Cap. 18: Hearing your screams
You
can turn around
You have held your head up high
You are here, but don't know why
Just don't close your eyes
We will meet again
We will wait for you to rise
We're the flame that never dies
Pull it out what's deep inside
So much to hide
Take a breath, don't fail to speak
Are you blind or are you weak
Wake up now so you can grow
Grip the twine, don't let it go
Keep your faith, don't run away
Golden plans still wrapped in grey
Rising ghosts conceal your dreams
Hearing your screams!
(“Hearing your screams” –
Moonsun)
Aethelred guardava la
battaglia al fianco di Ivar senza riuscire a rendersi conto di come si fosse
potuti giungere a quel punto. Il giorno prima aveva sperato che il colloquio
tra Alfred e Ivar potesse servire a riportare la pace tra Norreni e Sassoni ma
poi le cose erano precipitate, Alfred aveva provocato Ivar, poi aveva accusato
lui, Aethelred, di essere un traditore e un pervertito e, a quel punto, Ivar
aveva interrotto qualsiasi possibile trattativa.
Adesso si combatteva.
Aethelred aveva scelto anche questa volta di evitare la battaglia, ma non
poteva non guardare ciò che accadeva davanti ai suoi occhi: Hvitserk, Helgi,
tanti suoi amici e Re Harald con i suoi uomini si battevano con coraggio e
ardore e uccidevano molti Sassoni, tuttavia i soldati di Alfred erano di più e
più freschi e ben presto avrebbero avuto la meglio sull’esercito Norreno.
E Aethelred non sapeva cosa
fare, sapeva solo che voleva, che doveva fermarli
prima che fosse troppo tardi.
Ma era già troppo tardi. Per quanto valorosi e arditi, i Vichinghi erano
in minoranza e troppi uomini e donne cadevano sul campo di battaglia. Ad un
certo punto il Vescovo Aldulf riuscì ad attirare Harald lontano dai suoi
uomini, presso la boscaglia e, dopo un breve duello, lo trapassò con la sua
spada senza che nessuno dei Norreni potesse intervenire in suo soccorso. Harald
cadde, ferito a morte, cercando inutilmente di sostenersi contro il tronco di
un albero… ma Aldulf, tronfio per aver colpito il Re dei Norreni, non fu
altrettanto furbo e, invece di tornare al sicuro in mezzo ai soldati Sassoni,
si sentì talmente pieno di sé da rimanere a guardare Harald che moriva,
oltraggiandolo.
“Sciocco pagano, pensi
davvero che andrai nel tuo Valhalla?” gli domandò, schernendolo. “Ti sbagli,
non esiste quel luogo e tu morirai solo e dimenticato.”
Harald si sentiva bruciare le viscere e il
sangue, insieme alla sua vita, scorreva via tra le sue dita, poi all’improvviso
la voce irridente del Vescovo si affievolì e l’uomo sentì una voce più forte e
molto più amata alla sua destra.
“Ciao, fratello.”
Harald si voltò in direzione della voce e,
con grande stupore e gioia, vide appoggiato all’albero accanto a lui il
fratello perduto, Halfdan, il fratello che lui aveva ucciso anni prima durante
una battaglia che li aveva messi l’uno contro l’altro… e per cui non si era mai
perdonato. In quegli anni aveva cercato in ogni modo di dimenticare il vuoto
che aveva dentro, ma niente lo aveva appagato, né il potere, né le belle donne,
né la ricchezza. Ora, alla fine di tutto, capiva.
“Sono venuto a portarti nel Valhalla” gli
disse il fantasma di Halfdan. “Il Padre di tutti gli dei ti aspetta.”
“Fratello… fratello mio” mormorò a fatica
Harald. Si era sentito in colpa per tutti quegli anni per aver ucciso Halfdan,
ma adesso lui era lì, lo aveva perdonato e non lo avrebbe lasciato morire da
solo. Il dolore che lo stordiva sembrò farsi meno acuto e nel cuore del Re
scese una grande pace. Gli parve che Halfdan lo prendesse per un braccio e lo
aiutasse a rialzarsi, così si ritrovò ancora una volta di fronte al Vescovo
Aldulf che gli rideva in faccia… ma rise molto meno quando Harald gli trafisse
la gola con il pugnale che teneva alla cintura. Il corpo senza vita di Aldulf
cadde a terra e Harald ricadde all’indietro, riappoggiandosi all’albero e
voltandosi ancora una volta verso l’apparizione di Halfdan.
“Ben fatto, fratello!” gli disse Halfdan,
ridendo. Poi iniziò a cantare un’antica canzone norrena che lui e Harald erano
soliti cantare insieme fin da ragazzi:
Þat mælti mín móðir,
at mér skyldi kaupa
fley ok fagrar árar,
fara á brott með víkingum,
standa upp í stafni,
stýra dýrum knerri,
halda svá til hafnar
hǫggva mann ok annan,
hǫggva mann ok annan. *
Harald unì la debole
voce a quella del fratello e le sue ultime parole furono quelle della canzone
che gli ricordava tanti momenti felici…
Ma se la morte fu per
Harald forse la liberazione da tutti i suoi demoni, lo stesso non valeva per i
Norreni che stavano ancora combattendo e perdendo sempre più uomini. Ivar e
Aethelred, che si trovavano nelle retrovie, assistettero alla caduta di Harald
e Ivar in modo particolare ne rimase fortemente turbato, sebbene non fosse mai
stato amico dell’ambiguo Re. Qualcosa scattò dentro di lui, i suoi occhi
iniziarono a seguire i movimenti di Hvitserk, che stava davvero facendosi onore
in quel combattimento e falciava due o tre Sassoni alla volta… ma anche lui era
sempre più solo, isolato.
Stavano perdendo e
Ivar non poteva più far finta che così non fosse né, tanto meno, poteva
lasciare che Hvitserk, suo fratello, morisse per la sua ambizione e il suo
orgoglio. Mosse qualche passo in avanti, soffocando le grida di dolore per le
gambe che ormai stavano cedendo e che non lo sostenevano più come prima,
nonostante l’armatura che le proteggeva. Ma niente poteva fermare Ivar in quel
momento e continuò ad avanzare, appoggiandosi alla stampella con una mano e con
l’altra trafiggendo i Sassoni che provavano ad andargli contro.
Aethelred era rimasto
impietrito.
“Ivar, ma che stai
facendo, sei impazzito? Ti farai uccidere!” gridò, disperato, senza capire che
cosa stesse accadendo nella mente del suo compagno. Entrare in battaglia contro
i suoi connazionali gli faceva orrore, ma non poteva neanche lasciare che Ivar
venisse ucciso, così si slanciò dietro di lui, proteggendolo come poteva,
colpendo i soldati che li aggredivano senza neanche sapere cosa stesse facendo,
pensando solo che doveva difendere Ivar. Poi, ad un certo punto, si rese conto
di quello che Ivar voleva fare: il giovane Vichingo si dirigeva con la forza
della disperazione verso il fratello Hvitserk, che vedeva accerchiato ma mai
domo, e che alla fine riuscì a raggiungere e a stringere a sé.
“Adesso basta,
fratello” gli disse, fissandolo negli occhi, “hai fatto il tuo dovere, ora non
devi più intrometterti. Torna indietro, mettiti in salvo e porta con te Helgi e
Aethelred.”
“Ma cosa dici, Ivar?”
Hvitserk cominciava a capire cosa avesse in mente il fratello e non poteva
accettarlo.
“Non ti avrei mai
fatto del male, non ti avrei mai ucciso e non permetterò che lo facciano i
Sassoni” continuò Ivar, tenendo stretto Hvitserk, fronte contro fronte, uniti
come mai prima. “Ti voglio bene, ti voglio bene, fratello mio.”
“Anch’io, anch’io ti
voglio bene, Ivar” singhiozzò Hvitserk.
“Adesso vai, vai,
mettiti in salvo e porta Helgi e Aethelred con te! Vai!” gridò Ivar, spingendo
il fratello perché si allontanasse. Hvitserk, però, fece solo qualche passo, non
voleva lasciare il fratello e, ad ogni modo, in quel momento non vedeva Helgi e
non sapeva come avrebbe fatto a trascinare con sé Aethelred. Così rimase fermo,
a qualche passo di distanza da Ivar, a guardare come sarebbe andata a finire.
Ivar sapeva che c’era
un unico modo per salvare Aethelred, Hvitserk e le persone che amava da una
guerra che non aveva iniziato lui, ma che poi aveva voluto e infiammato. Lanciò
un grido di battaglia e poi continuò a urlare, rivolgendosi ai soldati Sassoni.
“Guardatemi,
guardatemi, sono qui, sono Ivar Senz’Ossa! Voi non potete uccidermi, non potete
farmi niente, anche se proverete a uccidermi io vivrò in eterno!”
Era un diversivo,
Ivar stava catalizzando l’attenzione di tutti i Sassoni su di sé per permettere
a Hvitserk di scappare e di portare in salvo anche Aethelred e Helgi, anche se
questo avrebbe significato…
“Noi temiamo la
morte? NO!” gridò ancora Ivar, stavolta rivolto ai suoi guerrieri. “Non
vogliamo morire nel nostro letto come dei vecchi, ma banchettare con i nostri
cari nel Valhalla!”
Attorno al Vichingo
la battaglia continuava, ma alcuni si erano fermati e lo fissavano, immobili:
uno di essi era, appunto, Hvitserk, un altro era Alfred che adesso cominciava
seriamente a pensare di aver sbagliato a giudicare quel giovane… e uno era
Aethelred, che non riusciva a credere a ciò che vedeva, era agghiacciato fin
nelle ossa e non era più in grado di muoversi, stordito e annichilito al solo
pensiero che Ivar potesse aver deciso di morire lì, quel giorno, in battaglia,
sacrificando la sua vita per salvare quella di coloro che amava. Ancora una
volta al Principe Sassone parve di vivere in un incubo, uno di quelli in cui
vorresti scappare, o muoverti, ma non ci riesci, il tuo corpo non ti risponde e
tu non puoi evitare il pericolo. Avrebbe voluto correre da Ivar, stringerlo a
sé e trascinarlo via, ma non riusciva quasi nemmeno a respirare, era come
trasformato in una statua di ghiaccio.
Poi accadde qualcosa:
un soldato, un ragazzo con un semplice pugnale in mano, si ritrovò davanti ad
Ivar, incredulo, quasi spaventato all’idea di affrontare quello che tutti
descrivevano come un mostro, un demone infernale, e senza neanche avere una
spada in mano, solo quel piccolo pugnale.
Ivar gli sorrise e
annuì.
“Avanti” gli disse,
“non aver paura, fallo.”
E questo, finalmente,
spezzò il sortilegio che teneva immobilizzato Aethelred. Il giovane Sassone
vide in un secondo tutto quello che doveva vedere: Hvitserk ferito e
sanguinante che non aveva le forze per scappare; Alfred, suo fratello, che
aveva voluto quella battaglia ma che adesso, anche lui pieno di ferite, aveva
smesso di combattere e fissava Ivar; Helgi che si faceva strada abbattendo i
nemici a destra e a sinistra per riuscire a raggiungere Hvitserk. E Ivar, che
aveva scelto di lasciarsi uccidere quando aveva capito che i Norreni avrebbero
perso, che era pronto a morire purché i suoi guerrieri tornassero a Kattegat
sani e salvi.
Ma Aethelred non lo
avrebbe permesso, non era quella la fine, non lì, non così. Finalmente libero
da ciò che lo aveva pietrificato fino a quel momento, lanciò un urlo selvaggio che
poteva stare alla pari con le grida di battaglia dei Vichinghi, e si slanciò
verso Ivar con tutte le sue forze, frapponendosi tra lui e il giovane soldato
col pugnale.
“No! No, adesso
basta, fermatevi tutti, fermatevi e gettate le armi!” urlò, e vederlo in quel
modo era surreale perché, pur dicendo cose del tutto opposte, sembrava l’Ivar
furioso e invasato di poco prima, anche lui scarmigliato, selvaggio, anche lui
a gridare con tutta l’aria che aveva nei polmoni. Ma il suo era un grido di
pace. “Gettate le armi a terra, basta combattere, basta! Niente più sangue,
niente più morti!”
Il suo impatto fu
anche più deflagrante di quello che aveva avuto Ivar poco prima. Al suono delle
sue urla tutti, davvero tutti, si fermarono e qualcuno lasciò davvero cadere la
spada. Sul campo di battaglia calò un silenzio assurdo e gli occhi di tutti si
fissarono su Aethelred.
“Io sono Aethelred,
il figlio maggiore di Aethelwulf, Principe del Wessex” esclamò. “Sarei dovuto
essere il vostro Re e, se lo fossi stato, non avrei mai permesso che si
arrivasse a questo, non avrei mai permesso tanta morte e distruzione!”
“Mio signore…”
balbettò il ragazzo che aveva cercato di uccidere Ivar. Fece qualche passo
indietro, lasciò cadere a terra il pugnale e si inginocchiò con le lacrime agli
occhi. Diversi altri soldati Sassoni, riconoscendo il loro condottiero, fecero
lo stesso, rendendogli omaggio come se fosse davvero lui il loro vero Re.
“Nessuno ucciderà più
nessuno, non ci saranno più guerre tra Sassoni e Norreni!” dichiarò ancora.
“Mio signore… ma… ci
avevano detto… il demonio pagano deve morire, i barbari devono morire, sono dei
selvaggi…” mormorò ancora il giovane soldato.
“Chi ve lo ha detto?
Il Vescovo Aldulf? Ma lui è morto, ha perso anche lui la vita in questa
battaglia insensata. Ve lo ha ordinato il vostro Re, Alfred il Grande? Alfred
che dice di combattere in nome di Dio? Ma qualcuno ricorda che cosa ci ha
insegnato, veramente, il nostro Dio,
il Dio d’amore?” continuò Aethelred, e stavolta davvero catturò l’attenzione di
tutti, anche se non gridava più e scandiva con fermezza le parole perché tutti
potessero udirlo. “Voi dite che gli dei Norreni sono crudeli e spietati e
ordinano di uccidere, chissà, forse è così. Ma il nostro Dio cosa ci ordina?
Nella Bibbia c’è scritto di uccidere i pagani, di massacrare gli innocenti? No!
Nostro Signore Gesù Cristo, che è morto per noi, per tutti noi, anche per i Norreni, ci ha lasciato queste parole: Amatevi gli uni gli altri come io ho amato
voi. Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano. Ed è
forse questo che state facendo qui?”
Molti dei Sassoni, a
quel punto, lasciarono cadere le armi e si sentirono invadere dalla vergogna. I
Norreni rimasero in piedi a guardare quel Principe Sassone che sembrava davvero
un Vichingo anche se diceva parole così strane per loro… In quel momento un
raggio di sole andò ad illuminare proprio Aethelred, ricadendogli sul capo in
un luccichio dorato e dando a tutti l’impressione che sulla testa del giovane
Principe posasse una corona d’oro e pietre preziose più lucente e splendida di
qualunque altra al mondo, che lo faceva non tanto Re del Wessex, ma di tutta
l’Inghilterra e forse anche di più.
“Il nostro Dio è un
Dio di pace e d’amore, non possiamo usare il Suo nome per giustificare guerre e
massacri” dichiarò Aethelred.
A quel punto il Re ufficiale, Alfred, si fece avanti, tanto
per chiarire che ancora era lui a comandare in Wessex.
“E cosa dovremmo
fare, allora? Sono stati i Vichinghi ad attaccarci per primi, sono scesi sulle
nostre coste e hanno razziato e ucciso” chiarì. “Dovremmo lasciare che ci
derubino e ci sterminino?”
“No, Alfred” rispose
Aethelred, lanciando lui, stavolta, uno sguardo freddo al fratello. “Avevate
tutto il diritto di difendervi e di proteggere la gente della costa. Sono stati
gli uomini di Re Harald a volere queste razzie e adesso lui è morto. Non è
stato Ivar ad attaccarvi, non è stato Hvitserk e tanto meno sono stati i coloni
Vichinghi che avete massacrato, le donne e i bambini innocenti che volevano
solo una terra da coltivare e una famiglia. Avevate il diritto di difendervi,
non di vendicarvi.”
Alfred cominciava a
sentirsi sempre più a disagio sotto lo sguardo azzurro e cristallino del
fratello che illuminava tutte le sue parti più oscure.
“I coloni Norreni non
sono così innocenti” provò a protestare, “sono pagani, non vogliono convertirsi
al vero Dio e un giorno ci faranno guerra. Sono falsi e bugiardi come i loro
dei!”
“E questo chi lo ha
detto? Lo hai letto nella Bibbia? O forse lo ha detto Elsewith?” Aethelred
sorrise vedendo che Alfred trasaliva, comprese di aver colto nel segno. “Ma sei
tu il Re del Wessex, non è Elsewith. E tu sei un Re giusto, un Re che vuole la
pace e che sa che i popoli, anche diversi, possono vivere insieme e
collaborare. Tu sei il figlio di Athelstan, che era amico di Ragnar Lothbrok e
che ha vissuto per molto tempo a Kattegat, in mezzo ai Norreni, senza provare a
convertirli ma cercando di comprenderli e apprezzarli. È per questo che dovevi
essere tu il Re del Wessex, perché il figlio di Athelstan avrebbe perseguito la
pace e la concordia tra Sassoni e Norreni, proprio come avrebbe voluto suo
padre. Tu hai sempre ammirato la sua figura, come puoi esserti lasciato
condizionare da tua moglie e dai suoi pregiudizi ingiustificati e spietati?
Athelstan non avrebbe mai voluto questo.”
Alfred non riuscì più
a sostenere lo sguardo del fratello e abbassò gli occhi pieni di lacrime a
terra. Era vero, lui si era sempre sentito orgoglioso di essere figlio di
Athelstan, lo ammirava, era stato così felice quando gli era apparso e gli
aveva parlato durante uno dei suoi lunghi attacchi di malessere in cui pareva
morto… Cosa avrebbe pensato suo padre di lui se lo avesse visto in quel
momento?
“Lei… Elsewith… mi
diceva che tutti mi avrebbero preso per un debole e un codardo se non avessi
fatto quello che lei suggeriva” cercò di giustificarsi. “Disse che dovevo dare
una dimostrazione di forza, altrimenti nessuno mi avrebbe più voluto come Re!”
“Ma tu non sei
affatto debole e codardo, Alfred, e la tua forza è proprio aver cercato la pace
e l’accordo con gli altri popoli” replicò Aethelred. “Ti hanno chiamato Alfred
il Grande perché hai saputo creare una colonia dove Sassoni e Norreni vivessero
in pace, non per le guerre e i massacri. Il vero coraggio è essere disposti a
morire per le persone che si amano e per ciò in cui si crede.”
Dicendo questo,
Aethelred lanciò un’occhiata a Ivar, che in tutto quel tempo era rimasto dietro
di lui, senza riuscire a dire o fare niente perché la reazione del suo compagno
lo aveva lasciato attonito. E lo sguardo di Aethelred era insieme di
ammirazione, di amore e anche di rimprovero, come a dire Non ti provare mai più a fare una cosa del genere!
Ma anche Alfred
guardò Ivar e comprese quello che Aethelred voleva dire: Ivar aveva davvero
cercato di proteggere i suoi uomini e le persone che amava e, non avendo
ottenuto un accordo di pace, aveva pensato che, se i Sassoni avessero ucciso lui,
la guerra sarebbe finita comunque.
Ivar era stato un
condottiero migliore di lui sotto tutti i punti di vista.
“Cosa devo fare,
fratello?” mormorò, in preda a rimorsi e sensi di colpa.
“Devi solo essere il
Re che tutti si aspettano che tu sia” rispose Aethelred, prendendogli una mano
tra le sue. “Torna alla tua reggia e convoca i nobili e i capi dei Norreni per
un accordo di pace duraturo, come facesti due anni fa. Sii di nuovo Re Alfred
il Grande!”
Commosso, Alfred
strinse le mani del fratello, mentre attorno a loro i soldati, sia Sassoni che
Norreni, gettavano via le armi e rimanevano a guardare sentendosi stranamente
in pace.
Fine capitolo diciottesimo
* Ho trovato il testo e la traduzione della canzone
cercando su Google ed è una vera canzone norrena facente parte del poema “La
saga di Egill”:
Furono le parole di mia madre,
che m'avrebbe comprato, mi
diceva,
rapida nave, remi ben torniti
perché razziando conoscessi il
mare.
Eccomi ben piazzato sulla prua
a condurre mirabile vascello,
di porto in porto levando la
vela,
e ammazzare un uomo dopo l'altro.
Ovviamente né la canzone né la
traduzione appartengono a me, bensì a chi ne detiene i diritti e a autori,
registi e produttori di “Vikings”.
Fonti:
https://lyricstranslate.com/it/La%20saga%20di%20Egill%20/%20a%20cura%20di%20Marc...