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Autore: eclissidiluna    08/06/2022    3 recensioni
SPOILER SU TUTTA LA SERIE COMPLETA! FINALE ALTERNATIVO
Spiego le vele controvento, seguendo rotte diverse che si delineano all’orizzonte. Come sempre non so dove approderò. Ma so che ho bisogno di andare per mare.
Buona lettura!
Lo sapeva. Sapeva che sarebbe successo. Prima o poi. Un cacciatore è “vecchio” anche se, nel mondo “normale”, è poco più che maggiorenne. Quando si è riunito a Sam si percepiva già un “sopravvissuto”.
Ha trascorso gli ultimi quindici anni della sua vita, facendo “tira e molla” con l’aldilà, a chiedersi “Perché sono ancora vivo?!”. Ma la domanda “vera” avrebbe dovuto essere: “Per chi sono ancora vivo?”. Non è mai stato un “fan” di se stesso però… è sempre stato il primo “sostenitore” di Sammy. Ma ora Sam può “sostenere” quel posto vuoto…sull’Impala. E’ pronto.
E’ un buon momento per “distrarsi”. Ora che l’Universo è in mano a Jack può concederselo. Il Paradiso arriva nei modi più impensati. Un punteruolo che trafigge donandoti un Cielo che invade, trasformandoti in nuvola. informe, leggera, soffice.
Sarà tutto perfetto. Sarà pace. Sarà quiete. Sarà respiro profondo, libero, ritrovato.
O forse no.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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“Che ci facciamo qui?” domanda Dean, titubante, temendo la risposta.
“Ho esaudito il tuo desiderio, Dean.”
Dean si passa una mano sul viso, consumando i 2/3 dell’ossigeno “di riserva”.
 “Perché è qui?!”
“Rapina a mano armata. Credeva che si sarebbe limitato a fare “il palo” ma poi qualcosa è andato storto. Si è ritrovato nel negozio, per dar manforte ai suoi complici. Il commerciante ha reagito. Gli altri due sono riusciti a scappare ma lui…si è fatto prendere dal panico. Aveva una pistola con sé. E’ partito un colpo…”
Dean, serrando gli occhi e scrollando il capo, si appoggia alla recinzione che costeggia il penitenziario.
“Lui ha…”
Delia disconferma all’istante. Dean non merita di restare in quell’angoscia. Dean ha già troppa sofferenza da portare “No, Dean. Il proprietario è stato ferito alla spalla. Ha perso parecchio sangue ma Ben non è fuggito.Gli ha prestato le prime cure. Ha chiamato i soccorsi. Questo ha “alleggerito” la sua posizione, di fronte alla giuria.”
Dean recupera una porzione di ossigeno “donato”.
“Da quanto…da quanto è qui?”
“Ha quasi scontato la sua pena, quattro anni. Uscirà fra quattro mesi.”

Dean avverte la nausea salire. Potrebbe essere qualche detrito ingoiato dal proprio corpo, alla mercè di un temporale che smuove la friabile zolla. Quattro. Quel numero ritorna violentemente. Quattro mesi all’Inferno. Quattro anni… “l’Inferno di Ben”.

Quattro mesi per uscirne.
 
 Quattro.
 
“E’ stato qui…qui dentro per quasi quattro anni?!”
Stavolta Delia non può che annuire.
Dean sferra un pugno sul muro di grigi mattoni. Percepisce le nocche gonfiarsi.
“Dean…se infierisci sul tuo spirito…”
“Lo so…lo so. La mano della “mummia” al “piano inferiore”, aumenterà a dismisura…non m’importa, Delia! Tu non puoi…non puoi nemmeno immaginare cosa  stia provando io, in questo momento…” e Dean sta per colpire nuovamente la parete quando, Morte, gli blocca il braccio.
“Risparmiati. Non è il momento di danneggiarti. Altro tormento sarà necessario” e Delia sfiora delicatamente la mano tumefatta che, immediatamente, ritorna rosea.
“Cosa…cosa intendi?”
“Dean, se davvero vuoi vedere Ben è indispensabile che tu ti ricongiunga con il tuo corpo…”
Dean deglutisce “Con il manichino che sta soffocando?! Con il fantoccio che starà già diventando trafficata superstrada, per un panciuto esercito di formiche rosse?!” ribatte, sarcastico.
“E’ l’unico modo per permettere a Ben di vederti in…carne ed ossa…più o meno.” precisa lei, ironica, ripagando Dean con la “stessa moneta”.
Dean alza lo sguardo al cielo “Grandioso! Effetti collaterali?”
“Sensazione di oppressione al cuore, affanno…insomma…il solito” sminuisce lei. Ormai sa che Dean conosce bene, quell’essere “a metà”.
“Ok… “il solito” va bene, non mi preoccupa. E poi…farei qualsiasi cosa pur di poter parlare con Ben.” risponde Dean, senza esitazione.
“D’accordo. Abbasserò il mio livello di protezione su di te, Dean. Giusto il tempo di materializzarti. Non è una cosa “definitiva”, ovviamente. Il tuo percorso di “scelta” è ancora lungo. Ti aiuterò a sostenere la fatica provata dal tuo corpo. Muoviti lentamente, risparmiando fiato. Se seguirai le mie istruzioni, tutto andrà bene e sembrerai…vivo.”
Sul volto di Dean si dipinge un dolente ghigno “Vivo…” ripete, facendo eco a Delia.
---
“Come hai fatto?!”
“Dimentichi che Morte è una delle creature più potenti dell’Universo. Potrei persino mietere Dio, se lo ritenessi opportuno. Vuoi che non riesca a manovrare la mente altrui?! Ti credono un lontano parente. Sono certi di averti chiesto i documenti e che l’incontro sia stabilito da settimane”.
Dean la guarda ammirato “Perfetto…allora, non mi resta che “andare in scena”, giusto?!”
“Con calma e centellinando i movimenti” lo avvisa, Delia.
“E devo ricordarmi di sbattere ogni tanto le palpebre, come il belloccio di Twilight?!”
Delia, trattenendo a stento una risata, rimbrotta “Cammina, che non abbiamo tempo da perdere!”
“Già…il tempo…è prezioso, in qualsiasi “dimensione”, terrena o ultraterrena…” e stavolta Dean non sembra aver voglia di scherzare.

Il tempo che ha perso. Il tempo che non ritorna. Il tempo che sta impiegando per…mettere la parola “fine”…
al “suo tempo”.
---
Ben si dirige, con fare sospettoso, verso il tavolo dove Dean lo aspetta, già seduto.
“Ci dev'essere un errore. Io questo non lo conosco…” dichiara, sorpreso.
Dean avverte l’ansia crescere quando l’agente, perplesso, sta per riportare Ben in cella.
“No! Un momento! Nessuno sbaglio! Devo parlarti, è importante!”
Ben allora, incuriosito, fa un cenno al poliziotto che, pur nutrendo qualche dubbio, lo accompagna da Dean.
Dean l’osserva, mentre il cuore tamburella in petto. “Vivo…”

E’ cresciuto, Ben. Dean riconosce gli occhi chiari del ragazzino che ha amato come un figlio e apprezza la corporatura massiccia. Alto più o meno quanto lui, spalle ampie e bicipiti ben sviluppati. Sarebbe un ottimo cacciatore!

“Chi sei? Che vuoi?!” tuona quella voce da uomo che quasi lo fa sobbalzare. E' un uomo. Non è più quel ragazzino che lo considerava un eroe quando, in realtà, era solo meschino codardo.
“Io…ecco, io sono…”
“Aspetta…aspetta un momento…io ti conosco! Io mi ricordo di te…tu sei…sei … aspetta un momento…sì…sei Dean!”

Dean strabuzza gli occhi credendo per un attimo ai miracoli.
Ma la fiducia nei prodigi divini, con tutto il rispetto per Jack, ha breve durata.

“Si…sei proprio tu! Dean, lo stronzo che, quando ero un ragazzino, ci ha investito!”
Dean annuisce tristemente. “Sì sono…sono io”
“E che ci fai qui?!”
Dean vorrebbe rispondergli, urlando “Che cazzo ci faccio qui?! Qui, sulla Terra! Dio solo sa quanto vorrei saperlo anch’io!”
Ma si limita ad un “neutro” e formale “Io, volevo parlarti di…di tua madre”

Ben sussulta. Il labbro trema. Il busto s’irrigidisce. “Dopo tutti questi anni? Cos’è? Hai grane con l’assicurazione?! Hanno trovato qualche cavillo? Sono dei veri bastardi gli assicuratori!  Guarda che se è così, tranquillo, noi non c’entriamo nulla! Mia madre è morta da anni…per un incidente che non hai sicuramente provocato tu. Stavolta…ha fatto tutto da sola. E’ finita fuori strada…una sera d’inverno. Ma non credo t’interessi.”

Dean ridotto a brandelli rammenta le raccomandazioni di Delia.  
Ma come può mantenere la calma vedendo Ben… “il suo Ben” ridotto così?! Cinico, irriconoscibile, devastato. Come lui. Più di lui.

“No…io…io ho saputo di tua madre…mi dispiace molto. Non è per l’assicurazione. Vorrei aiutarti. “
Ben stringe un poco gli occhi, come se dovesse “metterlo a fuoco”.
“Tu, aiutarmi?! Come?! E soprattutto, perché?!”
Ben è abituato che niente è “gratis”. Tutto ha un prezzo. Nessuno agisce per pura, disinteressata solidarietà.

Li credeva amici. Gli avevano offerto un posto per dormire, quando era scappato dalla casa-famiglia. Ma poi, poche settimane dopo, gli avevano messo una pistola in mano. Nulla è “a titolo gratuito”.
Ora sa che, quel letto, avrà un costo. Ma è disposto a pagarlo. Ormai è l’unica strada che conosce. L'unica che può percorrere. Sa che potrebbe ricondurlo in quell’Inferno. Lo ha messo in conto. Ma oggi è più scaltro. Oggi non tamponerebbe quella ferita e non chiamerebbe il 911. Fuggirebbe, nella notte.
Portandosi appresso la propria coscienza irrimediabilmente nera. Più della notte.

Dean, ignaro dei pensieri di Ben, fa leva sulla tendenza a raccontare fantasiose storie da “dare a bere” alle inconsapevoli vittime, coinvolte in un caso. "Recupera" la sicurezza "posticcia" dell'agente dell'FBI. Gli manca giusto il tesserino di riconoscimento, fasullo. Anche quello. 
“Mi spiego meglio. In realtà conoscevo tua madre ma me ne sono ricordato dopo…quando ormai avevate lasciato l’ospedale. Ho provato a rintracciarvi…”
“Be’… ci hai messo davvero parecchio!” constata Ben, scettico.
“Ehm…sì…sono…sono stato impegnato, all’estero, per lavoro ma, una volta tornato, ho continuato le ricerche e così...eccomi qui. Dei vicini di casa mi hanno raccontato dell’incidente e che tu eri…”
“Finito nei guai? Be’ ti svelo un segreto…” e Ben, guardandosi intorno e abbassando la voce, sibila “Io sono praticamente sempre nei guai! Tu piuttosto…un vero detective eh?! Non ho idea di quante Lisa Braeden ci siano in giro ma apprezzo la costanza…cosa volevi da lei?”
Le labbra di Dean ondeggiano. Ricaccia una nausea prepotente. Aspira con il naso ed espira con la bocca. Maledetto bavaglio invisibile! Ben sembra accorgersene. “Ehi?! Che ti prende?! Stai bene?!”
“Sì…sì…” si affretta a rispondere, Dean “Io…io volevo dirle che…che ci conoscevamo da ragazzi…”
Ben scoppia a ridergli in faccia, con una strafottenza che, a Dean, suona disperatamente sconosciuta.
“Stai scherzando, vero?! Mia madre è…” scappa al ragazzo che, un secondo dopo, si corregge “era piuttosto fisionomista…ti avrebbe riconosciuto quel giorno, all’ospedale!”
Già. Lo avrebbe riconosciuto. Come quando, dopo quasi nove anni, aveva aperto la porta di casa, esordendo con un sorpreso ma sicuro “Dean Winchester!”. Nome e cognome. Senza un minimo d’incertezza.

Sì…l’avrebbe riconosciuto.
Se le avesse concesso il privilegio di rammentare il suo viso.

“Era passato molto tempo e…” balbetta, Dean.
“Boh…mi sembra strano. Allora, se ti ha “resettato”, non devi essere stato un suo grande amico!” conclude Ben, spazientito.
Resettato…un termine da “nerd,” una sovrautilizzata definizione, “rubata” al linguaggio informatico. Ma per Dean è tuono che invade la mente. Anticipando il fulmine che lo colpisce in pieno petto.
“No…non lo sono stato…” ammette amaramente, tossendo.
“Ma sei “fatto”?! Sei pallido come un cencio, respiri a malapena, mi parli della mamma come se dovessi svelarmi chissà cosa…tu non ci stai con la testa! Che accidenti vuoi, da me?!” e Ben pare essersi stancato delle assurde giustificazioni di quell’estraneo che gli sta facendo, letteralmente, perdere le staffe.

Dean riflette. Ben ha tutte le ragioni di essere diffidente. Del resto…nemmeno Dean “si fida”. Di sé.
Cosa può volere un morto che “non è morto”? Un idiota che non è neanche stato capace di morire, come si deve?!
Nulla. Decisamente nulla.

Ma Sam è vivo. Sam, quando capirà che deve “lasciarlo andare”, avrà la forza di prendersi cura di Ben.
Sam non fallirà. Dean è il “fallito” per antonomasia. Il ronzino su cui mai devi scommettere. Sam no. Lui è “il cavallo di razza”, quello vincente.
Quello che, alla fine, fa la scelta giusta. La farà. Anche stavolta.

“Senti Ben…io…io voglio solo aiutarti. Quando uscirai di qui…vai da mio fratello…lascerò il suo numero al direttore e…”.
Ben si alza di scatto, esasperato “Io non conosco te, figuriamoci se, quando finirò di scontare questa merda, chiamerò tuo fratello!”. Il rapido cambio di postura, desta l’interesse della guardia che, poco più in là, assiste al bizzarro colloquio. Si avvicina, rivolgendosi a Dean “Tutto bene, qui?” domanda, con fare indagatore.
“Tutto bene, agente, solo un “pacato scambio di vedute”. Siamo stati tutti giovani, vero? I ragazzi d’oggi poi, si alterano, per nulla. Ci vuole pazienza! Mica come ai nostri tempi che ci facevano “ragionare” a suon di cinghia, giusto?!” svia Dean, con uno dei suoi smaglianti sorrisi convincenti. Ben si risiede, bofonchiando qualcosa che, il corpulento poliziotto, finge di non aver sentito. “Va bene…avete ancora cinque minuti e…calma ragazzo!” aggiunge, strizzando l’occhio a Dean, con fare complice.
Ben annuisce, con un seccato movimento del capo.

Restano di nuovo soli e Ben riprende il “pacato scambio di vedute”.

“Mi spieghi l’utilità di questo “siparietto”?! Tu non sei nessuno per me! Probabilmente non conoscevi neanche la mamma! Sei uno psicopatico che si è “fissato” su di lei! Che ne so, forse ti sei fatto un “film” tutto tuo, vedendola in quel letto d’ospedale! Sola, con un figlio…facile “preda”. Posso anche capirti…era…lei era molto bella…” e Ben si interrompe.
Fa male ricordarla. “Rivederla”. Straordinariamente bella…anche spettinata, senza trucco, con i postumi di un trauma cranico…avvolta in quel camicione ospedaliero a fiorellini…ma non era quello l’ultimo “vestito”.

Non era quello “l’incidente”.
Erano state solo… “prove generali”.

“…ma perché inventarti quest’assurda storia?! Perché non ci hai “provato” subito?! Quando sei venuto a scusarti per esserti “distratto”, alla guida! Ricordo benissimo quel momento! Eri sconvolto. Più di noi!”

Dean trasalisce. Era sconvolto. Più di loro. E Ben se lo ricorda…almeno questo. Può rammentare il suo viso sfatto, gli occhi lucidi, quel giustificarsi a mezza bocca. E’ in qualche modo consolatorio che Ben abbia “percepito” la sofferenza che lo spezzava, dietro la maschera di chi si “scusava”, per un momento di disattenzione.
Si era “distratto”. Dalla “strada” che, per lui, era ormai segnata. La vita del cacciatore.
Non poteva esserci altro.

“Si…io…io ero…sconvolto.” ammette Dean, con il fiato corto, poi “aggiusta il tiro”.
“Sai…non mi era mai capitato di andare addosso a qualcuno. Sono un guidatore prudente, attento…” e, immediatamente, s’immagina al volante dell’Impala. Probabilmente Baby, potesse parlare, avrebbe da ridire su quell’ultima affermazione! Gli “ricorderebbe” il piede sull’acceleratore e i limiti di velocità spesso non rispettati! “…però…tornando a noi…so che ti posso apparire un tipo strano e, probabilmente, lo sono!” conferma Dean, allegro, stemperando “Ma…vedi è…è una scommessa che, ai tempi, avevo fatto con mio fratello.” E gli sembra quasi plausibile. “Ci hai preso…mi ero…mi ero davvero… fatto un film…ma non avevo avuto il coraggio di “provarci”. Lui, Sam, mi aveva rimproverato dicendomi che…be’ che era stata una grandissima cazzata…” e Dean deglutisce perché non sta mentendo. La “parte” relativa alla reazione di Sam è vera. Sam che scuote la testa, in un moto di totale disapprovazione. E lui che si volta rabbioso, distrutto, ordinandogli  di non nominare più Lisa e Ben.
Mai più.

“Lo sapevo! In queste cose ci piglio sempre! Quindi, la scommessa?!” interviene Ben, particolarmente “interessato” a quel risvolto.
“Ho scommesso che…anche se avevo perso l’occasione…sarei riuscito a ritrovarla e a chiederle il numero di telefono!” conclude, Dean, con la faccia del bambino scoperto con le mani nel barattolo della marmellata.
 “Be’, mi dispiace, hai perso la scommessa…sei arrivato tardi…amico…” sottolinea Ben, tristemente.
Dean tenta di respirare tra la “rete da pesca” che avvolge le pareti dei suoi polmoni. Forellini sempre più piccoli. Maglie sempre più strette. “Già…lo so. Sono arrivato tardi.” dichiara, abbassando lo sguardo. “Ma…non per te…non è tardi per te. Mio fratello Sam può offrirti una sistemazione…”
“Perché?!”
“Perché…perché…” riprende Dean, in cerca di quell’ “estro creativo” che, spesso, lo ha tolto dagli impicci.
“Pensa Dean. Dannazione, pensa! Sta abbassando la guardia, gli stai risultando quasi simpatico…” si ripete cercando le parole che possono cambiare…
la vita di Ben.
E la morte di Dean.

La parola che gli viene in mente, è una sola. Amore. Non servirà a “riabilitarlo”. Anzi, Ben, a questo punto, sarà sicuro di trovarsi di fronte a un pazzo. 
Ma l'amore, in fondo, non è un po' follia?!

“Perchè…ti sembrerò uno sciocco, un inguaribile romantico ma è…è stato “amore a prima vista”, con tua madre! Non c’è stato giorno in cui io non abbia pensato a lei…” e Dean non teme di apparire bugiardo. Non stavolta.  “Anche se lei non c’è più io…io vorrei, prendermi cura di te…”

Ben ritorna subito sulla difensiva. La sua esistenza è già abbastanza incasinata così, senza lasciarsi coinvolgere da un uomo che, passati i 40, completamente “svitato” e affezionato a un “fantasma”, vuole “giocare” a fare il padre! Probabilmente, nonostante il bell'aspetto,  è uno che non ci sa fare con le donne…se per, tutto questo tempo, è rimasto legato al ricordo di una che, involontariamente, ha quasi ucciso!
Sarà un solitario, mentalmente disturbato. Forse un trauma infantile. E, il Sam di cui parla, è il povero fratello che, tra antidepressivi e lunghi periodi di psicoterapia, se n’è fatto carico!
“Ok…ok…frena, amico. E’ tutto molto romantico, tutto molto “biscotto della fortuna" ma non vado matto per la cucina cinese e sono uno con i piedi per terra! Credimi...questa conversazione non porterà a nulla. Me la caverò.” esclama, risoluto.
Dean lo vede alzarsi, stavolta in modo sereno ma deciso. “Comunque…grazie della visita…non ne ricevo molte e, per quanto tu sia un tipo decisamente “strano”, non sei male.” Ben gli tende la mano e, in quel momento, Dean nota che i polsi del ragazzo hanno delle cicatrici. Deglutisce, soffermando lo sguardo su quei segni.
Ben si stacca rapidamente dalla stretta, abbassando svelto le maniche della divisa.  Poi, con la voce che si fa leggermente tremula, fornisce una risposta al silenzioso quesito “L’inizio non è stato facile ma…ora mi sono abituato. Ora è diverso”.
Dean, abbattuto, senza approfondire, insiste “Chiama Sam…chiamalo, quando uscirai da qui…”
“Perché Sam? Perché non puoi darmi il tuo numero, se ci tieni tanto?!” chiede Ben, sempre più convinto che, questo Dean, entri ed esca da cliniche per malattie mentali!
“Io…io sarò…in Europa…per almeno un anno.” ribatte Dean, fiero della propria prontezza di spirito.
“Wow! Per lavoro?” sta al gioco,Ben.
“Si…per lavoro…” conferma Dean, immaginando Delia ai vertici di una grande e importante holding. E lui in attesa di andare…in trasferta.
Ben finge di credere a Dean. In fondo deve essere un brav’uomo. Forse aveva solo bisogno di ritrovare “l’amore della sua vita”. Forse, se non fosse arrivato tardi, sarebbe guarito. E, quel povero Sam, non continuerebbe a pagargli anni di analisi!

“Allora…in questo caso…buon viaggio, Dean” quindi Ben si volta verso l’agente di custodia. “Guardia? Qui abbiamo finito”.
Ben si allontana, senza voltarsi indietro. A Dean esce un “Grazie…ciao, ragazzo…” desolato e malinconico.

Hanno finito.
Ma non c’è “fine” per Dean Winchester.
---
Dean, dopo aver parlato con il direttore, esce dal penitenziario. Dall’altra parte della strada c’è un viale.
Si appoggia al tronco di un albero. I colori accesi dell’autunno rimbalzano sullo spento grigio di quel moderno inferno, tradotto in sbarre. La invoca. Sfiancato. E Delia gli si para davanti.
“Quando…quando uscirà…metterà la testa a posto?” domanda in un sussurro lacerato, come se, l’esercito di formiche rosse, stesse scavando gallerie sottopelle.
“Non lo so, Dean. Ma ci sono buone possibilità che torni con i delinquenti che lo hanno trascinato in tutto questo.” sentenzia Delia.
Dean serra gli occhi per un istante, poi li riapre, fissandola con disprezzo.
“Ho lasciato il numero di telefono di Sam, al signor Hunter, il direttore. Mi ha detto che è un bravo ragazzo, che in carcere ha studiato, ha partecipato al programma di recupero, si è distinto per buona condotta…può farcela, Delia!” controbatte Dean, che non può rassegnarsi a “quel Ben”.
“Potrebbe, Dean. Come tu avresti potuto restare con loro. Non so se Ben troverà il coraggio di credere in sé stesso…tu credi in te stesso, Dean?” domanda lei, con tono malevolo.

Ma Dean non cede alla provocazione. Non vale la pena parlare di sé. Non vale mai la pena.
Meglio concentrarsi su Ben.

“Io non c’entro nulla! Non si tratta di me! Io devo solo riuscire a morire, una volta per tutte! Ma lui no! Lui non può arrendersi! Il direttore mi ha raccontato che…che era in carcere da meno di un anno …quando…”
“Un mietitore era pronto a raccoglierlo. Ma un suo compagno di cella ha dato l’allarme in tempo.” taglia corto lei, apparendo decisamente “poco sensibile”, all’argomento. E’ pur sempre Morte.
Dean sospira, lasciandosi cadere, ai piedi di quel fusto che gli ricorda l’odore di una catasta che, adesso, starà marcendo. Come lui.
“Non chiamerà Sam, vero?”
“Non lo farà, Dean…mi dispiace.” conferma Delia, distruggendo ogni flebile speranza.

Dean, aguzzando la vista, individua un quadrato di cielo, tra le fronde variopinte, illuminate dal lampione.
Il cielo non gli è mai parso tanto scuro, profondo, buio.
Irraggiungibile.

 “Aiutami Delia…fammi passare oltre…” la implora, con le lacrime agli occhi.
“Non posso, Dean. Dobbiamo tornare vicino al tuo corpo. Almeno per un po’.”
“Perché tu possa godere, nel vedermi soffrire, diventando cibo per vermi?” e non c’è rabbia in Dean. Solo conscia frustrazione.
“Dean… devi tornare nel tuo corpo…alle “condizioni” che t’impone il tuo corpo.”
“Non ti ho chiesto io di farmi fare questo schifoso "zombie-tour", in un presente che non posso cambiare!” esclama Dean e, stavolta, l’ira prevale sulla rassegnazione.
“Sto agendo per il bene tuo e di Sam” ribadisce lei, impassibile.
“Il bene di Sam sarebbe lasciarmi andare! E anche il mio! Se solo potessi… decidere io, per entrambi!” arranca, Dean.
Delia lo scruta, cupa “Dean…deciderai. Ma non sarai il solo a… decidere.”
“Cosa accidenti significa?!!”
“Non porre domande, Dean. Cerca risposte”.

Risposte…

Dean riflette. Non ribatte. Non più. La seguirà, in silenzio. Ha fatto la sua “scelta”.

Resterà in quella “terra di mezzo”, fin quando sarà necessario. Sarà divorato piano piano. Smembrato lentamente. In fondo, lui per primo o, almeno, una parte di lui, ha scelto di non prendere quel “taxi per il Paradiso”.
E allora sarà l’ennesimo Inferno. Non può sottrarsi.

Come non può evitare a Ben di ricadere nel proprio.

Come non può obbligare Sam ad essere l’infallibile “cavallo di razza”. Anche Sam, bloccato dalla paura, può fermarsi, davanti alla staccionata.

Non ci sono “risposte”.
Solo “scelte”.
---
E’ trascorsa più di una settimana.
Gli escrementi di Miracle sono sparsi ovunque, per il bunker. Ha guaito. Ha abbaiato fino a perdere la capacità di farlo. Ora gli esce un gutturale latrato che può sostenere per pochi secondi. Si è fatto sanguinare le zampe contro lo stipite dell’ingresso. Ha provato a mordicchiare la mano di Sam e ha addentato il fondo dei suoi pantaloni, sfilacciandoli.

Non è servito a niente.

Miracle ha continuato a scodinzolare, in attesa che Sam aprisse la porta e lo portasse con sé. Invece nessuna corsa mattutina o passeggiata serale.
Una porta sigillata. Da cui non filtra nemmeno un riverbero di luce.

Sam è diventato sempre più “sbiadito”. Uno spettro. A metà. Come Dean.

Ha scartabellato ogni testo della biblioteca. Pile di libri. Cumuli di sapere, disseminati nel salone...tra le feci di un cane che non si arrende. 

Sam è smagrito in modo incredibilmente rapido, continuo, incessante.
 La pelle ha assunto un colore grigiastro e gli occhi sono contornati di un blu che dà sul violaceo. Ormai del cibo non avverte più necessità. Ha le labbra secche perché, da 48 ore, anche assumere liquidi non pare più una priorità. In quanto a dormire…non si ricorda l’ultima volta che è riuscito a riposare, per un’ora filata.
Forse mercoledì. Ma oggi…oggi è sabato. O domenica.

Non importa. Ciò che conta è che è solo un giorno in più sottoterra.
Per Dean.
Un giorno in più sulla Terra. Per lui.
Senza Dean.

Non ha trovato soluzioni. Non c’è modo per riportarlo in vita se non con un patto con un demone degli incroci. Ma è un’ipotesi fuori discussione. Dean, una volta scoperto lo stratagemma, lo invocherebbe a sua volta, “rivedendo” i termini del contratto.

La seconda alternativa è un antico incantesimo che avrebbe conseguenze per il mondo intero. Creerebbe una sorta di squarcio come quello da cui sono usciti tutti i mostri che hanno combattuto. In questo caso, i vampiri di quel fienile si moltiplicherebbero, perpetrando il medesimo crimine. Con vittime diverse. All'infinito. Il ritorno di Dean implicherebbe “il loro ritorno”. Sotto forma di esercito. Quanti erano, ognuno moltiplicato per cento. Scorrazzerebbero indisturbati, cloni del Male, a rapire bambini. Sam non si fermerebbe, farebbe di tutto per "risolverla" ma Dean non potrebbe mai accettare un simile “effetto collaterale”!

La terza via è quella meno pericolosa per il mondo ma più agghiacciante e destabilizzante per la famiglia. “Offrire” a Dean un corpo non suo. Prendere un poveretto, scegliendo qualcuno che abbia un fisico asciutto e possa essere definito “attraente” (Dean vorrebbe così...) e poi creare una sorta di “doppio altare”, su cui posizionare Dean è il suo “nuovo contenitore”, stabilendo tra i due una “connessione”. Il macabro rito suggellato da un’antichissima formula che, al momento, Sam è riuscito a decifrare solo in parte. Una sorta di moderno Frankenstein. Sam sa che Dean potrebbe odiarlo per questo. E probabilmente Sam stesso faticherebbe ad abituarsi a vedere, alla guida dell’Impala, un perfetto sconosciuto che parla, si atteggia e ha il temperamento di Dean.
Ma abituarsi a quel posto vuoto...non è un opzione. E allora meglio...
Frankenstein.

Sam non ha più forze ma deve tradurre il resto della formula. Deve. Non può fare altro. Non vuole fare altro. Quella pergamena scovata per pura fortuna, nella parte più recondita dell'archivio, è la sola speranza.

 Sam non beve un sorso d’acqua, non si nutre, non riposa. Continuando così non dovrà più preoccuparsi di “come far tornare Dean.”
Lo raggiungerà presto. Sembra che non se ne renda conto.

Ma qualcuno ha ben chiaro che il cuore di Sam cederà tra quelle carte. Non può permettersi di perdere anche lui...

Miracle alza la zampa è la sua urina, dall’odore penetrante, ingiallisce irrimediabilmente la formula tradotta in ore di duro lavoro. L’inchiostro svanisce all’istante. Con un estremo, impertinente "atto d'insubordinazione", si sposta leggermente, "puntando" al delicato papiro. Miracle forse odia l'idea di un Dean "non Dean." 

“Miracle! No!” grida Sam, trascinandosi verso il povero animale e, in un moto di esasperato nervosismo, sta per tirargli un calcio ben assestato. Miracle abbassa le orecchie e mugugna preventivamente, intuendo le intenzioni di Sam.

Sam si blocca. Il piede resta a mezz’aria. Perde l’equilibrio, cadendo in mezzo a quelle pagine maleodoranti.

“Scusami…scusami, piccolo…” ammette Sam, guardandosi intorno.

A fatica si rialza. Le scale sembrano muoversi, prendendosi gioco di lui, come se fossero uscite dal set di Harry Potter. Riesce ad arrivare alla maniglia, con Miracle che lo segue speranzoso.
La luce del giorno quasi lo abbaglia. Non ci è più avvezzo.

Esce dal bunker. 
Deve arrivare al parco. Non può andarci a piedi. E’ troppo debole.
Si mette alla guida dell’Impala. Anche se non vorrebbe essere lui al volante. Fa sempre più male. Ogni giorno che passa.

Miracle,ansima, sul sedile del passeggero, scuotendo Sam che, a stento, mette in moto. 
Miracle ha bisogno di correre.
Sam ha bisogno di dormire.

Gli occhi di Sam si chiudono, alla prima curva.

Non c’è più il sole di quell’autunno inoltrato. L’ultima cosa che vede è il giallo, l’arancione delle foglie secche. E poi il rosso, tendente al bordeaux.
Ma non è certo che sia il colore delle foglie.
   
 
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