Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: DarkDemon    16/04/2022    1 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - ISCRIZIONI CHIUSE]
«Sai, girano voci, alcuni figli di Apollo dicono di aver avuto delle visioni e l’augure sembra piuttosto irrequieto.» Helen aveva abbassato lo sguardo a terra mentre giocava nervosamente con uno dei suoi boccoli dorati. Boniface non aveva mai parlato con lei nonostante facessero entrambi parte della seconda coorte e la ragazza sembrava piuttosto timida e a disagio. «Tu… voglio dire, anche tu ne sai qualcosa no? Sto ancora imparando tutti questi dei, ma tu sei figlio di Giano, no? Qualcosina riesci a vederla.»
--------
Il ragazzo si voltò verso di lui con sguardo preoccupato. «Amico mio, prega che non sia chi penso, altrimenti… bhe, siamo in una montagna di merda.»
--------
«Semidei, siete ragazzi valorosi, mi dispiace essere io il portatore di cattive notizie, ma ho bisogno del vostro aiuto, tutti noi ne abbiamo.»
[...]
«Ah, figlia di Venere, la tua domanda è in realtà legittima.» Sorrise e tornò a chiudere gli occhi. «Io sono Astreo.»
«Titano degli astri, delle costellazioni e dell’oroscopo.»
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Nyx, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

      
   Avevano a malapena avuto il tempo per godersi una colazione per bene. Tutti non facevano altro che fissarli e chi di loro aveva la pelle più scura non poteva che notare il fastidioso segno bianco sull’avambraccio, sottile eppure terribilmente presente.
   
Lizard lo aveva nascosto sotto la manica della pelliccia e aveva deciso di non pensarci mentre cercava di buttare giù il caffè che, quella mattina, aveva un tristissimo sapore di cartone, o forse era solo una sua impressione.
   
Chirone li aveva poi indirizzati verso le proprie attività, aggiungendo con tono lapidario che «I prescelti lo seguissero.»
   
La figlia di Menta aveva deciso che quella parola non le piaceva, era troppo esuberante, pomposa, alle sue orecchie suonava come un qualcosa di cui essere onorati, fieri, un complimento; a lei suonava solo come una condanna a morte. Pesante sulla sua testa come la lama di una ghigliottina.
   
Aveva fatto una smorfia stanca a quel termine e si era alzata, andando nella direzione opposta rispetto al centauro, decisa almeno a lavarsi i denti. Alcuni semidei avrebbero potuto dire che non ne aveva bisogno, infatti uno dei peculiari poteri che la ragazza aveva ereditato da sua madre era quello di profumare costantemente come la piantina, compreso il suo alito. A quell’affermazione, Lizard rispondeva sempre che non era molto utile sapere di menta se la sua igiene faceva comunque schifo. Quel venerdì mattina, però, la sua motivazione era molto più semplice: voleva solo posticipare l’udienza con Chirone quanto più possibile.
   
Dieci minuti dopo, quando sospirando aprì la porta delle stanza del ping-pong, l’uomo aveva lo sguardo rabbuiato e le braccia conserte, accomodato nella carrozzina la osservò storto, posando poi lo sguardo dietro di lei, come se ci fosse qualcun altro che, tuttavia, non era lì. Lizard non aveva davvero capito chi altri fossero stati selezionati quella sera, ma le sembrava di aver visto quattro, forse cinque luci? In quella stanza, compresa lei erano in tre: qualcuno mancava all’appello.
   
Si accomodò su una sedia di plastica arancione, accanto a Desdemona, con cui aveva parlato la sera prima. La ragazza era china su un foglietto del sudoku, la penna stretta così forte da sbiancarle le nocche scure; aveva scritto appena due numeri.
   
«Non si può coprire.» Disse la ragazzina in un velo di voce che, nel silenzio, prese tutti alla sprovvista. Non era conosciuta per essere particolarmente loquace e sicuramente nessuno dei presenti si aspettava che il pesante silenzio venisse spezzato proprio da lei.
   
«Come?» Domandò Teodora che, dalla sua poltrona imbottita, non aveva genuinamente sentito cosa la ragazza avesse detto.
   
Desdemona alzò appena lo sguardo verso la coetanea, per poi distoglierlo cautamente, un principio di imbarazzo sul volto. «Il tatuaggio, non si può coprire – Ripeté in un filo di voce prima di alzare la manica del maglione. «Ecco, io ho provato, giusto prima… mi annoiavo.» Disse piano e mostrò l’avambraccio. Aveva iniziato a colorare il tatuaggio con la penna nera che aveva ora in mano per il sudoku ma il tratto bianco era ancora ben visibile sopra l’inchiostro.
   
«Oh lo so bene!» Sbottò una nuova voce alle loro spalle cogliendoli tutti quanti di sorpresa. «Lo stronzo mi ha rovinato il tatuaggio!» Royal, dopo essersi gustato qualche secondo l’effetto che l’entrata di scena aveva fatto ai presenti, si diresse verso l’ultima sedia di plastica rimasta vuota, abbandonandocisi con un un sospiro.
   
«Bene, ora che ci siamo tutti possiamo iniziare.» Il tono di Chirone era stanco e Lizard avrebbe detto quasi esasperato, come se ormai fosse abituato al comportamento del figlio di Apate e si fosse rassegnato a non dargli peso. Probabilmente, in realtà, era proprio così.
   
«Aspettavate me? Che carini.» Rincarò la dose venendo, di nuovo, prontamente ignorato dal maestro che si limitò a fargli scivolare lo sguardo addosso per poterlo posare uno ad uno su tutti i presenti.
   
«Come potete vedere, siete pochi. La maggior parte dei prescelti si trova tra i romani e per questo dovrete andare là ad incontrarli per poter partire.»
   
«A San Francisco?!» Chiese sconcertata Desdemona, alzando di scatto lo sguardo dal suo sudoku a cui, in quei minuti, era riuscita ad aggiungere giusto un altro numero.
   
«Sì, per questo serve che partiate al più presto.» Sospirò Chirone passandosi una mano sul viso stanco; sì, sembrava decisamente più vecchio.
   
«E come dovremmo arrivarci?» Chiese cautamente la maggiore, sistemandosi sulla sedia che si stava facendo ogni secondo più scomoda.
   «I figli di Efesto stanno risistemando l’Argo II, dovrebbe riuscire a portarvi almeno fino al Campo Giove.» Disse con talmente poca convinzione che sembrava non crederci nemmeno lui. L’Argo II, spettacolare mezzo di trasporto che aveva accompagnato i Sette nelle loro avventure, era chiusa a prendere polvere nel Bunker 9 da almeno cinquant’anni. Non erano nemmeno sicuri quell’affare ancora si accendesse e men che meno se fosse in grado di portarli dall’altra parte dello Stato.


 

 

   Cesaria guardò con aria dubbiosa il piccolo arcobaleno che aveva davanti, creato da un piccolo prisma appoggiato sulla scrivania dell’ufficio dei pretori, davanti alla finestra. Il cielo sereno sembrava non portare nemmeno il ricordi della pioggia del giorno prima e un sole freddo si riversava attraverso il vetro. La figlia di Venere scosse le spalle e con un sospiro lanciò la moneta d’oro tra i raggi colorati.
   
«Oh Iride accetta quest’offerta e mostraci Chirone.» Disse con decisamente poca convinzione. Con sua sorpresa però la moneta sparì, l’aria si increspò e brillò davanti a lei. I colori si rimescolarono e andarono a disporsi diversamente fino a che no le apparì davanti un uomo dall’aria anziana e i capelli ricci brizzolati.
   
«Chirone? Sono il pretore Morin.» Si presentò. Cesare le si avvicinò in fretta, non sicuro di quanto quel peculiare metodo di comunicazione inquadrasse.
 
«Buongiorno, io sono il pretore Nowak!» Si presentò in fretta. L’uomo li guardò vagamente sorpreso, poi abbassò lo sguardo sul proprio polso, probabilmente a controllare l’ora, per poi sospirare e premersi con due dita il setto nasale.
   
«Certo. Buongiorno, grazie per esservi resi disponibili così presto.» Disse con tono stanco. Cesaria fece un calcolò veloce, in effetti doveva essere già mattina inoltrata là, nonostante si fosse impuntata per alzarsi presto e avesse trascinato Cesare fuori dal letto per poter contattare i greci in tempi utili.
   
«Quanti ne avete voi? Quattro?» Chiese con un cenno del mento. L’uomo annuì e con un gesto vago indicò attorno a se. l’inquadratura si mosse di trecentosessanta gradi, mostrando quattro ragazzi seduti sparsi per quella che sembrava una stanza ricreativa. Alcuni salutarono con un cenno della mano, altri si limitarono ad osservare ad occhi sgranati i due pretori.
   
«Astreo ha dato alcune informazioni al nostro augure, prima del rituale.» Spiegò Cesare con tono gentile. «Temo che, per i fini della missione, sia più comodo che voi ragazzi veniate qui.» Aggiunse, un sorriso leggermente colpevole ad increspargli le labbra. Era pronto davvero a fare tutto quello che era in suo potere per aiutarli, che fosse un contributo economico o che, consapevole del lungo viaggio che li avrebbe attesi prima ancora della missione effettiva.
   
«Grazie principessa, è quello che stiamo cercando di capire da tre ore.» Proruppe una voce seccata fuori inquadratura. Non videro chi era stato a parlare ma solo lo sguardo severo che Chirone gli rivolse prima di tornare a rivolgersi a loro con un sospiro.
   
«Il metodo più veloce sarebbe l’aereo, ma sarebbe rischioso oltre che costoso.» Spiegò. «Pensavamo di rispolverare l’Argo II, i nostri ragazzi la stanno ricontrollando da sta mattina all’alba.»
   
«Capisco. Fateci sapere cosa possiamo fare per aiutarvi.» Annuì il figlio di Aurora e Chirone sorrise riconoscente.
   
«Ho una domanda!» Esclamò un’altra voce. L’inquadratura si spostò su una ragazzina riccia affondata in una poltrona blu. «Una volta partiti per la missione, ci muoveremo a piedi?» Chiese con curiosità anche se il suo sguardo tradiva un po’ di apprensione mentre abbassava il braccio che aveva alzato per prendere parola.
   
Nessuno rispose per alcuni secondi, probabilmente tutti fermi a ponderare un punto importante a cui, effettivamente, nessuno aveva pensato.
   
«Sarebbe più comodo trovare un mezzo...» Constatò Cesare posando lo sguardo sulla collega.
   
«Non si sa quanto cammineremo, e Serafim di sicuro non può camminare per un mese.» Aggiunse pensieroso. Cesaria annuì lentamente mordicchiandosi la pellicina del pollice.
   
«Si ecco, nemmeno io posso camminare troppo.» Specificò la ragazza che era intervenuta.
   
«Oh quindi abbiamo ben due zoppi, splendido.» Commentò la stessa voce di prima e la biondina lanciò un cuscino nella sua direzione.
   
«Ragazzi, per favore!» Intervenne Chirone quando qualcos’altro venne lanciato da fuori capo, forse una penna che la ragazza riuscì a schivare per un soffio.
   
«Io ho un autobus.» A parlare era stata una terza voce, più matura di quella degli altri due ragazzi. L’inquadratura si spostò ancora, questa volta per mostrare una ragazza dalla pelle scura e lunghi ricci castani.
   
«Un autobus?» Chiese lentamente Cesaria, come per essere sicura di aver capito bene e la ragazza annuì con decisione.
   
«Era il mio progettino, è ancora in fase di lavoro, ma penso che tra sacchi a pelo, divani e sedili ci sia spazio per dodici marmocchi.» Sospirò, non sembrava molto entusiasta all’idea di prestare il “suo progettino” alla causa, ma sembrava abbastanza assennata da capire che le opzioni che avevano a disposizione erano davvero poche.
   
«Rimane il problema su come lo porterete qui.» Constatò con gentilezza Cesare che stava tenendo distrattamente l’accendino che Cesaria gli aveva passato mentre lei si rollava una sigaretta.
   
«Bhe, se andremo con l’Argo penso ci stia nelle stalle, c’è stata una statua intera, dopo tutto.» Commentò la ragazza stringendosi nelle spalle, posando lo sguardo su Chirone.
   
Di nuovo inquadrato, l’uomo annuì grattandosi la barba con fare pensieroso.
   
«Potrebbe funzionare, sì.»
   
«Bhe direi che è risolto.» Cesaria soffiò il fumo dal naso e guardò oltre loro, forse ad un orologio appeso alla parete. «Appena sapete se il vostro trabiccolo funziona o no fatecelo sapere, sono quasi le sei e mezzo e abbiamo un campo da svegliare.» Disse, il tono appena seccato, avevano già concesso mezz’ora in più di sonno a quei ragazzi, di quel passo avrebbero iniziato a pretendere cose assurde come la merenda di metà mattina e la figlia di Venere non era affatto intenzionata a concedergliela.
   «Certamente, Pretore Morin, Pretore Nowak, è stato un piacere.» Li salutò Chirone con un cenno del capo e, così come era apparsa, la chiamata sparì, riducendosi di nuovo ad un semplice arcobaleno.

 

 

  Il Bunker 9 puzzava ancora più di quanto si era immaginata. Era un misto di gomma bruciata e olio motore e chissà quanti altri agenti chimici che impestavano l’aria che, per giunta, era anche terribilmente calda. Forse peggiore di quello, era il frastuono dei martelli e delle seghe, per non parlare del basso e penetrate suono delle fiamme ossidriche. Come ci aveva messo piede, Desdemona aveva iniziato subito a chiedersi quando finalmente sarebbero potuti uscire da quel posto.
   
«È enorme...» La voce di Teodora parlò per tutti; erano pronti all’idea di una barca volante, ma chiaramente nessuno di loro aveva realmente fatto i conti con quanto grossa sarebbe stata per poter aver comodamente accolto dodici metri di statua solo nelle scuderie.
   
«That’s what she said.» Fu il brillante commento di Royal, alla quale Lizard rispose prontamente con uno scappellotto ben assestato che gli fece piegare la testa in avanti, soffocando una risata.
   
Desdemona distolse l’attenzione dal ragazzo e tornò a guardare la triremi. Ora che la osservava meglio, capiva quanto la prospettiva stesse giocando a loro sfavore. In secca le navi erano sempre più grandi, per non parlare di tutta l’impalcatura che la stava sorreggendo in quel momento, che la teneva sollevata da terra almeno di un metro. Certo, L’Argo II era fatta per volare, quindi anche tutta la parte che sarebbe stata nascosta dall’acqua sarebbe stata del tutto visibile nei cieli.
   
«Quindi… si può usare?» Chiese timidamente, nemmeno sicura che qualcuno l’avesse effettivamente sentita, di certo nessuno tra i ragazzi di Efesto.
   
Chirone, forse udendola o forse solo per propria curiosità, fece un cenno attirando l’attenzione di una ragazza dalla pelle scura e i capelli acconciati in una miriade di treccine color fuoco. La ragazza si aprì in un sorriso e si avvicinò a grandi passi verso il centauro pulendosi le mani con uno straccio, o meglio, la mano, visto che la sinistra era una protesi di metallo color ottone.
   
«Come vi sembra?» Chiese il mentore, lo sguardo corrucciato ancora puntato sulla nave e i ragazzini che vi giravano intorno urlandosi cose che buona parte di loro nemmeno comprendeva. La ragazza, che riconosceva essere Zakiya, la capo cabina, scrollò le spalle lanciandosi lo strofinaccio su una spalla.
   
«Pensiamo possa volare quasi senza problemi.» C’era una certa esitazione nella sua voce, nonostante le labbra carnose stessero ancora sorridendo con leggerezza.
   
«Ehi ehi principessa, io non salgo su nessun “quasi”.» Intervenne Royal che, fino a quel momento, era impegnato a frugare con curiosità in una scatola di attrezzi lì vicino.
   
«Ma sì ma sì, non è nulla di che!» Lo incoraggiò lei lasciandogli una pacca sulla spalla che lo colse non poco di sorpresa. Le rivolse un occhiata storta per poi controllarsi con una certa apprensione la felpa, per assicurarsi che non vi avesse lasciato nessuna macchia di grasso. Una volta constatato che era salvo, vi passò distrattamente una mano lisciandosela tornando a guardarla.
   
«Può sicuramente volare almeno fino a Nuova Roma, ma là avremo bisogno di rimetterla in sesto per il viaggio di ritorno. Se dovete farci una missione intera allora direi di no.» Aggiunse stringendosi nelle spalle.

Chirone si grattò la barba con fare pensoso posando poi lo sguardo su Lizard.
   
«Tu confermi di poter mettere a disposizione il tuo bus?» La ragazza annuì, certo non con lo sguardo più convinto che potesse sfoggiare.
   
«Quanto ci metterà ad essere pronta?» Chiese allora l’uomo. Non avevano molto tempo per svolgere la missione e un conto era poter partire la sera stessa, un altro se fossero partiti una settimana più tardi.
   
«Lavorando giorno e notte potrebbe essere pronta per domani sera, voleremo nella notte e la mattina saremmo a Nuova Roma.» Rifletté rigirandosi una treccina tra le dita meccaniche.
   
«Sì ecco, sarebbe folle chiedere a qualcuno dei vostri se può buttare un occhio al mio pullman? Alla fine è lui quello che si farà la missione...» Chiese Liz a mezza voce. La ragazza sembrò rifletterci qualche secondo prima di annuire, era un discorso più che sensato dopo tutto. Non sapevano quale fossero le condizioni di questo fantomatico bus, ma sicuramente non era un ultimo modello e men che meno era attrezzato contro i mostri. Non avrebbero potuto sicuramente allestirlo con un lancia razzi, ma assicurarsi che fosse tutto a posto era il minimo che potevano fare.
   
«Certo, ti mando due ragazzi dopo pranzo.»
   
Lizard annuì con sguardo riconoscente e, finalmente, uscirono dal Bunker 9.
   
L’aria fresca del bosco pizzicò piacevolmente il naso quando riemersero, carica di ossigeno e dell’odore salato che il vento portava dal male fino a lì. Nessuno disse una parola fino a che non tornarono alla Casa Grande, dove Chirone li spedì a svolgere le attività con gli altri ragazzi.
   Desdemona trovava surreale come, a parte la riunione mattutina, il resto della giornata fosse così banalmente normale, come se non avessero il Cielo intero sulle spalle, una missione da compiere e chissà quante vite da salvare. La sola idea le faceva girare la testa, forse fingere che fosse tutto normale non era un idea così cattiva.


 

 

   Dopo pranzo Royal, Desdemona e Teodora avevano insistito a tutti i costi per seguirla al garage dove teneva il suo pullman, avevano blaterato qualcosa su come sarebbe stata la loro casa per le prossime settimane e di come fossero curiosi di vederlo; ovviamente volevano solo saltare l’allentamento. Desdemona, in realtà, non sembrava particolarmente convinta, si limitava a sorridere imbarazzata mentre Royal la teneva fermamente sotto braccio, affermando che era anche lei parte della spedizione, e per tanto era tenuta a partecipare.
   
Che cosa volessero vedere, in realtà, non era ben chiaro, e se ne resero conto in fretta anche loro quando entrarono nel veicolo. La parte in fondo era divisa da pannelli di compensato e una misera tendina verde per porta e un letto matrimoniale era stato incastrato nella piccola camera ricavata. C’era una piccola cucina e un lavabo, ancora così grezzi che le antine in legno non erano nemmeno state verniciate. Lizard aveva indicato loro il piccolo bagno, che si trovava giù dalle scale della seconda uscita, ora sigillata, aveva detto che l’idea era quella di costruire muri attorno alla scala, per far sì che fosse più privata e potesse incastrarci la doccia, ma non ne aveva avuto ancora il tempo. Per il resto lo spazio era vuoto, dopo le prime tre file di sedili che i figli di Efesto avevano iniziato a rimontare poco dopo il loro arrivo. Avrebbero dovuto dormire per terra o quanto meno sui sedili, sicuramente non ci sarebbero stati sul letto in più di due o tre. Forse era stato nominato un divano, prima, probabile che semplicemente la ragazza non lo avesse ancora caricato.
   
Dopo aver ispezionato ogni antina apribile, testato il materasso e osservato la visuale dal posto del guidatore, mentre Lizard li vietava di schiacciare tutti i pulsanti che vedeva, Royal aveva perso in fretta interesse, avviandosi fuori con uno sbuffo.
   
Desdemona lo aveva seguito poco dopo, lasciando Teodora e Lizard sole con i due figli di Efesto.
   
«Come pensi di fare?» La domanda aveva iniziato a formarsi nella mente di Lizard già la sera precedente, alla selezione. Aveva passato la mattinata a cercare un modo più delicato per porla ma non aveva avuto molte idee.
   
Teodora, seduta sul bordo del letto, strinse le labbra soppesandola in silenzio. Negare le sue disabilità e svantaggi sarebbe stato stupido, oltre che molto poco producente. Certo non era da lei avere discussioni a cuore aperto e rendersi vulnerabile, ma far finta di nulla, in quel momento, non sembrava un opzione disponibile. Si grattò il naso, cogliendo l’occasione per risistemarsi gli occhiali, che erano appena scivolati.
   
«Non sono del tutto incapace, in caso mi farete da trasportino, o ruberemo una carrozzina…» Rifletté lasciando vagare lo sguardo chiaro per il pullman.
   
«Sono sicura solo di una cosa.» Annuì decisa, posando lo sguardo sulla maggiore, che inarcò un sopracciglio scuro. «Io mi prendo il letto, se mi mettete a dormire su un materassino a terra allora sì che non mi alzo più.»
   
Lizard sorrise appena affondando le mani nelle tasche della pelliccia. «Penso di non poter controbattere a questo.»
   Teodora sembrava soddisfatta, annuì e si alzò, uscendo.


 


 
Angolo Autore
 
 
Che dire, la situazione ha del drammatico, ho ufficialmente superato l'anno. Noice. Buona Pasqua I guess. Risorgo dalla tomba come nostro signore Gesù Cristo.
Un anno di attesa e nemmeno tutti i personaggi, imbarazzante. Questo capitolo è stato davvero terribile e penso di odiarne ogni parola, ma non ha assolutamente la sanità mentale per riscriverlo, quinid ve lo beccate così, sorry not sorry.
Spero sia almeno utile per capire un po' come gireranno un po' i nostri pargoli e bho, a conoscere meglio i personaggi? Che poi sono assolutamente non bilanciati quindi che disagio.
Se avete voglia di vedere come NON sono produttiva potete seguirmi alla pagina instagram che Fe_ mi ha corrotto ha creare cliccando QUI. Ora come ora in realtà spammo aesthetic sui miei oc e non ho grandi programmi per il futuro, ma chi lo sa, potre avere nuove idee suicide. O potete semplicemente guardare delle immagini colorate, che se siete bimbi problematici come me, danno molta gioia.
Questo è quanto, torno nel mio buco, adios. 
Peace out ✌🏼
Ebe
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: DarkDemon