frutto delle sue fantasie mentali.
Ma se anche non fosse stato così, se anche quell’individuo fosse esistito per davvero, che speranze avevano di rivedersi dopo tutto quel tempo, che speranze poteva avere che la riconoscesse anche ora che non era più un animale.
No, tutto quello era assurdo e folle e lei doveva solo tirare un freno alle sue fantasie infantili, non poteva permettere che la ostacolassero durante il lavoro.
C’era stato un periodo della sua vita in cui aveva ardentemente desiderato di andarsene da Fairy Tail per cercare quella persona, in cui voleva solo sapere chi fosse e soprattutto conoscere il suo passato. A quel tempo gli era sembrato naturale lasciare la gilda visto quanto il numero di membri diminuisse radicalmente di giorno in giorno.
Si era pure detta che forse era meglio così, che se fosse rimasta sarebbe diventata un peso sulle spalle dei suoi benefattori. E il desiderio di partire si faceva sempre più grande dentro di lei.
Poi però Macao si era indebitato, gli era stata confiscata la sede, si erano dovuti trasferire in un remoto angolo fuori dalla città e si erano dovuti accontentare di alloggiare in un vecchio mulino.
Allora non ce l’aveva fatta a partire, vederli tutti abbattuti, distrutti dal dolore e pieni di rimorsi le aveva straziato il cuore e si era fatta coraggio decidendo di rimanere.
Con il tempo era addirittura arrivata a vergognarsi per quell’assurda idea che gli era venuta anni prima: non poteva aver veramente desiderato di lasciare Fairy Tail! Quella era la sua unica casa, l’unico posto che l’aveva accolta e le cui persone l’avevano salvata e si erano prese cura di lei. Andarsene gli era parso un atto di viltà e offesa nei confronti dei suoi salvatori e ancora oggi quando Jet e Droy o qualcun altro parlavano male di tutti quelli che li avevano abbandonati e che si erano arresi lasciando la gilda, lei si sentiva profondamente in colpa e tentava in tutti i modi di allontanarsi dalla conversazione.
Ma a frenarla non era stato solo il senso di responsabilità, anche la paura del mondo esterno era servita ad ancorarla a quelle mura e a non lasciarla mai andare. Poteva inventare mille scuse, ma non poteva ingannare se stessa, la verità era solo una: era terrorizzata dal mondo esterno!
Non sapeva usare la magia e non aveva alcun mezzo di difesa, inoltre aveva imparato quanto potesse essere pericolosa Earthland. Quindi aveva pensato bene di rimanere lì a Magnolia e di non muoversi.
C’era però un pensiero, anzi una voce che negli ultimi anni si era fatta sempre più intensa ed insistente e che continuava a tormentarla sia di giorno sia di notte.
Voglio sentire la tua voce!
Sobbalzò a quelle parole e prese a guardarsi intorno con circospezione, ma non vedendo nessuno di sospetto nei dintorni rilassò le spalle e fece scivolare le braccia lungo i fianchi.
Si parla del diavolo e spuntano le corna.” fu il suo primo pensiero una volta superato lo spavento, e un sorriso amaro le solcò il volto mentre chiudeva gli occhi e stringeva i denti per non scoppiare a piangere.
Perché quella dannata voce la tormentava tanto? Erano anni che per colpa di quel suono nella sua testa non riusciva più a chiudere occhio la notte.
Che fosse tutto frutto della sua fantasia? Che stesse impazzendo? Che magari riuscisse a sentirla solo lei perché era tutto frutto della sua immaginazione?
Non conosceva la risposta, ma di una cosa era sicura: colui che la chiamava sembrava, almeno dal tono che usava, l’anima più tormentata e allo stesso tempo gentile che avesse mai ascoltato.
E si sentiva riscaldare il petto al pensiero che tutta quella gentilezza e quel desiderio fossero rivolte a lei.
Ogni giorno si chiedeva se questa fantomatica persona fosse il suo vecchio amico che la stesse cercando e ogni giorno desiderava solo andarsene da quel luogo per rintracciarlo, ma ancora c’era la paura e il senso di colpa a frenarla e alla fine desisteva.
Provava un tremendo dolore al petto al pensiero che questa persona la stesse cercando ovunque e che lei fosse talmente egoista da non provare a fare altrettanto. Gli aveva fatto una promessa, aveva espresso un desiderio, fatto un giuramento nei suoi confronti, ma lei a sua volta era vincolata a fare di tutto perché ciò si realizzasse ed invece se ne stava lì, seduta dietro una panca a pulire posate o spazzare pavimenti, mentre sentiva che la vita si faceva ogni giorno più dura e insostenibile.
Se lei stava così non osava neanche immaginare cosa provasse il suo amico e come per colpa sua in quel momento stesse soffrendo. Ma anche lei soffriva e si interrogava su quale fosse la scelta migliore da fare, se continuare ad ignorare quella voce e vivere la sua vita il più sereno possibile, oppure gettarsi a capo fitto nella ricerca sperando di rivederlo.
Voglio sentire la tua voce.
Lo so, lo so. Ma non è colpa mia! Credimi, se potessimo liberamente comunicare ti direi subito dove mi trovo! Io voglio mantenere la mia parte di accordo, non voglio ferirti, non potrò continuare a vivere se per colpa della mia stupida paura e dei miei dubbi tu smettessi di cercarmi. Ti prego non lasciarmi, io voglio mantenere la mia parte di promessa a tutti i costi. Ti prego trovami!
Poteva solo fare questo: sperare che la trovasse e che non si arrendesse nel cercarla. Sapeva che per quell’individuo la loro promessa era di vitale importanza e proprio per questo si sentiva ancora più in colpa al pensiero di quanto lo stesse ferendo e quanto poco lo stesse aiutando.
“Che ti succede?”
Sobbalzò spalancando gli occhi e poggiando le iridi sulla familiare figura della sua migliore amica: “N-Niente” farfugliò presa alla sprovvista.
“Hai la faccia di un cane a cui si sono divertiti a dare tante legnate sul sedere.” rispose l’occhialuta fissandola con circospezione.
“Stavo solo pensando che quei due non dovrebbero litigare.” disse indicando Max e Nab che adesso se la ridevano come due amiconi intenti a denigrare le poche richieste di lavoro appese alla bacheca.
“Quell’idiota è proprio un immaturo.” bofonchiò la maga del Wood Make squadrando imbufalita il mago della sabbia, che sentendosi osservato si voltò solo per trovarsi gli occhi indemoniati dell’amica poggiati contro e quindi voltarsi immediatamente fingendo di non averla notata.
“Laki non è che in quella sfuriata di poco fa c’entri anche tu?” chiese Kinana squadrando l’amica con un sopracciglio alzato.
“Ma certo che no!” fece offesa la donna dai capelli color lavanda, spostando però lo sguardo di lato ed arricciando il labbro superiore.
“Laki…”
“E va bene. Abbiamo litigato! Sei contenta adesso?”
“No. Per quale motivo avete discusso?”
“Perché quello scemo non fa altro che portarsi a presso quella stupida scopa.”
“Sul serio? Solo per questo avete bisticciato?”
“E lo ritieni poco?! Oggi dovevamo uscire e appena mi presento melo vedo venire in contro con quella cosa!”
“Quindi è vero che vi state frequentando.”, “Usciamo solo insieme, non è nulla di serio o sancito da qualche vincolo contrattuale.”
“Pss… eh eh eh.”
“Che hai da ridere?”, “Niente, solo tu puoi dare una definizione così assurda di matrimonio.”
“Lascia perdere questo, il punto è che quando gli ho fatto notare che il terzo in comodo non era invitato, lui ha cominciato a lamentarsi, ho perso le staffe, ci siamo insultati e ha avuto la faccia tosta di dirmi che preferiva quella scopa a ME! Ti rendi conto?!”
“Beh, in effetti poteva risparmiarselo, ma io credo…”
“No, basta! L’ho perdonato fin troppo, questa storia finisce qui!”
“Andiamo non dire così, Max ci tiene a te e tu lo sai. Ti vuole molto bene e sono certa che tenga molto più a te che a quella scopa, perché non provate a fare pace?”
“Quello che deve scusarsi è lui, non certo io!”
“Va bene, però se credi che questa vostra strana relazione sia veramente importante metti da parte l’orgoglio e fai il primo passo.”
“Da quando sei così esperta di relazioni sentimentali?” chiese Laki indagatoria, mentre sul suo viso compariva un sorriso sinistro.
“Ma no non sono esperta. Semplicemente ti sto dando un consiglio perché so quanto ci tieni.”
“Grazie, ed è per questo che sei la mia migliore amica.”
“Figurati.”
“Ora tornando al discorso di prima… non credere che ci caschi nelle tue bugie, vuoi dirmi perché sei così triste? E’ successo qualcosa di brutto?”
“No, niente di grave, solo…”
“Solo…?”
“Stavo pensando al fatto che mi sento di troppo qui dentro. Insomma, tu e tutti gli altri siete sempre così indaffarati e avete un legame così forte con la gilda. Io in confronto sono qui da solo questi sette anni e mi sento, come spiegartelo…?”
“Un merluzzo fuor d’acqua?”
“Più o meno… vorrei rendermi più utile, magari imparare la magia, andare in missione, ma soprattutto vorrei… vorrei… sing… sing…”
“E-Ehi, K-Kinana! Perché piangi?”
“S-Scusa… sing… sing… è che non sono riuscita a trattenermi…” disse portandosi una mano sulla guancia per asciugare le lacrime.
“Posso sapere qual è il problema? Ti va di dirmelo?”
“Io… io… io vorrei lasciare la gilda!”
“Cosa?! Perché? Che succede? Hai dei problemi a livello finanziario? Possiamo aiutarti a pagarli o posso ospitarti nel mio appartamento a Fairy Hills.”
“No, non si tratta di soldi.”
“E allora perché vuoi andartene?” chiese Laki guardando sconsolata la compagna.
“Laki, è da anni che continuo a sentire questa voce nella mia testa, da quando sono tornata umana e ormai non riesco più a sopportare questa situazione. Mi sento in colpa perché questa persona continua ad implorarmi, vuole trovarmi. Magari è una persona legata al mio passato, ma io non riesco a ricordare nulla e mi sento in colpa al pensiero di quanto possa stare male a causa mia… sing… sing…”
“…Voglio andare a cercarla, trovarla e farmi raccontare del mio passato, ma ho paura!”
“Paura?”
“Ho paura di non trovarlo mai, che tutto questo si riveli solo una mia assurda fantasia, che magari non riesca mai a rintracciarlo, oppure che alla fine si rassegni a cercarmi. Magari se scoprisse che sono sempre stata un essere umano smetterebbe di volermi bene. E poi non so nulla su questa persona, non so chi sia veramente o dove si trovi, so solo che vuole sentire la mia voce, ma io non riesco a comunicare con lui.”
“Capisco, ma tutto questo cosa c’entra con il tuo desiderio di andartene?”
“H-Ho pensato che rimanendo qui non avrò mai sue notizie; quindi, volevo mettermi in viaggio ma non ci riesco: io non so nulla del mondo e soprattutto non posso abbandonarvi, dopo tutto quello che avete fatto per me! Mi sento un’egoista.”
Tacque guardando Laki di sottecchi troppo imbarazzata per poterlo fare apertamente, sul volto dell’amica era dipinta un’espressione indecifrabile e sembrava persa nelle sue riflessioni, al punto che dopo alcuni secondi la violetta iniziò a preoccuparsi che si sentisse male.
“Ah ah ah ah!” scoppiò a ridere la donna, facendo indietreggiare l’amica che spalancò gli occhi per la sorpresa.
“Ah ah ah! Kinana sei assurda!”
“Eh?”
“No, dico sul serio! Come ti vengono in mente certe trovate? Se tu sei un’egoista, il resto del mondo allora che cos’è?! Ah ah ah ah!” continuò a ridere l’occhialuta portandosi un dito sull’occhio sinistro per asciugarsi una lacrimuccia.
Poi il suo sguardo si fece serio, benché stesse ancora sfoggiando un piccolo sorriso: “Perché non me lo hai detto prima come ti sentivi?”
“Non ci sono riuscita, temevo di deluderti o che non mi avresti più rivolto la parola.”
“Sei proprio una sciocca.” gli rispose Laki: “Uffa, ma perché ho un’amica così tonta?! Senti è vero che siamo stati delusi e anche molto incavolati quando la maggior parte dei membri se n’è andata, e forse abbiamo sbagliato a criticarli… magari sono loro quelli che hanno ragione. Però anche se ci siamo sentiti traditi abbiamo accolto la loro decisione e l’abbiamo rispettata senza portargli alcun rancore. Non lo porteremo dicerto a te, se vuoi andartene.”
“Ma io non voglio veramente lasciare la gilda! Io amo questo posto è solo che…”
“Solo che vuoi saperne di più sul tuo passato. Lo capisco perfettamente e ti chiedo scusa per non aver capito quanto ti stavamo soffocando, ti prego perdonami.”
“Ma no Laki, non devi…”
“Io sono la tua migliore amica e dovrei starti vicina in questi momenti, ma nell’ultimo periodo ho pensato solo a me stessa e ti ho trascurato e di questo me ne dispiaccio moltissimo.”
“Laki, dico sul serio, non c’è bisogno che ti scusi, questo è solo un mio capriccio…”
“No che non lo è!” esclamò la violetta battendo le mani sul bancone in legno: “Conoscere il tuo passato è un tuo diritto e quindi ho deciso che ti aiuterò!”
“Dici sul serio?! No, aspetta! Non puoi lasciare la gilda, te lo ripeto questa storia non è nulla di grave, posso conviverci.”
“E io ti ripeto che ti aiuterò e non c’è nulla che tu possa fare o dire che mi farà cambiare idea! Inoltre, non dobbiamo per forza lasciare la gilda.”
“In che senso?”, “Nel senso, razza di zuccona melodrammatica, che non devi per forza andartene. Possiamo svolgere qualche incarico nelle città vicine e nel frattempo indagare.”
“Ma c’è troppo lavoro da fare. E siamo sommersi dai debiti, non voglio scomodare te e gli altri in una ricerca che potrebbe risultare inutile.”
“Purtroppo è vero; ultimamente siamo sommersi dal lavoro… ma facciamo così: ti prometto che una volta finito questo brutto periodo e ripagati tutti i debiti ci metteremo insieme a cercare questa persona e ti assicuro che la troveremo, dovessimo impiegarci anni!”
“Ma se fosse lui a smettere di cercarmi o se non gli piacessero le mie attuali sembianze o se addirittura non esistesse veramente?”
“Tu lo hai sentito giusto?”
“S-Si.”
“E allora basta questo! Io mi fido del tuo giudizio, so che se lo senti vuol dire che esiste e quindi lo troveremo! E per quanto riguarda i tuoi timori non preoccuparti sei una ragazza attraente e sei la persona più gentile e altruista che conosca, sono certa che appena scoprirà che sei un essere umano e che sei una ragazza tanto attraente farà salti di gioia. Ma se dovesse andare diversamente sappi che ci penserò io, lo ammazzerò e lo rinchiuderò in una delle mie bare e poi lo getterò in fondo al mare legato a dei pesi perché affondi meglio!” disse l’ultima frase in un tono che fece gelare il sangue alla sua migliore amica, mentre sul volto compariva un ghigno sadico e gli occhiali si illuminavano di una lugubre e sinistra luce.
"Eh eh... s-se lo dici tu…” farfugliò Kinana con la nuca impregnata da goccioline.
“Si, te lo prometto: lo troveremo!” ribadì il concetto la ragazza.
“G-Grazie Laki… sing… sei la migliore amica che qualcuno possa avere…” disse Kinana sporgendosi oltre il bancone e abbracciando l’amica.
“Ma figurati per così poco, se no a che servono gli amici?! A proposito, se mai rintracciassimo questa persona non mi sostituirai come migliore amica, vero? Sappi che sono pronta a combattere per questo titolo, che mi appartiene di diritto!” scherzò la quattrocchi facendo scoppiare a ridere la cameriera.
“Eh eh eh! Tranquilla, non ti sostituirò mai, entrambi avrete sempre un posto speciale nel mio cuore.”
 
Si lasciò cadere di peso sul letto beandosi della morbidezza delle coperte e del cuscino, mentre incrociava le braccia dietro la nuca.
Quel letto era molto morbido e comodo, sicuramente più di quell’insulsa brandina su cui era stato costretto a dormire quando era ancora intrappolato ad Era.
Ripensare a quel periodo gli fece storcere il naso e stringere i denti talmente forte che la mascella iniziò a fargli male.
Aveva trascorso sette anni della sua vita in quel postaccio di merda e una volta evaso non aveva avuto neanche la soddisfazione di farlo saltare in aria e ammazzare quel branco di rifiuti che ci vivevano. Non che gli importasse, adesso che era libero e immensamente più forte erano poche le cose che lo eccitavano o gli davano piacere.
La vita non gli era mai parsa così insipida e il mondo sembrava completamente grigio, a nutrire il suo animo erano rimasti solo il risentimento e il desiderio di vendetta. La sua intera esistenza ormai era focalizzata solo al raggiungimento di quell’obbiettivo e tutto il resto era passato in secondo piano.
Scostò il braccio sinistro da dietro la testa e si portò la mano sul volto, all’altezza dell’occhio sinistro. L’indice prese a strisciare lungo un sottile e ruvido solco che gli attraversava il bulbo destinato a rimanere chiuso per sempre.
Gli faceva uno strano effetto pensare di aver perso un occhio in quei sette anni e il ricordo del dolore provato quando la lama gli aveva attraversato il bulbo tranciando di netto la pupilla e l’iride, gli faceva salire un brivido lungo la schiena e un freddo pungente gli riempiva il corpo.
Più volte aveva palesato che la perdita dell’organo visivo non era un problema e che finché aveva l’udito non gli importava di perdere la vista, inoltre non era mai stato un tipo vanitoso. Coloro che crescono sopravvivendo per tutta la vita non possono provare il lusso del narcisismo.
Però doveva ammettere, almeno a se stesso, che gli dispiaceva non poter più vedere il mondo o comunque avere una visione periferica limitata, si c’erano le orecchie a compensare… ma non era la stessa cosa.
Istintivamente il suo pensiero si bloccò sul ricordo che per sette anni lo aveva tormentato: “Cubellios.
Poteva ripetersi per tutta la vita che aveva rinunciato a cercarlo, che non voleva più ascoltare la sua voce, che la sua promessa non aveva più senso di esistere perché lui se n’era andato e non sarebbe tornato mai più. Ma semplicemente, per quanto potesse provare a convincersi ripetendosi che i legami e l’amore rendevano deboli le persone e che lui liberandosi di ciò era diventato veramente forte; non riusciva comunque a darsi pace e ad arrendersi.
No, desiderava troppo rivederlo!
Adesso non gli importava più di ascoltare solo la sua voce, adesso voleva ritrovarlo e non perderlo mai più!
Si piantò una manata sulla fronte cercando di ricacciare indietro quei pensieri: “Stupido, falla finita con queste sciocchezze! Non mi serve rivederlo, anche se lo desidero più di ogni altra cosa… anzi proprio il rinunciare a questo desiderio mi ha reso più forte! Non cadrò di nuovo in tentazione! Non ho bisogno di niente e di nessuno, solo di me stesso! Ho ottenuto questa forza proprio grazie al sacrificio, ora l’unica cosa che conta è vendicarsi e poi tutti quanti pagheranno il prezzo di questa mia sofferenza!”
Si rigettò con la testa sul cuscino e chiuse gli occhi sperando di addormentarsi presto, ma prima di cadere preda del mondo dei sogni il suo ultimo pensiero, libero da qualunque imposizione e pregiudizio fu: “Una vita senza di te non ha senso di essere vissuta! Voglio sentire la tua voce! Ti prego è indispensabile per me!


Nota d’autore: eccomi qui con il capitolo due di questa raccolta! A chiunque mi stesse cercando dico che potete sospendere le spedizioni, perché sono qui! XD
Lasciando perdere le sciocchezze, posso dire che mi fa molto piacere tornare a scrivere perché l’ultima settimana è stata un tormento e con tutto quello che ho avuto da fare mi ritrovo ancora con questa raccolta da, praticamente, iniziare. Per adesso però vi lascio questo capitolo, spero di riuscire a postare il terzo in settimana. Inoltre, nonostante i miei molti impegni e questa raccolta che devo assolutamente portare a compimento, la mia testa acerrima nemica ha deciso di accendere la lampadina della creatività e mi assilla tutto il giorno con mille idee che per adesso non posso mettere per iscritto a causa del fattore tempo libero.
Ma tralasciando i miei deliri, che ritengo siano difficili da sopportare e quindi mi chiedo perché li stia scrivendo…
Parliamo del capitolo: mi è piaciuto molto scriverlo, perché ci tenevo a presentare degnamente il personaggio di Kinana, che purtroppo visto il suo ruolo di mera comparsa viene completamente sprecata dall’autore quando in realtà è un personaggio molto complesso a causa del suo oscuro passato e dei suoi problemi mnemonici.
Ringrazio infinitamente l’Anime che ha cercato di darle un po' di spazio nella saga filler della “Chiave del cielo stellato”, a mio avviso c’è riuscito alla grande, regalandomi uno dei miei momenti preferiti dell’intera serie.
Nonostante questo, però, il personaggio è tornato presto al suo misero ruolo e questo è uno dei motivi per cui ho voluto scrivere questa fiction, perché comunque Cobra compare e di lui si parla di più, mentre lei poverina è sempre messa in secondo piano.
Purtroppo, non avendo molto materiale su cui lavorare ho tentato di darle uno stampo caratteriale più fedele possibile all’originale e mi sembra di esserci riuscita. Parlando degli altri personaggi: io ho un debole per tutte le comparse della gilda e questo mio amore è nato proprio dopo la saga di Tenro quando il gruppo di protagonisti era scomparso e tutti questi poveretti erano ancora lì intenti a deprimersi e aspettarli, mentre venivano umiliati e molestati.
Per questo ho voluto mostrare un po' questo panorama drammatico e angoscioso e poi mi sono sempre chiesta se Nab fosse davvero andato a lavorare in tutto quel tempo o fosse rimasto quello di prima. A mio avviso è un po' un misto: da un lato resta il solito sfaticato, ma da quell’altro se la situazione lo richiede si dà molto da fare.
Tornando invece a Kinana, questa è la mia interpretazione di come abbia vissuto quel periodo tra la tristezza e l’angoscia, inoltre ho provato a dare una risposta al perché in tutti quegli anni non sia mai partita per cercare Cobra, perché se da un lato lui ci ha “rinunciato”, (e di questo tratterò tra poco) dall’altro lei non è che si sia mossa tanto per fare il primo passo, se non nell’ultimo periodo.
Parlando invece di Cobra ho sempre trovato triste il suo rinunciare alla propria promessa per diventare più forte, ma mi ha fatto venire anche il nervoso questa assurda contraddizione, perché va bene che ci rinunci, ma proprio per questo non è che puoi andare a giro e chiedere a destra e a manca se qualcuno sa qualcosa del tuo serpente. E poi se proprio ci tenevi lasciavi perdere la vendetta ora che eri libero e ti concentravi sul cercarlo.
Sfogo a parte questo è il secondo capitolo della raccolta e spero che piaccia, fatemelo sapere con una recensione. Un saluto a tutti i lettori e buona serata.
 
   
 
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