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Autore: franweasley    30/08/2022    7 recensioni
[Storia Interattiva - Iscrizioni chiuse]
Horace Lumacorno è andato in pensione e Minerva McGranitt si trova senza un Vicepreside che possa aiutarla a gestire la scuola; i colleghi di cui più si fida sono prossimi alla pensione e Minerva decide di assumere una persona che possa ricoprire quel ruolo di cui fidarsi così, quando anche lei andrà in pensione, sarà sicura che Hogwarts avrà un ottimo Preside a sostituirla. Il Vicepreside che Minerva sceglie avanza delle proposte interessanti per migliorare la scuola, tra cui quella di alcuni corsi extra per gli studenti del sesto e settimo anno tenuti da dei professori delle altre scuole.
Sei un insegnante? Sei senza lavoro o vorresti fare esperienza in una delle scuole di magia più importanti del mondo magico? Se la risposta è sì ad entrambe le domande sei nel posto giusto: manda il tuo curriculum, cerchiamo professori per il corpo insegnanti di Hogwarts e per un nuovo progetto, se sei interessato aspettiamo la tua domanda!
Genere: Comico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Vari personaggi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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La Prima Sera

 

Mercoledì 25 agosto
Hogwarts, ore 20:37

 

«Il castello è protetto da numerosissimi incantesimi di protezione perciò i vostri dispositivi elettronici babbani normalmente non funzionerebbero al suo interno, siete pregati perciò di lasciarli tutti qui, provvederemo a incantarli questa sera stessa cosicché possiate usarli senza alcuna difficoltà già da domani.»

Il gruppo di insegnanti era arrivato ad Hogwarts non molto tempo prima e, dopo aver raggiunto il castello sulle barche come facevano gli studenti del primo anno - Maeve aveva suggerito l’idea alla preside convinta che fosse un ottimo benvenuto, ovviamente Minerva era stata d’accordo e aveva dato il via libera -, si erano ammucchiati tutti nell’enorme ingresso del castello ritrovandoci la preside che li aveva accolti con un bel discorso mentre cercava di inquadrare i nuovi arrivati scrutandoli uno ad uno (rivolgendo un’occhiata sconsolata a Dorian per l’enorme macchia di caffè che aveva sulla maglia) per poi lasciare la parola a Lachlan che avrebbe dovuto dare le direttive generali. In quel momento il vicepreside si trovava in piedi di fronte al gruppo e, con una mano infilata in tasca e l’altra mossa di tanto in tanto a rafforzare quello che diceva, stava dando le prime informazioni utili alle persone che gli stavano davanti.

«Domattina la professoressa Driscoll terrà un tour del castello per i professori stranieri alle nove e mezza, siete pregati di essere in Sala Grande per quell’ora.» mormorò Lachlan rivolgendo un’occhiata alla collega.

«La Sala Grande è la stanza del castello dove si consumano tutti i pasti, partiremo subito dopo la colazione.» intervenne Maeve mentre, con un movimento fluido di bacchetta faceva apparire un plico di pergamene «Per esperienza so che il castello può sembrare un labirinto i primi giorni, soprattutto a causa delle scale… ma questo lo scoprirete da soli, comunque lascio a tutti voi una mappa che diamo anche agli studenti del primo anno, è incantata perciò non avrete problemi a capire come usarla, diciamo che potrebbe quasi sembrare una specie di Google Maps magico… in ogni caso non è difficile da usare.» la donna, con un altro movimento di bacchetta, distribuì le mappe al gruppo di persone che le stava davanti «Vi ho segnato la posizione della Sala Grande, se la toccherete con la bacchetta la mappa vi guiderà lì, ma domattina vi illustrerò tutto ciò che dovete sapere, vi lascio al professor Sharp.»

Maeve si congedò con un cenno della testa e si unì al gruppo di insegnanti che stava in piedi davanti all’uomo che sembrò non essere per niente turbato dall’avere tutte quelle paia di occhi addosso.

«Molto bene.» esordì Lachlan sfregandosi le mani «Ho un paio di cose da dirvi e poi sarete liberi di andare nelle vostre camere. Domani mattina, come vi ha illustrato la mia collega, prenderete parte al tour del castello e poi nel pomeriggio sarete liberi di esplorare i dintorni, sistemare le vostre cose o riposarvi, mentre, per quanto riguarda il corpo insegnanti di Hogwarts, vi aspetto dopo la colazione in aula insegnanti, diciamo circa alle dieci. Da dopodomani inizieranno i corsi di formazione per chi non ha la licenza per insegnare, inizieremo alle nove in una delle aule del quarto piano, ma troverete delle pergamene con illustrato tutto il programma nelle vostre camere e la professoressa Driscoll vi mostrerà l’aula domani durante il tour e vi mostrerà anche dove si trovano il mio ufficio e quello della preside nel caso aveste bisogno di parlarci, il mio è affianco a quello del professor Paciock, al primo piano.» alcuni degli insegnanti annuirono e Lachlan, dopo aver fatto una piccola pausa riprese il discorso «Benissimo, per il momento è tutto, i professori che sanno già dov’è la loro stanza sono liberi di andare, i nuovi insegnanti e quelli stranieri verrano con me, li accompagnerò alle loro stanze.»

Gli insegnanti che lavoravano al castello da almeno un anno iniziarono a dividersi per raggiungere le loro stanze, mentre gli altri rimasero davanti a Lachlan, tra questi ultimi c’era anche Zeph, che, quando aveva sentito che sarebbe stato il nuovo vicepreside ad accompagnarli, non aveva mosso un muscolo lieto di poter approfittare della situazione per stare un po’ con lui.

«Professor Fender-Hartwood è libero di andare.» disse Lachlan con tono annoiato, possibile che quell’uomo non avesse capito?

«Non ricordo dove si trova la mia stanza, può accompagnarmi?» rispose Zeph con un sorrisetto soddisfatto.

Lachlan sbuffò, non aveva alcuna intenzione di accompagnarlo: «Professoressa Oleander?»

La ragazza, che si stava allontanando insieme ad Egon, si voltò preoccupata di aver fatto qualcosa che non doveva o che ci fosse qualche problema e domandò gentilmente al vicepreside cosa potesse fare per lui.

«Potrebbe accompagnare il professore alla sua stanza? Tanto è di fianco alla sua, no?»

Maisie-Mae annuì e il sorriso sul volto di Zeph si spense immediatamente.

«Ma io voglio che mi accompagni lei!» si lamentò incrociando le braccia al petto.

Lachlan sbuffò di nuovo alzando visibilmente gli occhi al cielo e mormorò che non era possibile e che visto che Maisie era così gentile da scortarlo non era affatto carino rifiutare il suo aiuto, Zeph mise il broncio e seguì la collega a testa bassa.

«Io volevo andare con Lucky, uffa!» sbottò Zeph mentre camminava affianco a Maisie-Mae che, sapendo bene che il fatto che non volesse andare con lei non era nulla di personale, gli rivolse un sorriso.

«Mi spiace Zeph, per oggi dovrai accontentarti di me.» la giovane gli posò a fatica una mano sulla spalla, infatti l’uomo era veramente altissimo e anche se lei era più alta della media aveva comunque qualche difficoltà, e gli diede due pacchette d’incoraggiamento «Sono sicura che riuscirai a passare del tempo con lui nei prossimi giorni, non disperare.»

 

 

* * *

 

 

Reece e Dorian si erano staccati dal gruppo di insegnanti non appena Lachlan li aveva liberati e si erano spostati appena più in là per poter parlare in pace.

«Non solo ci hanno portato via una settimana di vacanza, dobbiamo pure iniziare a lavorare di prima mattina domani, ma ti pare possibile?» borbottò Dorian scoccando un’occhiata ricca di sdegno verso il nuovo vicepreside.

«Non me ne parlare…» mormorò Reece scuotendo la testa sconsolato «In aula insegnanti alle dieci… per riuscire a fare colazione dovrò alzarmi all’alba! Speravo tanto di poter dormire fino all’inizio dei corsi.»

I due rimasero in silenzio a contemplare il nulla per un minuto buono pensando ai loro comodissimi letti e alla tremenda sveglia a un orario scandaloso, le nove, che avrebbe rovinato il loro sonno la mattina seguente, certo che era proprio ingiusto: come si poteva domandare a uomo di alzarsi alle nove di mattina, o peggio, alle otto e mezza?

Il gorgogliare dello stomaco di Dorian sembrò riportarlo alla realtà: «Che dici, andiamo a cenare?»

«Prima devo passare in camera a dare da mangiare a Pan, tu non fai mangiare il tuo gatto?» domandò il più vecchio inclinando la testa di lato quando Dorian sbiancò.

«Non ho alcuna intenzione di aprire quella gabbia per almeno una settimana.» un brivido gli percorse la schiena «Forse potrei lasciarla ad Hagrid, lui ci sa fare con le creature pericolose.»

Reece sorrise divertito ringraziando il cielo di possedere un cane molto ubbidiente e non un gatto, o qualunque tipo di demone fosse l’animale del suo amico, e suggerì al più giovane di dargli comunque da mangiare altrimenti avrebbe solo incrementato la sua ira.

«Lo farò dopo cena, ora sto morendo di fame. Anche gli dessi da mangiare ora proverebbe comunque a mangiarmi una mano, perciò sarà un problema del Dorian del futuro che almeno morirà a pancia piena.» Dorian alzò le spalle muovendo qualche passo verso la Sala Grande «Ci vediamo dopo allora.»

Reece stava per rispondergli quando sentì una voce alle sue spalle: «Non penso proprio Dorian, fili in camera sua a cambiare quella maglia macchiata, che figure ci fa fare con gli insegnanti stranieri?»

Reece, con gli occhi a forma di cuore dopo aver identificato la proprietaria della voce, si voltò verso la sua adorata con aria sognante, mentre Dorian sbuffò infastidito. 

Il saluto adorante di Reece venne coperto dalla lamentela del suo collega: «Ma preside sto morendo di fame! E poi mi hanno già visto in queste condizioni, non cambierebbe nulla.»

Minerva alzò gli occhi al cielo: «Ci vediamo a cena, con una maglia pulita. Vorrei che manteneste un barlume di serietà almeno i primi due giorni.» 

Dorian abbassò la testa imbronciato sapendo bene che quel tono non ammetteva repliche, d’altronde lo aveva capito bene già al primo anno quando la professoressa McGranitt lo aveva ripreso la prima volta, e perciò si affiancò a Reece, che ancora fissava la donna con sguardo sognante.

«Mi tenga un posto vicino a lei Minerva, non vorrà farmi ingelosire!» supplicò Reece mentre la donna li superava dirigendosi verso la Sala Grande.

«Quando parlavo di serietà mi rivolgevo anche a lei, Reece.» 

Minerva non si voltò e con il suo solito fare serioso continuò a camminare verso la Sala Grande, i due ex Grifondoro non potevano vederla, ma le labbra le si incurvarono leggermente all’insù mentre scuoteva la testa rassegnata.

«Sbrighiamoci a passare in camera o morirò di fame.» lo stomaco di Dorian gorgogliò di nuovo come a supportare ciò che aveva appena detto «Ma perché tutte le sfighe capitano sempre a me?»

 

 

* * *

 

 

«Queste due stanze sono delle insegnanti di Durmstrang, la prima della signorina Saar e la seconda della signorina Dabrowski. Le due di fronte sono quelle degli insegnanti di Koldovstoretz.» mormorò Lachlan dopo aver consultato la pergamena che gli aveva preparato Maeve appuntandosi mentalmente di domandarle le se interessasse un lavoro da assistente visto quanto era organizzata «Ah prima che andiate a sistemarvi: per quanto riguarda la cena questa sera abbiamo pensato foste tutti stanchi e perciò siete liberi di consumarla in camera vostra, gli elfi saranno felici di portarvela, altrimenti potrete raggiungere la Sala Grande più tardi e mangiare lì.»

Hannele e Magdalena ringraziarono il vicepreside e, dopo essersi congedate dal gruppetto di insegnanti, decisero di sistemarsi nelle rispettive camere per poi ritrovarsi più tardi in una delle due stanze e mangiare insieme. Hannele varcò la porta in legno ritrovandosi a spalancare la bocca sorpresa quando notò l’arredamento della camera: visto l’aspetto del castello si aspettava una camera un po’ più antiquata ed elegante, di certo non poteva immaginare di ritrovarsi davanti una stanza dall’aspetto moderno ed essenziale che incontrava perfettamente i suoi gusti. Hannele scrutò il salottino meravigliata non capendo come fosse possibile che chiunque avesse arredato la sua stanza sapesse esattamente che tipo di mobilio le sarebbe piaciuto e si domandò se fosse un caso che chi se n’era occupato avesse i suoi stessi gusti o se ci fosse qualche tipo ti trucco dietro all’arredamento; superò la porta in vetro trovandosi in un piccolo corridoio con due porte, una portava al bagno e l’altra alla sua camera da letto e, dopo aver notato come avessero scelto di usare proprio il suo colore preferito nell’arredamento iniziò a chiedersi se fosse semplicemente una coincidenza o se ci fosse qualcosa sotto, ma se ne dimenticò all’istante quando notò che i suoi bagagli erano stati sistemati ai piedi del letto sopra al quale era poggiata la pergamena di cui Lachlan aveva parlato poco prima. La donna smise di farsi domande sulla stanza e afferrò la pergamena, che era stata ripiegata e chiusa con della ceralacca che rappresentava lo stemma della scuola, staccò il sigillo e prese a leggerne il contenuto senza nemmeno notare che era scritto in finlandese.

Magdalena varcò la porta della sua stanza portando subito l’attenzione a Chopin che le si avvicinò offeso per essere stato abbandonato, quando erano arrivati infatti ad Hogwarts aveva dovuto lasciare i suoi animali alle cure di altri nonostante lei avesse più volte ribadito che Chopin sarebbe stato tranquillo anche appollaiato sulle sue spalle, e la polacca si abbassò alla sua altezza per prenderlo in braccio e coccolarlo.

«Scusami tesoro mio, ho provato a tenerti con me, ma non me l’hanno permesso.» mormorò la donna iniziando a guardarsi effettivamente intorno notando quanto simile la sua stanza fosse a casa sua «Dimmi, ti piace la nostra nuova casa? Non è poi tanto diversa dal nostro appartamento, quindi immagino di sì.»

Chopin prese a fare le fusa e Magdalena lo interpretò come un sì. Magdalena scrutò con attenzione ogni singolo dettaglio della stanza e si convinse in pochi secondi che non poteva certo essere un caso fosse tutto così perfetto, sembrava quasi quella stanza l’avesse arredata lei ed era ben consapevole di non averlo fatto, perciò doveva sicuramente esserci qualche incantesimo sotto. Magdalena afferrò la pergamena posata sul letto (l’aveva notata appena entrata, come il fatto che le avessero già recapitato i suoi bagagli) e con Chopin su una spalla l’aprì mentre attraversava la camera per esplorare il resto della sua nuova casa, aprì per prima la porta del bagno che come il resto della stanza (e come la sua casa a Danzica) era sui toni del bianco e del grigio e i suoi sospetti riguardo al fatto che ci fosse qualche incantesimo sotto crebbe, ma ne fu assolutamente certa quando aprì l’altra porta e vi trovo dietro un’accogliente cucina bianca che era praticamente la copia sputata di quella di casa sua.

Un bussare alla sua porta le fece alzare di scatto la testa dalla valigia che aveva appena aperto per poter sistemare le sue cose nella stanza.

«Arrivo!» gridò Hannele in inglese mentre si dirigeva verso il salotto della stanza per raggiungere la porta.

«Ah lo sapevo!» mormorò Magdalena quando l’amica le aprì la porta e poté vedere l’interno della sua stanza «Ciao Han.»

«Ciao Meg.» salutò la finlandese con un sorriso divertito «Posso sapere che cosa sapevi?»

«Camera mia è sui toni del beige, del bianco e del grigio, la tua è moderna e decorata con il tuo colore preferito.» osservò «E la cucina in camera mia è quasi uguale a quella del mio appartamento a Danzica.»

«Aspetta un attimo, tu hai una cucina?»

«Perché, tu non ce l’hai?»

«No! Io ho camera, bagno e salotto.»

«Beh direi che è l’ennesima conferma del fatto che abbiano usato qualche tipo di incantesimo per arredare le nostre stanze.»

«Stavo pensando la stessa cosa.» annuì Hannele spostandosi di lato per far entrare l’amica «Vuoi entrare?»

«A dire il vero pensavo di andare a visitare Dandelion e Holly.» Magdalena sventolò la mappa incantata «Vuoi venire?»

«Non è un po’ tardi? E poi dobbiamo ancora cenare.»

«Voglio vedere la loro sistemazione, per essere sicura stiano bene.» borbottò la polacca ricevendo un sorriso dall’amica «Poi preparo qualcosa in camera mia per tutte e due se ti va, tanto ho come l’impressione che troverò il frigo pieno.»

 

 

* * *

 

 

«Siamo arrivati alle stanze delle due signorine di Salem.» mormorò Lachlan ispezionando il gruppo alla ricerca delle due donne, notò subito Cleopatra che con quel look antiquato e quel modo di fare rigido e impostato sembrava totalmente estranea alla piccola folla di insegnanti, Che donna strana pensò per poi indicare a lei e alla sua collega le rispettive porte.

Cleopatra si congedò con freddezza rivolgendo agli altri insegnanti l’augurio di passare una buona serata, in tutta sincerità non poteva importarle di meno che gli altri passassero o meno una buona serata, ma era ormai avvezza a rivolgere frasi di rito e di cortesia e che lo volesse oppure no le uscivano dalle labbra senza nemmeno rendersene conto. La statunitense rivolse un cenno alla sua collega poggiando la mano sulla maniglia della sua porta pronta ad entrarci e rimanerci anche per la cena in tutta tranquillità, ma la sua collega la bloccò prima che potesse farlo.

«Ti va di scendere insieme a cena?» domandò Bonnie Scott, la sua collega che insegnava Rituali Wicca all’Istituto di Salem «Prima ho parlato con Danielle Henderson, la sorella di Elin, ci credi che adesso insegna ad Ilvermorny? Comunque caso vuole che anche lei sia qui per insegnare e perciò pensavamo di cenare tra ex studentesse di Salem, vuoi unirti?»

Cleopatra trattenne un sospiro: non aveva voglia di cenare con nessuno (fatta esclusione per Bast), e in particolare voleva evitare a tutti i costi di quella Danielle, non la conosceva bene visto che avevano ben cinque anni di differenza, ma Elin Henderson era nella sua stessa classe e poteva solo immaginare che cosa avesse detto di lei a sua sorella.

«Ti ringrazio per l’invito, ma il viaggio mi ha stancata parecchio e perciò rimarrò in camera questa sera.» mormorò Cleopatra con la sua solita fredda cortesia.

Bonnie la scrutò per un momento domandandosi per l’ennesima volta da quando lavorava con lei se per caso le stesse antipatica o se semplicemente fosse il modo di fare della collega e perciò quella freddezza fosse dovuta solo al suo carattere e non ad un’antipatia nei suoi confronti. Bonnie ricordava bene la collega a Salem, era tre anni avanti a lei, ma con tutto quel rigore e quell’austerità Cleopatra riusciva a farsi notare e far parlare di sé anche se faceva di tutto per passare inosservata, da che avesse memoria la donna era sempre stata così, perciò Bonnie si disse che non era nulla di personale e con un sorriso augurò una buona serata alla collega osservandola mentre spariva dietro alla porta della sua stanza.

«Finalmente siamo soli Bast.» mormorò la donna con un sospiro sollevato quando venne accolta nella sua stanza dal suo gatto che sembrava già sentirsi a suo agio nella nuova casa.

La strega prese ad osservare la stanza sinceramente sorpresa nel constatare come sembrasse arredata perfettamente per lei tanto da domandarsi se quella bellissima scrivania da pittura, con tanto di filo sospeso al di sopra per poter appendere i dipinti ad asciugare, ce l’avessero tutti i suoi futuri colleghi nelle loro stanze, ma Cleopatra dubitava profondamente del fatto che tutti quanti i suoi colleghi dipingessero e si disse che probabilmente in qualche modo erano riusciti ad arredare le stanze secondo gusti ed esigenze dei professori che le avrebbero occupate. Mentre Cleopatra osservava i dettagli della stanza notò la pergamena ripiegata posata sul suo letto, perciò la afferrò e prese a leggerne il contenuto, ma Bast sembrava non essere d’accordo con la padrona perché iniziò a miagolare con insistenza impedendo alla donna di concentrarsi nella lettura.

«Okay, okay, ho capito!» sbottò la statunitense mentre poggiava la pergamena dove l’aveva trovata ed estraeva la bacchetta «Ti preparo subito la cena, smettila di fare i capricci Bast.»

 

 

* * *

 

 

«Signorina Silva e Monteiro, ecco la sua stanza.» mormorò Lachlan con tono neutro rivolgendo un’occhiata poco amichevole alla giovane «Boa tarde(1).»

Luz alzò gli occhi al cielo rispondendo al suo amatissimo ex insegnante, nonché caro amico del padre, con lo stesso tono di finta cortesia: «Boa tarde para você também(2)

Luz salutò poi con cortesia alcune delle persone con cui aveva scambiato qualche parola sul treno e con cui si era già accordata per la cena, Luz infatti non era timida e se per un’altra persona essere l’unica insegnante di Castelobruxo (a parte il simpaticissimo Lachlan ovviamente) e trovarsi da sola in un ambiente completamente nuovo poteva essere difficile o addirittura spaventare, per Luz era tutt’altro che spaventoso, anzi, per lei era un’ottima occasione per fare amicizia e scoprire nuove culture, perciò non si era lasciata intimidire e aveva finito per scambiare una parola con almeno metà del gruppo. La brasiliana varcò la porta della sua stanza trovandoci il trasportino di Oscar e la gabbia delle sue sei cocorite già dentro, nonostante Maeve avesse detto loro che avevano adibito una zona del parco a piccolo zoo con tanto di “stanza” per ognuno dei loro animali gli insegnanti erano liberi di tenere i loro animali nella loro camera, perciò Luz era contenta di aver ritrovato le sue bestiole lì. Luz, ancor prima di studiare bene la stanza, liberò le Winx, ovvero le sue sei cocorite colorate, che svolazzarono allegre per la stanza incuriosite dal nuovo ambiente, mentre Oscar, il pigro panda rosso, uscì lentamente dal suo trasportino dimostrando un interesse pari a zero per la nuova casa e, dopo aver rivolto uno sguardo simil sprezzante verso la padrona e la stanza, prese a salire con molta calma sulla scaletta posta lì per raggiungere il piccolo soppalco attirato probabilmente dal fatto che fosse in alto (o semplicemente perché il più lontano possibile da tutto e tutti).

«Oscar, vedi di non fare l’antipatico o ti metto in castigo nel traportino.» lo avvisò Luz puntandogli un dito contro con aria minacciosa.

Oscar sembrò non essere minimamente interessato a quello che la padrona gli stava dicendo e, una volta raggiunto il piccolo soppalco, si voltò con il muso imbronciato e le rivolse una breve occhiata per poi tornare a farsi i fatti suoi mentre si sistemava su uno dei morbidi cuscini.

«Possibile che non te ne freghi mai un cazzo di quello che ti dico?» sbottò Luz esasperata dal suo viziatissimo e antipaticissimo animale «Oscar, sto parlando con te!» il panda non si scompose minimamente e Luz sbuffò sonoramente.

Luz notò in quell’istante la pergamena posata sul suo letto e l’aprì immediatamente per leggerne il contenuto, dopo aver dato un’occhiata veloce a ciò che c’era scritto la ragazza prese a lamentarsi ad alta voce (con tanto di imprecazioni molto colorite in portoghese) quando lesse quante ore avrebbe dovuto passare a seguire i corsi di formazione tenuti dalla sua persona preferita in assoluto: Lachlan Sharp. L’ultima cosa che avrebbe mai desiderato era di tornare a frequentare le lezioni di Lachlan come quando era una studentessa a Castelobruxo, per fortuna Luz lo aveva avuto per molto poco tempo come insegnante e mai avrebbe voluto averlo di nuovo, ma a quanto pareva a qualcuno piaceva prendersela con lei e si appuntò mentalmente di dover preparare un amuleto con qualche pietra fortunata perché era abbastanza ovvio che qualcuno aveva deciso di farle un qualche tipo di maledizione. Luz mollò la pergamena sulla scrivania e valutò per un’istante di scrivere una lettera a suo padre per maledirlo per averla convinta ad accettare quel lavoro: non solo avrebbe dovuto frequentare di nuovo le lezioni di Lachlan, ma lui era il suo capo e perciò era costretta a comportarsi bene se non voleva essere rispedita a casa in un paio di millisecondi, c’era un lato positivo in quella situazione? Forse uno: non avrebbe più dovuto sopportare di sentirlo parlare in portoghese con quel suo odiosissima accento gallese che le sue compagne di scuola adoravano alla follia, al solo pensiero s’innervosì ancora di più e si disse che no, l’odioso accento di Lachlan sarebbe stato fastidioso in qualsiasi lingua, anche in inglese.

 

 

* * *

 

 

«Signorina Choi e Signor Powder, le vostre stanze sono quelle sul corridoio alla mia destra.» Lachlan controllò la lista e pose un segno di fianco ai nomi dei due insegnanti di Mahoutokoro «Ci vediamo a cena, o direttamente domani mattina a colazione, buona serata.»

Dea-Mok e Julyan ringraziarono l’uomo e ricambiarono l’augurio, poi, prima di congedarsi, la coreana s’inchinò appena e salutò il suo superiore badando poco all’iniziale sorpresa di Lachlan, che non conoscendo le usanze coreane non sapeva come fosse appropriato reagire al gesto. Una volta che Lachlan e gli ultimi insegnanti rimasti si furono allontanati la donna si rivolse al collega e conoscente di vecchia data con un piccolo sorriso:

«Oppa(3) tu pensi di cenare il Sala Grande questa sera? Luz, la ragazza brasiliana, prima mi ha detto che ci sarà e di tenerle un posto, ma mi farebbe piacere venissi anche tu.» disse Dea-Mok «Non mi sembra bello rinchiudersi in camera da soli già la prima sera.»

Julyan, seppur desideroso di chiudersi in camera a sistemare le sue piante e preparare qualche composizione floreale di buon auspicio per l’inizio del suo nuovo lavoro, non se la sentì di rifiutare l’invito della coreana che era stata così gentile da domandargli di accompagnarla a cena nonostante avesse già un altro invito, perciò si ritrovò ad annuire sfoggiando un sorriso gentile.

«Grazie per l’invito.» mormorò poi chinando appena la testa.

La giovane sorrise e chinò la testa anche lei congedandosi dall’uomo per poter iniziare a sistemare le sue cose e i due si diedero appuntamento più tardi per poter scendere insieme a cenare.

I due si chiusero ognuno nella propria camera per poter iniziare a sistemare le loro cose, Julyan, dopo aver notato con piacere lo stile minimale di quella che sarebbe stata la sua nuova casa per molti mesi, si avvicinò ai suoi bagagli iniziando a svuotare il suo borsone da lavoro che aveva riempito di piantine e fiori con la magia ripromettendosi di portare tutto nella sua aula o ufficio non appena ne avesse avuto l’occasione. Julyan prese a osservare tutte le sue piante per controllarne lo stato e fu entusiasta di scoprire che nonostante il viaggio, grazie all’incanto lanciato sul borsone, era arrivato tutto ad Hogwarts in ottime condizioni. Dopo aver sistemato tutte le sue piante Julyan aprì la sua valigia e iniziò a mettere via tutti i suoi capi tinta unita nel suo armadio, cosa che impiegò pochissimo tempo vista la scarsa quantità di abiti posseduta dall’uomo e, prima di mettersi a lavorare con i suoi fiori, Julyan ripose la valigia in un angolo libero dell’armadio contento di aver già finito di sistemare.

Dea-Mok osservava invece la miriade di vestiti che possedeva volare fuori dalla valigia, che aveva dovuto incantare affinché contenesse tutte le sue cose altrimenti non ci sarebbero mai state, per poi sistemarsi in ordine nell’armadio. Quando la giovane ebbe finito di sistemare vestiti, scarpe e accessori, si dedicò alla sistemazione dei suoi libri e degli altri oggetti personali osservando compiaciuta il suo lavoro una volta finito, grazie al cielo poteva contare sulla magia per poter ordinare tutto o avrebbe dato di matto: sistemare i suoi oggetti con il suo ordine maniacale impiegava veramente troppo tempo per essere fatto senza l’ausilio della magia. La coreana non sarebbe mai andata a cena senza prima aver sistemato la sua stanza e, una volta fatto ciò, si reputò soddisfatta e pronta per andare a cenare, così, dopo aver afferrato la mappa magica che la professoressa Driscoll aveva consegnato loro poco tempo prima, indossò nuovamente le scarpe (che aveva tolto non appena era entrata nella stanza) e si affrettò ad uscire e chiudere la porta per poi bussare a quella del collega. Dea-Mok fu costretta a bussare tre volte con insistenza prima che Julyan le aprisse la porta.

«Pronto ad andare Oppa?» la donna rivolse un piccolo inchino all’inglese per salutarlo.

Julyan si chinò a sua volta e poi annuì mentre Dea-Mok apriva la mappa del castello per poi poggiare la punta della bacchetta sulla scritta “Sala Grande” osservando come il riquadro che la rappresentava si illuminava un paio di volte, poi comparve un percorso marcato in rosso dal punto in cui i due si trovavano. Julyan spalancò gli occhi e fissò la mappa estremamente sorpreso: chiunque avesse incanto quell’oggetto aveva fatto un ottimo lavoro e si ripromise di studiare la sua mappa per bene quando sarebbe tornato in camera quella sera.

«Direi che possiamo andare.» mormorò Dea-Mok «Allora Oppa dimmi, com’è la tua stanza?»

 

 

* * *

 

 

Egon, Hana e Murphy si erano dati appuntamento per la cena e perciò, visto che le loro stanze non erano molto distanti l’una dall’altra, Murphy era andato a prendere prima Hana e poi Egon li aveva incrociati e i tre avevano finito per fare la strada insieme.

«Maisie non viene a cena?» domandò Hana guardandosi intorno aspettandosi che la ragazza comparisse all’improvviso.

«Non credo.» rispose Egon alzando appena le spalle «Prima ho bussato alla sua porta, mi ha detto che doveva andare da Hagrid e che forse avrebbe saltato la cena.»

Hana annuì un po’ delusa, le sarebbe piaciuto cenare tutti insieme, ma si disse che ci sarebbero state sicuramente altre occasioni e, continuando a camminare affianco ai due colleghi, prese a guardarsi intorno ricordando con un po’ di nostalgia i suoi anni da studentessa.

«Non trovate che sia strano camminare per i corridoi da insegnanti?» osservò l’ex Tassorosso con gli occhi lucidi «Ancora non ho realizzato di essere diventata professoressa, mi sento ancora una quindicenne che corre per i corridoi con la borsa piena zeppa di libri e pergamene.»

«È abbastanza strano in effetti.» concordò Murphy «Anche se c’è ben poco che mi manca degli anni ad Hogwarts.»

«Oh e come mai?»

Murphy abbassò lo sguardo imbarazzato alzando appena le spalle: certo che era proprio ironico, dei caposcuola di Corvonero di quegli anni lui era sicuramente il meno apprezzato, Egon era idolatrato più o meno da chiunque, intelligente, educato e con un che di regale, insomma una specie di divinità, Maisie-Mae aveva una media impeccabile, era generosa e adorabile in particolare con i ragazzini più piccoli e tutti quanti la rispettavano e le volevano bene e poi, beh, poi c’era lui. Non era stato facile prendere il posto di Caposcuola dopo che c’erano stati Egon e Maisie, eppure lui aveva fatto del suo meglio per ricoprire il ruolo ed era convinto che finalmente le persone gli avrebbero dato ascolto, ma i suoi coetanei sembravano non voler collaborare nemmeno in quell’occasione.

«È per via di quel soprannome? Com’era… ehm… ah si! Il professorino, giusto?» domandò Hana con tono titubante: non voleva essere troppo invadente, ma allo stesso tempo cercava di capire a cosa si riferisse l’amico, d’altronde lei era un anno avanti a lui e in una Casa diversa, perciò non sapeva bene quali fossero le dinamiche tra Murphy e i suoi compagni di classe.

Murphy annuì appena: «Il professorino sì…»

«Beh, non è poi così male e direi che calza a pennello al momento no?»

Hana sorrise dolcemente e Murphy si sforzò di fare altrettanto, anche se gli veniva difficile ripensando ai suoi compagni di classe e alla lunga serie di soprannomi e appellativi molto poco carini che usavano nei suoi confronti, ma evitò di far sapere all’ex Tassorosso che quello era probabilmente l’unico carino che gli era stato dato.

«Se ti può far sentire meglio non sei l’unico a cui hanno dato dei soprannomi.» intervenne Egon «Io ero il Marchesino e quando qualcuno mi chiamava così mi infastidiva parecchio, ma sono tempi passati ormai.»

Murphy rivolse ad Egon un sorriso sentendosi già un po’ più leggero, non che Egon avesse voglia di parlare di sé, soprattutto davanti ad Hana che conosceva poco, ma ricordava bene di aver ripreso più volte dei ragazzini che facevano i bulli con Murphy e inoltre, anche se non ne avevano mai parlato, aveva notato come il più giovane si sentisse a disagio nel parlare dei suoi anni da studente, perciò aveva pensato d’intervenire e distogliere l’attenzione da lui.

Hana, dopo aver sentito il soprannome di Egon, sembrò ricordare all’improvviso gli anni a scuola e si domandò il perché di quel soprannome, ricordava ci fossero molte voci riguardo ad Egon, infatti era già molto carino da adolescente e molte ragazze avevano una cotta per lui, e si era sempre domandata se ci fosse qualcosa di vero, ma non lo conosceva abbastanza da poterglielo domandare, di una cosa però era certa: la voce che diceva Egon fosse un discendente del dio Apollo o Apollo in persona era una falsità e ancora si chiedeva come qualcuno potesse pensare che una cosa del genere potesse essere vera.

 

Zeph, con delle adorabili pantofole pelose ai piedi, fece il suo ingresso in Sala Grande dopo essere stato al volo in camera sua per cambiarsi infatti aveva così tanta fame da non aver nemmeno svuotato le valigie e con passo svelto si diresse verso il tavolo degli insegnanti mentre si lamentava di quanto fosse distante dal portone della sala, perché dovevano sempre fargli fare fatica? L’uomo si sedette di fianco ad Hana con un tonfo rivolgendo un sorriso alla ragazza quando lei gli rivolse un saluto caloroso - Zeph aveva iniziato ad Hogwarts come assistente di Lumacorno quando Hana era all’ultimo anno e inoltre partecipava a tutti gli allenamenti della squadra di Quidditch di Tassorosso, perciò i due avevano avuto modo di conoscersi molto tempo prima - per poi iniziare a guardarsi intorno con impazienza: ma dov’era tutto il cibo?

«Preside,» la richiamò Zeph «Ma la cena?»

Minerva scosse la testa sconsolata: «Stiamo aspettando arrivino anche gli altri insegnanti.»

«Ma io ho fame! Non si può avere nemmeno un antipastino?»

Minerva gli scoccò un’occhiataccia e non rispose per poi voltarsi e tornare a parlare con Filious e Maeve dell’ultima pubblicazione di un qualche articolo sulla magia sperimentale uscito qualche giorno prima, Zeph sbuffò sonoramente salutando con un cenno della testa Reece e Dorian che si stavano accomodando a tavola in quel preciso istante.

«Ma non si mangia stasera?» domandò Dorian preoccupato mentre ispezionava il tavolo da un lato all’altro cercando del cibo.

«Stiamo aspettando gli altri insegnanti per educazione a quanto pare.» sbottò Zeph infastidito massaggiando il suo povero stomaco che continuava a brontolare in protesta.

Dorian aveva sognato il banchetto che lo avrebbe aspettato al castello per tutto il viaggio in treno e si sentì mancare al pensiero di dover aspettare ancora per poter finalmente mettere qualcosa sotto ai denti, infatti in qualche istante il suo stomaco prese a brontolare facendo compagnia a quello di Zeph.

«Oltre al danno pure la beffa!» mormorò Reece mentre si reggeva il viso con la mano con aria sconsolata «Non solo la mia amatissima Minerva non mi ha tenuto un posto vicino a lei, ma non vuole nemmeno sfamarci.» 

L’uomo rivolse uno sguardo disperato in direzione della donna che però non se ne accorse nemmeno mentre Dorian gli dava qualche pacca sulla spalla di consolazione.

«Pensate che la preside abbia scoperto il nostro ritardo e ci stia punendo in questo modo?» domandò Zeph abbassando tremendamente la voce.

«Non ci avevo nemmeno pensato!» esclamò sottovoce Dorian «In effetti non mi stupirebbe, lei sa sempre tutto. Reece, tu che ne pensi?»

«Eh?» Reece si voltò di scatto verso i due uomini dopo aver sentito il suo nome troppo preso a osservare la preside cercando di farla impietosire.

«Lascia perdere.»

 

«Buonasera.» salutò Lachlan con un sorriso mentre si accomodava nel posto libero tra Neville e Maeve, il resto degli insegnati lo salutò a sua volta e tornò poi a conversare con chi gli stava vicino.

«Allora, hai preparato tutti i documenti che ti serviranno domani?» domandò Maeve voltandosi verso di lui.

«Sarà un problema di domani mattina.» rispose Lachlan alzando le spalle.

«Non scherzavi quando dicevi che ti serviva un assistente.»

Lachlan scosse leggermente la testa: «Non capisco che fretta ci sia, domani ho dato appuntamento a tutti alle dieci.»

«Sappiamo benissimo entrambi che finirai per essere in ritardo.»

«Sciocchezze.» Lachlan alzò gli occhi al cielo.

Maeve sorrise soddisfatta e poi, poco prima che potesse dire qualcos’altro Neville parlò:

«Congratulazioni per il nuovo libro Lachlan, mi è arrivata la copia questa mattina, ho letto qualche capitolo, hai fatto un ottimo lavoro.»

«Ti ringrazio Neville.» il gallese sorrise con poca modestia «È bello sapere che qualcuno apprezza il mio duro lavoro.»

«A proposito, vi presento il professor Madrigal, insegnerà Controllo dei Nahual.»

Neville fece un cenno con la testa verso il collega che era seduto affianco a lui e Yuma si affrettò a posare la tazza colma di English Breakfast da cui stava bevendo.

«Yuma Javid Madrigal.» si presentò l’uomo allungando la mano verso il vicepreside e la professoressa di Cultura Magica.

«Controllo dei Nahual? Molto interessante, ho letto qualcosa a riguardo, magari potrei passare a farle qualche domanda.» mormorò Maeve.

«Javid è un esperto, non rimarrai delusa Maeve, te lo garantisco.»

Maeve e Lachlan rimasero sorpresi per un momento, ma, dopo essersi scambiati velocemente un’occhiata, tornarono a fare finta di nulla: si erano accorti entrambi del fatto che Neville si fosse riferito a Yuma con il suo secondo nome.

 

Dea-Mok e Julyan erano seduti uno affianco all’altra all’enorme tavolo degli insegnanti guardandosi intorno studiando il nuovo ambiente in cui avrebbero vissuto, Julyan in particolare visto che se non avesse frequentato Mahoutokoro quella sarebbe stata la sua scuola e inoltre si trattava della scuola frequentata dai suoi genitori, perciò non poteva che essere curioso a riguardo.

«Ah lei è l’insegnate di Achilleomanzia se non erro.» mormorò la preside, che stava cercando di associare ogni materia a un nome con l’aiuto di Maeve, incrociando lo sguardo di Julyan che annuì.

La professoressa Cooman, che fino a quel momento non aveva degnato nessuno di uno sguardo limitandosi a borbottare tra sé e sé qualcosa riguardo qualche morte prematura, alzò la testa di scatto quando sentì pronunciare quelle parole.

«Dea-Mok.»

«Sì Oppa?»

«Sono impazzito o quella donna mi guarda in modo inquietante?»

«Oddio ma è spaventosa, non batte nemmeno le palpebre!»

«Ho fatto qualcosa di male secondo te?»

«Non direi, forse è solo una nostra impressione, magari è il suo modo di fare.» mormorò la donna mentre alzava le spalle e rivolgeva all’amico uno sguardo incoraggiante che però non lo convinse molto.

 

Luz fece il suo ingresso in Sala Grande per ultima (d’altronde arrivare in ritardo appositamente era il modo migliore per farsi notare) sfoggiando un outfit diverso da quello che aveva quella mattina, aveva viaggiato tutto il giorno in quei vestiti e inoltre non voleva rovinare la sua prima grande apparizione a cena, infatti rimase molto delusa quando si rese conto che il numero di persone sedute all’enorme tavolo in fondo alla stanza era minore rispetto a quello che si aspettava. Che palle, ho preparato questo outfit nelle ultime due settimane per niente! Almeno sono una gran figa, questo è poco ma sicuro pensò la ragazza sbuffando sonoramente mentre si avvicinava al tavolo insegnanti con piercing al naso e otto orecchini che brillavano sotto alla luce delle candele. Luz, conscia di avere addosso lo sguardo di tutti i presenti, sfilò lungo la sala con passo lento come se stesse facendo una sfilata (e in effetti era proprio quella la sua intenzione) e, se lo sguardo esasperato di Lachlan non la stupì affatto, quello infastidito di due uomini seduti uno di fianco all’altro la sorprese - Zeph e Dorian scrutarono con estremo disappunto la nuova arrivata che sembrava camminare sempre più lentamente ogni secondo facendo aumentare a dismisura l’astio che i due stavano provando per lei in quel momento visto che per colpa sua la preside aveva intimato a tutti di non toccare cibo -, ma Luz esibì comunque un sorriso civettuolo e raggiunse la grande tavolata accomodandosi vicino alla donna coreana con cui aveva chiacchierato sul treno. 

«Penso che nessun altro si unirà a noi questa sera.» mormorò Lachlan dopo aver controllato il suo orologio da polso e aver scoccato un’occhiata eloquente alla brasiliana che si era appena accomodata.

«Molto bene.» disse Minerva «Prima di iniziare la cena,» dei versi infastiditi si levarono dalla parte del tavolo occupata da Dorian e Zeph e la donna scoccò loro uno sguardo eloquente facendoli zittire all’istante «Dicevo: questa sera non siamo al completo, ma ci tenevo a dare il benvenuto ai nuovi membri del corpo insegnanti di Hogwarts e agli insegnanti delle altre scuole, spero che Hogwarts sappia accogliervi al meglio e che conserviate un buon ricordo del castello.» la preside batté le mani e in mezzo al tavolo comparvero dei piatti colmi di cibo fino all’orlo «Buona cena a tutti.»

«Alleluia!» gridarono Dorian e Zeph beccandosi l’ennesima occhiataccia da parte della preside, ma i due non vi badarono molto e iniziarono a riempire i loro piatti.

 

 

* * *

 

 

«Buonasera Hagrid.» mormorò Maisie-Mae mentre faceva il suo ingresso nella piccola capanna (troppo a suo parere per una persona della stazza del mezzo gigante) con tanto di borsa di tela piena fino all’orlo di tutto e di più.

«Ciao Maisie, come stai?» la salutò l’uomo di rimando «Non pensavo che ce la facevi a venire dopo il viaggio in treno, non sei stanca?»

L’ex Corvonero sorrise mentre posava la borsa sul tavolo dicendo che per prendere il the con lui il tempo lo trovava sempre. Hagrid le sorrise di rimando e, dopo aver posato sul tavolo un piatto pieno di biscotti (che Maisie-Mae non prese mormorando si non avere molta fame dopo il lungo viaggio, anche se pregò con tutto il cuore il suo stomaco non la tradisse con qualche rumore), preparò l’acqua per il the e le tazzine, per poi rivolgere un’occhiata dubbiosa alla borsa di tela.

«Che cos’è?» domandò il mezzo gigante mentre si sedeva di fronte alla ragazza.

«Niente di che, qualche verdura del nostro orto e un paio di litri di latte, Chrissie l’ha munto questa mattina apposta per te.» spiegò la ragazza stringendosi nelle spalle.

Gli occhi di Hagrid divennero lucidi e afferrò la borsa per vedere cosa ci fosse dentro mentre ringraziava l’ex Corvonero, Maisie gli sorrise con dolcezza domandandogli se potesse dargli una mano a fare qualcosa e, quando ricevette un no come risposta allora gli chiese come fossero andate le sue vacanze. I due conversarono per un po’, giusto il tempo di finire il the e poi Maisie-Mae domandò al guardiacaccia se potesse gentilmente mostrarle la zona che avevano allestito per tenere gli animali e le creature magiche visto che Hagrid si era occupato di sistemarla e le avrebbe dato una mano a occuparsene.

«Qui dentro ci sono tutti i mangimi.» mormorò il mezzo gigante concludendo il tour della specie di zoo in cui ora si trovavano alcuni degli animali degli insegnanti «Gli ho dato la cena poco prima che arrivavi.»

«Perfetto.» commentò Maisie-Mae «E dimmi, l-»

Il suono di due voci femminili proveniente dall’esterno portò Maisie a interrompersi all’improvviso e, dopo aver scambiato un’occhiata con Hagrid, si voltarono entrambi verso l’ingresso.

«Sei sicura si possa entrare?»

«Non lo so, ma c’è la porta aperta…»

Le due proprietarie delle voci presero immediatamente forma una volta superata la porta e Maisie-Mae le riconobbe subito come due delle insegnanti straniere.

«Salve, avete bisogno di qualcosa?» domandò l’ex Corvonero sorpresa nel vederle lì.

Le due risposero al saluto quasi in coro e poi Magdalena prese a guardarsi intorno alla ricerca delle sue puledre: «Siamo venute per le puledrine, volevamo vedere come stessero.»

Maisie-Mae rivolse un sorriso alle due donne e le invitò a seguirla portandole al piccolo recinto che avevano allestito apposta per loro mentre Hagrid mormorava che sarebbe tornato alla sua capanna.

«Dandelion, Holly, la mamma è venuta a vedere come state.» le richiamò Magdalena.

Le due puledre si avvicinarono con aria felice alla padrona lasciandosi riempire di coccole mentre Hannele guardava l’amica sorridendo divertita al repentino cambio di comportamento: ogni volta che c’era qualche animale nei dintorni Magdalena diventava tremendamente zuccherosa.

«Che nomi graziosi.» osservò Maisie-Mae «Anche le mucche del nostro allevamento hanno nomi di fiori e piante.»

«Ha un allevamento di mucche?!» chiese con forse troppo entusiasmo Magdalena.

«È della mia famiglia, però sì.»

«Ha delle foto?»

Maisie annuì convinta portando la mano alla tasca dei pantaloni per prendere il cellulare, ma la trovò vuota: «Cavolo mi ero dimenticata che non ho il telefono al momento.»

Magdalena mormorò delusa che non era un problema, Dandelion le spinse la mano col muso e perciò le rivolse un carezza.

«La scusi per l’entusiasmo, ma Meg adora gli animali.» disse Hannele con un sorriso.

«Oh, non fa niente, anche io li adoro.» Maisie-Mae si strinse nella spalle «Se vuole vedere le foto abbiamo una pagina su Wizagram dell’allevamento, la gestisce mia sorella.»

Magdalena sorrise e annuì appena mentre si annotava mentalmente il nome della pagina per poterla seguire non appena avrebbe riavuto il suo cellulare e Hannele invece allungò la mano verso Maisie:

«Non ci siamo nemmeno presentate! Hannele Saar.»

«Maisie-Mae Oleander.»

Anche Magdalena si avvicinò lasciando perdere temporaneamente le sue puledrine: «Magdalena Dabrowski. Immagino lei insegni Cura delle Creature Magiche.»

Maisie annuì: «Sì, esatto. Voi cosa insegnate?»

«Legilimanzia.»

«Storia della Magia Oscura.»

La scozzese rimase qualche secondo in silenzio sinceramente stupita da quella risposta, di certo non si aspettava che le due donne dall’aria così cortese insegnassero delle materie come quelle, Hannele in particolare con quel sorriso caldo non sembrava proprio il tipo che potesse insegnare quella materia.

«È un po’ tardi non trovate?» osservò Hannele lanciando un’occhiata all’orologio al polso di Maisie-Mae.

«Sì, ha ragione, sarebbe meglio avviarsi.» rispose Maisie rivolgendo uno sguardo alla finlandese.

«Allora torniamo insieme.» sorrise Hannele «E smettiamola di darci del lei, abbiamo probabilmente la stessa età e il lei mi fa sentire vecchia.»

 

 

* * *

 

 

«Seduti.»

Al comando del padrone i due Setter, che fino a qualche istante prima avendo visto Egon preparare il guinzaglio stavano correndo esaltati per la stanza, si fermarono all’istante e si sedettero davanti all’ex Corvonero che, dopo aver fatto una carezza ad entrambi dicendo loro di essere stati molto bravi, li legò al guinzaglio doppio per poterli portare fuori. Egon uscì dalla sua stanza per poi chiuderla con un incantesimo e, anche se normalmente avrebbe bussato alla porta di Maisie-Mae per domandarle se lei e i suoi Cocker Spaniel volessero aggiungersi alla passeggiata dopo quella lunga giornata aveva voglia di starsene un po’ per conto suo, perciò superò la porta della stanza dell’amica senza fermarsi e si avviò verso le scale per poter uscire dal castello. Una volta uscito dal castello una leggera brezza gli scompigliò appena i capelli riccioluti ed Egon si rese effettivamente conto dell’imminente fine dell’estate, ormai mancava poco alla fine del caldo (sempre che si potesse definire così quel clima tiepido tipico scozzese) e presto sarebbero dovuti tornare a indossare dei caldi maglioni. Egon evocò una palla di luce (non era completamente buio, ma ormai era abbastanza tardi e di certo una luce in più faceva solo comodo), percorse qualche metro tenendo con poca forza il guinzaglio al quale erano legati i due cani e poi si abbassò per poterli slegare e lasciarli liberi di correre per il parco del castello. I due Setter appena liberati scattarono avanti e presero a rincorrersi per il parco mentre Egon li guardava con un sorriso e lanciava un’occhiata al suo orologio da polso per vedere quanto tardi fosse; Oscar arrivò di corsa dal padrone stringendo tra le fauci un bel bastone, Shakespeare arrivò un secondo dopo e si sedette di fianco al fratello ed entrambi fissarono Egon in attesa.

«Avete voglia di giocare a quest’ora?» il giovane fissò incredulo i due cani che però non sembrarono per niente toccati da quel commento ed Egon, dopo aver sospirato, prese da Oscar il bastone preparandosi a lanciarlo lontano «Va bene, va bene, ma soltanto un paio di lanci.»

 

Cleopatra aveva deciso di chiudersi in camera e starsene in santa pace almeno la prima sera, non era una persona che socializzava facilmente e poi non aveva alcuna voglia di stare in mezzo alla gente da subito, anche perché aveva come il sentore che sarebbe stata costretta ad essere più socievole di quanto volesse nei giorni a seguire, perciò aveva deciso di godersi i suoi ultimi momenti di solitudine. Così Cleopatra si era liberata dei suoi vestiti per indossare qualcosa di più confortevole e aveva sciolto i capelli, i suoi piani erano però andati in fumo quando si era seduta a guardare fuori dalla finestra mentre carezzava distrattamente Bast, che era steso sulle sue gambe e faceva le fusa facendola sorridere, infatti aveva notato quanto bella fosse la luce della luna riflessa sulla superficie del lago e come il cielo stellato sembrasse diverso e più luminoso di quanto non fosse a San Francisco. Inutile dire che la strega, troppo affascinata da quello scenario, aveva deciso di uscire ad ammirarlo e farne uno schizzo visto che senza cellulare non poteva ritrarlo in una foto e lavorarci in un altro momento. Così Cleopatra aveva posato delicatamente Bast ai piedi del suo letto, si era rivestita e, dopo aver scrutato con attenzione il parco dalla sua finestra e aver constatato che fosse deserto, aveva legato i capelli in una veloce treccia sperando di non incontrare nessuno. Prese le cose che le servivano la donna aprì la porta molto piano per non fare alcun rumore e mise la testa appena al di fuori per assicurarsi che nessuno fosse nei dintorni e poi prese a scendere le scale per poter uscire grata di aver portato con sé la mappa del castello quando si accorse che le scale su cui aveva messo piede avevano iniziato a muoversi, quella sì che era una sorpresa!

 

Forse non era l’idea del secolo mettersi ad esplorare i dintorni del castello in piena notte e Yuma ricordava vagamente Neville dirgli qualcosa riguardo alla Foresta Proibita, ma l’ex Wampus non ricordava di cosa si trattasse e perciò si disse che non doveva essere una cosa importante, altrimenti non se la sarebbe dimenticata, no? In quel momento Yuma sarebbe dovuto essere in camera sua a prepararsi per andare a dormire, o almeno era quello che aveva detto a Neville, ma sfortunatamente non sentiva nemmeno un briciolo di stanchezza addosso, probabilmente dovuta all’esagerata quantità di teina che aveva in corpo (forse l’English Breakfast stava diventando effettivamente un’ossessione), e perciò aveva deciso di fare una passeggiata per riuscire a rilassarsi. Una volta uscito dal castello Yuma aveva iniziato a camminare senza una meta precisa, almeno fino a che non aveva notato l’enorme foresta che gli ricordava tantissimo quelle che facevano da sfondo alle avventure di Sandokan, il suo personaggio letterario preferito oltre che ispirazione massima in fatto di stile, e perciò aveva deciso di avventurarsi al suo interno, ignorando la vocina nella sua testa che gli ripeteva che esplorare i boschi di notte era un’idea di merda. 

Egon stava seguendo Oscar e Shakespeare che, stranamente, camminavano a passo spedito verso la Foresta proibita e, dopo aver notato una figura che era molto vicina all’ingresso della selva, capì perché e decise di avvicinarsi per capire chi fosse (cosa che stavano facendo anche i suoi cani); molti degli insegnanti erano abbastanza preparati da potersi avventurare nella foresta in piena notte, ma anche la preside McGranitt se poteva evitava di entrarci dopo il calar del sole, perciò Egon sentiva il dovere di controllare chi fosse e assicurarsi che non si trattasse di uno degli insegnati stranieri che non poteva conoscere i pericoli della foresta.

Yuma, le mani infilate nelle tasche e i capelli in faccia a causa del leggero venticello, camminava con passo rilassato lungo il sentiero sterrato che portava alla foresta facendo poco caso agli strani versi che si sembravano provenire dal cuore di essa, anzi, era così rilassato che non si aspettava di certo di essere spinto a terra da qualcosa che sul momento non riuscì a capire cosa fosse ma che avrebbe notato qualche istante dopo. Yuma si ritrovò sul petto un cane bianco e nero che lo annusò incuriosito e poco dopo ne arrivò uno identico ma di colore diverso che invece gli leccò la guancia.

«Shakespeare! Oscar!» Egon richiamò i cani a gran voce mentre si avvicinava all’uomo che avevano fatto cadere a terra «Lasciate stare il signore!»

I due cani corsero verso il padrone che li sgridò all’istante mentre Yuma, finalmente liberato dal peso del setter, si alzò scrollandosi della terra di dosso per poi iniziare a starnutire e tossire senza riuscire a smettere.

«Sta bene?» domandò preoccupato Egon avvicinandosi all’ex Wampus «Mi scusi tanto, solitamente non saltano addosso alle persone.»

Yuma annuì appena, anche se era evidente non stesse bene: «Sono allergico.» riuscì a dire tra un colpo di tosse e uno starnuto.

Egon con un colpo di bacchetta fece apparire un fazzoletto e glielo porse, poi chiamò i due setter e li legò al guinzaglio cercando di allontanarli un po’ dall’uomo che non sembrava voler smettere di tossire e starnutire. Dalla foresta si sentì un verso straziante e i due cani presero ad abbaiare, perciò Egon invitò Yuma ad allontanarsi dall’ingresso della Foresta Proibita e tornare verso il castello.

«Credo che i miei cani volessero impedirle di entrare nella foresta, riescono a sentire l’odore delle creature che la abitano, mi dispiace che le siano saltati addosso.» mormorò Egon «Non dovrebbe avvicinarsi alla Foresta Proibita di notte, è molto pericolosa.»

Yuma scrollò le spalle, ricordando all’improvviso ciò che gli aveva detto Neville e si domandò come fosse possibile se lo fosse dimenticato, d’altronde l’ex Grifondoro lo aveva avvisato di quanto fosse pericolosa la foresta, non era certo una cosa di poco conto. L’ex Wampus avrebbe voluto dire qualcosa, ma purtroppo la vicinanza dei cani lo continuava a far starnutire e tossire, perciò Egon si propose di accompagnarlo da Zeph Fender-Hartwood, che di sicuro aveva qualche intruglio che lo avrebbe potuto aiutare, visto che Hannah Abbott, l’infermiera, sarebbe arrivata la settimana seguente.

 

Cleopatra era proprio soddisfatta del suo schizzo del lago, aveva anche abbozzato in modo molto realistico il riflesso della luna sullo specchio d’acqua ed era certa sarebbe stato ancora più bello una volta dipinto. La donna, con blocco da disegno e astuccio in una mano e mappa incantata e bacchetta nell’altra, stava tornando verso la sua stanza con fare guardingo: era abbastanza sicura non avrebbe incontrato nessuno, ma non poteva abbassare completamente la guardia, infatti non poteva escludere ci fosse qualche sonnambulo o insonne che voleva prendere un po’ d’aria fresca. Quando fu vicina al portone d’ingresso del castello l’americana sentì alcuni rumori alle sue spalle, non riuscì a capire bene di cosa si trattasse (sembrava come qualcuno stesse tossendo e starnutendo insieme) perciò si voltò e notò due figure non tanto distanti da lei, Cleo sbiancò, aprì in fretta e furia la mappa e scattò dentro al castello percorrendo la prima scalinata alla velocità della luce maledicendosi mentalmente per non essersi resa presentabile prima di uscire. L’ex studentessa di Salem percorse un paio di rampe di scale a tutta velocità e quando sentì la scalinata sotto ai suoi piedi muoversi sospirò di sollievo e si fermò per prendere fiato: su quella scalinata era sola e le due figure che aveva visto non avrebbero certo potuto seguirla, forse il fatto che quelle scale si muovessero non era poi tanto male in fin dei conti.

 

Il macchinario in cui avevano chiuso Steve Rogers stava per essere aperto e tutti i presenti stavano trattenendo il respiro in attesa di vedere il risultato dell’esperimento (Zeph compreso anche se aveva visto quel film almeno un centinaio di volte) quando qualcuno bussò alla porta della stanza dell’uomo. Zeph, rannicchiato sul divano nonostante la stazza imponente, sbuffò sonoramente mettendo il film in pausa e lanciò il telecomando sul divano dopo essersi alzato per andare ad aprire furioso con chiunque lo avesse disturbato in un momento così importante.

«Ti pareva, proprio quando stavano per mostrare gli addominali di Chris Evans!» sbottò infastidito ciabattando verso la porta.

Quando la porta si aprì Egon non fece una piega mentre Yuma, che continuava a tossire e starnutire senza riuscire a smettere, scrutò Zeph con aria sorpresa: indossava delle ciabatte di con il pelo e un pigiama di flanella con sopra disegnato un orsacchiotto che però era nascosto dalla coperta di lana che lo avvolgeva quasi come fosse un mantello nonostante fosse fine agosto.

«Scusa se ti disturbo a quest’ora Zeph, spero di non aver interrotto nulla di importante.»

Zeph avrebbe voluto dire di sì, gli addominali di Chris Evans erano una cosa più che importante, ma era evidente ci fosse un problema non indifferente.

«Che gli è successo?» chiese l’ex Tassorosso indicando Yuma con la testa.

«Una reazione allergica al pelo di Shakespeare e Oscar.»

«Perché non siete andati in infermeria? Per Hannah queste cose sono una sciocchezza.»

«Hannah arriva la prossima settimana perciò speravo tu avessi qualche pozione che potesse andare bene.»

Zeph sospirò: «Posso fare un intruglio che è una specie di antistaminico, ma dobbiamo andare nei sotterranei.» l’uomo si chiuse la porta alle spalle e rabbrividì all’istante stringendosi nella coperta «È possibile che in questo castello faccia sempre così freddo? Che palle.»

 

 

* * *

 

 

Sparpagliat0 per la torre di Astronomia c’era un bel gruppetto di studenti, chi seduto per terra, chi sulle scale e chi sulla traversa inferiore delle finestre, erano tutti intenti a discutere e ridere animatamente di chissà quale pettegolezzo o fatto divertente successo a lezione. Murphy era seduto per conto suo in completo silenzio, ascoltava distrattamente i discorsi degli altri ragazzi e si domandava per quale assurda ragione si trovasse lì, d’altronde non era stato invitato, era stata sua sorella a trascinarlo lì con lei, ma era evidente che il giovane Corvonero c’entrasse poco con l’intero gruppo. Hana invece era seduta di fianco a una delle sue compagne di Casa e stava ascoltando quest’ultima parlare di come Egon Cecil, uno dei Corvonero più chiacchierati della scuola, fosse stranamente ancora single, anche se lei (come molti altri loro compagni) era convinta che in realtà ci fosse del tenero tra lui e Maisie-Mae Oleander, una sua compagna di classe, dato che i due giravano quasi sempre insieme; Hana si ritrovò a mordersi il labbro un po’ delusa senza nemmeno volerlo e distolse lo sguardo incontrando la figura esile di Murphy. La Tassorosso si alzò, stufa di sentire le sue compagne sbavare dietro ad Egon e mormorare quanto Maisie fosse fortunata, e raggiunse il ragazzo che se ne stava seduto da solo in un angolo.

«Ciao, posso sedermi?»

Murphy incrociò lo sguardo della ragazza e la squadrò non riuscendo a capire perché la Tassorosso volesse sedersi di fianco a lui, ma dopo che Hana gli rivolse un sorriso incoraggiante, il ragazzo annuì.

«Mi chiamo Hana Ashworth.» la ragazza allungò la mano.

«Murphy Lightwood.»

«Piacere Murphy, come mai sei qui tutto solo?»

 

«Mi sono veramente divertita questa mattina, mi era mancata l’Inghilterra.»

«La prossima volta che vieni a Londra dobbiamo andare al British Museum, ho sentito che hanno aperto alcune nuove mostre.»

I due adulti erano seduti nella Torre di Astronomia, uno dei luoghi in cui preferivano ritrovarsi gli studenti quando i due frequentavano Hogwarts per poter chiacchierare e guardare il panorama, e stavano continuando la sessione di chiacchiere iniziata quella mattina, contenti di poter finalmente parlare di persona invece che via messaggini e videochiamate.

«Assolutamente, appena ne avremo l’occasione ci verrò volentieri!» annuì l’ex Tassorosso con un enorme sorriso per poi guardarsi intorno «Ti ricordi quando venivamo qui la sera a chiacchierare? È stato un peccato esserci conosciuti tardi ad Hogwarts e anche esserci frequentati poco, mi sembra di aver perso del tempo che avrei potuto spendere a chiacchierare di libri invece che ascoltare le mie amiche spettegolare per ore.»

Murphy sorrise annuendo appena, anche a lui sarebbe piaciuto conoscere Hana prima, ma all’epoca non era molto popolare e di certo il fatto di avere un anno di differenza ed essere in Case diverse non aveva aiutato.

«Marybeth, la mia compagna di stanza, non faceva che parlare di Egon Cecil tutto il tempo, gli aveva persino comprato dei cioccolatini a San Valentino, ma poi non aveva avuto il coraggio di darglieli.» mormorò Hana mentre osservava il parco del castello dalla finestra «In un certo senso è come essere tornati a scuola, ci sono alcuni dei nostri vecchi compagni e anche alcuni dei nostri professori.»

Murphy esibì una piccola smorfia che si impegnò a nascondere subito, no, non gli piaceva per niente la prospettiva di tornare a scuola.

«In un certo senso sì.» borbottò Murphy torturandosi nervosamente le mani «Spero solo che questa volta sia diverso, anche se Egon, Maisie, Dorian, Maeve… non sembrano cambiati affatto non trovi? Forse nemmeno noi siamo cambiati moltissimo.»

«Forse no, ma siamo cresciuti, anche se in effetti ho visto alcune delle professoresse straniere rivolgere qualche occhiata ad Egon.»

Murphy ridacchiò e poi affermò che Egon di certo non sarebbe stato tanto felice di saperlo, infatti non amava ricevere attenzioni di quel tipo, o essere al centro dell’attenzione in generale.

«Oh e come mai? Non dirmi che ha paura che la sua ragazza s’ingelosisca!»

«Non ha una ragazza, che io sappia.» Murphy alzò le spalle.

«E gli altri?» domandò Hana.

«Non ne ho idea a dire la verità, posso solo rispondere per Maisie, credo che anche lei sia single.»

Hana annuì, non era da lei spettegolare, ma una persona poteva anche essere curiosa no?

«Comunque qualcosa è cambiato da quando eravamo studenti: ora possiamo andare in biblioteca a qualunque ora del giorno e della notte!»

I due si scambiarono uno sguardo, entrambi con gli occhi che scintillavano, quella sì che era una bella notizia!

 

 

* * *

 

 

(1) Buona serata

(2) Buona serata anche a lei
La traduzione è stata fatta con google translate dato che non conosco il portoghese e nel caso in cui decida di inserire dei pezzi in altre lingue a me sconosciute utilizzerò sempre quello, perciò se qualcuno conosce le lingue in questione e nota degli errori è più che benvenuto a farmelo presente, grazie c:

(3) Si tratta di un termine coreano che significa fratello maggiore, è un termine vezzeggiativo usato da una ragazza nei confronti di un fratello o un amico più grande, il termine è anche segno di grande rispetto.

 

 

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Hello everyone!
Eccomi finalmente con questo tanto atteso capitolo, spero che possa essere di vostro gradimento almeno abbastanza da farmi perdonare per il ritardo che purtroppo come ormai avrete notato è una costante nella mia vita da autore e recensore su efp. Come molte di voi sicuramente sapranno già quest’anno ho cambiato corso universitario e perciò ho accumulato ancora più ritardo rispetto al solito dato che ho dovuto trasferirmi, rimettermi in pari con gli esami, ecc.; questa non è l’unica motivazione del mio tremendo ritardo però sicuramente è stata un’aggravante e mi ha rallentata parecchio. In ogni caso mi scuso per l’ennesima volta della mia lentezza cronica e mi auguro di riuscire a velocizzarmi almeno un minimo con aggiornamenti e recensioni d’ora in poi anche se ad essere totalmente sincera non credo molto in questa affermazione, lo dico spesso ma poi succedono sempre mille e cose e va a finire che il ritardo aumenta a dismisura, ma almeno ci proverò, promesso

Scusate se mi ripeto: alcuni OC appaiono meno degli altri o per il momento hanno avuto poche interazioni, purtroppo essendo questo, come lo scorso capitolo, un capitolo ancora introduttivo ho deciso di gestire così i personaggi e le poche interazioni, ma dal prossimo entreremo più nel vivo della storia e perciò non vi preoccupate, tutti avranno più spazio e ci saranno molte più interazioni! A proposito di questo: fatemi pure dei nomi in privato di personaggi che vorreste veder interagire con il vostro OC, è del tutto facoltativa come cosa, ma se avete qualche preferenza non abbiate timore di farmelo presente, sarò ben felice di esaudire le vostre richieste se possibile c:

Detto ciò vi ringrazio come sempre per la pazienza e ci leggiamo presto con le disavventure dei nostri prof, ma probabilmente ancora prima con quelle dei nostri adolescenti in cerca d’amore per chi segue anche il Cercle.

A presto,

 fran x 

   
 
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