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Autore: Federico    10/09/2009    1 recensioni
Come promesso, ecco il seguito di "Tutte le scialuppe in mare", completamente dedicato a Drakul Mihawk. Un giorno Occhi di falco e la sua ciurma incontrano uno strano vascello alla deriva, senza un equipaggio, ma abitato da strane presenze, e da quel momento inizia una serie di fatti inquietanti...Mi racomando, leggetela e fatemi sapere se vi piace, perchè la saga dei balenieri non è ancora finita!
Genere: Azione, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Drakul Mihawk, Supernova
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La saga dei balenieri'
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Spazio autore

Nueblackcrowfriend: Beh, tutto può stare. In fondo qualcuno sul vascello ha sparato una cannonata, ha issato le bandiere e sta per sparare addosso ai nostri beniamini.

Non può darsi che Bonney sia la capitana del galeone che, rimasta senza cibo, ha divorato la ciurma? Comunque io non la escluderei a priori, e sappi che ogni personaggio è papabile perché  tutti i personaggi di O.P hanno un loro alter ego nel mondo dei balenieri (sì, forse persino Spandam). Mi dispiace aver rinunciato alla solitudine abituale di Mihawk, ma d’altronde non poteva andarsene a caccia di balene tutto solo sulla sua bara.

Spero che tu voglia leggere anche la prossima storia, che in pratica è un prequel, dove scopriremo molte cose sull’origine della ciurma di Barbabianca.

 

Purtroppo, la nostra fic è già finita, ma prima di lasciarci voglio raccontarvi qualcosa su come è nata. Da tempo volevo scrivere qualcosa che avesse a che fare con Occhi di falco e una nave fantasma. Le mie prime idee erano state qualcosa tipo Mihawk contro il redivivo Gold Roger o Davy Jones. Poi, dato che le vicende ambientate sui vascelli ottocenteschi e iniziate con “Tutte le scialuppe in mare” mi avevano ormai appassionato e mi sembravano degne di essere riprese in mano, ho deciso di scrivere un sequel, stavolta di genere prettamente sovrannaturale, con come protagonisti Mihawk, che era apparso come semplice comparsa nella prima fic,  e alcune supernove che non fossero Law e Kidd. L’unico nodo da sciogliere era l’identità dell’abitatore del galeone: oltre a Mihawk stesso, che ha molto l’aria da fantasma, avevo pensato a Roger, Jinbei ( che spiegherebbe le statue di animali marini), Moria, Bartholomew, Crocodile, lo spettro di Barbabianca e altri, ma alla fine scoprirete da soli l’identità di questo personaggio.

Prima di chiudere voglio ricordarvi che a partire da sabato pubblicherò una nuova storia di questo ciclo, ambientata molti anni prima della prima fic, in cui narrerò come Barbabianca abbia reclutato Barbanera, Doflamingo, Kidd, Kizaru e Aokiji nella propria ciurma. Ci vediamo, mi raccomando che la leggiate!

Misteri nei boccaporti

 

In seguito a quel gesto la miccia si abbassò bruscamente, dando fuoco alle polveri, e dalla canna larga fuoriuscì una fiammata.

I due si abbassarono in tempo, evitando per un pelo una mortale scarica di pallini che crivellò una montagna di barili: poi, misteriosamente, la luce bianca sparì e l’arma cadde a terra con un tonfo.

“Non capisco” disse Mihawk. “Lo abbiamo visto chiaramente che non c’era nessuno, e quella luce…Un fantasma?”.

“Tutto può essere” rispose enigmatico e impassibile Basil. “Sento la malignità aleggiare su questo bastimento”.

Continuarono a camminare nel buio, seguendo i corridoi.

Enormi ragnatele pendevano dal soffitto, uno spesso strato di polvere copriva il pavimento.

Tutto sembrava in ordine, i topi zampettavano squittendo e non si vedeva anima viva.

I balenieri entrarono in quella che ritennero l’armeria del vascello, dato il contenuto: a terra erano appoggiati bauli pieni di grosse e antiche pistole, mentre rastrelliere fissate alle pareti contenevano mazzi di sciabole, fasci di alabarde, elmi, scudi rotondi, pesanti archibugi, granate, grandi archi e faretre colme di lunghe frecce.

“Facciamo attenzione…Non vorrei che qualcuno di quelli prendesse vita…” sussurrò il capitano puntando la spada davanti a sé, la lama che scintillava sinistra nell’oscurità.

Hawkins faceva lo stesso con l’arpione, e d’un tratto esclamò: “Madre di Dio!”.

Sotto i loro occhi attoniti fluttuava, avvolta anch’essa dalla spettrale fiammella bianca, una balestra composta da un arco metallico fissato a un sostegno di legno a cui era attaccato un grilletto.

La presenza invisibile la stava usando per mirare a un armatura da cavaliere vuota, in piedi in un angolo con una lancia in mano e un elmo piumato dalla visiera completamente abbassata.

Il meccanismo scattò secco e il dardo trafisse la corazza attraversando il ferro come burro.

Lo spettro o presunto tale estrasse da una sacca posata a terra una seconda freccia, tese la corda, puntò e premette di nuovo il grilletto, centrando ancora l’obiettivo nel petto.

“Andiamocene alla svelta, o finiremo come quell’armatura” mormorò al compagno Occhi di falco,  e i due si allontanarono chini.

Ma  non fu sufficiente: all’improvviso un dardo dalle piume nere sfrecciò sulle loro teste mozzando loro il respiro e inducendoli ad accelerare la corsa, mentre un’altra decina di proiettili sibilava in aria perdendosi nel buio del corridoio.

Entrambi erano sconvolti, anche se non lo davano a vedere, e soprattutto temevano che qualche altra diavoleria attentasse alle loro esistenze, oppure che l’invisibile balestriere allertasse l’eventuale ciurma, fosse essa composta da fantasmi o pirati in carne ed ossa.

Ormai l’unico modo per proseguire sicuri era agitando le lame nelle tenebre, sperando di cogliere un avversario tangibile o di intimorire sufficientemente gli spiriti.

Drakul era spiazzato e inquieto.

Quella strana situazione non gli era piaciuta sin dal principio.

Gli sembrava impossibile che una nave così antica percorresse i mari, senza oltretutto un equipaggio che a quel punto si sarebbe già dovuto manifestare: era estremamente improbabile che il galeone fosse andato alla deriva per due secoli senza marcire e colare a picco.

A ciò si sommavano poi i vari fatti inspiegabili di cui erano stati testimoni.

E’ vero, le bandiere pirata potevano essere state issate su tutti e quattro gli alberi contemporaneamente grazie a un sistema di funi, così come il cannone di prua era stato certamente azionato da qualcuno, che forse aveva tentato di scoraggiare i balenieri dal concedersi una visione più ravvicinata.

Più difficili da spiegare rimanevano le aggressioni: anche ammettendo la possibilità che l’archibugio e la balestra fossero stati manovrati con fili da qualcuno desideroso di spaventarli, rimaneva il mistero delle luci bianche; poteva certo essere un trucco ottenuto mediante un gioco di luci e specchi, ma non sembrava un’ipotesi molto credibile.

Per il norvegese era molto inquietante nonché frustrante avere a che fare con nemici che non si potevano infilzare grazie alla forza dei muscoli e a un buon colpo d’occhio, ma che si aggiravano invisibili ricorrendo a strani trucchi.

Per Hawkins, costantemente proiettato verso il soprannaturale grazie alle sue doti di indovino e alle sue fosche profezie, era forse tutto più facile: d’altronde se quelle entità gli permettevano di leggere nel futuro, non c’era nulla di strano nel fatto che fossero capaci di condurre una nave e usare armi.

Ma anche per lo scozzese c’era qualcosa di terribile in tutto quello: la consapevolezza di essere soli, al buio, lontani da un ambiente familiare e dai volti amici, chiusi in un tetro labirinto irrimediabilmente ostile e in cui vagavano presenze ancora non ben comprese e terrificanti.

Sembrava un incubo, un crudele scherzo del destino, ma ci erano finiti dentro, e avrebbero dovuto cavarsene fuori da soli.

Attraversarono diverse stanze, e in ognuna di esse li attendeva una sorpresa.

Da quel momento in poi non avrebbero più dubitato dell’esistenza dei fantasmi.

Uno strano vortice li avrebbe risucchiati, mischiando la loro percezione della realtà, instillando dubbi profondi nei loro cuori, facendo correre brividi sulle loro schiene.

In ogni ambiente in cui andarono osservarono qualcosa che non andava, come voci che echeggiavano e oggetti che si muovevano da soli, senza perlomeno che qualcuno li impugnasse.

Un maglio da fabbro batteva un pezzo di metallo incandescente su un incudine, un martello conficcava energicamente un chiodo nel legno, i cibi volavano senza ausilio umano alcuno nel pentolone del cuoco, una spada veniva affilata su una pietra rotante, un paio di forbici tagliava stoffa per vele, un ago rammendava una vecchia rete da pesca, una sega divideva in due un’asse,

alcune palle di cannone rotolavano sul pavimento e le pompe si azionavano da sé.

D’improvviso un libro posto su un tavolo si aprì con un botto e una calda voce maschile riecheggiò melodiosa nelle orecchie dei due cantando in una lingua sconosciuta: i balenieri ci misero un po’ a comprendere che si trattava di un prete che recitava l’ “Ave Maria” in latino.

Si guardarono negli occhi, strabiliati.

Giunti in una stanza più grande, furono sorpresi di assistere allo stesso fenomeno.

Una babele di voci proveniva da dietro i muri di legno, voci che ridevano e gridavano per la contentezza, assieme al rumore di piatti e bicchieri che venivano agitati e quello di liquido avidamente trangugiato.

Difatti si levò un odore dolciastro di rum e vino.

Ma la cosa più impressionante era che la camera era completamente deserta!

Non una  mosca volava, e tutti gli oggetti erano posati docilmente su mobili e assi.

La conversazione fra spiriti proseguì, e si concluse in un fragoroso scroscio di applausi.

Mihawk non era molto fervente in materia religiosa, ma ciononostante strinse a sé con forza il pendaglio a forma di croce, mentre Basil si avvicinava alla parete e la sfiorava con le mani, assumendo un’espressione estasiata.

“Che stregoneria è mai questa?” chiese energico il norvegese impugnando lo spadone con entrambe le mani e posizionando la lama davanti al proprio viso, per schermarsi.

“Parlano spagnolo….A quanto ho capito sono pirati e sono felici per aver saccheggiato l’oro del Nuovo Mondo, e pare che abbiano intenzione di nasconderlo su un’isola di deserta in attesa di tempi migliori…” replicò il fiociniere meccanicamente e con lo sguardo perso nel vuoto.

“Ho sentito antiche leggende che parlano di velieri pirata maledetti da Dio per aver rubato oggetti sacri  per la Chiesa e condannati a navigare per sempre….” aggiunse Mihawk guardandosi intorno per cercare di scorgere gli spettri intenti a fare baldoria. “Può darsi che anche loro si siano macchiati di un peccato simile e siano stati dannati a rivivere per sempre il giorno in cui commisero il loro atto sacrilego….”.

“Può essere…Queste anime sembrano aver sofferto molto, anche se in apparenza bevono felici…”.

Era incredibile come Hawkins riuscisse a intuire lo stato animo dei defunti e la presenza o meno del male in un certo luogo.

Che sia un mago? pensò Occhi di falco rabbrividendo. O forse è un fantasma anche lui?

Ma in quell’istante vide alle spalle del compagno un’ennesima, inquietante fiammella bianca, che brandiva una sciabola.

“Attento!” gridò il norvegese afferrandolo per le spalle e gettandolo a terra, mentre l’arma volava con un sibilo e si inchiodava in un oblò.

La fiammella scattò ancora, ma Drakul fu abbastanza pronto e protese in avanti la spada.

In quell’istante, sebbene non la vedesse, era sicuro di aver cozzato contro un’altra lama, poiché qualcosa bloccava la sua a mezz’aria e volavano scintille.

In un istante ritrasse l’arma ed effettuò un affondo con il pugnale, ma questo incontrò ancora una volta la lama invisibile.

Il comandante usò anche la sciabola e scagliò indietro la luce, quindi menò un fendente che la mancò di nuovo: lo spirito tornò  alla carica e i duellanti continuarono la danza, indietreggiando e avanzando a turno e incrociando le lame, mentre le loro ombre si delineavano sulla parete.

La fiammella, fredda al tatto, colse Mihawk al petto con una stoccata e questi, irritato dal taglio che iniziava a sanguinare, sollevò lo spadone con entrambe le mani e lo abbassò come una falce.

Si udì uno schianto e il grido di un’anima dannata che fuggiva, mentre a terra compariva magicamente l’elsa di una spada medievale dalla larga lama spezzata.

Sembrava tutto finito, ma il norvegese avvertì un movimento furtivo alle proprie spalle e scagliò fulmineo il pugnale.

L’arma si piantò nella parete, proprio sopra la testa di un vecchio dall’aspetto miserevole: il viso era scavato dalle rughe, la barba e i capelli lunghi, grigi e incolti, gli occhi spiritati, la camicia e i pantaloni ridotti a brandelli, i piedi scalzi.

Terrorizzato, lasciò andare balbettando la pistola che brandiva nella destra, ma subito sguainò un coltello dalla cintura e balzò in avanti con un urlo selvaggio.

Prima che potesse danneggiare qualcuno una fiocina lo infilzò nella spalla sinistra: Hawkins aveva colpito con mortale precisione.

Il vecchio, piangendo disperato, prese a farfugliare in spagnolo indicando un forziere.

Lo scozzese estrasse l’arpione dalla ferita e tradusse: “Loro…Sono qui! Il tesoro! Bisogna salvare il tesoro!”.

Occhi di falco lo prese per la gola e lo fissò in faccia: “Ci dovrai spiegare molte cose” sussurrò, poi lo sguardo si rivolse al baule; senza temerne la maledizione, Basil se lo caricò sulle spalle.

Tuttavia, usciti dal boccaporto, ebbero l’ultima, orribile sorpresa.

I tre uomini di guardia erano riversi sul ponte con la gola tagliata: Drake stringeva ancora la sciabola, Apoo aveva un’ascia da carpentiere conficcata nella schiena e Olaf era stato trafitto da sei o sette frecce di balestra.

Furioso, Drakul assestò un ceffone e un calcio al vecchio pazzo.

Una volta sulla “Whale”, il capitano decise di non tacere ciò che aveva scoperto.

Gli uomini, che estasiati afferravano a grandi manciate dobloni d’oro, lingotti d’argento, anelli e perle, rimasero di stucco, eppure non uno solo di loro non credette al racconto.

Giurarono però di restituire il tesoro alla prima chiesa che avessero incontrato, per stornare da sé la collera divina.

Quando a Mihawk fu chiesto che cosa fare del galeone, replicò strizzando gli occhi giallastri: “Affondatelo. Ci ha già portato troppi problemi”.

E così le micce si accesero di nuovo e i cannoni presero a sparare balzando indietro e venendo di nuovo sospinti fuori dai portelli.

Era uno strano spettacolo vedere le palle di cannone che colpivano i ponti, aprivano falle, tagliavano le sartie, abbattevano alberi e stendardi, decapitavano foche, squali e delfini, cancellavano granchi, conchiglie e draghi marini, deturpando il lavoro di abilissimi artigiani.

Alla fine l’alta poppa ornata fu inghiottita da fredde onde grigiastre lambite di spuma.

Occhi di falco si sporse soddisfatto dalla murata.

Adesso la vita era tornato quella di sempre, dura e bellissima: forse quello della nave fantasma era stato solo un brutto sogno.

Ma qualcuno aveva deciso altrimenti.

Dalle profondità fu visto venire in superficie un panno nero, che si distese sui flutti.

Il Jolly Roger fissava ghignante chi gli aveva sottratto il tesoro.

Fiat voluntas tua, sicut in caelo, et in terra. In nomine Patris, Filii, et Spiriti Sancti. Amen” cantò gorgogliando la voce del prete, mentre le fiammelle bianche ruotavano negli abissi e si addensavano sotto il pelo dell’acqua come tante lanterne.

 

  
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