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Nueblackcrowfriend:
Beh, tutto può
stare. In fondo qualcuno sul vascello ha sparato una cannonata, ha
issato le
bandiere e sta per sparare addosso ai nostri beniamini.
Non
può darsi che Bonney sia la
capitana del galeone che, rimasta senza cibo, ha divorato la ciurma?
Comunque
io non la escluderei a priori, e sappi che ogni personaggio
è papabile
perché tutti i personaggi di O.P hanno un loro
alter ego nel mondo dei
balenieri (sì, forse persino Spandam). Mi dispiace aver
rinunciato alla
solitudine abituale di Mihawk, ma d’altronde non poteva
andarsene a caccia di
balene tutto solo sulla sua bara.
Spero
che tu voglia leggere anche
la prossima storia, che in pratica è un prequel, dove
scopriremo molte cose
sull’origine della ciurma di Barbabianca.
Purtroppo,
la nostra fic è già
finita, ma prima di lasciarci voglio raccontarvi qualcosa su come
è nata. Da
tempo volevo scrivere qualcosa che avesse a che fare con Occhi di falco
e una
nave fantasma. Le mie prime idee erano state qualcosa tipo Mihawk
contro il
redivivo Gold Roger o Davy Jones. Poi, dato che le vicende ambientate
sui
vascelli ottocenteschi e iniziate con “Tutte le scialuppe in
mare” mi avevano
ormai appassionato e mi sembravano degne di essere riprese in mano, ho
deciso
di scrivere un sequel, stavolta di genere prettamente sovrannaturale,
con come
protagonisti Mihawk, che era apparso come semplice comparsa nella prima
fic, e alcune
supernove che non fossero
Law e Kidd. L’unico nodo da sciogliere era
l’identità dell’abitatore del
galeone: oltre a Mihawk stesso, che ha molto l’aria da
fantasma, avevo pensato
a Roger, Jinbei ( che spiegherebbe le statue di animali marini), Moria,
Bartholomew, Crocodile, lo spettro di Barbabianca e altri, ma alla fine
scoprirete da soli l’identità di questo
personaggio.
Prima
di chiudere voglio ricordarvi
che a partire da sabato pubblicherò una nuova storia di
questo ciclo,
ambientata molti anni prima della prima fic, in cui narrerò
come Barbabianca
abbia reclutato Barbanera, Doflamingo, Kidd, Kizaru e Aokiji nella
propria
ciurma. Ci vediamo, mi raccomando che la leggiate!
Misteri
nei boccaporti
In
seguito a quel gesto la miccia
si abbassò bruscamente, dando fuoco alle polveri, e dalla
canna larga fuoriuscì
una fiammata.
I
due si abbassarono in tempo,
evitando per un pelo una mortale scarica di pallini che
crivellò una montagna
di barili: poi, misteriosamente, la luce bianca sparì e
l’arma cadde a terra
con un tonfo.
“Non
capisco” disse Mihawk. “Lo
abbiamo visto chiaramente che non c’era nessuno, e quella
luce…Un fantasma?”.
“Tutto
può essere” rispose enigmatico
e impassibile Basil. “Sento la malignità aleggiare
su questo bastimento”.
Continuarono
a camminare nel buio,
seguendo i corridoi.
Enormi
ragnatele pendevano dal
soffitto, uno spesso strato di polvere copriva il pavimento.
Tutto
sembrava in ordine, i topi
zampettavano squittendo e non si vedeva anima viva.
I
balenieri entrarono in quella
che ritennero l’armeria del vascello, dato il contenuto: a
terra erano
appoggiati bauli pieni di grosse e antiche pistole, mentre rastrelliere
fissate
alle pareti contenevano mazzi di sciabole, fasci di alabarde, elmi,
scudi
rotondi, pesanti archibugi, granate, grandi archi e faretre colme di
lunghe
frecce.
“Facciamo
attenzione…Non vorrei
che qualcuno di quelli prendesse vita…”
sussurrò il capitano puntando la spada davanti
a sé, la lama che scintillava sinistra
nell’oscurità.
Hawkins
faceva lo stesso con
l’arpione, e d’un tratto esclamò:
“Madre di Dio!”.
Sotto
i loro occhi attoniti
fluttuava, avvolta anch’essa dalla spettrale fiammella
bianca, una balestra
composta da un arco metallico fissato a un sostegno di legno a cui era
attaccato un grilletto.
La
presenza invisibile la stava
usando per mirare a un armatura da cavaliere vuota, in piedi in un
angolo con
una lancia in mano e un elmo piumato dalla visiera completamente
abbassata.
Il
meccanismo scattò secco e il
dardo trafisse la corazza attraversando il ferro come burro.
Lo
spettro o presunto tale
estrasse da una sacca posata a terra una seconda freccia, tese la
corda, puntò
e premette di nuovo il grilletto, centrando ancora
l’obiettivo nel petto.
“Andiamocene
alla svelta, o
finiremo come quell’armatura” mormorò al
compagno Occhi di falco, e
i due si allontanarono chini.
Ma
non fu sufficiente: all’improvviso un dardo
dalle piume nere sfrecciò
sulle loro teste mozzando loro il respiro e inducendoli ad accelerare
la corsa,
mentre un’altra decina di proiettili sibilava in aria
perdendosi nel buio del
corridoio.
Entrambi
erano sconvolti, anche se
non lo davano a vedere, e soprattutto temevano che qualche altra
diavoleria
attentasse alle loro esistenze, oppure che l’invisibile
balestriere allertasse
l’eventuale ciurma, fosse essa composta da fantasmi o pirati
in carne ed ossa.
Ormai
l’unico modo per proseguire
sicuri era agitando le lame nelle tenebre, sperando di cogliere un
avversario
tangibile o di intimorire sufficientemente gli spiriti.
Drakul
era spiazzato e inquieto.
Quella
strana situazione non gli
era piaciuta sin dal principio.
Gli
sembrava impossibile che una
nave così antica percorresse i mari, senza oltretutto un
equipaggio che a quel
punto si sarebbe già dovuto manifestare: era estremamente
improbabile che il
galeone fosse andato alla deriva per due secoli senza marcire e colare
a picco.
A
ciò si sommavano poi i vari
fatti inspiegabili di cui erano stati testimoni.
E’
vero, le bandiere pirata
potevano essere state issate su tutti e quattro gli alberi
contemporaneamente
grazie a un sistema di funi, così come il cannone di prua
era stato certamente azionato
da qualcuno, che forse aveva tentato di scoraggiare i balenieri dal
concedersi
una visione più ravvicinata.
Più
difficili da spiegare
rimanevano le aggressioni: anche ammettendo la possibilità
che l’archibugio e
la balestra fossero stati manovrati con fili da qualcuno desideroso di
spaventarli, rimaneva il mistero delle luci bianche; poteva certo
essere un
trucco ottenuto mediante un gioco di luci e specchi, ma non sembrava
un’ipotesi
molto credibile.
Per
il norvegese era molto
inquietante nonché frustrante avere a che fare con nemici
che non si potevano
infilzare grazie alla forza dei muscoli e a un buon colpo
d’occhio, ma che si
aggiravano invisibili ricorrendo a strani trucchi.
Per
Hawkins, costantemente
proiettato verso il soprannaturale grazie alle sue doti di indovino e
alle sue
fosche profezie, era forse tutto più facile:
d’altronde se quelle entità gli
permettevano di leggere nel futuro, non c’era nulla di strano
nel fatto che
fossero capaci di condurre una nave e usare armi.
Ma
anche per lo scozzese c’era
qualcosa di terribile in tutto quello: la consapevolezza di essere
soli, al
buio, lontani da un ambiente familiare e dai volti amici, chiusi in un
tetro
labirinto irrimediabilmente ostile e in cui vagavano presenze ancora
non ben
comprese e terrificanti.
Sembrava
un incubo, un crudele
scherzo del destino, ma ci erano finiti dentro, e avrebbero dovuto
cavarsene
fuori da soli.
Attraversarono
diverse stanze, e
in ognuna di esse li attendeva una sorpresa.
Da
quel momento in poi non
avrebbero più dubitato dell’esistenza dei fantasmi.
Uno
strano vortice li avrebbe
risucchiati, mischiando la loro percezione della realtà,
instillando dubbi
profondi nei loro cuori, facendo correre brividi sulle loro schiene.
In
ogni ambiente in cui andarono
osservarono qualcosa che non andava, come voci che echeggiavano e
oggetti che
si muovevano da soli, senza perlomeno che qualcuno li impugnasse.
Un
maglio da fabbro batteva un
pezzo di metallo incandescente su un incudine, un martello conficcava
energicamente un chiodo nel legno, i cibi volavano senza ausilio umano
alcuno
nel pentolone del cuoco, una spada veniva affilata su una pietra
rotante, un
paio di forbici tagliava stoffa per vele, un ago rammendava una vecchia
rete da
pesca, una sega divideva in due un’asse,
alcune
palle di cannone rotolavano
sul pavimento e le pompe si azionavano da sé.
D’improvviso
un libro posto su un
tavolo si aprì con un botto e una calda voce maschile
riecheggiò melodiosa
nelle orecchie dei due cantando in una lingua sconosciuta: i balenieri
ci
misero un po’ a comprendere che si trattava di un prete che
recitava l’ “Ave
Maria” in latino.
Si
guardarono negli occhi,
strabiliati.
Giunti
in una stanza più grande,
furono sorpresi di assistere allo stesso fenomeno.
Una
babele di voci proveniva da
dietro i muri di legno, voci che ridevano e gridavano per la
contentezza,
assieme al rumore di piatti e bicchieri che venivano agitati e quello
di
liquido avidamente trangugiato.
Difatti
si levò un odore
dolciastro di rum e vino.
Ma
la cosa più impressionante era
che la camera era completamente deserta!
Non
una mosca volava, e
tutti gli oggetti erano
posati docilmente su mobili e assi.
La
conversazione fra spiriti
proseguì, e si concluse in un fragoroso scroscio di applausi.
Mihawk
non era molto fervente in
materia religiosa, ma ciononostante strinse a sé con forza
il pendaglio a forma
di croce, mentre Basil si avvicinava alla parete e la sfiorava con le
mani,
assumendo un’espressione estasiata.
“Che
stregoneria è mai questa?”
chiese energico il norvegese impugnando lo spadone con entrambe le mani
e
posizionando la lama davanti al proprio viso, per schermarsi.
“Parlano
spagnolo….A quanto ho
capito sono pirati e sono felici per aver saccheggiato l’oro
del Nuovo Mondo, e
pare che abbiano intenzione di nasconderlo su un’isola di
deserta in attesa di
tempi migliori…” replicò il fiociniere
meccanicamente e con lo sguardo perso
nel vuoto.
“Ho
sentito antiche leggende che
parlano di velieri pirata maledetti da Dio per aver rubato oggetti sacri per
“Può
essere…Queste anime sembrano
aver sofferto molto, anche se in apparenza bevono
felici…”.
Era
incredibile come Hawkins
riuscisse a intuire lo stato animo dei defunti e la presenza o meno del
male in
un certo luogo.
Che sia un mago? pensò
Occhi di falco rabbrividendo. O forse
è
un fantasma anche lui?
Ma
in quell’istante vide alle
spalle del compagno un’ennesima, inquietante fiammella
bianca, che brandiva una
sciabola.
“Attento!”
gridò il norvegese
afferrandolo per le spalle e gettandolo a terra, mentre
l’arma volava con un
sibilo e si inchiodava in un oblò.
La
fiammella scattò ancora, ma
Drakul fu abbastanza pronto e protese in avanti la spada.
In
quell’istante, sebbene non la
vedesse, era sicuro di aver cozzato contro un’altra lama,
poiché qualcosa
bloccava la sua a mezz’aria e volavano scintille.
In
un istante ritrasse l’arma ed
effettuò un affondo con il pugnale, ma questo
incontrò ancora una volta la lama
invisibile.
Il
comandante usò anche la
sciabola e scagliò indietro la luce, quindi menò
un fendente che la mancò di
nuovo: lo spirito tornò
alla carica e i
duellanti continuarono la danza, indietreggiando e avanzando a turno e
incrociando le lame, mentre le loro ombre si delineavano sulla parete.
La
fiammella, fredda al tatto,
colse Mihawk al petto con una stoccata e questi, irritato dal taglio
che
iniziava a sanguinare, sollevò lo spadone con entrambe le
mani e lo abbassò
come una falce.
Si
udì uno schianto e il grido di
un’anima dannata che fuggiva, mentre a terra compariva
magicamente l’elsa di
una spada medievale dalla larga lama spezzata.
Sembrava
tutto finito, ma il
norvegese avvertì un movimento furtivo alle proprie spalle e
scagliò fulmineo
il pugnale.
L’arma
si piantò nella parete,
proprio sopra la testa di un vecchio dall’aspetto miserevole:
il viso era
scavato dalle rughe, la barba e i capelli lunghi, grigi e incolti, gli
occhi
spiritati, la camicia e i pantaloni ridotti a brandelli, i piedi scalzi.
Terrorizzato,
lasciò andare
balbettando la pistola che brandiva nella destra, ma subito
sguainò un coltello
dalla cintura e balzò in avanti con un urlo selvaggio.
Prima
che potesse danneggiare
qualcuno una fiocina lo infilzò nella spalla sinistra:
Hawkins aveva colpito
con mortale precisione.
Il
vecchio, piangendo disperato,
prese a farfugliare in spagnolo indicando un forziere.
Lo
scozzese estrasse l’arpione
dalla ferita e tradusse: “Loro…Sono qui! Il
tesoro! Bisogna salvare il
tesoro!”.
Occhi
di falco lo prese per la
gola e lo fissò in faccia: “Ci dovrai spiegare
molte cose” sussurrò, poi lo
sguardo si rivolse al baule; senza temerne la maledizione, Basil se lo
caricò
sulle spalle.
Tuttavia,
usciti dal boccaporto,
ebbero l’ultima, orribile sorpresa.
I
tre uomini di guardia erano
riversi sul ponte con la gola tagliata: Drake stringeva ancora la
sciabola,
Apoo aveva un’ascia da carpentiere conficcata nella schiena e
Olaf era stato
trafitto da sei o sette frecce di balestra.
Furioso,
Drakul assestò un ceffone
e un calcio al vecchio pazzo.
Una
volta sulla “Whale”, il
capitano decise di non tacere ciò che aveva scoperto.
Gli
uomini, che estasiati
afferravano a grandi manciate dobloni d’oro, lingotti
d’argento, anelli e
perle, rimasero di stucco, eppure non uno solo di loro non credette al
racconto.
Giurarono
però di restituire il
tesoro alla prima chiesa che avessero incontrato, per stornare da
sé la collera
divina.
Quando
a Mihawk fu chiesto che
cosa fare del galeone, replicò strizzando gli occhi
giallastri: “Affondatelo.
Ci ha già portato troppi problemi”.
E
così le micce si accesero di
nuovo e i cannoni presero a sparare balzando indietro e venendo di
nuovo
sospinti fuori dai portelli.
Era
uno strano spettacolo vedere
le palle di cannone che colpivano i ponti, aprivano falle, tagliavano
le
sartie, abbattevano alberi e stendardi, decapitavano foche, squali e
delfini,
cancellavano granchi, conchiglie e draghi marini, deturpando il lavoro
di
abilissimi artigiani.
Alla
fine l’alta poppa ornata fu
inghiottita da fredde onde grigiastre lambite di spuma.
Occhi
di falco si sporse
soddisfatto dalla murata.
Adesso
la vita era tornato quella
di sempre, dura e bellissima: forse quello della nave fantasma era
stato solo
un brutto sogno.
Ma
qualcuno aveva deciso
altrimenti.
Dalle
profondità fu visto venire
in superficie un panno nero, che si distese sui flutti.
Il
Jolly Roger fissava ghignante
chi gli aveva sottratto il tesoro.
“Fiat voluntas tua, sicut in caelo, et in terra. In
nomine Patris,
Filii, et Spiriti Sancti. Amen” cantò
gorgogliando la voce del prete,
mentre le fiammelle bianche ruotavano negli abissi e si addensavano
sotto il
pelo dell’acqua come tante lanterne.