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Autore: Nat_Matryoshka    30/10/2022    2 recensioni
“Sei una strega perfetta. Non so se l’hai capito, ma mi hai già stregato a sufficienza, Cunningham.” Le sposta una ciocca dietro l’orecchio, soffermandosi a sfiorare la guancia quell’attimo in più che porta Chrissy a socchiudere gli occhi, godendosi il suo tocco. “Ormai non posso più toglierti gli occhi di dosso.”
[Chrissy Lives AU | Eddie/Chrissy | canon divergence, what if?, post-S4 ]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Chrissy Cunningham, Eddie Munson
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Autunno – Halloween
 
 
 




“I never opened myself this way
Life is ours, we live it our way
All these words, I don't just say
And nothing else matters.”
 
 
 
I.
 

Ci ha pensato a lungo, a quell’invito.

Ci ha pensato la mattina, mentre sceglie qualche altra ricetta facile con cui ampliare il repertorio (Eddie ha adorato la torta di mele: se non si fosse fermato per lasciargliene un pezzo, l’avrebbe finita in un solo pomeriggio), tra un pasto e l’altro e anche la sera, davanti a un programma trasmesso dal televisore che perde il segnale ogni due per tre e va avanti a furia di pugni ben piazzati. Ci ha riflettuto su, rigirandosi l’idea nella testa come si impasta qualcosa da infornare, con pazienza, cercando di vedere il risultato finale in una forma ancora incompleta. Ma per quanto ci abbia pensato ancora e ancora, non è riuscita a prendere una decisione.

Vedrai che vi piacerà, ha ripetuto Cassie per convincerli, introducendo l’idea con il tono di chi propone qualcosa che di solito viene accettato senza nemmeno pensarci. Non è niente di speciale, ma tutta la città si anima per Halloween… bancarelle di cibo, due o tre artigiani locali, forse anche il tiro a segno, di quelli in cui si vincono i peluche. I bambini bussano alle porte per chiedere i dolcetti, ma prima si radunano nella piazza insieme ai genitori. È un bel momento di condivisione… non so, magari vi aiuterebbe ad ambientarvi.

Non l’ha detto ad alta voce, ma il rimprovero velato a suo nipote e alle sue abitudini da solitario, sempre chiuso in casa per i fatti suoi. A Chrissy sono venute immediatamente in mente le sere di Halloween a Hawkins, i ragazzini che si radunavano per pattugliare la via principale, suo fratello vestito da mummia che sventrava interi rotoli di carta igienica per ricoprire una vecchia divisa da baseball ormai stinta, tra i sospiri disperati di sua madre che era sempre costretta a ripulire tutto il salotto. Le serate organizzate dalle sue amiche, che iniziavano con la proposta di una maratona di film horror e finivano inevitabilmente in un festino clandestino all’insaputa dei Driscoll, con bicchieri di plastica rossi pieni di alcool scadente passati di mano in mano e coppie che si appartavano in ogni possibile angolo della casa. Ma Finn Haven, come sta ormai imparando, è molto diversa. Un’avventura che, suo malgrado, non vede l’ora di intraprendere.

“Non è una vera e propria festa. Possiamo comprare un costume da quattro soldi all’emporio e andare a salutare Cassie, presentarci ai suoi amici e bla bla bla, quelle cazzate da ricevimento che piacciono tanto.” Eddie le ha esposto l’idea senza mezzi termini: probabilmente si è offeso perché sua zia lo considera un asociale, anche se non gliel’ha detto chiaramente. “Una volta finito… liberi! Ce ne andiamo al cinema, facciamo dolcetto o scherzetto per i fatti nostri, torniamo a casa a vedere se l’unico canale trasmesso dal nostro fantastico televisore ultimo modello ha organizzato una maratona di film spaventosi…”

Chrissy ride. Per quanto abbia cercato in tutti i modi di sembrare seccato, ha capito subito che quell’idea ha risvegliato qualcosa in lui, sottintesi di Cassie a parte. Eddie è sempre stato un’amante della compagnia, sempre circondato dai ragazzini dell’Hellfire durante le serate di D&D, o dai membri della sua band alle serate dell’Hideout. È lei, piuttosto, a chiudersi nella solitudine ogni volta che gliene viene data l’occasione, per non rischiare di provare sensazioni che non saprebbe gestire.

“È che qui non mi conosce nessuno, Eddie. E se…”
“Chris.”
Lui la zittisce con la solita dolcezza, sfiorandole il polso con le dita.
“A volte bisogna anche fare qualcosa solamente per se stessi. La domanda è: a te piacerebbe partecipare?”
Le parole le sfuggono prima che possa anche solo pensarci su.
“Sì!”
“E allora ci andremo. Risolto. Per una volta tanto posso anche lasciare il nostro castello delle meraviglie per fare qualcosa di diverso.”

Il sorriso che si allarga sulle labbra di Eddie le scalda il cuore, per l’ennesima volta di una serie che ormai non si preoccupa nemmeno più di contare. In quella nuova vita a Finn Haven i bei momenti non sono più concessioni inaspettate o strappate con la forza, ma qualcosa che arriva con discrezione, come un regalo insperato. Se la sola idea di un evento sociale a Hawkins l’avrebbe messa in crisi per settimane, lì occupa la sua mente solo per un paio di giorni, per essere risolta con una decisione rapida come un battito di ciglia.

“Vada per la festa, allora! Ci resta la parte più difficile.”
“E sarebbe?”
Lui le rivolge un sorriso melodrammatico, allargando le braccia come se stesse mostrandosi a un pubblico adorante per un’esibizione richiesta a gran voce.
“Il costume, Cunningham! Non dirmi che ne sei già scordata!”
 
 


II.
 

Le vetrine sono piene zeppe di quei costumi infilati a forza su manichini snodati dall’espressione vacua: ce n’erano ad Hawkins, ci sono anche lì all’emporio di Finn Haven, più o meno lo stesso numero. Probabilmente le piccole città si assomigliano tutte… e probabilmente le vetrine delle capitali sono piene di abiti da strega, vampiro, zucca, pensa Chrissy, spostandosi una ciocca di capelli dal viso mentre osserva la sua immagine riflessa nel vetro. Sui jeans con le margherite ricamate ricade un maglione verde dall’orlo sfrangiato, uno di quelli che sua madre l’aveva implorata di buttare perché non sembrasse “una stracciona scappata di casa”: è stato uno dei primi che ha infilato nella valigia al momento di svuotare i cassetti dell’armadio. Inspira l’aria pungente di fine ottobre, sospirando, chiedendosi quando l’immagine di Laura Cunningham smetterà finalmente di fare capolino dai suoi ricordi con un rimprovero pungente sempre pronto.

Suo padre, quando Nick aveva sei anni o giù di lì, si era lasciato convincere a portarli a Indianapolis per cercare dei costumi di Halloween diversi da quei due o tre che l’emporio dei Buckett proponeva ogni singolo anno. Erano saliti sulla sua auto felici come solo due bambini potevano esserlo, avevano trascorso tutto il viaggio a cantare canzoni da programma della tv dei ragazzi della domenica mattina e, una volta scesi davanti a un grande magazzino della città, era stato difficile tenerli buoni abbastanza da girare per le corsie del negozio dei costumi. Quel ricordo la fa sorridere: Nick saltava da una parte all’altra, aveva insistito per provare qualcosa come sei costumi diversi e, dopo un’estenuante trattativa con il padre per farsi comprare sia il vestito da pirata che quello da scheletro, aveva scelto il primo, specificando che si trattava di un pirata maledetto con una sciabola infilata in un orecchio, che proteggeva un tesoro razziato da un’intera flotta di navi e composto da una quantità infinita di oro, così infinita che non era possibile contenerla in un forziere enorme…

Non ricordava il costume che le aveva comprato suo padre. All’epoca frequentava le medie e sua madre già la guardava con disapprovazione ogni volta che addentava un sandwich alla festa di una compagna di scuola: per quanto non volesse darlo a vedere, era impossibile non notare quegli sguardi. Probabilmente era uscita dal negozio con un obbrobrio nero e giallo, un vestito dalla gonna lunga e sformata che aveva scelto tanto perché Laura Cunningham non le dicesse nulla che avrebbe potuto farla star male, tanto per partecipare al solito giro di dolcetto o scherzetto con le amiche senza sollevare l’ennesima sequela di domande. Avrebbe davvero voluto essere entusiasta come Nick, comprare un vestito da fatina o da vampira, fare a gara con Monica e Lizzie a chi riceveva più caramelle in quei secchielli a forma di zucca che vendevano al supermercato. La verità era che, quando le sue amiche avevano deciso all’unanimità che l’epoca dei costumi e dei dolcetti era finita, si era unita a loro con sollievo.

Quante cose si è persa, lungo la strada.

Strofina le dita contro l’orlo del maglione, prendendo tempo. I costumi in vetrina sono due, presumibilmente da strega e da vampiro, ma non la attirano particolarmente. Sarebbe semplice dare un taglio al passato, scrollare le spalle ed entrare comprando quella specie di tunica viola con un disegno di pipistrelli sulla gonna, ma qualcosa in lei la ferma, qualcosa che ancora resta attaccata alla parte più triste di quel ricordo del grande magazzino di Indianapolis. E per quanto detesti le situazioni di stallo, i suoi piedi non sembrano volersi staccare dall’asfalto consumato del marciapiedi.

Suo padre le aveva accarezzato la testa quando aveva posato il vestito sul nastro scorrevole della cassa. Lui, che quasi non le parlava, che a malapena le rivolgeva un sorriso quando lo ringraziava per un regalo ricevuto. Chissà perché lo aveva fatto.
Chrissy cerca di aggrapparsi in tutti i modi a quella sensazione, alla sorpresa provata sentendo le sue dita posarsi sui capelli, ma è difficile come trattenere un sogno appena svegli al mattino, quando già i primi echi della giornata si fanno sentire e la lista delle cose da fare quel giorno contribuisce solo ad allontanarlo di più. Se anche chiude gli occhi cercando di concentrarsi sull’aria autunnale e le decorazioni che riempivano ogni angolo del negozio, il viso di Philip Cunningham continua testardamente a restare nell’ombra, quasi rifiutasse di farsi vedere.

Suo padre, che ha sempre ascoltato la moglie senza battere ciglio, il fruscio delle pagine del giornale a sostituire le parole. Eppure, quel giorno si era offerto lui stesso per accompagnarli a Indianapolis. Perché non aveva mai aperto bocca, nemmeno nei momenti più disperati, quando l’aveva guardato aspettandosi che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, per aiutarla ad uscire dal luogo buio in cui si sentiva bloccata?

Si volta e riprende la strada di casa con passo rapido, la voce di Eddie che le riempie la mente e le orecchie, un po’ per consolarla un po’ per sgridarla. La guarigione non è lineare, devi darti tempo, non essere impaziente, ripete, e sei lontana da casa da poco più di un mese, nessuno riuscirebbe a fare progressi enormi in soli quaranta giorni, ma per quanto possa cercare di convincerla a essere meno severa con se stessa, la frustrazione resta. Tanto da farla quasi pentire di aver accettato quell’invito.
 
 

 
III.
 

“Ferma, Chris! Non entrare!”

Chrissy si blocca sulla soglia con la mano sulla maniglia, interdetta. Eddie ha iniziato da poco a lavorare nel negozio di ricambi e accessori per auto di Mick, l’amico di Cassie: deve solo aiutarlo a smistare gli ordini, rispondere alle telefonate e tenere pulito dal lunedì al venerdì mattina, ma il mercoledì di solito mangia qualcosa insieme a lui per tornare a casa solo nel primo pomeriggio. Per un attimo le viene il sospetto di aver sbagliato giorno, ma basta una rapida occhiata al calendario per accertarsi che non è affatto così.

Mercoledì, le ricorda la scritta nera sul foglietto bianco e rosso che verrà strappato il giorno dopo. Allora perché Eddie è in casa, intento ad armeggiare con chissà cosa?

“Aspetta solo un secondo, è importante,” riprende lui in tono drammatico, spuntando dalla soglia della porta della cucina con l’aria più comicamente trafelata che abbia mai visto. “C’è… ho… è una cosa per te,” riesce a concludere, passandosi una mano sulla fronte sudata e guardandola con gli occhi spalancati, quasi voglia assicurarsi che non sia davvero in grado di leggergli nella mente.

Chrissy piega la testa da un lato, curiosa. Non l’ha mai visto così impacciato ed entusiasta, nemmeno quella prima sera all’Hellfire, quando ha quasi sbagliato la svolta per casa dei Wheeler e stava per centrare la cassetta della posta dei loro vicini con il furgone.

“Fammi controllare se l’ho sistemata bene e te la presenterò come merita, va bene? Ma devi promettermi che resterai qui senza sbirciare.”
“Promesso. Ma cos’è? Cosa hai…”

Eddie le rivolge un cenno con la mano per chiederle di avere pazienza e sparisce di nuovo in cucina, lasciandola nel salotto alle prese con la curiosità che ormai la divora. Chrissy inizia a gironzolare per la stanza, osservando i mobili come se non li avesse mai visti prima, chiedendosi perché non le sia ancora venuto in mente di lavare i vetri che riflettono il sole del mattino tra una serie di macchie che non aveva ancora notato, vecchi echi che le riempiono le orecchie riportandola a scenari passati, al ricordo di suo padre che ancora le sfugge e che cerca di scacciare perché non rovini il senso di anticipazione. Passeggia avanti e indietro sollevandosi sulle punte nel tentativo di vedere qualcosa, ma Eddie si è nascosto bene: lo sente solo mormorare frasi indistinte, forse un pezzo di una canzone degli Iron Maiden di cui non riesce a ricordare il nome, mentre armeggia e sposta oggetti pesanti, almeno a giudicare dalla lamentela spezzata che si lascia sfuggire…

Dopo quelli che le sembra un’ora, lo vede finalmente uscire dalla cucina.

Non è più trafelato: ora sorride, il viso completamente illuminato da una luce nuova. Le si avvicina e, sistematosi dietro di lei, le copre gli occhi con entrambe le mani.
“Ora seguimi, Cunningham. E non provare a sbirciare tra le dita!”

Chrissy scuote la testa, ma non c’è pericolo: le dita di Eddie sono così chiuse che non vedrebbe comunque nulla. Sono calde, profumano di buono, di legno e del metallo degli anelli, di qualcosa che non conosce ma che le fa pensare immediatamente a un negozio pieno di oggetti che cercano un nuovo proprietario dopo aver appena salutato il vecchio. Così procede piano, un passo alla volta, guidata da lui e dalla strada che ormai conosce a memoria, fin nella cucina. Un attimo dopo lui si allontana, ma non prima di essersi raccomandato: “Tienili sempre chiusi, devo fare una cosa.”

“Quando posso aprirli?”
“Tra un attimo. Al mio via.”

Il via! che arriva un secondo dopo, e quando Chrissy apre finalmente gli occhi, il tavolo da cucina davanti a lei è occupato da qualcos’altro oltre il centrotavola malconcio che hanno provato a sistemare insieme. Eddie sorride, le mani appoggiate accanto all’oggetto, e la sua gioia è così enorme che nemmeno le pareti di quella stanza sembrano poterla contenere.

Una macchina da cucire.

Sulle prime, non sa cosa dire.

È una macchina vera, funzionante, forse più vecchia del modello con cui sua madre maltrattava le sue divise da cheerleader: il metallo che Eddie deve aver spostato e sollevato brilla appena sotto al sole del mattino, grigio chiaro e lucido, un rocchetto di filo scuro già infilato al suo posto. La spina non è stata ancora inserita nella presa ma tutto è pronto per farla funzionare ed Eddie la picchietta amorevolmente sulla superficie liscia, lanciandole un’occhiata che dal picco massimo della gioia scivola lentamente verso l’apprensione.

“So che… insomma, che non hai dei bei ricordi legati alle macchina da cucire,” mormora, come se all’improvviso si fosse accorto di aver fatto un passo falso. Eppure prosegue, senza vacillare. “Ma stavo parlando con Mick di Halloween, e ad un certo punto mi ha detto che a sua madre ne hanno regalata un’altra e dovevano dare via questa… e insomma, ho pensato potesse farti piacere. Per ricominciare da capo, magari farci i vestiti per la festa, non so.”

Tra loro cade il silenzio.

Chrissy si avvicina alla macchina, la sfiora con un dito mentre Eddie, accanto a lei, trattiene il respiro. Ne traccia il profilo con la punta del dito, sfiorando gli ingranaggi e le varie parti metalliche, respirando l’odore di olio e di vecchi oggetti rimessi a nuovo che emana. Chiude gli occhi, trattenendo il respiro anche lei, preparandosi all’invasione di ricordi che certamente arriverà a breve, ma la sua mente rimane sorprendentemente in silenzio.

Nessun rumore di fondo, nessuna voce cattiva. L’immagine di sua madre è rimasta bloccata da qualche parte, troppo flebile per farsi avanti, sconfitta prima ancora di dichiararle guerra. Al suo posto, la luce che ancora riempie gli occhi di Eddie, che si trasmette anche ai suoi come per una strana magia.

Il silenzio si è dilatato, ma non in modo negativo: li avvolge come una coperta calda. I silenzi che condividono ormai da mesi, sempre sereni, mai tesi.

“È bellissima,” sussurra, e lo pensa davvero. Eddie la stringe tra le braccia e la solleva, e un attimo dopo sta girando nello spazio stretto della cucina, urtando il bancone con il fianco per poi scoppiare a ridere, mentre anche lui ride e le spettina i capelli, felice che il suo regalo abbia ottenuto esattamente l’effetto sperato.
“Non… non potrei mai sdebitarmi per una cosa simile, ti rendi conto? Non…”
“Christine Cunningham.”

Eddie le prende il viso tra le mani, fissandola negli occhi. Finge di essere mortalmente serio, ma quel minuscolo guizzo luminoso che li riempie di luce è impossibile da ignorare.

“Non devi sempre sdebitarti per tutto ciò che fai per me, sai? Anche se…” ci riflette su, grattandosi addirittura il mento con aria pensosa, “beh, potresti sempre avviare un’attività di sarta, e con quei soldi comprare un biglietto sotto il palco per il prossimo concerto dei Metallica. In quel caso, considererei il debito più che ripagato.”
Chrissy scoppia a ridere e lo tempesta di pugni scherzosi sulla schiena, ritrovandosi sollevata di peso un attimo dopo.
 
 

IV.



La guarigione non è lineare. Non sa bene chi l’abbia detto, ma quella frase le è rimasta dentro come un punto di riferimento, come uno di quei quadretti motivazionali che la gente appende in casa, di solito in salone o nella cucina. Sono tanti piccoli tasselli che inizialmente sembrano informi, sbagliati, ma che si integrano perfettamente nell’insieme generale solo se guardati da una certa distanza e dopo che è trascorso del tempo. Non ha senso osservarli prima, quando non hanno ancora assunto la loro funzione: non si vedrebbe nulla. Ed è anche vero che una semplice azione, per quanto banale, può diventare un rito quotidiano che contribuisce a rimetterli in ordine, a farli sembrare più giusti.

Eddie che sceglie con lei le ricette e si prende del tempo per preparare da mangiare, nel weekend. Cassie che li viene a trovare ogni settimana per controllare come se la passino e le ha infilato una rivista nella cassetta delle lettere con un biglietto, senza farsi vedere: per le tue nuove creazioni di Halloween! ha scritto sul pezzetto di carta a righe, e quando Chrissy l’ha aperta ha scoperto il vecchio numero di un mensile di cartamodelli. Sotto, infilato a mo’ di segnalibro, il biglietto da visita dell’unico negozio di abiti e oggetti usati di Finn Haven. I vicini, che sulle prime la mettevano un po’ in soggezione per il loro aspetto di anziani burberi e silenziosi, ma che – a detta di Eddie, almeno – sono estremamente simpatici e amanti delle novità.

In breve tempo, è riuscita a innamorarsi di quella quotidianità.
Martedì ha finito un intero piatto di pasta senza fermarsi a metà, senza lasciare che la sua voce interiore la condizionasse: Eddie l’ha accolta con un applauso. Quello stesso pomeriggio sono entrati all’emporio dell’usato e, dopo aver frugato tra appendiabiti e cesti pieni di cappelli e scarpe ed esserseli provati e scambiati tra le risate, sono usciti con un paio di acquisti perfetti per essere trasformati in abiti di Halloween. Hanno trascorso il resto della serata a indicare i modelli sulla rivista che le ha regalato Cassie commentandoli, immaginando combinazioni, scambiandosi baci e prese in giro mentre appuntavano un’idea dopo l’altra sul diario che Chrissy aveva comprato secoli fa per il college e che ha deciso di destinare a qualunque avventura quella nuova vita le offra, comprese le feste impreviste. Gesti quotidiani, sfide che piano piano diventano parte del ritmo delle giornate. Lanciarsi su Eddie per zittirlo e finire a fare la lotta sul tappeto, sciogliendosi tra le sue braccia, chiedendosi da quando sia diventato così naturale sentirsi parte di quell’esistenza così tranquilla, quasi avesse sempre vissuto lì tra le montagne e gli alberi che mutano a ogni passaggio di stagione.

Forse la terapia non è davvero lineare, forse ci vorrà del tempo prima di riuscire a toccare le ferite del passato senza più sentire dolore, ma se preparare del cibo per qualcuno e mangiarlo le sembra sempre più simile a un atto d’amore, allora tutto può diventare possibile.
 
 

V.
 
 
“Come sto?”

Eddie sfila avanti e indietro per lei, alzando la testa per mostrarle meglio il collo della camicia e i fronzoli della giacca. Qualcuno deve essersi liberato di un completo da ballo della scuola di stile antiquato, che l’occhio di falco del suo fidanzato ha adocchiato subito: con l’aggiunta di un paio di canini finti, di qualche merletto che sono riusciti a cucire dopo svariati tentativi e di un filo di ombretto scuro sugli occhi, ci è voluto un attimo per trasformarlo in un vampiro. Chrissy si è divertita un mondo a truccarlo, seduta sul letto con il vecchio cofanetto degli ombretti sulle ginocchia, un regalo di Monica che per fortuna ha scelto di portare con sé.

“Estremamente spaventoso e molto in tema, Lord Munson.”

Lui  sorride, mostrandole i denti finti in tutto il loro splendore.

“All’altezza della mia accompagnatrice, allora,” si inchina prendendole la mano, e Chrissy non può fare a meno di arrossire. La gonna larga a fiori scuri e la camicetta bianca che ha trovato non sono niente di che, ma è bastato un cestino che Eddie si è fatto prestare da Mick, qualche modifica con la nuova macchina e un cappellino comprato all’emporio per organizzare un costume da strega di tutto rispetto. Invece delle erbe delle pozioni nel cestino ha infilato qualche dolcetto da dare ai bambini… e al bambino cresciuto che ha appena chiuso la porta di casa, e ha fatto lo stesso riempiendosi le tasche di cioccolatini.

“Come sto?” si lascia sfuggire, guardandosi le gambe con aria insicura. È la vecchia Chrissy che ogni tanto torna a fare capolino dalla sua vecchia vita, con il tono incerto della ragazza che si osservava per ore allo specchio prima di ogni esibizione, tentando di zittire le voci che la umiliavano. Per quanto tutto in questo nuovo luogo la rassicuri, non è ancora riuscita a tranquillizzarla come vorrebbe… ma Eddie è sempre pronto a farlo. Eddie che si gira immediatamente, sorridendo, facendole l’occhiolino, quasi avesse capito quanto bisogno ha della sua presenza.

“Sei una strega perfetta. Non so se l’hai capito, ma mi hai già stregato a sufficienza, Cunningham.” Le sposta una ciocca dietro l’orecchio, soffermandosi a sfiorare la guancia quell’attimo in più che porta Chrissy a socchiudere gli occhi, godendosi il suo tocco. “Ormai non posso più toglierti gli occhi di dosso.”

Le strade sono tranquille, illuminate dai lampioni che proiettano la luce dorata sul selciato e sui mucchi di foglie secche arancioni e gialle, raccolte ai lati della strada. Se ad Hawkins è sempre rimasta indifferente all’autunno – era la stagione dell’inizio della scuola e degli allenamenti, delle attese per le feste e dei voti perfetti da inseguire fin da subito – è bastato poco per essere conquistata dalla versione del Colorado. Le montagne sono passate dal verde al marrone in un battito di ciglia, il vento che si infila tra le stradine è più fresco, porta con sé già l’odore dell’inverno. Una volta era una stagione di ripiegamento e silenzio, che le ha lasciato addosso una sensazione di malinconia irrisolta, quasi sofferta. Ma chi riuscirebbe a essere triste lì a Finn Haven, tra la musica che inizia a farla da padrone e il profumo delle mele caramellate?
Eddie le ha appoggiato sulle spalle uno scialle che ha tirato fuori da chissà dove, probabilmente ripescato tra i cimeli adorati di sua madre che conserva con tanta cura. Se lo stringe addosso inspirandone il profumo, affondando il naso nella lana perché quella sensazione di familiarità la culli ancora per un po’, mentre proseguono fianco a fianco lungo la strada e il vociare dei bambini li introduce verso il centro della festa, la zona in cui si sono raccolti tutti insieme per iniziare il giro delle dolcetti.
Se ne sarebbe mai accorta, prima? Di quei sottili cambiamenti nell’aria e nelle stagioni, della sensazione di gioia che le afferra la bocca dello stomaco e la fa sentire leggera alla sola vista dei bambini che corrono verso di loro?

“Va tutto bene?” chiede lui, apprensivo, cercando le sue dita per stringerle. “Preferisci tornare a casa?”
“No. Mi piace stare qui.”

Chrissy si alza sulle punte per baciarlo sulla fronte, guardandolo negli occhi. Va tutto bene, cerca di esprimere senza parlare. Ora che è finalmente riuscita a gettarsi a capofitto in quella nuova situazione, non si tirerebbe mai indietro.

“Eddie!” urla un secondo dopo una vocina che non conosce, e un gruppetto di bambini allegri lo circonda. Gli mostrano i costumi aspettando con trepidazione il suo parere, poi i cestini pieni di caramelle per indicargli le case che distribuiscono i dolci migliori e cosa fare per farsi dare esattamente due barrette di cioccolata invece di una. Eddie li ascolta con attenzione annuendo, con la serietà con cui parlerebbe con dei coetanei. Deve essere proprio questo il motivo per cui i suoi amici più giovani lo adoravano, riflette Chrissy osservandolo a distanza. Non si è mai comportato con aria di superiorità per il solo fatto di essere più grande, non li ha mai guardati dall’alto in basso: gli ha offerto la sua amicizia con semplicità, facendoli sentire coinvolti nel suo mondo come loro lo coinvolgevano nei loro. “Un’unione di spiriti affini” l’ha definita Eddie un giorno, e non esiste termine migliore per immaginare un’amicizia simile.

Anche a lei si è avvicinato per lo stesso motivo. Sulle prime è stato un incontro casuale, uno scambiare quattro chiacchiere con il desiderio di allungare sempre di più il tempo trascorso insieme, ma è bastato poco perché diventasse altro. Eddie è sempre stato gentile, le ha mostrato il suo mondo senza pretendere nulla da lei, prendendola in giro solo per scherzo, con affetto. Quanto è raggiante il suo sorriso, quando la sente citare uno dei suoi film preferiti. Il giorno in cui l’ha portata per la prima volta dai Wheeler per una sessione di D&D non riusciva a smettere di parlare e di ridere e di attirare la sua attenzione su ogni minimo dettaglio della serata, come non aveva mai fatto prima.

Forse è così con gli spiriti affini, ci si trova senza cercarsi. Forse nel mondo di Edward Munson c’era sempre stato uno spazio per lei: aveva solo bisogno di accorgersene, di accogliere quella consapevolezza. Per fortuna è accaduto, pensa, mentre i bambini lo spingono in avanti con impazienza e lui si volta appena per rivolgerle uno sguardo, come a chiederle di seguirlo.

Per fortuna ne ho avuto il coraggio.


_________


Ennesimo mini capitolo di interludio, ma l'immagine di Eddie e Chrissy che girano per il nuovo quartiere impegnati in una battuta di dolcetto o scherzetto con i bambini è stata una delle prime a venirmi in mente, e ci tenevo a scrivere qualcosina in merito per lo spooky month per quanto riguarda la frase sulla guarigione non lineare, invece, ho ripreso un discorso di Grace Van Dien (l'attrice che interpreta Chrissy) durante una convention: dato il modo in cui si è sempre sentita rappresentata da Chrissy, l'ho trovata molto calzante per descrivere questa fase che sta attraversando anche qui nella storia e il suo tentativo di costruire una nuova vita, tassello dopo tassello.
Finn Haven è un po' ispirata alle bellissime montagne vicino a cui trascorro molto tempo, un po' alle ambientazioni di Life is Strange: True Colors, ambientato proprio in Colorado. 

Spero che un po' dell'amore che nutro per questa stagione e i suoi colori riesca a raggiungervi! Se avete voglia di farmi sapere cosa pensate della storia, sono sempre felice di raccogliere i vostri pareri 
intanto, grazie di aver letto fin qui!
Fede

 
   
 
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