- Ne
devo dedurre che sarete voi a partirete per questa
missione che è a tutti gli effetti un suicidio! - fu la
risposta esterrefatta
di Murtagh non appena Eragon ebbe finito di esporgli la sua idea di
accettare la
missione proposta dal capitano Daco.
Eragon
sapeva, fin dall’inizio, che avrebbe incontrato le
resistenze del fratello. Facendo appello a tutta la sua calma
cercò di placare le
proprie paure.
-
Non dico che dobbiamo accettare ogni cosa che ci
proporranno ma non possiamo negare che la ricerca ci riguarda da vicino
- Murtagh
lo guardò disarmato e scosse la testa.
- Sei così ansioso di frequentare nuovamente le prigioni di
Isobel? –
gli chiese in tono provocatorio. Eragon
tacque per alcuni secondi. Quella possibilità gli aveva
sfiorato la mente più
di una volta ma aveva cercato sempre di allontanare quel pensiero.
Murtagh non
accennava a smorzare i toni e stavano lentamente minando la sua
determinazione.
Eragon,
Murtagh ti vuole bene ma non devi permettergli di
farti dubitare di te stesso o di noi. Le parole della
dragonessa arrivarono
in tempo a sostenerlo quando stava iniziando a cedere.
Vorrei
solo che avesse più fiducia in me. Le rispose
cercando
il sostegno nella sua presenza. La replica della dragonessa non
tardò ad
arrivare Ce l’ha, ha solo paura per te
Eragon
le annuì mentalmente - Temo il suo potere più di
quanto immagini Murtagh ma abbiamo imparato tanto da allora. - Rispose al fratello con
voce mesta, gli occhi
appena socchiusi
- Se
parli così non lo temi abbastanza - fu la risposta secca
dell’altro. Eragon sospirò riaprendo gli occhi
- D’accordo, che
cosa
proponi di fare? -
rispose esasperato
dall’ennesimo rifiuto del fratello.
- Se
fossimo io e Castigo a partire e tu ti occupassi
dell’allenamento di Reafly? – rispose Murtagh a sua
volta con una domanda.
Eragon aveva valutato anche quella possibilità e
lanciò al fratello un sorriso
sconsolato.
-
Potreste ma sarebbe pericoloso lo stesso, se non peggio –
a quelle parole Murtagh alzò un sopracciglio guardandolo
intensamente in attesa
che continuasse. Eragon si affrettò a rispondere.
-
Pensaci Murtagh, Isobel ci ha involontariamente dato un
vantaggio. Ha obliato il ricordo della nostra presenza dalle menti
della
popolazione. Se seguiremo un percorso lontano dalle città mi
basteranno
incantesimi semplici per riuscire a mantenerci nascosti -
Murtagh
rimase in silenzio mentre Castigo entrava lentamente
nella mente del suo cavaliere. Tigre, perché ti
ostini a trattarlo come un cucciolo.
Non potrai proteggerlo per sempre
La risposta di Murtagh arrivò triste. Ti sbagli.
Non sono riuscito a fare
neanche quello.
Castigo
si avvicinò di nuovo ma Murtagh cercò di ritrarsi
Se
continuerai ad opporti otterrai solo di allontanarlo da
te. L’osservazione
del drago lo colse di sorpresa. Castigo aveva ragione.
- Va bene, ammettiamo
che sia tu a partire. Cosa vuoi che ti dica? -
Ammise alla fine mentre sentiva il gorgoglio soddisfatti
di Castigo.
-
Potresti iniziare facendomi sapere che mi dai il tuo appoggio
-
-
Eragon questo… -
-
Aspetta fammi finire. So che questa missione è piena di
insidie e pericoli, ma non l’avrei mai voluta affrontata da
solo. Se non
avessimo avuto delle responsabilità nei confronti di Reafly
ti avrei voluti al
mio fianco in questo viaggio. - fece una piccola pausa come ad
accertarsi che
il fratello fosse ancora lì ad ascoltarlo
-
Puoi accettare questo? -
- Ho
alternative? - disse ed Eragon era già pronto a
rispondere quando Murtagh alzò una mano per fermarlo. -
Perdona Eragon, hai
ragione è solo che non vorrei che fossi sempre tu sia il
solo a rischiare così
tanto -
-
Avrò Saphira al mio fianco a proteggermi e rischieremo il
minimo possibile - appena finì la frase Eragon seppe che non
avrebbe mai potuto
mantenere quella promessa. Dall’altra parte Murtagh si fece
bastare quelle
parole, nessuno dei due aveva voglia di discutere ancora.
- Ti
voglio solo dire un’ultima cosa - La voce del fratello
arrivò all’improvviso e un sorriso amaro gli
increspò le labbra mentre Eragon
alzava la testa per ascoltare - La regina è molto astuta ed
è forse più
pericolosa dello stesso Galbatorix. Trova presto quello che stiamo
cercando e
ritorna indietro. – La sua voce era diventata una supplica.
Eragon non lo aveva
mai visto così preoccupato.
- Te
lo prometto -
***
Il
consiglio era già riunito nella sala delle udienze. Daco
sedeva tra gli altri membri in attesa, come tutti,
dell’arrivo dei cavalieri e del
re. Si era messo a parlare con alcuni di loro, la sua voce era bassa e
suadente
mentre chiacchierava con disinvoltura, solo il suo sguardo, ogni tato,
si
spostava dal proprio interlocutore nella speranza di intercettare
quello di Arya
che sedeva dalla parte opposta a loro, accanto a Jill.
L’elfa,
dall’altra parte, aveva notato da tempo le sue
occhiate ma aveva abilmente evitato ogni contatto diretto con lui. Era
tornata
a indossato la sua vecchia maschera di impassibilità che le
aveva permesso
tante volte di isolarsi e osservare ciò che la circondava
con il giusto distacco
e obiettività. Dopo la morte del suo primo amore, Faolin,
per mano dello spettro
Durza era stata a lungo la sua unica espressione. Non c’era
stato nemmeno il
tempo di piangerlo, la guerra contro Galbatorix non glielo aveva
permesso, esigendo
la sua presenza senza se e senza ma. Solo accanto ad Eragon, con il
tempo, aveva
trovato il coraggio di abbassare nuovamente quelle difese e far
riemergere a
poco a poco la vera Arya. Guardando indietro, l’elfa sapeva
che non avrebbe potuto
dare il suo cuore a nessun’altro che a lui e quando vide
entrare accanto a
Murtagh, i suoi occhi si illuminarono di pura di gioia.
Entrando
nella sala delle udienze Eragon si distaccò dal
fratello e andò dritto verso Arya. L’aveva cercata
con gli occhi e quando
riuscì a incrociare il suo
sguardo le
sorrise subito con lo stesso entusiasmo dell’elfa. In quel
momento era come se
ci fossero solo loro nella stanza.
Incrociarono
le loro dita sfiorando il palmo delle mani per
poi stringerle, salire alle braccia e fermarsi continuando a guardarsi
negli
occhi. Quel breve attimo sembrò ad entrambi senza fine. Fu
la voce di Murtagh a
destare Eragon da quel momento. - Il re è arrivato
– lo sentì mormorare e le
voci intorno a loro scemare in brusio appena sommesso. Ancora con la
mano di
Arya nella sua si voltò verso la porta.
Arold
entrò portando sotto braccio un grosso rotolo di carta
affiancato da Aglaia e Xavier ma non era stata la loro presenza a
suscitare
tanto stupore. Appena dietro di loro un elfo li stava seguendo
mantenendosi a
debita distanza. Quest’ultimo era di statura più
bassa rispetto agli altri, Eragon
non avrebbe saputo dire la sua età ma camminava curvo da una
parte trascinandosi
sulla gamba destra che muoveva con una certa rigidità. I
suoi capelli erano
neri corvino ad eccezione di un’unica ciocca canuta che
brillava con sfumature argentee
sulla fronte dandogli un aspetto fanciullesco. Era vestito con abiti
morbidi,
casacca e pantaloni ma aveva i piedi scalzi.
L’elfo
scambiò due parole con Aglaia la quale, si
distaccò
da Xavier ed Arold e accompagnò l’elfo verso i
banchi dove si trovavano Eragon
e Murtagh. Lo sguardo dell’elfo passò rapidamente
da l’uno a all’atro cavaliere
mentre Aglaia lo presentò a loro - Cavalieri, questo
è Par -
-
Chi di voi due è Eragon? – chiese lui senza
riuscire a
nascondere una nota di apprensione nella voce. I due fratelli si
guardarono per
un attimo poi Eragon fece un passo avanti.
-
Sono io - nell’udire la risposta un brivido sembrò
attraversare il piccolo elfo facendolo tremare per un istante - Io sono
Par e
posso guidarti nelle Terre Selvagge -
Eragon
guardò gli astanti che avevano iniziato a scambiarsi
sguardi e parole a mezza bocca. Non c’erano dubbi che era
stata la sua presenza
a creare tanta agitazione.
-
Non si era mai parlato di un guida – disse rivolto ad
Aglaia accanto a loro. In cuor suo Eragon aveva immaginato di essere
solo con
Saphira. Viaggiare con una terza persona avrebbe cambiato molte cose.
Anche
io avrei preferito stare solo noi due ma ascoltiamo
prima quello che hanno da dire intervenne pronta la voce di
Saphira. Eragon
percepì tutta la curiosità della dragonessa nei
confronti di Par.
Intervenne
il re che nel frattempo aveva spiegato la carta
sul tavolo - Non vi è stato detto nulla perché
Par ha fatto richiesta di unirsi
alla missione solo ieri sera ma ha posto delle condizioni che vorrei
ascoltaste.
Lascio ad Aglaia il compito di spiegare -
Arold
indietreggiò di un passo in favore della ragazza. - Grazie
Arold - mormorò Aglaia prima di andare al tavolo dove era
stata distesa la carta
geografica. Andò a puntare il dito su una grande area verde
oltre i confini di
Zàkhara. – Come molti di voi sanno queste sono le
Terre Selvagge. – disse
facendo una piccola pausa perché tutti prestassero
attenzione.
- È un territorio
per
la maggior parte inesplorato di cui si conosce poco e niente. I suoi
confini
sono protetti dalla catena montuose del Gran Massiccio e il solo varco
fino ad
ora conosciuto si trova qui, nei territori controllati da Isobel.
Aggirare il
blocco, che avrà sicuramente organizzato,
richiederà molti giorni di viaggio
con il rischio costate di essere avvistati e catturati dalle
guarnigioni di
soldati la cui presenza è stata confermata anche dal
capitano Xavier qui
presente. Anche se si compie il viaggio sul dorso di un drago -
continuò
lanciando uno sguardo in direzione dei due cavalieri - Fino ad ora
pensavamo
che fosse l’unico passaggio sicuro nell’entroterra,
ma non è così. Par, qui al
mio fianco, ne è a conoscenza di un altro –
concluse lasciando spazio all’elfo.
Par prese un profondo respiro e si fece avanti salendo su uno sgabello
che
aveva trascinato dai banchi alle sue spalle. Si issò e
grazie all’aiuto di
Aglaia si mise in piedi in modo che tutti potessero vederlo
- Lo
rivelerò a patto che venga con noi Eleonor, la bambina con
il marchio dei cavalieri di cui avete parlato l vostro arrivo. Anche
lei deve partecipare
alla missione. Non è una condizione trattabile. -
finì di dire Par con voce
pacata ma decisa.
Il
volto di Eragon si contrasse in una leggera smorfia nel
sentire il basso ringhio della sua dragonessa rimbombargli nella mente
- Io e
Saphira ci chiediamo per quale motivo dovremmo accettare le tue
condizioni e
mettere a rischio le nostre vite e quella della piccola - chiese Eragon
con
voce asciutta. Aveva parlato con altrettanta calma e Par
reagì alla domanda con
un sorriso laconico, senza scomporsi - È tutta questione di
fiducia. È di
questo che si tratta vero? -
-
Puoi biasimarli? -
intervenne allora Murtagh sostenendo il punto del fratello.
- No
- rispose Par - non mi conoscete neppure ma non posso darvi
una risposta - Eragon si morse un labbro per trattenersi dal rispondere
e posò
una mano anche sul braccio di Murtagh chiedendogli di fare altrettanto.
– Posso
dirvi perché non ho simpatia per Isobel e perché
Anche io come tutti voi voglio
che il suo regno cada se questo vi aiuterà a prendere la
decisione giusta -
- Ti
ascoltiamo – si limitò a dire Eragon facendo un
cenno a
Par di continuare
- Quasi undici anni
fa Arold mi chiese di organizzare una spedizione nelle Terre Selvagge,
un
ultimo disperato tentativo cercare possibili alleati nella guerra
contro
Zàkhara.
Quella
spedizione fu un totale fallimento. Le Terre Selvagge
sono un territorio aspro e impervio ci ha risucchiato e buttato fuori
distruggendoci. Uno ad uno vidi i mei compagni cadere nel tentativo di
tornare
a casa. Solo io riuscii a varcare la frontiera vivo ma completamente
solo. Risalendo
lungo il confine per raggiungere un porto sicuro per tornare a casa
venni
catturato dal nemico. Appresi che anche Isobel da tempo desiderava
esplorare
quelle terre. Mi torturò per estorcermi tutto quello che
avevo visto e appreso.
Cercai di resisterle ma alla fine cedetti rivelandole molte cose tra
cui l’ubicazione
di uno dei due varchi che ora controlla. Sono riuscito a tenere segreto
il
secondo solo riuscendo a fuggire. Non vado fiero per aver parlato e
porto
ancora i segni della mia debolezza come un’onta -
Il
volto di Eragon era livido. Non c’è menzogna nelle
sue
parole ma le condizioni che poneva costringeva lui e Saphira a una
tappa molto
pericolosa.
Se
non accettiamo saremmo comunque costretti a viaggiare
a lungo per trovare un punto di accesso alle montagne. Par è
anche l’unico che
abbia viaggiato nelle Terre Selvagge. Non possiamo permetterci di
rifiutare.
Era stata Saphira a parlare.
-
Qual è la strada più sicura per raggiungere
Eleonor –
chiese alla fine Eragon accettando implicitamente le condizioni di Par.
Aglaia
trasse un sospiro di sollievo nel guardare Arold e
prese di nuovo la parola - Ho fatto in modo che lei e la madre fossero
accolti
da dei miei patenti a Blow. È un piccolo villaggio a nord
nei pressi del fiume Striamone
–
Eragon
e Murtagh si avvicinarono ad osservare le distanze
segnate sulla carta - Passando per queste campagne e tagliando qui su
queste
alture si raggiunge il villaggio in sei settimane, che cosa ne pensate?
– chiese
Aglaia.
- A
dorso di drago ne impiegheremo la metà – si
affrettò a
dire Eragon guardando Murtagh che annuì.
- Mi
sarà permesso di salire su un drago? – chiese Par
facendo voltare i due fratelli. L’espressione sul volto
dell’elfo aveva perso
quella determinazione che l’aveva contraddistinto fino ad ora
per lasciare il
posto a una scintilla di puro stupore.
-
Anche Saphira è d’accordo che più
rapidamente
attraverserete il territorio nemica minori saranno le
possibilità di essere
intercettati. – rispose
Eragon che aveva
sempre lasciato una finestra di dialogo con la dragonessa.
- Se
non c’è altro potete partire domani. È
un tempo
sufficiente per te e il tuo drago? - chiese Arold con un tremito nella
voce.
Eragon
guardò uno ad uno i suoi amici. Jill, Murtagh e infine
Arya. Avrebbe voluto avere più tempo ma sapeva bene che non
c’era motivo di
aspettare oltre. Lo sguardo fiero che le rivolse Arya gli diceva lo
stesso. Si
voltò verso Arold - È sufficiente -
***
Dall’altra
parte del mare, nella città Abalon, Rebekha sedeva
immobile nella stanza di Reafly. Dal giorno della sua scomparsa si era
ritrovata a trascorrere molto tempo in quella camera, passando in
rassegna gli
oggetti che il fratello aveva collezionato, alla ricerca di qualsiasi
segno
l’aiutasse a capire cosa lo avesse spinto ad andarsene.
A
farle ancora più male era stata la decisione sua e del
capitano
Xavier di tenerla all’oscuro di tutto. Nei giorni successivi
la fuga del
cavaliere dei draghi, infatti, il palazzo era stato sottoposto a
stretta
sorveglianza da parte delle guardie reali, senza dire nulla alla madre,
Rebekha
si era presentata davanti ai cancelli chiedendo di poter entrare e
parlare con
il fratello o con il capitano. Nella sua ingenuità aveva
comunicando loro quello
che Xavier aveva raccontato la sera precedente sull’invito
della regina. Rebekha
era diventata rossa dalla vergogna quando le guardie quasi le risero in
faccia
per l’assurdità delle sue parole. La congedarono
con alcuni commenti derisori sulla
fantasia delle donne e, piena di vergogna, si rese conto che non
c’era mai stato
alcun invito da parte della regina e che il fratello era probabilmente
coinvolto in quella faccenda più di quanto avesse pensato in
precedenza.
Tornata
a casa Rebekha non parlò con la madre
dell’accaduto,
non c’era motivo di farla preoccupare ulteriormente ma,
nonostante i suoi
tentativi di proteggerla, la sentiva piangere ogni notte tra le mura
della sua
camera mentre di giorno la vedeva sobbalzando ad ogni rumore che
proveniente da
fuori. Come la madre anche Rebekha sperava di rivederlo Reafly
rientrare da
quella porta coma aveva sempre fatto ma i giorni passavano e le
probabilità di
rivederlo si assottigliavano sempre di più, fino a diventare
solo una flebile
speranza.
Non lo avrebbe mai ammesso a sé tessa ma era
arrivata a odiare il
fratello per quello che stava facendo alla loro famiglia. Rebekha si
asciugò il
viso rigato dalle lacrime. Non voleva più piangere per lui.
Dovevano andare
avanti e smetterla di illudersi che potesse cambiare e pensare per una
volta al
loro prima che a sé stesso. In un moto di rabbia diede un
calcio al pupazzo di
stoffa sul letto e lasciandolo a terra batté la porta dalla
stanza alle sue
spalle. In quel momento sentì qualcuno bussare e la madre
andare ad aprire
parlare con qualcuno. Reafly!
Rebekha corse giù dalle scale con
il cuore in gola dimenticando tutto quello che aveva pensato del
fratello fino
a un attimo fa.
-
Reafly se sei tu io ti giuro che… - disse mentre girava
l’angolo dell’ingresso ma le parole le morirono in
bocca quando accanto alla
madre non vide Reafly ma una donna. Era più grande di lei
dal corpo flessuoso e
agile, aveva dei capelli ricci, corvini, raccolti in una coda alta con
due riccioli
che le ricadevano ai lati del volto. Indossava una divisa militare
diversa da
quella ordinari delle giardie reali e lo sguardo era freddo e tagliente
tanti
da colpirla come uno schiaffo.
-
È lei? - chiese
la
donna con voce fredda e asciutta rivolta a qualcuno che si trovava alle
sue spalle.
Rebekha seguì lo sguardo della donna e vide quattro guardie
che la ragazza riconobbe
subito come quelle che l’avevano derisa qualche giorno fa che
le annuirono.
-
Sì Oliviana, è lei -
-
Rebekha perché non mi hai detto che eri andata a cercare
tuo fratello? – le chiese la madre. La sua voce fu un faro
nella nebbia che le offuscò
per un attimo la vista. Non c’era rimprovero nella sua voce
solo rassegnazione davanti
al fatto che entrambi i suoi figli fossero così propensi ad
agire di impulso.
Rebekha avrebbe tanto voluto che fosse arrabbiata.
- Non volevo che ti
preoccupassi – le rispose senza badare alla presenza degli
altri.
Serena
le sorrise debolmente ma non riuscì ad aggiungere
altro perché la donna dai capelli corvino parlò
di nuovo.
-
Per ordine della regina sarete scortate a palazzo per regolarizzare
la situazione di Reafly Coleman – due guardie le si
affiancarono e a Rebekha
sembrò a tutti gli effetti un arresto. Spinta in avanti si
aggrappò alla mano
della madre stringendola forte, la
donna
attirandola a sé le posò l’altra mano
sulla spalla.
-
Non temere Rebekha si stempera tutto -
***
Dalla
sala delle carte Isobel contemplava la terra di
Alagaësia con sguardo meditabondo.
L’incantesimo
lanciato alle uova, prima che Aglaia gliele sottraesse
con l’inganno, gli aveva rivelato che uno di loro si era
infine schiuso. Non
c’era modo di sapere per chi ma quando Oliviana le fece
notare il nome accanto
a quello di Xavier in uno dei rapporti compilato dai soldati a guardia
dell’entrata a palazzo, Isobel iniziò a nutrite
dei sospetti.
Coleman.
Quel cognome continuava a ricorrere nei suoi affari.
Phill
Coleman era uno dei soldati che si era fatto notare di
ritorno a Zàkhara recando con sé una donna di
Alagaësia. La regina aveva subito
fatto cecare negli archivi anagrafici il nome della donna, Serena.
Phill l’aveva
fatta sua sposa non appena sbarcati e aveva avuto da lei due figli che
ora
avevano sedici e tredici anni. Rebekha e Reafly Coleman.
Per
tutti Phill era un eroe di guerra, era stato insignito delle
piu alte onorificenze dopo aver perso la vita durante
un’imboscata da parte
degli elfi oscuri.
Quello
che solo lei sapeva è che l’uomo era stato
giustiziato per suo ordino, ed era morto da traditore. Aveva aiutato a
fuggire un
elfo che era stato catturato ai confini con le terre selvagge. Le stava
rivelando
informazioni preziose su certi varchi e sulla natura di quei territori.
Phil
non cercò nemmeno di difendersi quando uno dei suoi
sottoposti lo aveva
accusato portando le prove del suo coinvolgimento. Isobel lo aveva
fatto
condannare a morte senza esitare.
Una
vita per un’altra vita. Una semplice e crudele regola
che aveva imparato sulla sua pelle già in tenera
età.
-Cosa
c’è Oliviana? - chiese la donna sentendo i passi
felpati
del sicario alle sue spalle
-
Serena e Rebekha Coleman sono qui a palazzo maestà -
-
Hai comunicato loro il motivo della loro presenza qui come
ti ho detto? - chiese
senza guardarla.
-
Certamente Maestà. Sanno che sono qui per Reafly-
-Le
hai portate nelle stanze blu? –
-
Sì maestà. Come mi è stato ordinato.
-
Ottimo lavoro Oliviana, puoi andare adesso - la giovane
donna annuì e con un inchino si congedò senza
ulteriori cerimonie.
Di
nuovo sola Isobel pronunciò alcune parole per attivare
l’incantesimo che le avrebbe permesso di ascoltare la
conversazione delle due
donne. Subito udì due voci femminili che parlavano in
maniera concitata. Erano
Serena e Rebekha che discutevano sulla loro situazione.
Questa
stanza è meravigliosa mamma! Guarda
queste tende
le lenzuola e c’è una stanza solo per il bagno
grande quanto la nostra cucina!
Quando
tuo padre è morto non c’è stato nessun
invito a palazzo.
Solo la visita di un messo che ci consegnò il primo dei
sussidi che vengono
dati ai familiari dei caduti e le sentite condoglianze della regina.
Mi
dispiace Mamma non volevo di attirare l’attenzione su
di noi ma la regina sembra aver preso a cure la nostra situazione
Non
lasciarti ingannare da questi lustri, non mi fido di
lei Rebekha
Perché?!
Non
so dirtelo. Chiamalo intuito ma vorrei che tu ti
tenessi ancorata alla realtà
Mamma
la realtà è che Reafly e capitano Xavier sono
andati via lasciandoci indietro
Isobel
lasciò che le voci delle due donne sfumassero nella sua
testa. Quello che aveva sentito le era bastato. Ora sapeva come
conquistare la
fiducia della ragazza. Era in lei, infatti, che la regina voleva
riporre le sue
energie. Perché quella ragazza sarebbe stata il prossimo
cavaliere.