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Autore: Eneri_Mess    28/09/2022    6 recensioni
Otto anni non sono una vita. Anche se il tempo separa le strade, non è detto che queste non si incrocino di nuovo. Quando però la persona che hai lasciato indietro non è più la stessa, i sensi di colpa sono l’unica radice reale a cui aggrapparsi.
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«Perché sei tornato?»
Fissò quel ritaglio di realtà, come la fotografia di un ricordo sovrapposta a quello che sarebbe dovuto essere un tetto vuoto. Non lo era. Kacchan era seduto lì, con l’aria di qualcuno in attesa da un tempo indecifrabile, spoglio di emozioni se non di uno sguardo che aveva già deciso come la storia sarebbe andata avanti.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'In the middle of our life'
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On the wrong side of Heaven



 

Capitolo 2




 

Tonight the monsters in my head
Are screaming so damn loud
But I built walls so high
So they never even make a sound
It's a mask, it's a lie
It's the only home I've ever known
'Cause being who I really am
Has only left me more alone

[I’m not okay - Citizen Soldier]






 

Bakugou si massaggiò il petto inconsciamente. 

Erano le otto del mattino del giorno dopo. Erano passate circa quattordici ore dall’incontro fortuito con Deku. Ogni minuto, soprattutto il tempo del sonno, in cui Katsuki si era convinto di essere svenuto per la spossatezza, era trascorso impregnato di sensazioni, di ricordi, di se, di ma, di luoghi e di parole - poche, troppe poche e insignificanti - che riguardavano il passato. Questo insieme agli otto anni in cui sistematicamente, ora dopo ora, giorno dopo giorno, Bakugou aveva marginalizzato Midoriya Izuku dalla sua vita. 

L’ultima volta che si erano visti era accaduta cinque anni prima. 

O meglio, l’ultima volta che Katsuki aveva visto Izuku, perché quel giorno non c’era modo di essere scorti dai suoi occhi, resi vuoti dalla perdita della madre. 

Bakugou si era precipitato. Si era precipitato al funerale con tre anni di rimorsi a stagnare, ammucchiati nella mente come abiti fradici che non si asciugavano, con un odore di muffa e senso di colpa a formare un miasma che chiedeva di essere sanificato. 

Alla veglia per Midoriya Inko, Katsuki era andato con l’intenzione di riallacciare i rapporti, sicuro che la sua sola presenza avrebbe riscattato quella frattura densa di silenzi, frammentati solo da vaghi Non mi scocciare Deku, non ho tempo o Sono occupato a diventare un eroe, non sto mica giocando

Izuku lo avrebbe perdonato e avrebbe accettato la sua presenza, la sua spalla, per piangere quella perdita. Sarebbe tornato tutto, o quasi, come prima. 

Perché Bakugou continuava a ripetere ai demoni nella sua testa che era giusto così. Lui sarebbe stato l’Hero e Deku lo avrebbe ammirato, avrebbe ricominciato a seguirlo. Sarebbe tornato a essere quella costante invariabile nella sua vita. Si trovavano su strade differenti perché era inevitabile. Deku il Senza Quirk non poteva essere un eroe. 

Sarebbe morto altrimenti. Se ci avesse provato, sarebbe morto. Morto come Midoriya Inko che gli sorrideva dalla foto sull’altare.

Il funerale era stato troppo veloce e così veloce era stato il loro ultimo incontro. 

Se di incontro si poteva parlare. Deku gli aveva a malapena rivolto un’occhiata e Bakugou non aveva visto nessuno in quegli occhi. Erano stati specchi per quei demoni che tanto lo avevano ascoltato e che, maligni, lo incoraggiavano a dire qualcosa, fare un balzo in quel fosso che si era aperto tra di loro. 

Mi dispiace, Izuku. 

Ti chiedo scusa per tutto quello che ti ho fatto.

Ci sono un sacco di cose che voglio… no, ci sono un sacco di cose che ho bisogno di dirti!

Deku se ne era andato prima che Bakugou avesse trovato il coraggio di parlare. 

Ed era finita così. 

L’ultima pagina di due vite cresciute fianco a fianco, ma che non si erano mai davvero toccate. 



 

I don't quite know
How to say
How I feel

If I lay here
If I just lay here
Would you lie with me and just forget the world?

[Chasing Cars - The Wind and the Wave]



 

Bakugou imputò il fastidio al petto alla scarica ricevuta il giorno prima. Continuò a marciare per strada senza guardare nessuno, ignorando qualsiasi comparsa entrasse nel suo campo visivo. 

Convincere Todoroki a non seguirlo nel giro di pattuglia dopo la faccenda della rapina era stata la prima bega della mattina, ma gli aveva messo addosso un malumore abituale in grado di controbilanciare il veleno che gli scorreva dentro. I sensi di colpa. I sospesi. I rimorsi. 

Non era più un adolescente e non era più un pulcino di eroe che aveva bisogno di una balia, per quanto Todoroki glielo avesse detto in faccia che preferiva stargli al fianco ed essere pronto ad aiutarlo. 

È successo qualcosa? 

Era stata una domanda irritante, ma non c’era nulla che Shouto potesse dire senza infondergli la voglia di picchiarlo, con quella sua capacità di cogliere sempre quando qualcosa fosse fuori posto. Il suo atteggiamento troppo serio, che non sapeva distinguere battute e metafore, da otto anni, in maniera consapevole o meno, riusciva a bucare gli strati che Bakugou sovrapponeva tra sé e le realtà scomode seppellite nell’animo. 

Todoroki aveva intuito all’epoca del liceo che dentro di lui ci fosse qualcosa di sigillato. Era stato banale rispondergli che tutti avevano dei segreti. Era quando questi producevano spifferi e si insinuavano nel quotidiano, mandando a rotoli le situazioni, che nello sguardo di Shouto la preoccupazione si acuiva ed esprimeva un semplice Puoi parlarmene.

Neanche morto.  

Bakugou non era per le mezze misure.

Non è successo un cazzo. Quel ladruncolo mi è sfuggito in questo dedalo di vicoli merdosi. 

I segni dello scontro intercorso tra lui e Deku erano stati più che evidenti, come anche l’occhiata di Todoroki in attesa del proseguo. 

Tutto qua?

Tutto stracazzo qua, Ghiacciolo caldo.

Il silenzio e l’espressione giudicante Bakugou li aveva subiti senza fiatare, marciando verso l’Agenzia di Endeavor senza più una parola, ma con un’eco in testa che non se ne era più andata. 

Kacchan

Kacchan

Kacchan

Tra un pensiero e l’altro, Katsuki mise a tacere quei ricordi recenti quando si ritrovò all’ingresso del vicolo dove era iniziato l’inseguimento. L’Hero alzò lo sguardo sui palazzi fatiscenti e silenziosi, intoccati dalla vivacità circostante, dal brusio e dalla folla trotterellante per la strada principale. 

Fece un passo e l’atmosfera cambiò. 



 

Wasuno era un quartiere grande quanto spettrale. 

Bakugou non ne sapeva molto. Fino a meno di ventiquattr'ore prima lo avrebbe definito un posto anonimo e noioso. Per quanto gli fosse capitato più volte di vigilare nelle strade limitrofe, non aveva mai avuto motivo per addentrarcisi. Il giorno precedente era stata la prima volta e difficilmente se ne sarebbe dimenticato. Questione di Deku a parte. 

Non dovendo correre dietro a nessuno, Katsuki si poté concentrare sul circondario e sui dettagli, a cominciare dagli occhi che lo stavano seguendo. 

Sguardi discreti, presenze minime. Di guardia

Se anche il giorno prima erano state presenti, non le aveva notate. Passare inosservate sembrava lo scopo e con le comparse doveva funzionare.

Bakugou le ignorò, continuando a camminare nella desolazione. Fu solo arrivando in una strada più grande che iniziò a incrociare qualcuno. Poche persone, così anonime e spente da uniformarsi alle pareti grigie dei palazzi. 

Nessuno gli rivolse la parola, ma tutti lo guardarono storto o timorosi. Chi sembrava solo di passaggio accelerò e svoltò agli angoli della strada, altri fecero finta che non ci fosse uno straniero tra loro. 

«Ohi.»

Bakugou si fermò davanti all’officina di un meccanico. Due operai lo ignorarono, un altro si infilò in una porta e scomparve. Quello sotto a una macchina rialzata, il più anziano e probabilmente il capo baracca, gli lanciò appena un'occhiata indifferente. L’eroe rimarcò la propria presenza con un passo in più, restando poi ben piantato sul posto. 

«Sto cercando Midoriya Izuku.»

Il capo meccanico continuò a lavorare come se non avesse sentito o capito la domanda. 

«Non ho tutto il giorno, vecchio.»

«Anche io non ho tutto il giorno. Non conosco nessun Midoriya Izuku.» 

Mordersi la lingua fu frustrante, ma Bakugou fece dietro-front e tornò per strada. L’atteggiamento del vecchio aveva messo in chiaro che non avrebbe ricavato nulla neanche insistendo. 

Le persone sembrarono ulteriormente diminuite. Non incontrò nessuno di vagamente riconducibile a un agente di polizia o un eroe. Diversi negozi avevano le vetrine oscurate o i vetri attraversati da crepe, un aspetto modesto e che non invitava particolarmente a entrare. Non vide nessun franchising di spicco, ma notò almeno un paio di insegne famose avvolte in sacchi neri e scotch, o sradicate e lasciate a deteriorarsi agli angoli delle strade.  

La parte di lui che vestiva i panni dell’Hero, e che stava constatando la desolazione imperante, si chiese con scarsa ironia se qualche divinità abitasse ancora quei luoghi, o se spiriti e spettri, visibili negli occhi delle persone, fossero le uniche entità a considerare Wasuno. 

Al contrario, la parte che era Kacchan, e che stava cercando Deku, non demorse dal chiedere di lui a chi incrociasse. Ottenne risposte irritate o piene di un rancore ingiustificato, ma il problema più grande fu non scorgerci bugie. Nessuno lo aveva mai sentito nominare.

Tempo un’ora e si ritrovò di nuovo da solo e nell’ennesimo labirinto di strade. Bestemmiò e la voce si esaurì assorbita dal rumore bianco del resto della città. Faticò a credere che un quartiere della metropoli più popolosa del Giappone potesse risultare tanto deserto in pieno giorno, eppure non pareva esserci più nessuno.  

Si guardò intorno finché furono gli occhi a trovare ciò che il suo istinto non riuscì a fiutare. Trattenne il respiro, come se si fosse dovuto preparare a uno schianto. 

Una spalla di Deku - perché era lui, con quello scorcio di ciocche verdi - era tutto ciò che si vedeva. Gli diede l’idea di essere in attesa. 

«Non sai più leggere, Kacchan?» 

Qualsiasi cosa Bakugou fosse intenzionato a dire nell’aprire la bocca, si bloccò, interdetto. 

Un dito di Deku spuntò da sopra la spalla e indicò la parete del palazzo di fianco. 

«Ce ne sono vari, per tutta Wasuno.» 

Dynamight comprese, fissando il murales e serrando la mascella. Probabilmente l’aveva letto e ignorato, come avrebbe fatto in qualsiasi altra situazione. Sentirlo rimarcare da Deku ebbe però un altro significato. 

No Heroes

«Perché sei tornato?»

«E tu cosa ci fai qui

I dettagli

Bakugou ci aveva ripensato la notte prima nel tornare a casa, poi sotto la doccia, infine rigirandosi nel letto. Quando aveva tolto a Deku la maschera raccapricciante da coniglio, un volto che un tempo era stato quello di Midoriya Izuku aveva riempito il suo campo visivo.

C’erano stati diversi particolari che nell’insieme si erano persi, a cui Katsuki, sul momento, non era riuscito a dare rilevanza, ma che, messi a confronto con i suoi ricordi, gli avevano fatto dubitare di avere avuto davanti il suo amico di infanzia

L’Hero poteva percepire quelle parti fuori posto anche senza che Deku si mostrasse apertamente. La stanchezza. Occhiaie come quelle le aveva viste indossate giornalmente solo da Aizawa e da Shinsou. Il pallore, che si sarebbe spiegato con l’assenza di sole e calore in quel posto dimenticato, ma che restituiva più l’idea di una sfumatura malaticcia. Infine, lo sguardo vuoto

Lo sguardo di Deku era stato uno specchio che non rifletteva niente

Strinse i pugni. 

«Ohi. Che diavolo ti è successo, Deku!?»

«Fai le domande sbagliate, anche se ora hai usato il nome giusto.» 

C’era una nota dissonante nel suo tono, nonostante la leggerezza quasi da risata. 

«Nessuno mi conosce più come Midoriya o… Izuku.»

Si soffermò sul proprio nome e lo pronunciò come quello di un conoscente, con un velato punto di domanda alla fine. Poi rise davvero e fece male alle orecchie ascoltarlo.

«Dai, mi avrai chiamato Izuku due volte in tutta la vita, compreso ieri. Cos’è questa nostalgia, Kacchan?» 

Bakugou scattò in avanti prima di processare il passo. Il gesto improvviso mise in allerta Deku. Lasciò la protezione del vicolo e si piantò in mezzo alla strada, inchiodando l’altro con uno sguardo senza emozioni, ma ricco di promesse per nulla piacevoli. Nonostante se ne fregò della sua occhiata perentoria, l’Hero non avanzò per un altro motivo. 

Stretto in mano, Izuku aveva quello che sembrava senza troppi dubbi un telecomando a distanza. L’istinto e l’esperienza si imposero sul caos nella mente dell’eroe, bloccandolo dall’avvicinarsi. 

«Se la scossa di ieri ti è piaciuta, allora prosegui» fu l’avvertimento di Deku in un tono che Bakugou non conosceva. Cercando di mitigare quel malessere all’altezza dello sterno che continuava a gonfiarsi invece di diminuire, Katsuki si guardò intorno e, per la seconda volta, si accorse di quello che gli era sfuggito. 

Mimetizzati, c’erano diversi piccoli dispositivi, non più grandi di vecchi bottoni, ma uguali a quello che il giorno prima gli aveva scaricato in corpo un quantitativo doloroso di volt

«Non sono qui per giocare» lo mise in guardia l’eroe a propria volta. Poteva sentire aggrappate alle sue spalle le mani di tutti i sensi di colpa nei riguardi di Izuku, ma non avrebbe sprecato quell’occasione come un codardo. 

Deku, però, non parve minimamente toccato dalla minaccia. Piegò un angolo di labbro, ma nessun sentimento si estese al resto del viso.

«Già. L’Hero Bakugou Katsuki non gioca, si impone e basta.»

Il suo nome, pronunciato per intero, suonò spiacevole.

«Diciamo che non dovresti trovarti qui» continuò Deku, annullando anche quell’unica nota ironica insita nel suo sorrisetto. «Te lo dico a voce se non l’hai capito leggendo: Wasuno non è un posto per eroi.» 

Spinto da una volontà che andava oltre i pensieri e l’istinto di sopravvivenza, Bakugou calcò lo stivale in avanti in un nuovo passo. Sentì la rabbia iniziare a infettarlo tanto quanto il veleno dei propri errori. 

«E sentiamo, merDeku qui gli eroi non ci piacciono più, cosa c’entri con la rapina di ieri!?» 

Incazzarsi avrebbe degenerato la situazione, ma forse avrebbe anche portato a galla qualcosa di vivo. Perché quello non era Deku. Non era Izuku. Era un cazzo di fantoccio senz’anima

«Nulla» rispose asciutto l’altro, senza retrocedere. «Ma il ragazzino che inseguivi ieri era dei miei. Farsi coinvolgere è stato un suo errore, ma ha già avuto la punizione che meritava.»

Bakugou restò senza parole per il tono sistematico e che non lasciò spazio a dubbi. 

«Tu…» tentennò, cercando le parole. Parole che messe nella stessa frase con Izuku suonarono sbagliate. «Sei il capo della banda?»

Tu… chi sei? 

«Mi stai interrogando? Non mi hai letto i diritti e, se ricordo, neanche ti spetterebbe.» 

Il modo in cui le labbra di Deku si curvarono fu qualcosa di totalmente agghiacciante. 

Chi. Sei. Tu.

«Che cazzo c’entri tu con tutta questa merda!?» 

Bakugou era livido. Fu a un passo dal lanciarglisi addosso e non avrebbe contenuto le esplosioni. Non mentre sentiva quell’acqua nera densa di è colpa mia arrivargli alla gola. 

Le spalle di Deku si abbassarono, insieme anche alla mano che teneva il dispositivo di innesco. Guardò in faccia l’eroe e questi, con ancora più intensità, desiderò soltanto di essere colpito fisicamente e avere un pretesto per muoversi. 

«Tutta questa merda» ripeté Deku con uno sguardo che abbracciò i palazzi limitrofi e parve spingersi anche più in là. «È casa mia. Wasuno è casa mia. Il ragazzo che hai inseguito? Fa parte della mia gente, come le persone che hai importunato con le tue domande su Midoriya Izuku. Tutto questo è la mia vita adesso.» 

Lo trapassò con uno sguardo in cui, per la prima volta, Bakugou vide qualcosa che credeva Izuku non sarebbe mai stato in grado di esprimere. 

«Vattene, Kacchan. Non sei il benvenuto qui.»

Non sarebbe finita come il giorno prima. 

Bakugou se l’era promesso quella mattina quando aveva deciso di tornare a cercarlo. La consapevolezza che il cielo fuori dalla finestra fosse esattamente quello che Deku avrebbe guardato, ora che sapeva dove fosse, era stata la ragione che lo aveva spinto ad alzarsi. 

Fregandosene delle ritorsioni, l’eroe si lanciò in avanti. Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma afferrare Deku era l’inizio. 

Izuku non sembrò aspettarsi nulla di diverso e non mostrò esitazione nell’attivare i piccoli dispositivi disseminati in giro. Vedendo formarsi una rete ad alta tensione di fronte a sé, l’Hero ricalibrò la spinta delle esplosioni e salì in verticale per superare la parete elettrificata. Nel mentre, i suoi occhi non persero mai davvero di vista il suo obiettivo, messosi a correre con la stessa agilità e rapidità dimostrata in precedenza. 

«Deku!» urlò Katsuki, buttandosi in picchiata. 

Fermati. Aspetta. 

Bakugou digrignò i denti quando Izuku gli sfuggì all’ultimo. Smorzò l’impatto con un’altra esplosione che distrusse parte della strada, ma si rimise all’inseguimento in un istante. 

La mancanza di quirk non fu uno svantaggio per Deku. Non ci fu un solo istante in cui Bakugou non imprecò nello stargli dietro, nel vederselo sfuggire all’ultimo istante, nel ritrovarsi impedimenti o altre piccole trappole nascoste qui e là nei vicoli. Ugualmente al giorno prima, furono soltanto loro due, come se Wasuno sapesse e dovesse lasciare loro campo libero. 

Deku, fermati! Deku! 

Possibile che io non riesca mai ad afferrarti…?

Quel pensiero fu una distrazione inutile che costò a Bakugou la chance di prenderlo. Ottenne invece un dolore bruciante alla guancia, in un taglio verticale che, per miracolo, mancò l’occhio. 

L’eroe direzionò le mani di fronte a sé ed esplose una carica sufficiente a mettere qualche metro di distanza tra di loro. 

Il momento di esitazione lo pagò perdendo di vista Deku. 

Ansimando e frugando i dintorni con lo sguardo, l’Hero si premette le dita sulla ferita alla guancia, liberando un’imprecazione carica di frustrazione. 

«Merda! Merda…»

«Questo inutile Deku senza quirk è riuscito a sorprenderti, Kacchan?» 

Bakugou si voltò più volte su se stesso, cercando da dove Izuku stesse parlando. C’era un’eco fastidiosa e il suo nomignolo sostò nell’aria un tempo sgradevolmente lungo. 

«Non ho finito con te, Deku!» sbraitò a un tono di voce fin troppo alto, usandolo come valvola di sfogo. 

«Se vuoi dirmi qualcosa, fallo adesso. Poi vattene. Non abbiamo più niente da spartire da diverso tempo» fu la replica incolore. «Ti assicuro che la gente di Wasuno pensa solo a se stessa e non va in giro a pestare i piedi a nessuno. E come ti ho già detto, il ragazzo è stato punito. Puoi smettere di fare l’eroe da queste parti.»

«Cosa gli è successo?» 

Cosa ti è successo? 

Per qualche secondo il silenzio fu l’unico rumore percepibile. 

Quando Deku parlò, la sua voce sembrò ancora più distante. 

«Conosci il detto occhio per occhio?» 

Le parole, il tono, le implicazioni, rimasero sospese nelle orecchie di Bakugou, non diverse da un sibilo impossibile da far smettere. Ciò che Katsuki avvertì fu una nuova sensazione dilaniante, come se la lama usata per ferirlo gli fosse appena stata conficcata nello sterno. Tuttavia, invece del calore del sangue, sentì penetrargli dentro del gelo. 

Quando esplose la propria frustrazione in quel vicolo, Deku se ne era già andato. 



 

You take the breath right out of me
You left a hole where my heart should be
You got to fight just to make it through
'Cause I will be the death of you

[Breath - Breaking Benjamin]



 

To be continued




 

Grazie di aver letto il nuovo capitolo! (ノ◕ヮ◕)ノ*:・゚✧

Avete accolto il primo con un calore che non mi aspettavo, grazie mille davvero! (I secondi cap sono sempre un po' ostici e di passaggio...)

Questa volta sarò breve e lascio solo un paio di note: 

In questa storia troverete più volte battute originali del manga. Anche se gli eventi canonici non sono (ancora) successi, alcune cose credo che siano proprio nelle corde dei personaggi, per questo la volontà di Bakugou di chiedere scusa a Deku ricalca quello che dice nel volume 33 (se non sbaglio il numero). Sottigliezze che mi piace infilare qui e lì. 

La seconda nota è su Wasuno.
Da quello che ho capito, BNHA è pieno di quartieri inventati, quindi eccone un altro UU L’idea base è venuta da “Kamino”, ma poi si è evoluta. Il nome “Wasuno” contiene il kanji 忘 wasu, che vuol dire “dimenticare”, “lasciare qualcosa indietro”. Ci tenevo che avesse un significato del genere. 

 

Vi ringrazio ancora per aver iniziato a seguire questa storia!
A Martedì (!?) (o Mercoledì?) prossimo con il Capitolo 3!

 

Ps: mi trovate su twitter o su ig come @enerimess ;) 

 
   
 
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