Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Enchalott    23/05/2022    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
**************************************************
Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un altro segreto
 
Yozora si sentì impotente: osservò angosciata la staticità di Rhenn, abbandonato a terra. Cereo. Morto. Era come morto.
Lo chiamò e gli scosse il braccio: era tiepido, come se il calore congenito fosse svanito. Gli scostò dalla fronte una ciocca sfuggita al fermaglio e avvicinò il viso al suo, con apprensione intuì un respiro impercettibile.
Devo cercare aiuto!
Provò a rialzarsi e qualcosa le tirò l’orlo della veste, raggelandole il sangue. La mano di lui si era allungata a trattenerla, ma era ricaduta al suolo. La strinse a rassicurarlo.
«Troverò un guaritore, resistete!»
«No…» la voce di norma imperiosa era un sussurro trasparente.
«Siete impazzito! Avete bisogno di un medico!»
Le dita di Rhenn si contrassero sul tappeto ma non riuscirono ad abbrancarla. La stoffa si stracciò in lacerazioni parallele corrispondenti agli artigli. In preda al panico, Yozora obbedì, tornando a inginocchiarsi al suo fianco.
«Perché non mi permettete di uscire!?»
Non le rispose. Sembrava faticasse a respirare, tremava e digrignava le zanne, rivoli ghiacciati di sudore gli scorrevano lungo il collo, la camicia leggera era madida.
Che posso fare!? Divino Kalemi, assistetemi!
Recuperò la stola e gli deterse la fronte. Afferrò un cuscino e gli sollevò il capo, poi si armò di coraggio: allargò i lembi dell’abito per tamponargli il petto e sentire il cuore. Il battito era irregolare. Rhenn si contrasse, esalò un gemito e lei s’arrestò, timorosa di peggiorare la situazione.
«Dove sentite dolore?»
L’indice del demone salì a sfiorare il diaframma. Yozora accolse il gesto con un granello di sollievo: era in grado di capire e comunicare, sebbene le palpebre fossero serrate e apparisse svuotato di ogni energia.
Gli allentò la cinta e denudò il punto che le aveva indicato. Non c’erano segni, salvo il veloce sollevarsi del torace che esprimeva uno stato di greve sofferenza: se non fosse stata insopportabile, un Khai non l’avrebbe mostrata.
«Sto morendo di paura, vi giuro…»
Inghiottì un singulto e si impedì di piangere. Prese la brocca dell’acqua e i riempì metà bicchiere a dispetto il tremito. Non riuscì a farlo bere poiché non era in grado di sollevarlo. Rhenn non collaborò, lasciandola in uno stato di crescente prostrazione.
«Avviserò il custode, starò via pochi secondi!»
«No! L’erede non… non può… non devono saperlo…»
Yozora sgranò gli occhi, sforzandosi di comprenderlo. Gli unici elementi chiari erano che Rhenn non desiderava intrusioni e che lei non vantava competenze mediche.
«Vi è già accaduto?!»
Il giovane scosse la testa, rispedendola nel terrore antecedente. Mentre si guardava intorno indecisa, le prese la mano.
«Restate con me.»
La principessa singhiozzò un assenso, inerme davanti al dolore che gli stravolgeva i tratti. Lo stallo le pesò, ma non osò contraddirlo per non agitarlo. Gli passò le dita tra i capelli, sfilandogli i fermagli, gli tamponò con delicatezza il collo e il petto all’affiorare del sudore. Ogni volta che il panno sfiorava il thyr, Rhenn serrava i pugni e soffocava un lamento.
Cercò di schivarlo, era difficile evitare le fiamme divampanti dall’ombelico ai pettorali e insieme alleviare la pena. Rallentò per paura di arrecargli male, ma lui le sottrasse la stola con un movimento spossato.
Yozora gli posò le mani sulle tempie. Attraverso le ciglia scure, gli occhi d’ametista erano lucidi di dolore. All’improvviso si voltò su un fianco e tossì come per dare di stomaco. Lo sorresse, assecondò i suoi conati, ma lui non vomitò. Si riaccasciò prono, privo di forze, appoggiandole il capo sulle gambe.
La ragazza gli carezzò il collo e il dorso: Kelya lo faceva quando non si sentiva bene e il ricordo la commosse. Tornò all’infanzia, ove per confortarla era sufficiente l’amorevole vicinanza della madre. Pensò alle notti da lei trascorse accanto al suo letto o a quello di Hyrma quando erano preda di una febbre oppure gli incubi e la guerra rubavano loro il sonno.
Magari anche Rhenn detestava rimanere solo in momenti del genere, ma evitava di ammetterlo in quanto mortificante.
Potrei giurare che nessuno gli si è seduto vicino quando non era che un ragazzino. Nessuno ha provato a farlo sorridere per scacciare le paure comuni a ogni infanzia, non Kaniša, non una bàlia, non una sorella maggiore, mentre sua madre…
I concetti di solitudine e coraggio khai assunsero una sfumatura diversa. Le dure parole che aveva rivolto a Hamari - accetto ma non perdono - apparvero meno crude in quel cambio di prospettiva.
Mahati ha avuto Rhenn. Chi si è preso cura di lui quando è stato abbandonato? Era davvero forte e indipendente come lo reputava la regina?
Lo strinse con semplicità, come se con un minuscolo gesto d’affetto fosse in grado di rimediare a due secoli di orgogliosa solitudine.
L’incarnato chiaro del principe stava recuperando la naturale brillantezza, il suo corpo la consueta temperatura. Sperò che il peggio fosse superato e interruppe il contatto, lasciandolo riposare sulle sue ginocchia.
«Continuate… sta passando.»
Yozora riprese ad accarezzargli la schiena e le spalle, allentando la tensione dei suoi muscoli in una sorta di delicato massaggio. Tanto inquieta da non considerare che l’uomo abbandonato a lei non era né un figlio né un fratello. Tantomeno suo marito.
 
Rhenn non si era mai sentito così male in vita sua. Il disturbo era partito in sordina. quando aveva iniziato a decifrare i segni del libro. Era stato colto da un forte senso di nausea, poi aveva visto la stanza vorticare e il vigore lo aveva abbandonato. Come se il tomo possedesse un’autodifesa che aveva violato.
Si era dato dello sciocco, però quando il malessere era peggiorato aveva pensato di non essere lontano dalla verità, considerando l’immunità ai veleni. L’antica carta non emanava odore e non sembrava impregnata di sostanza tossica, ma per precauzione aveva allontanato lo scritto dalla portata della principessa. Poi aveva perso i sensi, un’esperienza sconosciuta. Non gli era successo nemmeno quando si era preso un colpo della spada di legno in testa.
Lo squarcio bianco nella sua mente lo aveva staccato dalla realtà. La visuale si era scurita, il nero si era riempito dei richiami affannati di Yozora, aveva avvertito la sua vicinanza e si era concentrato sulla sua voce per tornare cosciente. Per recuperare una parvenza di ricettività aveva compiuto uno sforzo smisurato e non gli era stato sufficiente. Il corpo aveva smesso di rispondergli, ogni fibra aveva subìto la feroce invasione del dolore; con le difese ridotte ai minimi, la prepotente visione dell’eclissi era penetrata nella coscienza, privandolo delle ultime risorse.
Sotto l’allineamento oscuro dei tre Soli di Mardan, la piramide di cristallo emanava malignità e le parole uscite dalla bocca inanimata di Ishwin apparivano agghiaccianti: “È tardi, tutto è perduto, non esiste scampo o riscatto. Il Signore dei Khai è l’unica speranza, il Signore dei Khai è il prescelto”.
La visione che mi opprime e il libro sono collegati?
I segni si erano disposti nell’ordine corretto e le righe avevano acquisito chiarezza: “L’eclissi trigemina porterà eterno pianto… invocate il Signore dei Khai, colui che reca l’antico retaggio… colui che restituirà ai daamakha…”
Ah, impossibile! Sarebbe un controsenso!
Lo stomaco gli si era attorcigliato, come se avesse ingerito qualcosa di sgradevole. Eppure era a praticamente a digiuno, anzi si era trascurato e lo strapazzo cui si era sottoposto era confluito in quel mortificante risultato. Non riuscire a muovere un muscolo era deprimente, soprattutto davanti alla ragazza sconfitta che già troppe volte aveva intuito le sue vulnerabilità.
Dannazione, mi sono ripreso quando lei mi ha sfiorato!
Le membra irrigidite si erano sciolte, la nausea era sfumata in una spossatezza fastidiosa ma sostenibile. Quando Yozora lo aveva accarezzato con dolcezza, ogni cellula si era tesa al tocco privo malizia e il respiro era tornato a riempirgli i polmoni.
Le mani che gli percorrevano la schiena e gli omeri erano una strana medicina: infondevano pace e conforto, restituivano al corpo le fiamme che lo animavano e scacciavano il disordine imperante nella coscienza.
Mantenne gli occhi chiusi, la guancia sul suo grembo, il capelli sciolti in un’onda argentea che contrastava con il pavimento bruno. Strinse con enfasi, ma la consueta energia non rispose all’appello: rimase in completa balìa di attenzioni che nessuno gli aveva mai riservato e che rivelavano su di lui un potere spaventoso.
Preoccupazione sincera… è quanto sta usando contro di me? Dovrei difendermi? Non è l’umiliazione a bruciare, anche se sono alla mercè di cure che non contemplo, vorrei… dèi, vorrei rimanere così per sempre.
Le domandò di non fermarsi, per scoprire dove quella situazione anomala lo avrebbe condotto: sull’epidermide nuda i brividi del drastico calo termico si mescolarono ad altri di diversa natura, identificati e mai sperimentati. Un’eccitazione irrefrenabile gli si riversò nelle vene e confluì in un travolgente desiderio fisico. Benché debilitato, il corpo si preparò a soddisfarlo.
Maledizione!
La buona notizia era che non si trovava sulla soglia di Reshkigal. La pessima che gli impulsi carnali non erano mai scesi a patti.
«Come vi sentite?»
La voce impregnata d’ansia lo distolse. Rhenn borbottò l’unica risposta veritiera.
«Rigido.»
«Siete sudato, è normale. Cercate di evitare movimenti repentini.»
Troppo tardi.
«Ci proverò.»
«Vi sentireste meglio se vi aiutassi a mettervi eretto?».
Già fatto, grazie.
«Al momento è meglio che resti sdraiato. Perdonate l’incomodo.»
«Non ci pensate. Mi avete fatto prendere uno spavento terribile!»
Se i risultati sono questi, vi intimorirò sovente.
«Sciocchezze. È un banale capogiro, ultimamente dormo poco.»
«Non raccontatemi bugie, Rhenn. Per un attimo vi ho dato per perso, il vostro malore non ha nulla di ordinario.»
Neppure ciò che avete provocato, se vogliamo sindacare.
«Se ne siete persuasa…»
Yozora inalò l’aria con remissività. Le dita scesero a sfiorargli la nuca e gli spedirono un’ulteriore pulsione al basso ventre. Si contrasse di piacere e si morse le labbra per non liberare l’ansito deliziato che salì alla gola.
«Si vede che qualcosa vi tormenta.»
Non credo abbiate inteso cosa.
«Davvero?»
«La base del vostro collo ha accumulato tensione, è indice di inquietudine.»
Il collo?! Tsk…
«Un Khai non…!»
«State sanguinando!»
Il principe avvertì il calore vischioso e si portò l’indice alla bocca. Una delle zanne era penetrata a fondo quando si era trattenuto.
«Lasciate.»
La ragazza si impose, tergendogli il rivolo scarlatto con un lembo dell’abito. Il suo profumo si librò dalla stoffa smossa, saettando tra i sensi accesi dell’Ojikumaar, che toccò il limite della propria resistenza.
Mahati ha l’acqua nelle arterie!
Le bloccò la mano, percependo nell’atto il lento rifluire delle forze.
«Avete cambiato idea?»
«C-come?»
«Mi state toccando e mi avete sciolto i capelli. È un gesto molto intimo.»
«C-che? Ho creduto che i fermagli vi dessero noia! Non è come la terza prova!»
«Perché?»
«Sto cercando di farvi sentire meglio, non di scoprire le vostre zone erogene!»
«La seconda opzione implica la prima, oltre ad apportare decisi miglioramenti fisici. Anzi, non ho mai pensato alle mie spalle come a una fonte di eccitamento. Devo ricredermi e ve ne sono grato.»
Yozora si staccò con l’impeto di chi tocca un ferro rovente.
«Travisate le mie intenzioni!»
«Per niente, siete candida come un fiore di yurishi e trasparente come vetro. So che avete tentato di rianimarmi, non altro. Ma il risultato non cambia, avete superato lo scalino. Il vostro imbarazzo non è legato al fatto che io sia un uomo, un nemico o il vostro tutore, bensì ai freni inibitori che vi autoimponete. Avete smesso di considerarli e siete stata voi stessa.»
«Non è vero! Ho creduto si trattasse di vita o di morte! Mi avete impedito di chiedere aiuto per questo!? Avete rischiato la pelle per obbligarmi ad affrontare l’asheat!?»
«No. Il malore è reale, la proibizione motivata. Un principe Khai non può mostrarsi sofferente, ne va dell’immagine. I clan si appellerebbero alla presunta precarietà di salute, reclamando il trono per un loro erede, pioverebbero sfide e pettegolezzi, egli perderebbe la sua autorità anche se ne uscisse vincitore.»
Alla coerente rivelazione, la principessa lo fissò a occhi sbarrati.
«Non potete neppure permettervi di stare male» mormorò turbata «Di essere triste, febbricitante o angosciato… insomma, umano.»
Le sopracciglia sottili di Rhenn si contrassero all’osservazione. Sorrise amaro.
«Non sono umano. Sono sangue dei daamakha. Ciò che voglio sapere da voi, una volta esclusa la premeditazione di cui mi accusate, è come la pensate al di là delle convenzioni che vi hanno insegnato. Ciò che è Yozora. Non Salki, vostro padre, il dannato Ariun o tutta la stupida etica che avete letto!»
Lei sospirò. Tanto valeva accontentarlo e non dare adito a equivoci.
«Quando vi ho visto inerte, non vi ho pensato come un estraneo del quale avrei violato il privato né come l’uomo di un’altra. Solo come bisognoso d’aiuto. Mi capite?»
«Alla perfezione. La creatura sta davanti al maschio e allo sposo della vostra kalhar. Nella vostra coscienza avete toccato la mia infermità, non il mio corpo. Vi siete presa cura di me non perché sono Rhenn e sarebbe stato lo stesso con chiunque. Non so se rallegrarmene. Non vi ripugno ma mi ponete sullo stesso piano di un reikan, di una sacerdotessa, di una vecchia dorei o dell’ultimo shitai del regno.»
«Ogni esistenza è importante.»
«Già. Kelya è morta per questo, siete la sua degna erede.»
«Non esiste complimento migliore.»
«Eppure i sentimenti risultano più intensi nei riguardi di alcuni individui. Persino per un’idealista come voi.»
«Esistono vite che con il tempo divengono preziose. Ciò non significa discriminare bensì possedere degli affetti.»
Il principe apprezzò l’uso appropriato e asettico della terminologia khai. Ma in bocca a lei quelle parole avevano un peso diverso.
«È quanto definite umano?»
«Sì.»
«La mia lo è?»
«Come?»
«La mia vita vi è preziosa?» ripeté Rhenn.
«Vi siete definito un nemico, ma non vi reputo tale.»
«Lo sono invece! Anche se non vi minaccio con la spada, mi trovo all’estremità opposta del vostro sistema di pensiero e disprezzo chi non mi somiglia!»
«Questo non significa ostilità.»
«Vi ho sconfitta, non è sufficiente?»
«Non potete debellare chi non desidera la guerra.»
«I vaniloqui non accontentano la mia curiosità. Rispondete.»
Yozora avrebbe voluto fuggire dalla biblioteca, lontano da lui, per rifugiarsi tra le braccia di Mahati e sprangare fuori il resto dell’universo.
Appena tornerà da Minkar, appena smonterà dal vradak, appena rivedrò il suo viso pretenderò la terza prova e non mi negherò mai più. Sarò sua quel giorno.
«Lo è. Non avete di che angustiarvi. Non rivelerò a nessuno del vostro mancamento, lo giuro sul Signore del Tempo. I clan non inficeranno il vostro prestigio.»
«Non è la ragione della mia domanda!» ribatté lui, sollevandosi a sedere.
Serrò gli occhi e si portò una mano alla tempia, fiaccato dalla mossa avventata.
La principessa si protese, ma esitò prima di toccarlo.
«Che vi prende? Non vi avvicinate perché ho confessato che il vostro innocente massaggio mi ha eccitato? Credetemi, se fossi stato nel pieno delle doti, vi sarei saltato addosso e avrei concluso ciò che mio fratello non ha mai iniziato.»
Yozora divenne paonazza, eppure l’inquietudine non riguardava la propria incolumità o la sua eventuale infedeltà a Rasalaje.
«Non è avvenuto di proposito. Lo riferirete a Mahati?»
«Non vi taccerò di istigazione al sesso, se mi assisterete fino al recupero completo. Uscire da qui barcollando è escluso. Manterrò il segreto a queste condizioni.»
«L’ennesimo» sospirò lei rassegnata.
Rhenn rimase impassibile, come se il bacio rubato non lo scomponesse affatto o non fosse arduo ignorare l’insoddisfatta smania fisica.
«Mi cibo di segreti, compresi quelli indigesti. Ma quello di cui vorrei mettervi a parte non è di questa specie.»
«Si tratta del libro?» domandò la principessa allungando la mano per recuperarlo.
«Ferma! Non sono certo che sia avulso dal mio malessere.»
«Allora perché lo brandite a mani nude!?»
«Per ottenere attenzioni da voi» sogghignò sfacciato.
«Smettetela!»
L’Ojikumaar riprese il segno e appurò che alcuni termini erano davvero comprensibili. Condivise la scoperta e riportò un resoconto non troppo particolareggiato del vaticinio sull’eclissi. Accennò anche alle percezioni sperimentate in privato.
«A Mahati non ne ho parlato e Ishwin non era cosciente.»
«La vostra fiducia mi onora. Perché avete scelto me?»
«Non siete una Khai. Prima di assegnarmi l’etichetta di dissennato, mi darete il beneficio del dubbio.»
«Capisco» bofonchiò lei ridimensionando l’entusiasmo.
«Non significa che non apprezzi il vostro intuito femminile» ironizzò Rhenn.
«E del mio rispetto per Immortali diversi dal dio della Battaglia che dite?»
«Molto utile e poco compromettente per me.»
«Per non parlare della frequenza con cui il testo accenna a quanto detestate.»
«Vedete? Siamo complementari.»
Yozora alzò gli occhi al cielo e cercò di focalizzarsi sulla questione principale.
«Ho letto di Kushan, la storia mi ha commossa. Sfidare i Superiori per amore è un sacrificio consapevole, che non attribuisco alla collera. Se esiste un discendente destinato a impedire la catastrofe, suppongo abbia ereditato sia il suo potere sia la sua empatia. O una caratteristica che lo renda riconoscibile.»
«A Mardan di certo» sottolineò Rhenn con sdegno.
«Vi confido che un po’ mi stupite. Sottoponete i neonati all’enšak, vi augurate che manifestino il legame con il vostro capostipite e poi disprezzate le sue peculiarità.»
«Kushan è un guerriero semidivino, mentre le virtù che gli assegnate con tanta ammirazione lo hanno portato alla disfatta. Il popolo demoniaco stima la sua personalità primigenia, esente da timori e sentimenti, e confida in un ritorno alla pienezza dell’era antica.»
«È una visione faziosa. Kushan era conscio della fine, non gli è importato di morire per amore e questo principio è passato a uno di voi. Una peculiarità riconoscibile, altrimenti chiunque potrebbe essere l’erede.»
Rhenn la squadrò con evidente fastidio, sintomo che era d’accordo ma che rifiutava di ammetterlo. Assumere l’esistenza di un Khai in grado di amare era come negare il triplice tramonto.
«Che altro?» ringhiò.
«Sì, lasciate intendere che il celeste Belker, in seguito agli eventi profetizzati, dominerà come unico sovrano. Perché l’eclissi appare negativa al suo servitore più convinto?»
Per l’Arco letale di…!
«Servitore?! I Khai non sono inferiori a nessuno! Il concetto di “unico sovrano” mi crea problemi di bile! Non sono disposto a cedere il trono né al discendente di Kushan né al dio della Battaglia! Le promesse dei Superiori sono ambigue, non ci farei affidamento.»
«Vi storno il “convinto servitore”. Come portatore della fiamma siete singolare.»
«Non lo nego.»
Yozora lo osservò arrovellarsi: il viso incorniciato da una cascata argentea che lo ringiovaniva di qualche decennio, le dita serrate sotto il mento. Intese il dilemma.
«Temete si tratti di un hanran
Rhenn considerò l’alta probabilità dell’evento e inghiottì la rabbia. L’idea di scendere a patti con i traditori, il pensiero di un infimo individuo assiso sul trono di Mardan e adorato come salvatore del regno lo disgustò nel profondo.
«Meglio la morte!» sibilò furente.
«Solo perché hanno ideali diversi dai vostri? Mi accusate di soffocare nel vortice delle tradizioni, ma vi comportate allo stesso modo! Dovrebbe esistere un’asheat che vi obbliga a scrollarvi i preconcetti e a mettervi in discussione!»
«Tsk! Non rivolgeremo le ricerche in quella direzione! Se meditate di agire in autonomia, scordatevelo!»
«Quindi il mio aiuto è subordinato alla vostra arroganza?»
«Refrattarietà alle vostre trovate balzane!»
«Desiderate che mi procuri una lente per osservare il mondo con la mentalità khai? O con la vostra?»
L’Ojikumaar perse la pazienza e l’agguantò per le spalle. Il gesto li incollò l’uno all’altra.
«Ve lo proibisco. Mi incuriosirebbe vedervi conformare all’ottica locale, ma diverreste banale, morirei di noia prima dell’eclissi.»
«Non siete divertente e neanche chiaro! Capire quanto pretendete da me è un’impresa più ardua di quella di Kushan!»
Rhenn percepì le mani della ragazza puntellarsi a contatto con le fiamme del thyr. Emise un gemito e mollò la presa.
«Perdonatemi! Sono desolata, non pensavo sentiste ancora dolore!»
«Dolore? Ogni volta che mi toccate, io… ah, lasciamo perdere! Come erede al trono sono nella posizione di pretendere e decidere ciò che è consono. A prescindere dalle convinzioni fuori luogo, sarò lieto di ascoltare il vostro sciocco punto di vista. Perciò non esitate a condividerlo. Sopporterò.»
Lungi dall’offendersi per le pessime maniere, Yozora continuò a guardarlo.
«Finite la frase, Rhenn.»
«Ho dimenticato qualche vezzeggiativo?»
«Che succede al thyr
«Nulla di proficuo.»
«Voglio saperlo!»
«Voglio? Iyoshi? L’avete davvero pronunciato? Mi costringete ad accontentarvi!»
Se la trascinò in grembo. Le prese il viso tra le mani, specchiandosi nel suo sguardo terrorizzato. Il libro era l’unico ostacolo, qualunque cosa fosse deciso a conseguire. Lo spostò con urgenza ma la coda dell’occhio cadde su un particolare fuori da ogni logica. Fissò incredulo la pagina.
«Se fossimo soli contro il mondo, ti leveresti per difendere il mondo?»
«C-che dite?» ansimò la ragazza.
«Riesco a leggere.»
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Enchalott