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Autore: Shadow writer    09/10/2022    2 recensioni
Nate è un ventiquattrenne disilluso e pessimista. Ha un lavoro che odia, vive in una città che non sente sua ed è rimasto intrappolato in un passato che non riesce ad accettare.
Per aiutare un amico, partecipa a una corsa automobilistica, ma questo lo porterà a invischiarsi in qualcosa di più grande di lui.
"«Si dice che tu ti stia facendo un nome in città» commentò Alison, appoggiandosi al bancone di fronte a lui.
Il ragazzo alzò gli occhi dalla bistecca e incrociò quelli civettuoli di lei.
«È stata la mia prima e ultima gara» ribadì, «l'ho già detto a Richie.»
Lei fece schioccare la lingua contro il palato in segno di disappunto.
«Mi hanno riferito che ci sai fare con le auto.»
Nate rise e si sporse verso la ragazza.
«Me la cavo bene con molte cose, Alison» quando pronunciò il suo nome, le appoggiò le dita sotto il mento, costringendola a guardarlo negli occhi, «ma ciò non significa che io sia interessato a tutte queste.»"
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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«Ehi, Mila!»

La voce di Nate la chiamò dal falò. Cercò il suo volto tra quelli degli altri ragazzi sulla spiaggia e lo trovò seduto su un tronco ribaltato.

«Ciao» lo salutò avvicinandosi. Le fece cenno di prendere posto al suo fianco, così si sedette e le loro gambe si sfregarono. Notò che Nate profumava solo di menta. Niente alcol, niente sigarette.

«È da un po' che non ci vediamo» commentò lui.

«Due settimane mi sembra».

Subito dopo la gioia per essersi riappacificata con Nate era piombata nella spirale dello studio. Gli ultimi esami dell'anno erano alle porte e non potevo permettersi distrazioni.

«Ora sei una donna libera?» domandò Nate con un sorrisetto sulle labbra e negli occhi.

Rise. «Solo fino a che ricominciano le lezioni».

Lui alzò lo sguardo verso l'oceano scuro, poi ritornò a guardarla. «Ti va di fare due passi?»

Gli rivolse un'espressione stupita. «Non sei ubriaco ad una festa e mi stai chiedendo di fare due passi da soli. Cosa ti è successo?»

Lui rise e scosse il capo. «Voglio solo passare del tempo con te» le sussurrò nell’orecchio.

Rabbrividì e gli rivolse un cenno di assenso. Lui la prese per mano e la condusse verso la riva. Mila si tolse le scarpe in modo da poter sentire l’acqua fresca e la sabbia soffice. Nate camminava al suo fianco e di tanto in tanto la ragazza lo sfiorava con la sua spalla. Non parlarono fino a che furono abbastanza lontani dal falò da sentire solo voci indistinte.

«Ho ricevuto una proposta» disse Nate all'improvviso.

Mila si voltò a guardarlo. Lui fissava davanti a sé, con la fronte corrugata, poi spostò gli occhi verso quelli di lei. «Ricordi quel progetto che ti ho mostrato?»

La ragazza annuì. Nate era un genio, ma non era né famoso né ricco quindi molti avevano rifiutato il suo progetto nonostante fosse un gioiello della meccanica. Non che lei se ne intendesse molto comunque, ma il ragazzo aveva il potere di spiegare anche le cose più complesse come se le stesse raccontando a un bambino. 

«Be', a qualcuno è piaciuto e mi vogliono assumere».

Sgranò gli occhi, sorpresa quanto entusiasta. «È una bellissima notizia»

«Già» commentò lui «Ma è dall’altra parte del paese»

Mila sentì le sue gambe farsi di marmo e piantarsi nella sabbia. Siamo nel ventunesimo secolo, si disse, partono aerei ogni giorno.

«Mi chiedevo» riprese Nate «Se ti andrebbe di venire con me»

«Oh» fu tutto quello che lei riuscì a dire.

Lo guardò negli occhi, abbassò lo sguardo sui suoi piedi affondati nella sabbia, poi ritornò a guardarlo. 

«Io…non so…». Quella notizia l’aveva colta totalmente alla sprovvista e non riusciva a formulare un pensiero di senso compiuto.

«Aspetta, pensaci su, okay? È una decisione importante, no?»

Mila annuì in silenzio e lui le rivolse un piccolo sorriso. Poi l’afferrò per le spalle e la strinse a sé in un abbraccio. Lei affondò il volto contro la maglietta di Nate e strinse gli occhi per impedire che le lacrime la bagnassero. 

 

 

 

«Mila?»

La ragazza sbatté le palpebre e mise a fuoco il volto della sua interlocutrice davanti a sé. La donna le stava sorridendo, un poco imbarazzata.

Mila si raddrizzò, sentendosi avvampare. Farfugliò qualche scusa e chiese di ripetere la domanda.

Era a cena in un ristorante insieme a James e alcuni amici e colleghi di lui. Fin dall’inizio della serata aveva cercato di concentrarsi sulle conversazioni, ma continuava inevitabilmente a distrarsi. Gli argomenti a tavola non erano in effetti dei più interessanti — Lucy, di fronte a lei, aveva appena finito di parlare dei tipi di marmo che aveva scelto per il suo nuovo appartamento — ma Mila avrebbe anche potuto seguirli, se non avesse avuto tutti quei pensieri per la testa a distrarla. Un pensiero in particolare, a dir la verità.

Fece un cenno di assenso a Lucy per farle capire che aveva ascoltato ciò che la donna le aveva ripetuto, poi decise di scusarsi e alzarsi dal tavolo.

«Credo di non sentirmi bene. Vado a prendere un po’ d’aria» disse infilandosi il cappotto.

Nessuno dei presenti fece opposizione, così si allontanò verso l’uscita del locale. Fuori dalla porta c’era un piccolo angolo fumatori — in quel momento deserto — riparato da alcune piante e illuminato da una piccola lampadina. Mila prese un respiro profondo, assorbendo l’aria fresca della notte. 

Sentiva la testa pesante, come se fosse sul punto di scoppiare e sapeva che non era per il mezzo bicchiere di vino che aveva bevuto dall’inizio della cena. La sua testa continuava a tornare a qualche giorno prima. Riusciva ancora a sentire il calore della mano di Nate intorno al suo braccio, mentre la guardava negli occhi e le diceva che gli piaceva la persona che poteva essere insieme a lei. Aveva continuato a ripetere quelle parole dentro di sé, poi aveva cercato di cancellare quei pensieri dalla sua testa. Sono solo dannosi, si era detta, non porteranno a nulla. Eppure, di notte, insonne nel suo letto, non riusciva a smettere di pensare a lui. Alla prima volta che si erano incontrati. Al loro primo bacio. Alle serate in spiaggia. A come aveva pianto contro la sua maglietta quando le aveva detto che sarebbe partito. Ripensava a quando aveva letto il suo nome sul fascicolo che la segretaria le aveva lasciato. A come il suo cuore avesse mancato un battito e di come non fosse riuscita a chiudere occhio la notte prima dell’incontro. E quando lo aveva visto entrare nell’ufficio, con quell’aria persa e la sensazione di essere fuori posto, avrebbe solo voluto correre da lui, stringerlo tra le braccia e sussurrargli che andava tutto bene. Che erano di nuovo insieme e le cose si sarebbero sistemate.

«Ehi» 

Una voce maschile la colse di sorpresa, facendola sobbalzare. Vicino alla porta, impeccabile nel suo cappotto grigio, c’era James.

La raggiunse con pochi passi e le rivolse uno sguardo preoccupato. «Come stai? Hai a malapena toccato il cibo».

Mila abbassò lo sguardo, cercando le parole. Come poteva dargli una risposta quando neanche lei sapeva bene come si sentiva?

Sospirò e quando rialzò gli occhi, James la anticipò, parlando per primo. «Si tratta di Nathaniel, vero?»

La ragazza sgranò gli occhi e si sentì come una bambina colta mentre fa qualcosa di vietato.

«È da quando lo abbiamo incontrato che ti vedo distratta. All’inizio pensavo che stessi avendo un’altra… “crisi” e ti ho tenuta sotto controllo».

«E cosa hai visto?» chiese lei, come se fosse la prima ad avere bisogno di quelle risposte.

James scosse il capo. «Insomma, andare in quel quartiere pericoloso solo per parlare con un cliente? Non mi sembrava da te. E l’impegno che hai messo per la borsa di studio? Diciamo che ho fatto due più due».

Mila si strinse le braccia al petto, a disagio. «Mi dispiace, James».

Lui fece una risata imbarazzata. «E di cosa?»

La ragazza si sistemò nervosamente i capelli dietro alle orecchie e lo guardò, mentre sentiva una morsa artigliarle il petto.

«Tu sei stato fantastico con me. Non so dove sarei ora se non mi avessi aiutata a risollevarmi».

James allungò una mano — non senza una leggera esitazione — e le sfiorò il volto con dolcezza. «Non ho fatto nulla di speciale, Mila. Ho visto la luce dentro di te e ti ho aiutata a farla risplendere».

Lei socchiuse gli occhi, cullandosi nella piacevole sensazione del palmo caldo a contatto con il suo volto.

«Non si può comandare al cuore» aggiunse l’uomo.

«Credevo di esserne capace» mormorò lei. «Credevo di poter accendere e spegnere i miei sentimenti a piacimento».

James le sorrise e ritrasse la mano. «Noi siamo la coppia perfetta, Mila, ma la vita non è fatta di perfezione».

«Di cosa è fatta allora?» gli chiese in tono supplicante. L’uomo aveva quell’aria rassicurante di una persona in pace con la propria coscienza. Questo suo animo pacifico era ciò che aveva attratto Mila all’inizio, perché James aveva sempre avuto quell’equilibrio che mancava a lei.

«Di ciò che ti fa battere il cuore» le rispose con un sorriso. «Ti voglio bene, Mila, ma credo sia ormai chiaro che vogliamo due cose diverse nella vita».

Lei annuì. James aveva alcuni anni più di lei ed entrambi sapevano di trovarsi in fasi diverse della propria esistenza. Lui era maturo, solido, pronto ad iniziare una famiglia, mentre la ragazza era ancora fragile e alla ricerca di se stessa. L’unico modo in cui avrebbero potuto funzionare era lasciare uno dei due incompleto, a metà.

«Non piangere».

Le parole di James le fecero notare le lacrime che stavano scendendo dai suoi occhi. Le sfregò velocemente.

«Va’ da lui».

Mila lo fissò con gli occhi sgranati e l’uomo le sorrise ancora. «Va’. Inventerò una scusa per gli altri».

La ragazza esitò un istante, poi si gettò in avanti e lo abbracciò. Lo ringraziò con un sussurrò, inspirando il suo profumo per quella che poteva essere l’ultima volta. Gli lasciò un ultimo bacio sulla guancia e scivolò via.

 

 

Mentre era in taxi, si ripeté mentalmente il discorso, finendo solo per confondersi e agitarsi, senza riuscire a schiarire la mente. Per la prima volta da tanto tempo, aveva qualcosa da perdere e questo la faceva sentire terrorizzata e allo stesso tempo viva, libera.

Improvvisamente si rese conto di quanto fosse stata grigia la sua vita fino a quel momento, di quanto desiderasse stravolgere tutto, riprendere il controllo della propria esistenza e riempirla di colore. Si era trascinata per anni nell’inerzia, comportandosi bene, facendo la brava come le veniva ripetuto fin da quando bambina, ma non era mai stata felice come quando aveva rotto le regole. Come quando Nate era stato suo e lei era non era appartenuta a nessun altro. E non vedeva l’ora di sentirsi ancora in quel modo. Nate aveva sconvolto il suo mondo e, quando si erano separati, lei aveva creduto di poter tornare ad una vita stabile. Nulla di più sbagliato. La vita instabile era quella che viveva da quando era nata, tra i suoi genitori distanti e un ambiente in cui non si era mai sentita veramente a suo agio. Nate le aveva aperto gli occhi, rendendo impossibile tornare indietro.

Quando l’auto si fermò davanti al condominio, Mila allungò una banconota all’autista e scese senza aspettare il resto. Trovò il portone d’ingresso aperto e volò su per le scale, fino alla porta giusta, a cui bussò ripetutamente. Il cuore le batteva forte nel petto, quasi volesse uscirne. Lo sentiva rimbombare in ogni angolo del corpo e si sentiva sul punto di scoppiare.

Quando la porta si aprì, prese un respiro profondo, imponendosi di stare calma. Sulla soglia comparve Mike, con i capelli biondi raccolti in una coda disordinata e lo sguardo assonnato. Non appena l’ebbe messa a fuoco, i suoi occhi si sgranarono, poi un sorriso gli si dipinse sul viso.

«Mila, quanto tempo!» la salutò.

Lei ricambiò il saluto sorridendo, senza riuscire a nascondere un certo nervosismo. 

«C’è Nate?» chiese poi.

Lui annuì e fece un cenno con il capo. «Sì, dev’essere in camera sua…»

Mila non lo lasciò finire, ma scivolò all’interno. «Devo parlargli» si giustificò.

«È la prima porta sulla sinistra…»

La ragazza smise di ascoltarlo. Spalancò la porta che conduceva alle camere, poi se la richiuse alle spalle, lasciando Mike nel salotto. Bussò sulla porta che le era stata indicata e sentì qualcuno muoversi all’interno, ma nessuno venne ad aprire. L’acqua della doccia stava scorrendo e Mila immaginò si trattasse di Jay. Almeno non avrebbe sentito la sua conversazione confusa e delirante.

Batté nuovamente il pugno sulla porta, senza ottenere alcun risultato.

«Nate, sono io» disse infine. «Sono Mila».

Si morse le labbra, in attesa, nervosa. 

«Se non mi vuoi parlare, io lo capisco. Insomma, sono piombata in casa tua in un sabato sera a quest’ora e so di non essere la persona più gradita qui».

Si interruppe, fece un passo verso la porta, poi arretrò di nuovo, spaventata. L’acqua continuava a scorrere nel bagno poco distante. Dalla stanza di Nate sentì un rumore di passi che si avvicinavano alla porta e che si fermarono prima di aprirla.

«Voglio solo che tu sappia che, due anni fa, ti ho lasciato partire da solo perché sono una codarda, non perché non ti amassi». Si interruppe prendendo alcuni respiri rapidi. Si sentiva senza fiato. «Il mio cuore scoppiava di amore per te, Nate, ma ho avuto così tanta paura da credere di non meritare una vita al tuo fianco. Pensavo che ti avrei dimenticato, che fuggire con te fosse un sogno così ridicolo, da coltivare solo nella mia fantasia e non immaginare nella realtà».

Prese un respiro profondo, deglutendo il nodo che dolorosamente le attanagliava la gola.

«Non posso cancellare quello che ho fatto e non ho idea di come tu ti senta riguardo a me ora. Sappi che nessuno mi ha mai fatto battere il cuore come sai fare tu e non credo ci sia in me la capacità di dimenticarti. Sei impresso in ogni parte della mia anima e del mio corpo. Non riesco — e non voglio — lasciarti andare. Se senti ancora un briciolo di quello che provavi per me, voglio che tu sappia che io sono qui per chiederti una seconda possibilità. Voglio provarci di nuovo e voglio farlo sul serio».

Un moto di coraggio le attraversò il petto, animandola all’improvviso. Fece un passo avanti e poggiò la mano sulla maniglia. Non voleva aprire la porta, ma la maniglia doveva essere difettosa perché scattò non appena la ebbe sfiorata.

La porta le si aprì davanti, rivelandole una scena che non si sarebbe aspettata. Di fonte a lei, a malapena coperta da una T-shirt e con le lunghe gambe nude, stava Alison.

Mila arretrò mortificata, con gli occhi fissi su quelli sorpresi dell’altra, e si rese conto in quel momento che l’acqua della doccia si era fermata. Infatti la porta del bagno si aprì subito dopo e ne emerse Nate, con solo un asciugamano legato in vita e i capelli umidi che gli cadevano sulla fronte. Fece saltare lo sguardo tra le due ragazze, poi sorrise sornione. «Ehi Mila, sei venuta per unirti a noi?»

Lei trattenne il respiro. Dalla voce biascicata capì che era completamente sbronzo. I suoi occhi erano traballanti, il volto arrossato. 

Nate le passò un braccio sulle spalle e le fece l’occhiolino. «Ti devo che la nostra è una relazione chiusa, posso offrirti il divano se vuoi».

La ragazza se lo scrollò di dosso, lanciò un ultimo sguardo terrorizzato ad Alison, poi scappò via.

 

   
 
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