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Autore: RLandH    26/08/2022    1 recensioni
[Spoiler! uno, ma bello grosso, su TOA, qualcosa su MC&TGoA| Crossover con Magnus Chase| What If]
Mi sentivo di essere pronta a fare un tributo a Jason Grace.
“Lo giuro sullo Stige” aveva dichiarato, certo di aver commesso un errore.
La ragazza aveva sorriso per la prima volta, “Ascoltami bene, adesso, non dire la verità. Fingiti un mortale, uno di quelli ciechi, proprio ciechi e di che non ricordi niente. Questo dovrebbe esserti famigliare” lo aveva preso in giro lei.
Sì, decisamente risvegliarsi in lungo sconosciuti con la memoria a brandelli e feroci ragazze che lo trattavano come se fossero conoscenti da una vita era una sensazione che conosceva piuttosto bene.
Solo che non era opera di Hera, ma Kymopoleia.
“Adesso?” aveva chiesto Jason, la ragazza aveva allentato la pressione della lama sul suo collo, permettendo a Jason di respirare bene, aveva provato a puntellarsi sui gomiti, per tirare su appena il busto.
Quella non aveva smesso di sorridere.
“Adesso” aveva esordito la sconosciuta, “Io non sono mai stata qui e tu asseconderai quello che dico” aveva dichiarato, “E permettimi di scusarmi in anticipo, ma farà male” aveva terminato.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cimopolea, Jason Grace, Magnus Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson in The Multiverse'
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RLandH dove eri finita?
Ho passato le ultime settimane o a scavare quaranta-gradi all’ombra (senza ombra) come una talpa o a identificare ceramica romana (spoiler non sono esattamente bravina in questo campo), quindi semplicemente sono cotta. Poi sono tornata a casa ed ho ripreso a lavorare. VIVA ME.
Ho usato ogni momento libero per scrivere questo capitolo e, bho, cioè è finito così, non so se è bello o brutto.
La situazione sta delirando un po’, al punto che il titolo originale era: La situazione nel frattempo è delirata, seguito dal secondo titolo, che forse avrei preferito: ‘EX on the FIELD’ Edizione Folkvang, che un riferimento al programma trashissimo “Ex on the Beach” per questo in inglese (anche in italiano si chiama così), di cui, spergiuro, non ho visto neanche un episodio (nonostante io non sia manchevole nei programmi trash). Poi dopo un edificante conversazione con LarcheeX (se siete fan di Inuyasha vi prego leggete le sue storie) ne mezzo di una stazione, si è optato per questo.
Ringrazio di cuore Farkas perché perde ancora tempo a recensire questo piccolo delirio, che finalmente posso dire, con gioia, aver cominciato la sua parabola finale.
Un bacio e buona lettura, lascio due disegni infondo.
RLandH

Stellan si accende come una lampadina due volte, che non è molto, ma è strano che sia successo due volte

 

Benvenuti sulla Glamexpress, qui parla Glam” aveva dichiarato una voce piuttosto allegra, alzando anche le braccia come segno di saluto.
Era una ragazzina, Jason non le avrebbe dato più di quindici anni, con un viso tondo, i capelli lunghi fino alle spalle di un eccentrico turchese. Indossava un paio di pantaloncini rosa, lunghi fino a mezza-coscia, con le sneakers abbinate. La maglietta era colorata con una scritta piuttosto vivace: Han Solo spara per primo!
“Sono confuso” aveva dichiarato Mel ad alta voce.
“Tu … Lei è una Disir” aveva commentato a mezza-bocca Jason, ricordando le dee trasportatrici di anime, con i loro mantelli oscuri come la notte ed i cavalli di ossa, eppure c’era quella con i capelli pastello, che li aveva salutati.
“Sì, amici miei. Lei è Glaumvör, una delle dìsir. Non ero sicuro che le valchirie avrebbero potuto ricevere il permesso di spostare anime dal dominio di Odino a quello di Freya. Una valchiria che ufficialmente come valchiria[1] porta un’anima da un oltretomba all’altro potrebbe creare un pericoloso precedente, secondo la mia adorabile matrigna” aveva spiegato Bragi.
Jason aveva sentito ogni nervo del suo corpo tendersi a quel commento, “Ma le dìsir, in quanto, anche dee del destino, possono essendo al disopra di tutto” aveva commentato didascalico e rispettoso Bragi.
La piccola dea aveva sorriso, “Preferisco Glam” si era presentata questa, “E sarò felicissima di scortarvi!” aveva ridacchiato.
Nonostante il tono pieno di giocosità e divertimento di quest’ultima, la stanza si era fatta insostenibilmente più pesante.
Jason non ne aveva avuto l’impressione la prima volta che le aveva viste – forse solo una sensazione – ma aveva accomunato le dìsir alle valchirie, le devote di Odino, ora realizzava fossero creature ben al di là, erano vere e proprie signore del destino.
“Quanto sarebbe problematico come precedente?” aveva chiesto con gentilezza Madina, il suo tono sembrava disinteressato, ma i suoi occhi tradivano tutta la sua insicurezza. Jason non aveva detto quella parte della storia, non esplicitamente, ma Madina doveva aver dedotta il resto della storia da sola – d’altronde aveva scoperto che Jason era morto da mesi.
Bragi aveva sollevato le spalle, “Ah non saprei sull’immediato. Ma immagino che molti, potrebbero appellarsi a questo per cercare di cambiare paradiso” aveva cominciato Bragi, “O i vivi potrebbero corrompere le valchirie, quelle ancora mortali, per cambiare luogo ai propri cari” aveva considerato Astrid, “Oh, sì, ti prego, facciamolo così posso andare all’inferno che dico io” aveva considerato Fred, guadagnato una spallata dalla sua buona amica.
“Oh! Ymir Marcescente! Speriamo proprio di no! Se già lo spostamento di un’anima da un nostro mondo all’altro sarebbe tragico, ma se le valchirie si mettessero a spostare anime tra un aldilà e l’altro di diversi Pantheon potrebbe divenire la miccia di un vero conflitto” aveva considerato il dio della poesia.
Jason si era fatto rigido come una spada, anche Madina aveva strozzato un singulto, guadagnandoci un’occhiata dal suo fidanzato.
“Per evitare questa spiacevole situazione, me ne occuperò io” aveva dichiarato Glam, invitandoli verso l’Ascensore per seguirla, “Ti prometto mio buon Bragi che li riporterò qui entro ventiquattro ore asgardiane” aveva aggiunto. “Andiamo” aveva detto alla fine Fred, essendosi tolto dalla testa l’idea di essere portato in un inferno di fuoco e dolore, “Togliamoci questo dente.”
“Buona fortuna mie prodi eroi, gli dei vi sono grati per il vostro contributo” aveva detto Bragi quando li aveva congedati, “Scriverò dei versi in vostro onore.”
“Questo mi sembra piuttosto famigliare” aveva commentato a mezza-bocca Jason, ricordando ciò che aveva subito nel corso della vita, per smorzare l’aria, cercando di soffocare l’immagine che Bragi aveva aperto nella sua mente.
Dei celesti, Thrud e Kym!
“Sì, ma io non ho mai avuto una canzone personale, vorrei qualcosa come: Madina Ullrdottir La Coraggiosa” aveva raccontato con il suo solito tono felice Madina, ma con una voce un filino troppo acuta, prendendo la mano del suo fidanzato, “Che ne dici di Madina La Sconsiderata?” aveva commentato a mezza-bocca Fred – era stato ignorato a pie-pari.
 Mel non si era ritratto dal gesto della fidanzata, “Io sono finito negli Annali di Tacito, conta?” le aveva chiesto, “Be, probabilmente è più di quanto avrò mai io” aveva considerato Fred.
“Tranquillo Fred, con la mia incredibile abilità nel fare rime baciate scriverò la canzone di Fred il Rompiscatole” lo aveva preso in giro Astrid, “Parla quella che è stata tagliata fuori dalla Vinland saga[2]” aveva replicato il monaco.
Le porte dell’ascensore si erano chiuse, mentre Glam cominciava a digitare tasti – probabilmente non – casuali dei piani.
“Il mio fratellastro ha scritto una canzone tragica per il mio funerale” aveva commentato Jason, l’aveva ascoltata dalla playlist di Spotify della dea Melione, molto toccante.
La dìsir aveva fatto saettare lo sguardo incuriosito verso Jason.
“Mi ricordate i vostri nomi? Passano un sacco di persone sotto il mio sguardo” aveva commentato Glam alla fine.
Si erano presentati, incerti, mentre le porte dell’ascensore con un sonoro ‘ding’ si apriva sul nulla cosmico.
“Jason Grace, hai detto? Molto interessante!” aveva esclamato quella. “Interessante?” aveva chiesto Jason pieno di preoccupazione.
“Attenti ai piedi, o potreste cadere nel nulla cosmico … cosa che a questo punto non so cosa potrebbe comportare” aveva dichiarato Glam, uscendo per prima dall’ascensore, ignorando la domanda che le era appena stata posta, solo allora Jason si era accorto che davanti a loro, c’era un grosso ramo, con un diametro di almeno due metri, dalla corteccia grande, nodosa, di un colore castano vibrante d’oro. Quando erano usciti tutti, tenendosi in fila indiana, aggrappati alla maglietta della persona di fronte – a Fred era capitato l’ingrato compito di reggersi alla dìsir., Jason aveva avuto il coraggio di guardare il mondo davanti a lui, c’erano rami, infiniti ed eterni altri rami che si dipanavano e perdevano nel nulla, come grosse autostrade di legno, tutti però, come raggi sbilenchi si riunivano al tronco, che da quella distanza a Jason pareva solo un muro eterno alto di cui non si vedeva la cima ne il fondo.
“Lo Scoiattolo?” aveva chiesto Astrid, con un certo nervosismo. Jason sapeva dello scoiattolo maledicente che poteva entrare nella tua mente e tormentarla con verità scomode e menzogne.
“Oh! Tranquilli quel birbante non ci proverà affatto ad avvicinarsi a me” aveva detto Glam con tranquillità. Jason aveva visto la schiena di Mel, davanti a lui, irrigidirsi come fosse fatto di ferro.
“Stellan Brighstide, giusto?” aveva chiesto Glam, da capofila, l’elfo aveva avuto un singulto, “Sì, certo!” aveva detto con un nervosismo ben netto, “Sei per metà un Liósálfar, giusto?” aveva chiesto la dea. “Sì” aveva risposto pieno di vergogna il ragazzo. Jason non aveva mai sentito quel nome prima, “Vorrei che tu passassi avanti? Riesci?” aveva chiesto con gentilezza. “P-posso” aveva detto Stellan, ma le sue parole sembravano profondamente incerte.
Astrid si era fatta da parte, mentre Madina lasciava la presa sulla salopette dell’elfo, così il ragazzo aveva cercato di scavalcare prima la nipote di Sif, poi Fred, aveva quasi preso la mano della Dísir, quando era scivolato su una parte curva e ripida del tronco ed era quasi caduto, a salvarlo era stato il tempestivo intervento della dea stessa e dei venti di Jason, che si erano mossi prima ancora delle sue mani.
Nessuno aveva detto nulla.
“Calmo, calmo, va tutto bene” aveva sussurrato dolce Glam, tenendolo saldamente.
Stellan aveva ricambiato la stretta della dea, aggrappandosi a lei con una morsa serrata.
“Va meglio, ora?” aveva chiesto con gentilezza la disir, “Sì, si” aveva ammesso rincuorato Stellan, “Va bene, passeremo per i mondi bui, a me non fa effetto, ma temo che un’oscurità profonda come quella del nulla cosmico potrebbe avvilirvi. Questo luogo, infondo, non vi appartiene. Quindi, ho bisogno che tu rischiari questo scuro mondo, con la tua magia, che tu dia un calore paliativo” aveva spiegato calma.
“Cosa sono i Liósálfar?” aveva chiesto Jason calmo, alla persona a cui era aggrappato: Mel, perché la sfortuna era sempre sua amica.
Mel si era voltato di profilo, con gli occhi verde oliva, ancora collerici, “Dovrei …” aveva cominciato, “Ricordati che le missioni mortali non ammettono ignoranza, amore” lo aveva richiamato, con un tono carico di gentilezza Madina, “Sono gli elfi della luce” aveva sbuffato Mel.
“Pensavo che tutti gli elfi fossero elfi della luce” aveva considerato Jason, “Se così fosse non avrebbero bisogno di questa denominazione, no?” era stata la pigra risposta di Mel.
“Senti” aveva detto Jason dopo un sospiro, “Amico, mi dispiace tantissimo di non averti detto che sono un Romano figlio di Giove” aveva ammesso, “Non dimenticare ex-pretore” aveva considerato Thumelicus.
“Sì, scusami. Non sono stato corretto” aveva ammesso Jason; “Ma mettiti nei miei panni. Sono nell’aldilà vichingo…” era stato interrotto da Mel stesso, che aveva replicato: “E hai finto di essere un mortale scemo come un altro”; “Quello me lo ha detto Thrud. Forse si è accorta sia stata una cosa stupida raccogliere la mia anima, che dovevo finire non so nelle Isole Beate, nei Campi Elisi o degli Asfodeli” aveva insistito lui.
Mel aveva cercato di guardarlo, dandoli un profilo velenoso, ma gli occhi cominciavano ad essere un po’ meno scuri. Una parte di Jason avrebbe voluto dire a Mel che neanche lui era stato del tutto sincero, certo aveva detto di essere un guerriero cheruscio, ma non aveva mai detto tutto il resto – incluso suo cugino o che la sua sorella di latte fosse la dannata Agrippa Minor. Ma non era giusto si rese conto, “Amico, mi dispiace. Quando ho capito che eri un gladiatore e quanto odiassi Roma, ho avuto paura. Anche perché io amo Roma, non tutta e non tutta insieme, per i miei amici sono molto più greco. Ma sono sicuro di una cosa: la Roma che amo non è la stessa che odi, sono passati duemila anni ed altri tanti regni, imperi e sovrani. A Nuova Roma non ci sono schiavi, di nessun genere, non ci sono gladiatori né combattimenti all’ultimo sangue. Anzi se vuoi sapere l’ultimo ludo che ho visto sono stato costretto io a parteciparci, con un mio amico, contro due giganti” aveva spiegato.
“La tua Roma è la Roma di Augusto, Tiberio e Caligola – e, fidati, quelli che sono venuti dopo non sono migliori. Ma la mia Roma è la Roma di Reyna, Frank, Dakota che sono persone meravigliose” aveva ammesso, “Ed, ecco, se non cadiamo nel nulla cosmico, spero tu possa perdonarmi, anche perché si prospetta una vicinanza piuttosto lunga” aveva aggiunto.
“Con una capacità dialettica così pessima sei riuscito a diventare Pretore di Roma?” aveva chiesto retorico Mel, sembrava una battuta, una battuta alla Fred che stonava sulle labbra di Mel, ma era comunque una battuta. “Lasciavo a Reyna l’incombenza di scrivere i discorsi, io ero il braccio armato e lei la testa” aveva ammesso Jason, con un sorriso gentile, anche se Reyna avrebbe potuto essere ambedue senza problemi, “Infatti, dopo di me, si è beccata altri tre pretori.”
“Wotan, che imbarazzo. Ricordo che Caio Iulio passava un sacco di tempo da ragazzino a provare discorsi da megalomane in camera sua” aveva considerato Mel.
“Oh, devo dire che è diventato davvero bravo. Sul serio, spaventoso” aveva aggiunto Jason, un lieve sorriso complice aveva attraversato i due ragazzi, ma era stato breve le labbra di Mel erano tornate dritte e gli occhi cupi.

“Oh! Mon Deu!” aveva esclamato Fred, prima di un’altra serie di improperi in francese che Jason non aveva compreso, ma aveva invece individuato ciò che lo aveva sconvolto.
Stellan era luminoso, di una luce bianca e fredda – non sapeva perché ma aveva immaginato che la sua luce avrebbe dovuto essere calda – ma non era quello che attirava l’attenzione, ma la cosa a cui era accanto.
Era l’unico punto di luce in quel buio pesto, ma il ramo su cui era una biforcazione più piccola di un altro, ben più grande, enorme, come un’autostrada a sette-corsie, che doveva essere collegata direttamente al tronco, parcheggiata, come se fosse stato un posteggio, c’era un destriero da incubo.
Un enorme cavallo fatto di ossa e mantato di oscurità, agganciato ad un carro nero come l’ossidiana, scoperto sulla cima, con due ruote, oscure, con i raggi fatti di ossa, abbastanza spazioso per ospitarli tutti e sette.
“Lei è la mia Judy” aveva detto Glam con orgoglio, con gli occhi luccicanti pieni di amore, accarezzando il muso del cavallo. Jason aveva pensato alla grossa signorina O’Leary.
“Bene, Stellan caro, sali sul carretto, la tua luce terrà illuminato l’ambiente ed i tuoi amici saranno al sicuro. Io siedo sul cocchio davanti” aveva dichiarato Glam spingendo leggermente l’elfo, “Chi di voi mi farà da copilota?” aveva domandato gentile, Jason aveva ponderato la cosa e quando Madina aveva fatto scattare la sua mano in cielo, l’aveva fatto anche lui, anche Mel li aveva imitati subito.
“Oh! Così tanti volontari” aveva esclamato estasiata la dísir, “Ma credo prenderò il giovane monaco” aveva detto, battendo una mano sulla spalla di Fred, “Noi due abbiamo un po’ di cose di cui discutere” aveva considerato quella, “Ah sì?” aveva chiesto il figlio di Gerd, privo della sua abituale pesantezza emotiva a favore di genuina confusione, “Sì, sì, di quella volta che ho quasi raccolto la tua anima a Costantinopoli, ma tu sei rimasto stoicamente in vita” aveva commentato a mezza-bocca quella, mettendoli una mano sulla spalla.
“La mia anima è stata raccolta da una valchiria di nome Tomris” aveva considerato Fred, con una leggera acredine nella voce; “Oh, sì, ma è una storia molto più divertente” aveva scherzato Glam.

Stellan era salito sul carro, seguito da Madina, dritta con un balzo, Mel le era stato dietro immediatamente, pronto a riprenderla se fosse caduta, poi si era issato su anche lui.
Astrid si era voltata verso Jason, facendo oscillare le trecce nere, “Come va con il nostro germano preferito?” aveva chiesto, “Ho notato una certa tensione, ma anche un paio di risate.”
“Be, va bene direi: Fred mi odia, Mel mi odia e tu sei arrabbiata con me” aveva scherzato lui, “Almeno ho Madina e Stellan” aveva aggiunto.
“Nah, non sono arrabbiata con te, te lo ho detto. Hai fatto un casino con Váli ma è anche colpa mia che ti ho spalleggiato, come ho detto: difetto mortale. Inoltre, se tu non avessi salvato l’altro Váli, tu e Madina sareste permanentemente morti” aveva commentato Astrid, salendo sul carro e guardandolo, “E mi piace avere intorno Madina, rende il mondo un posto leggermente più colorato. Riguardo a Mel, gli passerà, è una persona troppo buona per odiare arbitrariamente qualcuno solo per chi è e Fred … odia tutti, indiscriminatamente” aveva aggiunto.
Jason l’aveva raggiunta.
“Lo sai, vero, che Fred vi ama tutti?” aveva chiesto retorico Jason, “Sì, ma non glielo dire, gli permettiamo di vivere nell’illusione che pensiamo ci odi tutti” aveva scherzato lei.
Jason le aveva sorriso, “Ti prometto che usciremo fuori dall’Holmagang da uomini liberi” aveva considerato lui, Astrid lo aveva guardato, “No, probabilmente no, ma ci proveremo” aveva risposto lei.
Era stupido, ma gli era mancato parlare con Astrid.
Glam aveva dato una sferzata alle briglie e la sua Judy aveva preso la corsa sul nulla, loro erano stati colti all’improvviso da un singulto, che gli aveva quasi fatti ruzzolare orizzontalmente, e poi erano partiti alla velocità, nel nero, tra i rami, le bestie e l’infinito.

Jason vedeva piccole luci sottili, “Quelli sono i mondi, credo” aveva raccontato Astrid, mentre Madina si sollevava per sporgersi ed osservare meglio tutto, sostenuta dal suo fidanzato se avesse avuto la sgraziata idea di cadere di sotto. “Non sono nove” aveva considerato Jason, “Certo, i rami portano a diversi, diversi, portali nei nove mondi” aveva spiegato Astrid, “E tu ti sei arrampicato sul Yggdrasil da solo?” aveva chiesto Jason, ammirato, a Stellan.
Pensando a come lo aveva visto controllare i rami, “Oh, sì, sono un giardiniere, possiedo l’alfseidr” aveva considerato, “E sei mezzo- elfo della luce, qualsiasi cosa significhi” aveva commentato Jason. “Tutti gli elfi sono elfi della luce” aveva risposto Stellan calmo.
 Jason si era voltato verso Mel, un po’ in cerca di spiegazioni, un po’ ricordando la conversazione che avevano avuto in precedenza; “Se vuole che segua questo dogma non lo contraddirò” aveva risposto Mel con una leggera incertezza sulla voce. Lui aveva deciso di annuire, dopo tutto il discorso fatto sembrava stupido mettersi a pontificare su quello. Lo sguardo sul viso dell’elfo si era fatto vacuo, arrivando a distogliere gli occhi per destinarli al nulla cosmico.

Il figlio di Giove si era voltato verso Astrid, “Pensavo di aver risolto con elfi, elfi oscuri e nani” aveva rivelato lui, con un leggero imbarazzo. La skraeling aveva fatto roteare gli occhi, “Sono nell’Edda in Prosa, l’altra” aveva spiegato poi pratica, prima di continuare dopo aver avuto un segno d’assenso da Jason, “Esistono i dvergar che sono i nani, gli Elfi Oscuri, i  Svartálfar, nani ma discendenti di Freya, poi ci sono gli alf, elfi, la maggior-parte sono efli della luce, ma esistono anche Dökkálfar gli elfi neri, che no non sono elfi oscuri[3]” aveva terminato Astrid.
Un solido minuto era intercorso tra loro.
“Penso dovrò prendere degli appunti” aveva spiegato Jason, con un certo imbarazzo.
Astrid aveva scosso le trecce nere, “Oh, tranquillo, questa cosa non è chiara neanche a loro e a gli elfi, che sono un bel po’ perfezionisti e forse un po’ razzisti, piace far finta di nulla” aveva raccontato lei, calma.
Un pensiero, dopo quell’ultima nota, aveva attraversato la mente di Jason: mezzo- Liósálfar, voleva dire metà di qualcos’altro? Era lì, il vero problema?

 

Judy di tanto in tanto posava i piedi su qualche legno, facendo sobbalzare il carro e cadere loro. “Oh cielo divino, il tronco!” aveva strillato Madina, indicando qualcosa, erano vicini alla corteccia centrale, del grande albero del mondo, ancora, davanti a loro si apriva un muro di legno esterno, solo che da così vicino, non aveva né fine ne inizio anche lateralmente.   “Ti fa sentire infinitamente piccolo” aveva considerato Mel esterrefatto. “Ma no! Intendo dire che a Jason ed Astrid servono dei legni, giusto?” aveva considerato la ragazza, recuperando il punto. “Me n’ero quasi dimenticata” aveva considerato Astrid, guardando anche lei il tronco.
Sia Astrid, sia Mel avevano ragione: anche lui aveva dimenticato quella piccola condizione per la sfida – quattro legni che dovevano essere raccolti da loro – ed il fatto che il tronco dell’Yggdrasil fosse davvero così enorme e potente da lasciare senza fiato. Appariva anche così l’Olimpo?
Qualcosa di così mastodontico da farti percepire immensamente piccolo?

“Ragazzi reggetevi, brusca virata!” aveva squittito la dea, attirando nuovamente la loro attenzione, prima che la cavalla scendesse, improvvisamente, in picchiata, accompagnata da un urlo poco virile di Fred.
E poi erano stati invasi dalla luce.
Una luce diversa.
Quasi sbagliata.
Calda, forse troppo, annebbiante.
“Il Glamexpress finisce la sua corsa!” aveva esclamato la Dísir.
Jason aveva messo a fuoco il mondo davanti a lui, era come una gigantesca Idavoll, solo più bella, campi d’oro e verde, con alberi da frutto, pace. L’aspetto che un glorioso doveva avere.
Fiori di ogni tipo.
Tutto di una bellezza travolgente.
E luce, “Se dovessi nascondere un verro luccicante, questo sarebbe il luogo giusto” aveva considerato Madina, “Non si noterebbe per nulla con tutta questa luce”.
“Questo è il giardino dell’Eden?” aveva chiesto Fred, scivolando giù da cocchio, “No, sciocchino!” aveva cantato una voce femminile.
Si erano voltati tutti, per vedere chi aveva parlato.
Jason era rimasto senza fiato, il primo pensiero era stato: Venere. Ma Venere aveva sempre qualcosa di qualcuno, gli occhi iridescenti di Piper, il sorriso divertito di Thalia, i biondissimi capelli di Annabeth, le movenze gentili di Hazel ed era un continuo puzzle di tutte le donne a cui era stato legato, la donna davanti a lui era semplicemente splendida, in una maniera superba, senza possibilità di difesa.
Alta, flessuosa, dalla pelle d’ambra, i capelli biondi, imbevuti del sidro del sole, ed un sorriso smaliziato, composto la labbra piene e denti perlacei perfetti; indossava un prendisole bianco, con le spalline sottili e la gonna corta che scopriva le cosce. Alle orecchie, tonde, perfettamente uguali, piccole e graziose, scintillavano orecchini dalla forma di gatti.
“Giovani Einerjar lei è la divina Freya!” si era apprestata subito a introdurla Glam, “Non che fosse necessaria la presentazione” aveva aggiunto, prima di elencare i loro nomi.
Freya si era mostrata abbastanza interessata a Thumelicus, ma tutte le sue attenzioni erano finite su Fred, appena Glam aveva pronunciato il suo nome.
“Il bastardo della mia cara sorella acquisita” aveva commentato Freya e tutta la sua eleganza era scomparsa, succhiata in un gelido freddo. “Sì” aveva squittito Fred, cercando di non guardare troppo la dea, “Hai suoi stessi occhi da pes-occhi gentili” aveva detto la dea senza dolcezza, “Grazie mia signora” aveva risposto Fred incolore.
“Perfetto, mia signora, io mi congedo, verrò a riprenderli tra ventiquattro ore midgardiane” aveva concesso la dísir, “Certo, ovviamente Glam se per quell’ora, qualcuno di loro sarà rimasto qui; di al caro Odino che li considererò acquisiti al mio dominio. Si è preso Magnus, mi deve ancora qualcosa” aveva soffiato la dea.
“L’accordo non mi sembra così male, qui è bellissimo” aveva considerato Madina, “Probabilmente verrei ucciso tutti i giorni solo per rendere felice la dea” aveva detto Fred.
Stellan che era rimasto in silenzio tutto si era fatto rigido, Jason l’aveva visto incerto, cercare con lo sguardo Mel, da che era arrivato nel Valhalla era la persona con cui aveva stretto di più, ma il germano aveva uno sguardo di ferro rivolto fuori.
“Potrebbe non essere così semplice, ma lascerò a voi due signori queste quisquiglie” si era congedata con quelle parole Glam.

Bene ragazzi, immagino avrete già cenato, ma mi sono permessa di organizzare una festa per l’arrivo di Thumelicus figlio di Harmin, cugino di Italicus re dei Cherusci” aveva dichiarato la dea, posando lo sguardo su tutti loro.
“Ne siamo immensamente riconoscenti, mia signora” aveva detto Astrid con gentilezza e posatezza, chinando il capo, assecondata da tutti loro.
Freya aveva sorriso, “Snorri vi aiuterà a sistemarvi” aveva chiocciato la dea, prima di farsi da parte per far bassare un baldo vichingo.
Jason aveva pensato immediatamente allo Snorri dell’Edda, ma l’uomo viveva tra i Thenn nel Valhalla, sedendo alla tavolata di Odino.
L’uomo davanti a loro era molto diverso, alto e spesso, con una lunga barba bianca con striature di grigio, stretti in una treccia, così era per i capelli. La possanza del corpo si era piegata con il tempo.
Era ansiano, ma ancora vigoroso, a modo suo.
Forse era semplicemente un altro caso di omonimia.
Astrid aveva emesso un singulto, prima di correre verso Snorri, sotto cui i baffi spessi si era aperto un sorriso, pieno, “Astrid!” aveva detto pieno di gioia, anche la ragazza lo aveva chiamato.
S’erano abbracciati.
“Dei come sei bella, così tragicamente giovane!” aveva detto lui, con una voce a metà tra la gioia pura ed il dolore, “E tu invece sei un vecchio bacucco! Che gioia vederti così vecchio” aveva ammesso lei.
Allora Jason aveva capito e si era sentito stupido per non averlo fatto subito.
Nel Valhalla, così come doveva essere a Volkfang, si giungeva con l’aspetto della propria morte. Astrid, come Jason, Fred e gli altri doveva essere tragicamente morta giovane, il suo amico invece doveva aver avuto una lunga vita.
Astrid l’aveva preso per mano, “Loro sono i miei amici” aveva detto elencandoli tutti per bene. Anche Stellan, era diventato viola come un mirtillo quando si era sentito apostrofare così, “Lui è, invece, Snorri Thorfinnson il mio più vecchio amico” aveva raccontato, “Letteralmente” aveva precisato il vecchio, “Non avevo neanche due anni, quando posavo l’orecchio sulla pancia di Panikpak per sentire questo diavoletto scalciare” aveva ammesso lui, scompigliando l’acconciatura di Astrid.
“È un piacere conoscerla signor Thorfinnson, ho letto tanto di lei” aveva detto invece Fred, prendendo la mano dell’uomo con estrema ammirazione.
“Svolta inaspettata” si era lasciato sfuggire Jason, “Direi di no, Snorri Thorfinnson è, praticamente, l’iniziatore della cristianizzazione del mondo vichingo” aveva spiegato Mel.
“Io sto con Jason, comunque, Fred non è mai così gentile, non lo sarebbe neanche con il papa in persona. Sul serio ha preso a sberle quello del Drago una volta” aveva replicato Madina.
Quello del Drago?” aveva chiesto Jason confuso, “Giwargis è una persona molto meno piacevole di quanto la gente intenda” aveva detto Mel, “D’altronde lavorava per Diocleziano[4].”
Jason decise di non informare il suo belligerante amico che quello era il suo imperatore preferito.
“Forse … forse … vuole fare bella figura con un amico di Astrid” si era intromessa la dea Freya, con un sorriso di chi la sapeva lunga, “Vado a direzionare meglio per la festa. Volevo assoldare il dj migliore dei Nove Mondi, ma a quanto pare Bragi era impegnato a fare il Baby Sitter così ho dovuto ripiegare su altro” aveva detto la dea, leggermente sconsolata, “Ricordatevi di non lasciare i confini dell’aldilà, o potreste morire male e potrebbero esserci molti problemi burocratici per me, e scoprireste che anche Hela è più gentile di me, quando mi arrabbio” aveva detto Freya con scioltezza, prima di voltarsi verso Stellan, e del tutto a sorpresa aveva pigiato il naso dell’elfo.
Una vibrante luce, calda, amichevole, era esplosa nel ragazzo, come se fosse stata una lampadina, poi si era assopita.
“Come ti senti?” aveva chiesto lei, gentile, “Rinvigorito” aveva ammesso l’elfo con disagio, “Non permetterei mai ad un cittadino di mio fratello di ferirsi. Ti ho donato la mia benedizione, giovanotto, per almeno ventiquattro veglie sarai come un einherjar” aveva spiegato la dea.
“Ah!” avevano detto all’unisono Jason, Mel e Stellan, “Non prendete a male, Bragi. Solo Odino avrebbe potuto farlo e non è uomo da dispensare magia così gratuitamente, ha una reputazione” aveva stabilito quella quasi divertita.
“Sì, giusto, la magia la praticano solo le donne, circa” aveva commentato Jason, “O almeno così piace dire loro, conosco molti uomini che fanno trucchetti. Inoltre, se mi permettete: è uno spreco utilizzare un dono solo a metà” aveva risposto Freya.
Jason concordava.

 

Loro quattro avevano seguito diligentemente il vecchio Snorri, che parlava amorevolmente con Astrid, con gli interventi tal volta molesti di Fred.
Per un po’ aveva pensato che Snorri potesse essere lo stregone di Astrid, quello che le aveva donato la pelliccia e le rune.
Ma visto come Freya aveva ricordato che la magia fosse affare da donne – o da Jotun – e dal fatto che quello Snorri fosse un così devoto cristiano da avere pure l’ammirazione di Fred, dubitava potesse anche essere uno stregone, ma la vita era piena di sorprese.
“Come è riuscita ad organizzare una festa così velocemente? Neanche un’ora fa lo abbiamo detto ufficialmente a Bragi” aveva considerato Jason, certo lo avevano accennato al dio prima, ma ne avevano avuto conferma solo dopo lo scontro con Iulia Agrippina.
Mel sollevato le spalle, “Uhm … è la dea Freya, signora dell’amore, della magia ed altre cose, probabilmente ha una festa nel corno da tirare fuori ad ogni occasione” aveva raccontato, il suo tono era rigido, con gli occhi saettava a destra e manca, forse teso del dover incontrare suo cugino.
Jason a quella descrizione non aveva potuto che evocare l’immagine di Piper con la sua cornucopia che rovesciava bicchierini da cocktail e stuzzichini.


“Oh dei di Asgard!” aveva esclamato Madina, attirandolo fuori dai suoi pensieri.
Ovviamente la festa della divina Freya non somigliava ai cocktail con gli ombrellini e gli stuzzichini che Jason aveva appena ipotizzato.
Non somigliava neanche alla prima immagine di festa che aveva avuto quando la dea ne aveva parlato, aveva teorizzato qualcosa nello stile del campo mezzosangue  - gente da campeggio che canta il corrispettivo norreno delle canzoni country, intorno al fuoco - non sapeva perché, non il coachella.
Davanti Jason si apriva un mare di carne, teste e gioielli al neon, che si muoveva al ritmo di una musica profonda.
Doveva dichiararsi confuso, Jason perché non riusciva a distinguerne i suoni.
“Io … wow … non mi invitano mai alle feste, sono tutte così?” aveva chiesto Stellan.
“Somiglia a Woodstock!” aveva esclamato Mel, “Oh me la ricordo. Anche quella l’aveva organizzata Freya vero?” aveva considerato Madina.

“In mezzo a tutta questa gente … trovare Gullinsburti sarà come cercare l’ago in un pagliaio” aveva riconsiderato Jason, avrebbero potuto riversarsi sulla luce, ma il Folkvang sembrava una terra in eterno giorno, anche se un giorno, caldo e nostalgico, come se fosse il pensiero di una bella giornata che una rappresentazione reale di un meriggio soleggiato.
“Seguitemi, che vi darò degli abiti più consoni” aveva detto Snorri.
“Abiti, io vedo vestita pochissima gente” si era lamentata Astrid, Madina aveva già cominciato a sfilare la maglietta, “Freya non è mica la dea dell’amore per gioco” si era giustificata. Davanti alle spalle nude, coperte da solo le spalline sottili della canottiera di Madina, Fred era diventato rosso come un pomodoro, finendo per doversi nascondere gli occhi e finendo dritto contro Stellan, invece, molto curioso di guardarsi intorno.
“Ti prego Madina: non uccidere Fred” aveva dichiarato Astrid.
“Amico, sei morto da seicento anni, puoi sopravvivere a una spalla nuda” aveva replicato Madina, strizzando l’occhio verso il monaco. “Ma ai tuoi tempi le donne non rischiavano di passare per sgualdrine anche se facevano vedere solo una caviglia?” aveva risposto Fred, “Non so, sono sempre stata fuori tempo” aveva risposto pratica la giovane.

 

Snorri li aveva condotti in un ambiente molto più riservato, non era proprio una casa lunga ma ci somigliava abbastanza. Era fatta di legna e paglia, dentro era piena di bauli di ogni genere.
Appena passato il capolinea dell’infisso, Jason aveva riconosciuto una valchiria, non poteva essere altrimenti. Era longilinea e bellissima, con un viso di rame, capelli nerissimi e vestita di piume. “Oh! Hai portato i devoti di Odino” aveva commentato con voce rude.
“Questa splendida fanciulla, qui è Amenza. È una strega-valchiria” aveva spiegato subito Snorri, “In vita è stata un’Amazzone di Dahomay[5]” aveva spiegato pratico, “Sì, be, mi è capitato il giro sfortunato. Avrei preferito il Valhalla” aveva ammesso Amenza senza perdere verve, prima di chinarsi, “Prendete! Qui, a Folkvang abbiamo un’etichetta” mostrando loro l’interno di un baule.
“Vi lascio nelle sapienti mani di Amazena. Nel frattempo, io andrò a preparare la stanza di ricevimento per il nostro giovane guerriero” aveva dichiarato Snorri, ammiccando a Mel. Giusto, aveva pensato Jason, formalmente erano lì per la spiacevole riunione di famiglia del suo amico, anziché per cercare il cinghiale.
A quell’affermazione il guerriero germano si era fatto teso come la corda di un’arpa.

Jason aveva preso i vestiti con un certo timore, mentre Madina esclamava piena di gioia davanti ad una stoffa piena di lustrini.
“Certo! Diamoci ai bagordi … non è come se avessimo fretta” si era lamentato con nervosismo Fred, mentre osservava con un cipiglio piuttosto confuso un paio di pantaloni di pelle lucida. Francesi, aveva detto l’amazzone, facendo roteare gli occhi, diretta a Fred.
 “Io terrò i miei. Sono i pantaloni di Ragnar Lothbrok” aveva dichiarato Mel, nervoso. Amenza aveva sorriso verso di lui, “Oh, certamente! Thumelicus Harminsson, per te, c’è altro. Non vorremmo tu apparissi meno davanti al nobile Re Italicus” aveva chiosato, senza vergogna.
Le guance di Mel si erano tinte di un fortissimo rosso porpora imbarazzo. “Sarò sempre meno” aveva detto lui, insoddisfatto, “Siete entrambi morti con un’arma alla mano, tale vi rende degni in egual misura” aveva dichiarato Amenza con un rinnovato vigore.
Non è come si vive, ma come si muore che stabilisce il popolo a cui appartieni, così aveva detto Astrid. Jason si era voltato verso la ragazza, trovando uno sguardo corrisposto. Si erano fissati per un secondo, poi ambedue avevano distolto gli occhi.

Avevano dato a Jason dei pantaloni d’oro lucido, luccicanti, tristemente appariscenti, così come un Fedora coordinato. “Si abbinano ai tuoi occhiali” aveva scherzato Astrid, che aveva tolto la sua lunga toga blu a favore di un abito corallo dalle spalline scoperte, che la faceva apparire più una odierna adolescente che una mezza-vichinga dell’undicesimo secolo. “Tu sembri molto moderna” aveva considerato Jason, perdendosi forse troppo a guardare il corallo risaltare con la pelle d’ambra scura.
Astrid aveva aggrottato le sopracciglia. Sì, faceva schifo nel fare i complimenti, “Sei bellissima” aveva ammesso Jason alla fine.
Era vero, ma aveva sentito le sue parole come un tizzone ardente sulla lingua.
Astrid lo aveva fissato per un secondo con un’espressione intensa, prima che un leggero rossore animasse le guance, “Grazie” aveva risposto, quasi timida.
“Sembra una meretrice!” si era infilato subito nel discorso Fred senza colpo ferire, osservando Jason con espressione turpe. Astrid aveva tirato un buffetto sulla collottola del suo amico.
Il monaco indossava lo stesso stile di pantalone e cappello di Jason, ma invece di essere d’oro lucido, erano di un rosso scarlatto, ugualmente luccicante.
Niente di tutto quello sembrava molto vichingo, a prescindere.
“Non ho una maglietta?” aveva chiesto Jason speranzoso, osservando che a Fred era stato dato anche quel lusso; “Gloria ai Vanir no! Sarebbe uno spreco” aveva risposto Amenza senza esitazione.
Jason era arrossito.
“Forse … ha ragione” aveva considerato Astrid, ondeggiando una mano il palmo aperto davanti Jason, con una notevole incertezza.
Fred aveva guardato la sua amica con lo sguardo più accusatorio del mondo, mentre Jason aveva disperatamente agognato una maglietta.

Qualcuno era entrato all’interno. “Troppo presto!” aveva strillato Amenza, mentre tutti gli occhi erano al nuovo arrivato.
Era magro, un po’ emaciato, luminescente come solo gli einherjar potevano essere, con l’incarnato quasi fluorescente, i capelli così biondi da sembrare bianchi, gli occhi azzurri come il vetro. Più che una persona sembrava un fantasma.
Un fantasma famigliare!
Lo sconosciuto aveva ignorato Amenza, aveva ignorato tutti loro, tranne Astrid.
Il suo sguardo era inchiodato su di lei, come se il resto del mondo non fosse esistito all’infuori di lei.
La sua amica era rimasta in silenzio. I suoi occhi erano penetranti, ancorati al nuovo arrivato.
Una conversazione da infinite parole stava avvenendo nei loro sguardi, senza bisogno che una sola parola fuggisse alle loro labbra. Improvvisamente tutti, all’infuori di Astrid e lo sconosciuto, sembravano di troppo.
“Che … che sta succedendo?” la voce di Stellan era stata l’unica cosa che aveva interrotto quel silenzio quasi spettrale. “Oh, il giovane Er-” aveva cominciato a spiegare Amenza, ma era stata superata dal ragazzo stesso, “Atuat!” aveva chiamato, il suo tono era un tumulto di sentimenti: gioia, rimpianto, amore, tristezza. La sua voce era profonda, quasi cavernosa, che mal si sposava con il suo aspetto efebico.
Eppure un campanello, sottile, appena udibile, era suonato nella mente di Jason – a cui non riusciva a dare una spiegazione.
Astrid l’attimo dopo lo stringeva già, l’aveva raggiunto con uno slancio e se l’abbraccio che aveva dato al vecchio Snorri era sembrato intimo, quello, quello lo era di più. Per un secondo, uno solo, aveva immaginato non fossero quei due, ma così stretti fossero lui e Piper – lo avrebbe abbracciato così?
“Oh grande Odin, Erik!” aveva sentito Jason bisbigliare.
“Oh quello è Erik!” aveva esclamato Madina, con lo stesso tono illuminato che avevano gli studenti al collegio quando risolvevano un integrale, “Sì” la voce di Fred era stata veloce, quasi raschiante, strappato tra i denti. “Decisamente non male il ragazzino” aveva considerato la figlia di Ullr.
“Chi è Erik?” aveva chiesto Stellan al suo posto.
Anche Jason aveva avuto quel pensiero, brevissimo, ma era bastato uno sguardo più attento, più a lungo, agli zigomi alti, il viso di carta-da-zucchero ed i capelli biondo-quasi-argento.
“Il figlio di Freydis” aveva esclamato.
Chiamato con lo stesso nome del nonno.
Somigliava a sua madre e Jason ricordava ciò che Astrid le aveva detto.

Freydis è un tipo particolare, non ha una bella fama, ha tradito due suoi compagni, ma è un’amica di mio padre ed è la madre di una persona a me cara
“Il fidanzato di Astrid” aveva detto Madina, “Credo che il termine corretto sia Ex, ma non sono ferrato in questo gergo giovanile” aveva risposto spietatamente Fred.
“Tecnicamente non si erano lasciati quando sono morti” aveva insistito Madina, “Sì, avevano litigato da ben due ore” aveva risposto pratico il monaco.
Jason aveva perso interesse per quelle facezie, o almeno nell’ascoltare i due bisticciare, non potendo evitare di guidare i suoi pensieri a Piper e l’ambigua situazione in cui erano stati interrotti.
Dei, Jason l’amava e lei pensava che il loro amore fosse fittizio. “Io li trovo carini” aveva squittito Stellan

Astrid si era sciolta dall’abbraccio con Erik e si era voltata immediatamente verso di loro, con le gote leggermente arrossata e gli occhi colpevoli.
“Ehm … miei buoni amici, quest’uomo è il mio … Erik” aveva detto, cercando di recuperare la sua compostezza. Loro quattro si erano presentati a turno, il primo era stato Jason che aveva detto solo il suo nome, poi Madina che si era presentata orgogliosa della sua genealogia paterna, Stellan che come un essere umano – elfo – normale aveva declinato il suo nome ed il suo cognome ed in ultimo era stato il figlio di Gerd.
“Io sono Frederic da Clermont, cavaliere dell’ordine equestre del Santo Sepolcro e spada di Dio sceso in terra” aveva detto tronfio.
“Perché ho l’impressione che non è la Spada che voglia confrontare ora?” Madina aveva bisbigliato all’orecchio di Jason, che aveva trattenuto a stento una risata.
“Oh, io sono Erik Freydisson! Ero un godijan” aveva spiegato pratico il ragazzo, “Cosa che è una stupidaggine, visto che è uno stregone” aveva replicato subito Astrid.
“Sai che non conosco questa roba da pagani” aveva esclamato Fred, anche se dal sopracciglio scuro sollevato della skraelinger e dal tono stesso utilizzato dal monaco non sembrava affatto convinto della sua affermazione.
“Io non lo so davvero” aveva commentato Jason. “Ti ho detto che devi documentarti!” lo aveva rimproverato Astrid, “Sono passati solo quattro-giorni e due li ho spessi a Jotunheim” si era difeso Jason.
Stellan era intervenuto, didascalico: “Godijan è il sacerdote, colui che è immune alla magia.”
“O Prete”, “Io sono un prete in realtà” avevano parlato in contemporanea Astrid ed Erik.
Jason aveva aperto le labbra ad O, mentre Madina si era trattenuta dal ridere, “Ed, ecco, scoperto perché ad Astrid non piacciono i cristiani” aveva sibilato Fred.
“Ebbene sì, il clero mi ha rubato il marito” aveva ammesso Astrid, occhieggiando Erik, che era diventato viola melanzana.
“Buon Odino, se avete finito con queste chiacchiere, sarebbe ora che vi recaste dal nobile Italicus, per la festa” aveva ghignato la Valchiria, attirando la loro attenzione.
Era seguita da Mel, che ne aveva approfittato subito per parlare: “Io, ecco, vorrei … che ci fosse solo Madina” aveva ammesso, “Infondo una riunione di famiglia occuperà molto tempo e sarebbe un peccato per i miei amici non godere di questa festa” aveva ammesso poi più calmo, per quanto non sembrasse affatto il solito Mel.
C’era qualcosa nel suo sguardo; era distante.
Rivedere la sua famiglia doveva destabilizzarlo tanto.
“Certo, certo!” aveva detto Madina, con una gioia abbastanza fittizia, “Godetevi la festa, ballate per me, bevete idromele … insomma, noi vi raggiungiamo” aveva aggiunto, un po’ più sincera, intrecciando confortante le dita con quelle del fidanzato.
Tutti avevano guardato la valchiria, “Come vi pare! Io non faccio la Party Planner ma raccolgo le anime dei caduti” aveva risposto secca Amazena.

“Mentre noi nel Valhalla moriamo ogni giorno, qui fanno festa, che disgusto” si era lamentato Fred ad alta-voce, mentre scivolavano tra i colpi accalcati delle persone.
Una miriade di teste oltre loro c’era un palco montato in legno, che aveva Freya in persona sulla cima ed altre persone a cui Jason non aveva tirato che un occhio a pena.
Lui camminava tenendo la mano di Stellan, timoroso di perdere l’elfo secco tra la folla, e tenendo la maglia del monaco.
Astrid era un paio di teste dietro di loro in compagnia del suo ex-fidanzato prete.
“Mi chiedo come possiamo trovare un cinghiale qui” aveva commentato Jason; c’era una calca infinita di persona, coprivano l’interezza di un campo grande quando Idavoll.
Inoltre la luce non rendeva affatto chiaro, riconoscere una qualsiasi altra fonte di luminosità. “Io ed il demonietto qui presente uniremo le nostre mani e fungeremo da ferro per pietra di Magnesio” aveva spiegato subito Fred, “Egli è a quanto pare un demonio fatto di luce ed io sono uno stregone, come abbiamo appurato” aveva aggiunto. O Jason sospettava avesse detto questo, una musica composta di suoni ritmici e parole stridenti si erano alzate sulle loro orecchie, otturando ogni possibile suono.
“Davvero?” aveva chiesto Stellan, che non sembrava affatto turbato dall’essere stato appellato in maniera poco gentile dal monaco, “Si me lo ha detto Glam” aveva confermato.
C’era sempre la possibilità che una dea del destino mentisse.
“Oh, wow! Non sono abituato alle cose semplice” aveva ammesso Jason.
“Non sarà semplici, sicuramente; ma questa è la nostra missione” aveva considerato Fred, con gli occhi verde oliva aveva declinato lo sguardo verso la confusione di teste che era alle loro spalle, Jason sapeva istintivamente cosa stesse cercando, si era voltato anche lui allora.
Astrid era rimasta un po’ indietro, muoveva il capo a destra e sinistra, mentre Erik le teneva una mano sulla spalla della ragazza quasi possessivo.
“Tu sei innamorato di Astrid” aveva detto Jason, voleva essere un pensiero ma era sfuggito alle sue labbra quel pensiero, “Ti prego non dirmi che eri tu quello sveglio della cucciolata” aveva replicato Fred, “No quello era Coriolanus” aveva replicato Jason.
Ottenendo uno sguardo stranito da Fred, che non si era affatto aspettato quella risposta, “Era un lupo, con cui vivevo quando ero piccolo; sapeva aprire le maniglie delle porte con le zampe” aveva ammesso lui.
“Sei stato cresciuto con un Lupo?” aveva chiesto Stellan, incuriosito ed intimorito, la cosa aveva messo in allarme anche Fred, che si era subito irrigidito, “Sono stata cresciuta da Lupa, che è una divinità protettrice di Roma, con tutto il suo branco, composto da altri lupi e, no, nessuno Jotun cambia forma malefico, solo una madre selvaggia” aveva dichiarato Jason rigido.
Lupa era stata una madre, ferace e feroce, decisamente meno abituata ai connotati materni di quelli che la gente si auspicava, ma erano giusti per la severa Madre di Roma ed era stata migliore di Beryl Grace.
“Una meretrice, lo sai” aveva risposto Fred, con una crudeltà fredda.
“Anche” aveva replicato Jason senza scomporsi, “Lei lo sa?” aveva chiesto Jason.
Fred aveva sollevato un sopracciglio: “Che la tua dea è una meretrice? Spero per lei di sì” aveva risposto.
Jason lo aveva guardato piccato, profondamente legato a Lupa, “No, Astrid” aveva risposto pratico.
“Sei diventato il mio padre confessore? Perché in caso, dovrei dirti che non è cambiato niente in queste ore” aveva stabilito venefico Fred.

 

“Miei buoni ospiti e caduti onorevoli!” aveva gridato Freya, attirando l’attenzione sul palco, agitando le braccia. Si era cambiata ed era ancora più splendida dell’ultima volta che Jason l’aveva vista un’oretta prima, “Sono così felice di vedervi tutti qui in questa mai festicciola” aveva squisito divertita.
Al suo fianco c’erano due figuri, uno era vestito assolutamente per bene, con un completo gessato a tre pezzi ed un paio di vistosi baffi argenti a mezzaluna rovesciata, l’altro era uno splendido e biondo … Apollo.
“Essendo Bragi impegnato a fare la balia agli altri caduti, quelli noiosi, ho dovuti chiedere aiuto a due miei vecchi amici” aveva commentato Freya mettendo le braccia attorno alle spalle dei due dei.
“Posso presentarvi Febo Apollo e Weles” aveva esclamato a gran voce, “Signori della Musica, decisamente molto più capaci e soprattutto carini di Bragi” aveva esclamato.
A Jason sembrava proprio che non avesse preso bene che il signore della Musica fosse rimasto al servizio di Odino.
“Quello è roba, tua vero?” aveva chiesto Fred, ammiccando ad Apollo in giacca di pelle e maglia con Icarus. “Direi di sì, è mio fratello” aveva ammesso.
Si chiedeva se Apollo sapesse che lui era lì e se avesse rispettato quanto Jason aveva chiesto, con l’ultimo fiato: non dimenticare.
“Non perdiamo tempo” aveva stabilito Fred, declinando Freya ed i suoi affari.
Jason aveva cominciato a pensare, che quella situazione dovesse raggiungere del surreale.

Fred gli aveva condotti dietro una bancherella che vendeva drink alcolici e carne di squalo marinato, con un’assoluta faccia di bronzo. Stellan si era fermato chiedendosi se avesse potuto averne un po’ da mangiare, ma era stato strattonato di malavoglia da Fred. “Non aspettiamo Astrid?” aveva chiesto Jason, volgendo lo sguardo verso la folla, realizzando di non riuscire a vedere affatto la sua amica, “No, dalle il tempo di stare con l’unico amore della sua vita. Con la fortuna che si ritrova tra quattro giorni, sarà schiava di un dio” aveva declinato Fred.
Non erano lontani dalla musica ma Jason riusciva a sentire i propri pensieri in quell’occasione.
Fred aveva sfilato la sua spada magica dal fodero ed aveva guardato la lama, emanava un bagliore sottile, ma chiaramente visibile nella luce morigerata del paradiso di Freya.
“Una guerra si sta avvicinando?” aveva chiesto Jason.
“Ah, non so se una guerra, romano, ma qualcosa sicuramente” aveva replicato duro, sistemando nuovamente la spada nel fodero ed allungando una mano verso l’elfo, “Prendila” aveva ordinato con un punta di insofferenza.
Stellan aveva avuto un tremito, prima di allungare una mano e prendere quella che gli era stata tesa ed aveva preso quella del monaco. Fred aveva sussurrato qualcosa, ma Jason non aveva compreso le parole, erano state dette a denti stretti, con un tono basso, come un sussurro.
Jason non aveva compreso le parole ma aveva sicuramente compreso il potere dietro di esso.
L’elfo si era illuminato nuovamente, come quando si erano trovati sull’albero, ma in quell’occasione, lo scintillio che l’ammantava si era spostato, come una curva sinusale, che aveva attraversato il braccio, scintillato sulle mani che lo univano con il figlio di Gerd e poi avevano invaso a pieno il figlio dello jotun.
Stellan si era affievolito, mentre la luce bianca e luminosa che avvolgeva Fred si era tinta di un colore violaceo, come una lampadina al neon.
“È la seconda volta che divento una lampadina in una giornata. Non è strano?” aveva chiesto Stellan, ma era stato ignorato a pie pari da Fred.
“Bene …” aveva detto il monaco, anche se non sembrava andare affatto in quella maniera, “Adesso dovremmo cercare il cinghiale, più saremo vicini, più sembrerò una torcia” aveva ammesso con voce spenta Fred.
“Sarai, ehm … tipo attirato?” aveva chiesto Jason, “Sì, di solito funziona così” aveva ammesso Fred. “Possiamo lasciarci le mani?” aveva domandato invece Stellan.
“No. Siamo una cella galvanica, ora” aveva replicato Fred, “Sai cosa è una cella galvanica?” aveva chiesto Jason sorpreso, “Ottocento anni sono un mucchio di tempo per scoprire che non tutte le diavolerie lo sono fino in fondo” aveva commentato sprezzato il monaco.
Jason aveva alzato le mani, in segno di resa.
“Ohh! Sento qualcosa” aveva detto l’elfo, attirando la loro attenzione, aveva chinato lo sguardo davanti ai suoi scarponcini di plastica da giardiniere, dove era appena spuntato un fiore pieno di petali bianchi, poi un altro. “Perché i fiori?” aveva chiesto Jason.
“Siamo stati incaricati da mia madre, la signora del cortile, forse” aveva ipotizzato Fred, “No, io credo sia il mio potere che … interagisce con la natura. Credo …” aveva provato l’elfo, incerte. “Va bene, seguiamo il sentiero di fiori” aveva concesso Fred.
I primi fiori avevano cominciato ad appassire ma nuovi erano sorti, creando così un percorso di petali bianchi da seguire.

“No! Stiamo rientrando nella bolgia” aveva detto Stellan, mentre osservava i fiori sparire tra i piedi della massa sudata, “Non possiamo lasciare le nostre mani” aveva dichiarato Fred con sicurezza, Jason si era sporto per prendere la maglietta del monaco, ma era stato fermato da quello stesso, “No. Interferiresti con il seidr e l’alfseidr con la tua magia” aveva spiegato subito il monaco, per la prima volta il suo tono non era stato pieno di insofferenza e maleducazione, ma era di una serietà implacabile.
“Cercherò di non perdervi di vista” aveva promesso Jason, “Cerca di non farti un nemico mortale, anche qui” era stato rimbeccato.
Jason aveva sorriso con una certa amarezza, “Non posso fare promesse in merito” aveva dichiarato.
Come i tre si erano avvicinati, la folla si era spostata un po’, interessata alla luce che emanavano i due, ma la cosa non aveva suscitato poi troppo interesse e presto la gente aveva ricominciato a chiudersi a tenaglia su di loro, per inghiottire loro tre nel corpo unico.

Ci aveva provato sul serio, Jason, a non perderli di vista; ma tra tutte quelle teste era stato difficile, tra la gente che lo inondava, sgomitava, oltre che la musica così forte da impedire ai suoi stessi pensieri di affacciarsi … e poi era arrivata la schiuma da un cannone. Che aveva confuso ancora di più Jason.
Il cantante lo aveva visto con la coda dell’occhio, era l’uomo vestito per bene, con i baffi a mezza-luna rovesciati verso il basso e la voce più ipnotica e magica che avesse mai sentito, mai nella vita.
Si era sentito frastornato, incantato, completamente rapito ed ammirato da quella voce. Weles così lo aveva chiamato Freya.
Era rimasto così incanto da quelle parole sconosciute, quel tono così profondo, da annegarci dentro. Tutti erano lì, presi da un ballo tribale, quasi viscerale. Jason aveva sentito delle mani toccarlo, si era sentito praticamente divorato da quello, ma non aveva avuto alcun impulso dell’andare via. Di cercare i suoi amici.
Era completamente in balia di quella musica.
Non evocava niente in lui se non la fame, se non il bisogno intero, di restare lì, di lasciarsi trascinare, di svuotare la mente. Era come nei Campi Elisi, nessun pensiero, nessun peso, era libero. Libero[6].
E poi una mano lo aveva preso.
“Jason! Jason! Dei! Jason!” una voce lo aveva chiamato, una mano lo aveva preso, più reale e tattile di chiunque altro al mondo.
Astrid? Era una voce di donna infondo?
No!
Si era voltato.
Piper.
Assolutamente senza senso.
“Non puoi essere tu Jason. Jason tu … non … può” aveva mormorato piena di dolore.
Ma era Piper con i suoi occhi dai mille colori, la pelle di rame i capelli sfilacciati con le piume e le perle.
E dei, bellissima
“Piper, tu …” aveva provato, ma non sentiva niente, oltre i suoi pensieri.
Piper lo aveva stretto in un abbracciato quasi soffocante, prima di staccarsi, con il terrore nei suoi occhi cangianti.
“Cosa … chi sei tu?” aveva detto lei, spaventata, prendendo una mano sul suo viso, toccando con il pollice il labbro, dove non esisteva più alcuna ferita, “non sei Jason” aveva considerato, piena di angoscia, scappando poi.
Jason l’aveva inseguita, “No! Piper! Sono io! Lo giuro sullo Stige!” aveva gridato inseguendola.
Perché Piper era lì?
Cosa era successo?
Era stato un regalo di Apollo? Sapendo tutto l’aveva portata lì?
Era un gioco a caso di Freya dea dell’amore che doveva darsi una mano con Afrodite?
Non aveva senso.
Eppure questi pensieri che un tempo lo avrebbero costretto a fermarsi, a riflettere, non erano nulla, assolutamente nulla davanti all’unico pensiero che divampava nella sua mente: quella era Piper.

Aveva inseguito la ragazza sgomitando tra la folla.
Piper era uscita dalla ressa, si era voltata verso di lui ed aveva estratto katoptris dalla fondina puntandola verso di lui. “Chi sei? Sei il demone del dito di ferro[7], vero?” aveva chiesto Piper piena di ardore.
“No sono io! Sono Jason!” aveva esclamato lui!
Cos’era il demone del dito di ferro?
“Non ti credo. Ho visto Jason morire! Ho pianto sul suo corpo e tu non sei neanche riuscito ad imitarlo bene!” aveva ringhiato Piper, “Perché siamo qui? Dove siamo? Pensi che mi farò ingannare?” aveva chiesto Piper senza perdere mordente.
Jason aveva sentito la sua schiena farsi dritta come spilli, era ovvio che Piper fosse finita in una situazione tragica come lui.
“Io … sono io … io posso provarlo!” aveva detto Jason.
Perché se non avesse potuto provare di essere sé stessa a qualcuno che non fosse Piper, non avrebbe potuto provarlo a nessun altro.
“Puoi chiedere a Nico, Percy ed Annabeth, inoltre” aveva aggiunto Jason più tranquillo, sollevando le mani in segno di resa.
Piper aveva ancora il pugnale verso di lui, ma la sua mano tremolava, “Jason non si vestirebbe mai così” aveva considerato Piper, “Jason non mangerebbe neanche ad una cena con dei ghoul ma lo ha fatto ad Itaca” aveva provato lui.
“Risaputo” aveva risposto Piper, ma il suo tono sembrava più cedevole.
Jason aveva sorriso, “Ti ho detto, dopo la battaglia contro Gea che da quel momento cominciava la nostra vera storia e tu mi hai baciato, decidendo che quello sarebbe stato il nostro primo bacio. E siamo stati felici e poi in un giorno di pioggia, il tredici di gennaio, mi hai chiesto spazio e, dei, se era spazio che volevi, ti dissi: sarei andato anche sulla luna, senza ironia” aveva ammesso Jason.
Piper aveva deglutito.
“Jason” aveva sospirato, lanciandoli le braccia al collo, stretta, amichevole, materna e famigliare.
Jason aveva odorato i suoi capelli, aveva recuperato quella dolcezza.
“Perché sei qui? Chi è il demone del Dito di ferro?” aveva chiesto.
“Perché sei qui tu? Dove è qui? Come sei vivo? Che è successo alla tua faccia?” aveva chiesto di rimando.
“Allontaniamoci dove potremmo parlare meglio!” aveva considerato Jason.

Aveva fatto un riassunto a Piper, molto stringato, evitando di citare la fine del mondo ed il coinvolgimento di Thrud e Kymopoleia, riferendosi solo a questo strano evento che era capitato senza ragione, che una valchiria avesse raccolto la sua anima. Si era sentito un vermo, ma aveva anche percepito la necessità di quella menzogna.
“Se è mai esistito un uomo coraggioso da meritare questo onore nella morte, questo sei tu” aveva detto Piper, carica di dolcezza e affetto.
Jason le aveva sorriso, “E tu?” aveva chiesto.
“Oh, be. Dopo che mi sono trasferita a Tahoma le cose avevano cominciato a funzionare, in maniera molto mortale. Ma poi sono cominciate delle strane morti … ed a quanto pare il Demone del Dito di Ferro, un farabutto cambia-faccia mangia fegati si è insediato nella nostra comunità così ho cominciato ad investigare, insieme a Shell, lei è la mia rag-amica e Barnabas, un tipo strano è figlio di uno scarabeo-d ’Acqua” aveva cominciato a spiegare, “Be, investigare omicidi commessi da un demone mutaforme non è come affrontare un gigante. Paradossalmente è molto più difficile, specie quando incastrano una tua amica degli omicidi e i nativi non vivono esattamente il tempo migliore della loro vita … senza dimenticare che è morto un bel ragazzo bianco come la neve” aveva dichiarato Piper con rabbia.
“E come sei finita qui?” aveva chiesto Jason.
Piper lo aveva guardato, con i suoi intensi occhi d’oro, con dei riflessi verde giada, i più bei che aveva visto, “Oh quello è stato molto divertente!” aveva detto Piper ed il suo tono era cambiato improvvisamente.
Jason aveva sentito freddo – uno glaciale lungo la schiena, “Vivo qui!”.
Il sorriso era storto, arcigno e cattivo.
“Sei tu a non essere Piper!” aveva esclamato indignato, sentendosi stupido.
“No, però l’imitazione era abbastanza convincente!” aveva replicato la Finta Piper, passandosi la mano sulla camicia a quadri di flanella.
“Cosa è successo a Piper?” Jason l’aveva chiesto recuperato Giunone dalla sua tasca, “Quella parte era vera. Per tenere una menzogna devi farla vicina alla verità. Sta dando la caccia ad un demone della consunzione. A mio avviso, gente poco simpatica, ma nulla che una lingua ammagliatrice non possa gestire” aveva dichiarato quella in modo annoiato.
“Non sono incline a crederti” aveva declinato Jason, con nervosismo.
La Finta Piper aveva sorriso piena di cattiveria, “Questo è un problema tuo” aveva ammesso.
Jason aveva aggrottato le sopracciglia, facendo schioccare la moneta in aria ed afferrando la lancia – anche lì non sarebbe morto, giusto? – osservando con nervosismo la donna, “tu sei H, vero?” aveva chiesto. La domanda era sorta spontanea come i fiori bianchi di Stellan.
H? Sì, anche se tecnicamente io sono colei che è chiamata Heidi[8]” aveva detto la Finta Piper con un tono pieno di gioco, aveva lasciato Jason elaborare la notizia. Dopo un buon minuto di silenzio era stato ovvio al romano che Heidi si era aspettata una reazione che non c’era stata.
“Non ti dice niente?” aveva chiesto, con un po’ di incertezza.
“No, dovrebbe?” aveva chiesto Jason, “Sono nuovo in queste cose” aveva ammesso. Ovviamente, avrebbe dovuto conoscere Heidi, Jarnsaxa aveva detto fosse l’incubo di Odino.
“Hai letto l’Edda?” aveva chiesto la donna, “Sì, non tutta però” aveva risposto Jason
Quella situazione stava prendendo una piega paradossale.
“La Vǫluspá?” aveva insistito la donna, “Si certo!” aveva detto Jason. L’inizio e la fine del mondo, anche se a quel punto, stava andando tutto a rotoli.
“Io sono lì” aveva insistito Heidi. Jason aveva sentito l’inquietezza darsi una mano con l’imbarazzo, perché quella situazione era quasi soffocante.
“Nessun campanello? Sul serio? Capo-verso ventuno?” aveva chiesto Heidi quasi indignata. “Mi dispiace?” aveva provato Jason, che si era ritrovato a corto di parole, “Non ora, ma stai sicuro che lo farai, che ricorderai il mio nome e mai lo dimenticherai Jason Iovisson” aveva risposto lei, con una punta di spietatezza.
Jason aveva stretto il pungo sulla lancia, pronto a combattere.
Poi l’espressione collerica di Heidi si era addolcita, “Aspetta …” aveva cominciato, “Per caso la hai letta in inglese?” aveva chiesto.
“Sì” aveva risposto Jason.
“Oh, per tutti i vanir, quale atrocità. Leggeresti mai l’Eneide in inglese? I testi vanno letti in lingua originale per apprenderli e goderne al meglio” l’aveva bacchettata.
“Non so l’antico norreno ma avevo messo in conto di impararlo, grazie” aveva replicato Jason.
Heidi aveva riso divertita, “Ne parleremo meglio dopo, ma adesso, Jason Iovisson, dobbiamo andare. Prima che la festa degeneri in un’orgia che potrebbe scandalizzare i tuoi occhi puri – abbastanza ironico per un romano, se ci penso” aveva dichiarato lei. “Perché dovrei venire con te?” aveva chiesto Jason.
“Perché non hai scelta … Forse ti ho mentito sulla tua fidanzatina? O forse dovrai prepararti ad affrontare Bei-Capelli senza la tua compagna se non fai come ti dico” aveva replicato Heidi quasi divertita.
Un freddo brivido aveva attraversato la schiena.
Si era voltato alla ricerca di Astrid ed Erik, ma in tutta quella marmaglia di persone non sarebbe mai riuscito a vederla, non vedeva neanche i suoi amici luminosi.
Heidi poteva star mentendo, ma poteva anche star dicendo la verità, non solo su una o sull’altra, ma su entrambe. Piper!
O mentiva, usando l’amore della sua vita come leva ed Astrid, che in quel momento poteva essere in cerca del cinghiale in compagnia del suo fidanzato-prete.
Era rimasto fermo, ondeggiando da un tallone all’altro, nel dissidio più totale. “Eccolo, il proverbiale difetto fatale: il temporeggiare. Fai la tua scelta, Jason Iovinsson, le lancette del fato scorrono veloci” lo aveva incalzato Heidi, “Presto il wyrd non potrà più indirizzarti dove vuole e dovrai assumerti la responsabilità delle tue scelte” lo aveva stuzzicato.
Jason si era voltato di scatto, “Posso impiegare eoni a prendere una scelta, ma è una mia scelta sempre” aveva ringhiato; anche se non sentiva del tutto sincerità nella sua voce – era corso a salvare Váli Lokison perché lo aveva sentito, quasi un insistito atavico, prima ancora della ragione – “Oh, calma Ragazzone” lo aveva preso sfacciatamente in giro Heidi.
“Ma visto che il wyrd sta implodendo, questa volta la scelta la prendo io, giacché non ho voglia di vederti soppesare tutto, mentre ti mordi il labro e sfoggi un viso da lupetto bastonato” lo aveva avvertito la donna, l’attimo prima di soffiare sul viso della polvere d’oro. Jason non era riuscito ad opporre alcuna resistenza, neanche vocale; “Fratelli miei, speriamo che Santa Lucia non mi faccia causa per copyright” era stata l’ultima cosa che Jason aveva udito prima di perdere i sensi.
Regolare.

 

Glaumvör: https://www.deviantart.com/rlandh/art/Pop-Art-910062642
(Che inizialmente doveva avere un ruolo molto più ampio di quello che le è stato destinato)

H(eidi): https://www.deviantart.com/rlandh/art/Golden-Lady-923693983

 



[1] AKA: attività extra di Sam non contano.

[2] A scanso di equivoci non si sta parlando del fumetto, di cui mi hanno parlato comunque molto bene (ma per cui io ho trigger perché quando stavo scrivendo dei vichinghi in america continuava ad uscire sempre fuori) nonostante non mi pare appaia Freydis (ed in quella saga è una figona) ma si riferisce alla Saga di Erik il Rosso (che secondo la mia amica che ha vissuto in islanda dovrebbe invece chiamarsi: La Saga Rossa di Eirik – e ho pure dubbi se prima della R ci vada una I lol) che ha una sezione prima dedicata a Leif che arriva in America e poi la vera e propria Vinland saga con quel figone di Thorfinn (che spoiler, è il protagonista del manga a quanto pare). Comunque, ovviamente essendo Astrid mezza Skraeling e mezza “Vichinga” pare abbastanza probabile che sia stata concepita durante gli eventi della Vinland Saga. Comunque il povero Einar è stato ridotto a “Vichingo base 3) e Astrid è del tutto assente.

[3] In realtà i  Dökkálfar sono gli elfi oscuri, in opposizione agli elfi della luce e gli Svartálfar sono gli elfi neri (ma nel Riordanverse gli Svaralfar sono elfi oscuri, Blitzen). Alcune fonti riportano che siano la stessa cosa, altre no. Alcune fonti dicono che i nani e gli elfi oscuri siano la stessa cosa, altre no. Nel riordan verse Elfi Oscuri e Nani sono una specie molto, molto simile, cioè praticamente gli Elfi Oscuri sarebbero i semidei dei nani (così mi è parso di capire) così ho deciso che i Dokkalfar sono un’altra cosa ancora.

[4] Giwargis è il nome siriaco di Giorgio, qui stanno parlando di S. Giorgio (quello che ha sconfitto il drago). Non entro nel merito, perché non voglio offendere/indignare qualcuno.
Giorgio era un combattente (se non sbaglio guardia pretoriana di Diocleziano, secondo l’angiografia almeno – che non è una fonto storicamente accurata) morto e risorto più volte – da avermi fatto pensare che sia divenuto un Einherjar e che continuava a ritornare nel Valhalla e ‘risorgere’ più volte.

[5] Le Mino del Dahomey, anche dette le Amazzoni del Benin, erano un gruppo di guerriere-donne del Dahomey del diciannovesimo secolo (uno dei pochi corpi interamente femminile – anche perché non avevano più uomini) che se le sono date due volte con i francesi. Presto uscirà un film con Viola Davis sul tema, che sicuramente salterà la parte poco simpatica in cui il Dahomey trafficava in schiavi)

[6] WELES o Veles/Volos è il dio della musica, ma anche della magia e degli ingannatori della mitologia slava. Sì, alla fine un dio slavo lo ho dovuto infilare a forza, ma è più un cameo (tipo Frey in ToA).

[7] E’ un mostro della mitologia Cheeroke, che prende l’aspetto di una persona “lontana da casa” e che si nutre del parentato. Insomma, un demone mangia uomini trasformista.

[8] Il nome Heidi andrebbe scritto Heiði, ma visto che quel simbolino carino è uno dei pochi che ho sempre trascritto come D come nel nome di Thrud, lo ho modificato (di solito lascio solo le vocali accentate perché sono particolari). Ho deciso di risparmiarmi una battuta sul cartone animato giapponese, in quanto ritengo che probabilmente Jason con la vita che ha avuto non ha probabilmente mai visto il cartone. Così sì, mi sono dovuta legare le mani.

   
 
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