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Autore: Maqry    28/07/2022    0 recensioni
Raccolta perdi tempo e senza pretese di drabble e flash su coppie crack sorteggiate a caso.
Parafrasando impropriamente, lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.
[Progetto in collaborazione con LadyPalma e le nostre serate crack (un'ora per quattro storie brevi)]
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Vari personaggi
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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Terza Serata
(Irma Crabbe x Violetta Bulstrode)

 

 
 
 
 

#1 Defenestrazione
 


Pollux era sempre stato un idiota. Un genitore non dovrebbe avere preferenze con i figli, le era stato insegnato, ma Violetta non poteva proprio fare a meno di essere insofferente al figlio primogenito. Ci aveva provato, a volergli bene, ma tra la folle passione per i cappelli rossi che gli stavano orrendamente e la noiosissima tendenza a parlare lentamente, per ore, perdendosi nei dettagli inutili, con voce strascicata… nemmeno Tosca Tassorosso in persona ci sarebbe riuscita. Così quando suo marito aveva detto di aver trovato la moglie perfetta per Pollux, era sbiancata. Voleva stringere un’alleanza di sangue con i Crabbe, quel mentecatto mefistofelico, e nemmeno l’aveva consultata. No, ci mancherebbe, aveva consultato Pollux, che aveva trovato deliziosa la fanciulla. Tradotto: doveva sicuramente essere una noiosissima fattucchiera da quattro scellini, per piacere a suo figlio.
Invece, Irma Crabbe si era rivelata una giovane arguta e anche piena di sarcasmo. Certo, troppo paziente, secondo Violetta, ma gradevole. Sì, a lei di bene poteva volerne.

Così, quando il giorno delle nozze Pollux si era alzato per tenere il discorso in onore della sposa e trascorsi ventisette minuti ancora non era andato oltre i convenevoli, Violetta si era sporta verso Irma, sussurrandole poche parole all’orecchio: «Basta chiederlo, cara, e te lo butto giù dalla finestra. Sembrerà un incidente, non ti preoccupare, e lui starà finalmente zitto per qualche ora».
Irma aveva scosso la testa, ma, sotto il velo di pesante pizzo filato dai folletti, le sue belle labbra piene si erano aperte in un sorriso, ridacchiando appena.

 
 
 
 
#2 “That’s not funny” / “I thought it was”
“You don’t count, you started laughing
in the middle of a funeral because you started
thinking of a meme you saw on Facebook”
 

 
Le cene di famiglia dei Black erano una noia mortale. A Irma piacevano le feste dell’alta nobiltà Purosangue che aveva frequentato da ragazza, ma le cene dei Black erano… be’, quelle riservate alla sola famiglia erano semplicemente da tirarsi un calderone sui piedi. Niente balli, banchetti e abiti sfarzosi, solo chiacchiere su chiacchiere su a quanto erano stati grandi i Black del passato, le loro immani imprese e le loro drammatiche tragedie da eroi mitologici. E poi discussioni di politica, da cui loro donne erano sempre escluse. Per questo, qualsiasi cosa che potesse fungere da diversivo era benaccetta e anzi invocata.

«Cosa era quello, Signora Madre?» sussurrò da dietro il ventaglio, lanciando a Violetta un’occhiata che solo lei avrebbe saputo comprendere.

«Una risata perfettamente camuffata, mia cara».

Irma inarcò perplessa un sopracciglio, tenendosi sempre ben nascosta dietro al ventaglio: «Non c’è nulla di divertente, nella storia di Licorus Black e come iniziò la ripugnante tradizione di decapitare e impagliare elfi domestici…».

Violetta liquidò il tutto con un’alzata di spalle, portandosi la tazzina del tè alle labbra: «Ma certo: poi morì anche lui decapitato…».

Irma sospirò, voltandosi a rimbeccare la figlioletta che si era riempita di briciole il vestitino inamidato. «Dimentico sempre che siete quasi scoppiata a ridere al funerale di vostro zio dopo aver ricordato della volta in cui si rischiò di ustionare con una pozione ma lo salvò la parrucca…».

«In questo mondo a volte devi trovarli da te, i motivi per ridere, mia cara».

 
 
 
 
#3 Non nominare mia madre, mai più
 


Che il rapporto tra Pollux e sua madre non fosse dei migliori, Irma l’aveva capito da prima ancora di sposarsi e dover vivere con entrambi a Grimmauld Place. Difficile che una donna tanto brillante e di polso, come Violetta, potesse tollerare un uomo come Pollux, spesso più simile a una Mandragora che a un capo-famiglia e senza un briciolo di spina dorsale. Erano caratteri troppo incompatibili, e Irma non poteva minimamente dare torto a Violetta, a volte: per quanto avesse imparato a tollerare e andare d’accordo con Pollux, c’erano momenti in cui non riusciva a prendere un bel respiro e ragionarci insieme. Quel giorno era una di quelle volte.

«Quella… quella… non dovrei dire simili cose di mia Madre, ma… quella megera non mi ha mai riconosciuto come nuovo Black e guida della famiglia, non mi ritiene ada-»

«Non osare! Non osare nominare tua madre così di fronte a me. Mai più».

Pollux era arretrato, spaventato dalla furia che illuminava gli occhi della consorte, anche se celato da una voce che cercava di essere il più ferma possibile. Irma non arretrò di un passo, invece.

«Senza di lei, questa casa cadrebbe a pezzi! È l’unica, qui, in grado di reggere le sorti della famiglia».

Poi prese un respiro profondo, e iniziò a far ragionare Pollux con il tono paziente e calmo usato di solito. Tuttavia non sarebbe mai passata sopra simili parole nei confronti di Violetta, mai, a costo di tagliare lei stessa la lingua al marito con la bacchetta.

Violetta, che dalla cucina – dove stava dando ordini agli elfi per la cena – aveva sentito tutto, si trovò inaspettatamente ad arrossire.
 
 
 

 
#4 “And that’s why, no matter what
mommy says, we really were on a break”


 
«Mio fratello ha regalato un altro di questi stupidi aggeggi di Zongo ad Alphard…»

«Zonko»

«Quello che è. Non so in che lingua dirglielo che non ne voglio per casa. In maride?»

Violetta prese dalle mani del nipotino il pacchetto arancione, dalla carta fiammeggiante, e se lo rigirò con aria trasognata tra le dita. «Voleva che lo sposassi, sai?»

«Chi, mio fratello?» chiese Irma, irritata.

«Zonko…» sussurrò con un sorriso leggero Violetta, chiamando un elfa perché si occupasse del bambino.

Irma si fermò nel mezzo della stanza, divisa tra la curiosità e un fastidio bruciante alla bocca dello stomaco.

«Io e Cygnus siamo stati promessi sin da bambini, ma a un certo punto le nostre famiglie entrarono in conflitto per un’eredità e la posizione di Capo dell’Ufficio Applicazione della Legge Magica…»

Irma si sedette: amava le storie di Violetta e passare le ore ad ascoltarla, anche se quella volta qualcosa le diceva che non voleva sentire tutto quello che c’era da dire. Eppure, come ogni volta non poteva staccarsi dall’incanto che la voce di Violetta esercitava su di lei e dagli occhi che diventavano sempre più vividi e brillanti perdendosi nei ricordi.

«Io andavo a Hogwarts, il fidanzamento, checché ne dica Cygnus, era stato rotto, e Zonko era un Grifondoro scapestrato che passava le ore a fare esperimenti in un’aula vuota dei sotterranei…»

Irma strinse con forza il fazzoletto tra le dita, finché le nocche sbiancarono. Poteva sentirla parlare di Cygnus – si erano sposati senza amore e per volontà d’altri, così come era stato per lei e Pollux – ma questo Zonko…  Doveva averlo amato, a qualche modo, anche solo per un’infatuazione adolescenziale.

«Ma era povero, e non faceva parte delle Sacre Ventotto… Un bel naso e la battuta pronta non possono fare di nessuno un buon partito. Ti sarebbe piaciuto, forse: avete lo stesso sarcasmo, l’ho pensato subito».

Qualcosa, sotto gli strati di raso e taffetà, si illuminò nel cuore di Irma.
 
 
 

 
#5 Sono uscita a buttare la spazzatura in pigiama
perché credevo di non incontrare nessuno
 e ho incontrato proprio te.
 

 
Era notte fonda, e Irma era scivolata fuori dalla sua stanza per prendersi uno degli scones al Whiskey Incendiario che tanto amava per il suo consueto spuntino di mezzanotte. Odiava le eccezioni alle leggi magiche che non glieli facevano comodamente apparire ovunque fosse, e ancora di più gli elfi invadenti che, se chiamati, avrebbero poi riferito a suo marito di quella piccola trasgressione. Pollux Black non vedeva di buon’occhio che una donna bevesse, nemmeno con gli scones, ma per Irma poteva anche mettersele dove lei ben sapeva, certe insensate convinzioni.

Per far prima, non si premurò nemmeno di infilare la vestaglia sopra la camicia da notte estiva – suo marito gliel’aveva portata dalla Francia, un capo d’alta sartoria che sosteneva la rendesse bellissima, quasi una visione –, e scese le scale a piedi nudi per non attirare l’attenzione. Non avrebbe incrociato nessuno, ad ogni modo.
Stava risalendo in camera, il Whiskey che piacevolmente le intorpidiva le membra e i pensieri, quando si aprì la porta della camera di Violetta.

Quando Irma rientrò nella propria stanza, era quasi l’alba.
 
 
 



 

Note alla storia: allora, come sempre le storie sono state scritte molto a caso, una decina di minuti a storiella, seguendo i prompt che vedete all’inizio di ciascuna. Non c’è un briciolo di approfondimento su niente, lo dico, trattare di questi personaggi, del mondo Purosangue, specie a inizio Novecento, richiederebbe dello studio e della contestualizzazione che qui mancano del tutto. Non è una timeline in cui sono solita muovermi, né in dieci minuti ho avuto modo di dare una parvenza di realismo ad alcunché, ma questi i personaggi che sono stati sorteggiati. Irma e Violetta sono, rispettivamente, la nonna e la bisnonna di Sirius Black (Irma è la madre di Walburga): considerato che i Black si sposano tutti tra parenti e primi cugini, la dentro sono quelle con proprio zero legami di sangue. Mi spiace per il ritratto da macchietta comica (?) e ben poco onorevole che si è beccato Pollux, ma è pur sempre il nonno di Sirius e da qualcuno avrà pur dovuto prendere (e anche questa volta abbiamo inserito frecciatine ai miei personaggi preferiti, Maqry ora ha la coscienza a posto).  Niente, come detto sono storie molto sciocchine e senza pretese, ma non scrivevo da tanto e mi sono divertita, quindi va bene così. Si ringraziano le compagne di questa follia.

   
 
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