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Autore: vodkadratini    09/09/2022    0 recensioni
2021, una nuova generazione di Potter e Weasley calca i corridoi di Hogwarts e non ha mai conosciuto altro che pace. Non tutto è rose e fiori, però: sono figure distanti e privilegiate, così difficili da raggiungere anche per chi, come Hecuba Rathbone, ha letto e riletto le storie degli eroi della Seconda Guerra Magica fino allo sfinimento. Se c'è una cosa che non ti insegnano i libri, però, è che qualche volta le braci continuano a bruciare nascoste sotto la cenere.
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Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Famiglia Weasley, Lily Luna Potter, Lorcan Scamandro, Minerva McGranitt, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Disclaimer: non possiedo Harry Potter e non ricevo guadagno da questa fanfiction.
Miei sono solo i personaggi nuovi, ma il mondo in cui si muovono è di J.K.Rowling.



 
.I. 
 


King’s Cross fremeva caotica, animata dell’entusiasmo collettivo di decine e decine di studenti in partenza e non era difficile indovinare quali fossero i figli di Babbani in mezzo alla folla. Avevano mascherine azzurre legate ai polsi o abbassate appena al di sotto del naso di cui si sarebbero disfatti sul treno, ché la magia sembrava proteggere anche dalle epidemie mondiali, quando si trattava di malattie non magiche. Su insistenza della madre, Hecuba Rathbone teneva la propria in tasca, appallottolata e coperta di pelucchi che non sarebbero più andati via.
Non aveva mai visto così tante persone tutte assieme, il fervore nel tentativo di farsi sentire oltre i rumori di sottofondo, lo sgomitare per conquistare il posto migliore sul treno e i baci d’addio troppo rapidi e quasi vergognosi rivolti ai genitori che restavano indietro. Anche lei rientrava alla perfezione nello stereotipo, come la maggior parte dei ragazzini. Aveva terminato i saluti appena oltre la barriera del binario in modo che nessuno potesse pensare che fosse riluttante ad andare, e ora procedeva a testa alta trascinandosi dietro il baule nuovo di zecca, tutt’altro che intimorita alla prospettiva di prendere un treno per la prima volta. Con un occhio teneva sotto controllo il flusso di gente che caricava i bagagli nella carrozza apposita e saliva per prendere posto, mentre con l’altro studiava i volti degli accompagnatori, sperando di poter vedere le persone di cui tanto aveva letto nei libri. Perché non c’era libro, intervista, cronaca romanzata che non avesse letto a proposito di Harry Potter, salvatore del mondo magico. Hecuba era cresciuta con quel genere di favole della buonanotte, complice un padre Grifondoro qualche anno più giovane del famoso Golden Trio. Aveva sfiorato la leggenda con mano, aveva calcato gli stessi corridoi e indossato gli stessi colori. Cosa poteva esserci di più glorioso?
“Ma guarda tu se non è la piccola Cuba!”
La ragazzina si arrestò sui propri passi, calando la testa fino a colpirsi il petto col mento. Aveva riconosciuto la voce e non era per nulla entusiasta di dover rispondere a quel nomignolo infantile. Un ragazzo lentigginoso con una chioma di folti capelli castani troneggiava su di lei, uno zaino da trekking in spalla e un’altra borsa da viaggio a tracolla. Sembrava essere cresciuto tutto d’un colpo e nei punti sbagliati durante l’estate, tanto da trovarsi ad avere braccia e gambe troppo lunghe che lo costringevano a muoversi goffamente. In poche parole, un tipico adolescente. Con lui c’era un ragazzo tarchiato e biondo butterato dall’acne che indossava pantaloni bianchi troppo stretti e trascinava con sé un trolley coperto di adesivi delle Holyhead Harpies.
“Non mi hai sentito? Dai, non si salutano i cugini? Magari saremo compagni di casa, sempre se riesci a finire a Grifondoro...” Il modo in cui trascinava le vocali era evidentemente canzonatorio, ma pungeva la ragazzina sul vivo.
“Certo che finisco a Grifondoro!”
“Non lo so, Cuba. Ci sono pochi posti, non so se mi spiego. Con tutti i Potter e gli Weasley che finiscono a Grifondoro ogni anno, per la gente normale le possibilità sono minori. Quest’anno c’è già la sorella minore di Freddy e poi dovrebbe esserci pure tuo fratello, vero Bill?”
Il ragazzo tarchiato annuì, voltandosi indietro come ricordandosi solo in quel momento del fratello in questione. “Sì, sarà già sul treno… Comunque è vero, solo persone davvero speciali vengono smistate in Grifondoro – oltre ai Figli Di, ovviamente.” e si asciugò le mani sudate sui pantaloni, lasciando un segno umidiccio, prima di aggiungere con tono bonario: “Mi spiace, non prenderla male.”
“Anche se finisci altrove non casca il mondo. Chi è che volevi conoscere, Jamie Potter? Te lo presento io.”
“Mh.” Hecuba si incupì, ancora una volta incapace di non abbozzare il colpo. Suo cugino Kyle Watson gonfiava il petto, ammiccava e scopriva i denti un po’ storti da quattro anni, da quando era stato miracolosamente smistato in Grifondoro. Lo trovava sgradevole e presuntuoso, privo di qualsiasi bagliore di carisma, talento o semplice empatia. Era il genere di persona che credeva di avere il mondo in mano per il semplice privilegio di una divisa bardata di rosso e oro e non perdeva occasione di far pesare i quattro anni di anzianità su di lei, mettendole in testa cattivi pensieri.
“Beh, ti dobbiamo salutare. Abbiamo i nostri amici che ci aspettano sul treno.”
“Ciao.”
Fu solo grata dell’interruzione e di poter tornare a dedicarsi alla scansione della stazione dei treni gremita a caccia del tipico rosso Weasley, anche se meno contenta di prima. Era un difetto del suo carattere l’incapacità di farsi scivolare addosso i commenti o di escludere le opinioni non richieste. Razionalmente sapeva di non doversi fidare di Kyle: non presentava argomentazioni particolarmente convincenti e nonostante sostenesse di essere migliore amico di James Sirius Potter dal suo primo anno, non era stato capace di esibire neanche una lettera scritta di suo pugno, solamente un foglio di pergamena accartocciato con delle sbavature che potevano essere opera di chiunque. L’idea che Grifondoro fosse una casta privilegiata non le andava particolarmente a genio. Poteva obiettare, nel silenzio della propria mente, che non era poi così elitario come gruppo se ammetteva tra le proprie file anche degli idioti come Kyle, dalle gambe di ragno, e il suo amico Bill. Decise comunque di aspettare un po’ prima di liberarsi del baule, pena l’eventualità di incrociare nuovamente il cugino e si fece un po’ da parte per continuare a spiare la folla. Finalmente la sua giornata giungeva a una svolta: con fischi e strilli di ammiratori giungeva una nutrita delegazione di Weasley, su cui troneggiava un uomo di mezz’età allampanato, la stempiatura incipiente e il fisico appesantito da ex giocatore di Quidditch.
“Ron Weasley! Quello è Ron Weasley!”
Con lui altri due adulti con simili tratti somatici, una donna dall’aspetto curato e un uomo più basso e robusto, ed Hecuba scattò in avanti, cercando anche lei di cogliere uno scorcio di celebrità, di sfiorare la brillantezza per qualche secondo. Con la mano protesa e la valigia come una zavorra rimasta qualche passo più indietro, il tentativo di avvicinarsi venne contrastato dall’accalcarsi della gente, di chi come lei era in attesa dei famosi eroi di guerra. Possibile? Sembrava quasi di scorgere dei capelli scuri che cominciavano a tingersi di grigio, magari degli occhiali tondi…
Ma nel mare di schiene in movimento, Hecuba perse di vista i propri piedi e finì per inciampare. Carponi, col solo baule a proteggerla dall’incontro ravvicinato con la scarpa di un tizio, l’attacco di panico la sfiorò da vicino e quasi dimenticò come si facesse a respirare. Per fortuna non durò molto. A trarla in salvo fu una studentessa più grande, che indossava già l’uniforme scolastica e che, a giudicare dalle bardature giallonero e dalla spilla appuntata al petto, era Prefetto di Tassorosso.
“Tutto bene? Quando c’è tanta gente può diventare pericoloso se si sta fermi in un punto, meglio muoversi sempre.” Con passi decisi la scortò fino alla carrozza bagagli. Ora, contro la fiancata tiepida dell’Hogwarts Express, nonostante l’odore di olio e metallo e sudore che le impregnava le narici, la ragazzina tornò a respirare. “Meglio? Sono Amanda Paddle, Prefetto di Tassorosso. Sei del primo anno, vero?”
Hecuba annuì, un po’ intimorita e ancora scossa. Con la coda dell’occhio tendeva ancora al punto in cui gli Weasley erano stati inghiottiti dalla folla senza che lei avesse il tempo di fare alcunché. Sospirò. “Sì. Grazie dell’aiuto.”
“Figurati. Capita più spesso di quanto si pensi. Facciamo le ronde e aiutiamo le matricole ad arrivare sane e salve a bordo. Ti aiuto coi bagagli, vuoi? Solo questo?” La Prefetta Paddle dispensava sorrisi amichevoli a tutti. Aveva il volto abbronzato di chi è abituato a stare all’aria aperta e capelli lunghi e biondi in una coda di cavallo. Sotto il tessuto della divisa aveva i muscoli definiti di chi, con ogni probabilità, giocava a Quidditch nel tempo libero, non a caso non ebbe difficoltà a caricare il baule di metallo di Hecuba nella carrozza bagagli. “Spero di vederti in Tassorosso!”
I muscoli d’acciaio del treno fremevano e il fischio annunciò che era ora di prendere posto. La ragazzina non perse molto tempo a guardarsi indietro, la gentilezza della Prefetta facilmente dimenticata con quell’ultima frase che per lei era stata quasi di malaugurio. Non voleva finire a Tassorosso, non voleva finire in nessun posto diverso da Grifondoro, anche se avesse voluto dire sopportare la presenza di suo cugino in sala comune per altri tre anni.

Era stata fiera, poi amareggiata e infine spaventata; toccava a una nuova sfumatura di agitazione che era un misto di tutte le tre emozioni passate prendere il sopravvento mentre apriva la porta del primo scompartimento possibile e infilava dentro la testa. Una parte di lei, che seppelliva nei meandri sicuri del proprio inconscio, immaginava già di trovare un unico posto libero proprio di fianco a James Potter, che l’avrebbe invitata a passare il Natale con la sua famiglia e alla fine, magari, le avrebbe pure chiesto di sposarlo. James Sirius Potter, con i suoi capelli sempre spettinati e la scopa da corsa da milioni di galeoni! Mai si sarebbe lasciata sfuggire quel segreto privato, personalissimo, dopo l’errore fatale di sei anni prima: la sua amichetta d’infanzia aveva tradito una confidenza che le aveva fatto con il cuore in mano, e nel peggiore dei modi possibili. In presenza di Kyle, forse cercandone l'approvazione, aveva svenduto l’ammirazione pura e spontanea della propria amica per il primogenito dei Potter, di cui avevano visto la foto sulla Gazzetta del Profeta della settimana prima, e l'aveva condannata a una vita di derisione infantile, di prese in giro non troppo bonarie. Difficile che un'amicizia potesse sopravvivere a qualcosa del genere, ma quella era un'altra storia.
Lo scompartimento era pieno di studenti più grandi che chiacchieravano animatamente. Si interruppero solo un attimo vedendola entrare per lanciarle lunghe occhiate neutrali. Un giudizio inespresso si formava nei loro occhi. Tra tutti, come catalizzatore dell’attenzione generale svettava un ragazzo alto e biondo, con lineamenti fini e occhi così chiari da sembrare argentei; le sue ciglia erano dorate e proiettavano un’ombra attraente sulle sue guance ed Hecuba non poté fare a meno di notare quanto fossero lunghe, quasi femminili.
“Possiamo aiutarti?” domandò, con una leggera inflessione nella pronuncia che macchiava l’inglese di vocali turbate.
“Ah? Ah. I-io… sto c-cercando un posto” biascicò lei, atterrita dal fatto che le avesse rivolto la parola.
“Mi dispiace, questo scompartimento è pieno. Dovrai provare in un altro”. Cortese, aveva inclinato la testa e sollevato gli angoli della bocca per salutare, non concedendo propriamente un sorriso pieno ma qualcosa che disturbava comunque lo stomaco di Hecuba senza che potesse capire bene in che modo. “Comunque, stavo dicendo…”
La ragazzina batté in ritirata, furono le gambe a portarla in salvo, muovendosi di volontà propria. Il senso di fascinazione le era passato addosso come un brivido e persisteva sotto la pelle. Non era qualcosa che sapeva spiegarsi razionalmente: aveva undici anni e non si era sentita mai schiacciata dalla presenza di qualcuno, non così. Non era neanche sicura che fosse una bella sensazione.
"Merlino", annaspò quasi, appoggiata alla parete, diretta a nessuno in particolare. Inaspettatamente giunse una risposta da una persona che a quanto pareva aveva assistito all’intera scena. Carnagione scura, lentiggini, capelli ricci di una particolarissima sfumatura di castano ramato raccolti in decine e decine di trecce fitte legate sulla nuca in una coda di cavallo, Hecuba squadrò la sconosciuta con angoscia, come aspettandosi che cominciasse a prenderla in giro. Aveva l’aria scanzonata e il suo tono era quasi annoiato: “Era Louis, scommetto. È veela per un ottavo, fa quell’impressione a tutti. Che poi, è Caposcuola, quindi non dovrebbe neanche stare qui… ma vabbè.”
Hecuba non sapeva cosa volesse dire veela, ma non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura. Piuttosto, tentò di aggrapparsi alla nuova ventata di informazioni con il briciolo di autocontrollo riacquistato: “Caposcuola?”
“Sì, spero tu sappia che cos'è. È tipo il rappresentante degli studenti. Chi meglio di Louis Weasley?”
Il cervello di Hecuba aveva smesso di funzionare. S’imbarazzava facilmente, come tutti i ragazzini smaniosi di impressionare gli altri e ossessionati dalle prime impressioni; per carattere avrebbe esaminato e riesaminato la scena per l’intera giornata, convinta di aver buttato alle ortiche l’incontro più significativo della sua vita. La delusione le si doveva leggere in faccia, perché la ragazzina che le stava davanti alzò gli occhi al cielo e sbuffò. 
"Ti assicuro che non si ricorderà neanche di averti vista. È continuamente circondato da ragazze e ragazzi adoranti, figurati se fa caso a chi lo vede una volta e fa una figura così e così". 
Il commento nasceva per essere incoraggiante, forse, ma Hecuba da esso non avvertì alcun sentimento positivo. Se possibile, ingigantì il dramma ancora di più. Con gli occhi socchiusi quasi per la diffidenza, fronteggiò la sconosciuta col petto in fuori, come qualcuno da cui si ha appena subito un grave torto. "Beh, perché tu che ne sai?"
L'espressione della ragazzina con le trecce mutò. L'aria di generosa sopportazione svanì come un'ombra e lasciò il posto all'ostilità pura e semplice. Non le restava che presentarsi, immaginava. "Sono sua cugina. Roxy. Vorrei poter dire che è un piacere". 
La spavalderia abbandonò il cuore di Hecuba. Non desiderava altro che la terra si aprisse per inghiottirla e non sputarla fuori mai più. Si sentiva idiota, si sentiva così tragicamente idiota per non aver collegato prima tutti i punti, per aver mancato un indizio, per non essere stata all'altezza di quanto si era prefissa, per non aver frenato quella dannata lingua che si ritrovava e che sua madre le rimproverava sempre... Morse il lato della lingua con tanta cattiveria e mortificazione da provocarsi dolore fisico. Solo dopo qualche istante, con voce debolissima, riuscì a offrire il proprio nome.
"Hecuba”. Eccole, poche sillabe arrivate a fatica che l’avevano salvata dal mutismo ma che non si erano trascinate appresso nessuna corda di sicurezza, nessun gommone di salvataggio. Con quella breve presentazione veniva esaurita l’intera materia della conversazione dopo qualche canonico istante di imbarazzo reciproco e antipatia unilaterale. Hecuba avrebbe perdonato qualsiasi affronto, Hecuba avrebbe chiesto scusa in ginocchio, avrebbe giurato che non le avrebbe mai più mancato di rispetto, ma la conversazione si esauriva con Roxanne Weasley che si spazzolava i jeans, bussava alla porta dello stesso scompartimento in cui l’altra non aveva avuto fortuna e trovava miracolosamente posto dopo aver aggiunto un semplice “Beh, allora ciao.”
Rifiutata due volte, non del tutto sicura di aver vissuto davvero gli ultimi tre minuti, Hecuba si trascinò mestamente verso il secondo scompartimento, poi il terzo, poi il quarto. Erano tutti pieni di gruppetti già formati, nessuno incline all’inclusione di una ragazzina sconosciuta con l’aria di essere stata respinta dal mondo intero e non facevano che prolungare gli istanti di agonia che spendeva in quella umiliante sfilata. L’avessero fatta passare sotto il giogo dei vincitori, forse l’avrebbe presa meglio di così.
E quel che era peggio, era l'impressione di aver rovinato tutto, la paranoia che le diceva che Roxy Weasley avrebbe parlato male di lei all'intera scuola prima ancora che il treno fosse giunto a destinazione.


+++
Nda: ecco Hecuba, anche se con un po' di ritardo! Ho cambiato l'impaginazione di entrambi i capitoli, mi disturbava, e le note. Spero di riuscire a postare con più regolarità da ora in poi. Grazie di cuore a chi ha aggiunto la storia alle seguite e a chi ha lasciato (o magari lascerà) un commento o qualsiasi segno del proprio passaggio! 
   
 
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